Racconto di fantasia Pompino con carota tra le chiappe

spoch

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A parte questa, non c’era perversione che lo facesse ingrifare di più. Per lui era una messa, un sacramento sessuale, un’iniziazione. Tutte – tutte! – le donne che andavano con lui si erano ritrovate, chi prima, chi dopo, rannicchiate sul tavolo, con le tette alle ginocchia e i capelli raccolti, il cazzo suo tra le labbra e una carota in culo.

In paese lo conoscevano tutti come abile avvocato di mezz’età, dal profilo brizzolato sui social. Uno che nella vita ci sapeva fare. Lo incontravi un sabato con la diciottenne neopatentata al bar, e il sabato successivo al ristorante di lusso con la collega avvocatessa. Dicevano di lui che fosse un conversatore suadente, irresistibile. Giungeva al sodo per gradi, parlando all’inizio di sesso, in generale, e di piacere, e man mano portava il dialogo sui tabù, le fantasie e le perversioni. Lasciava che l’altra prima si aprisse con lui e gli confidasse i segreti esplosivi della propria immaginazione, e solo alla fine lui rivelava quanto lo facesse impazzire la carne col contorno di verdure.

Poi passava a descrivere lo scenario con la stessa abilità con cui arringava in aula. Descriveva la serata erotica perfetta. La solitudine dell’appartamento, la luce che c’è e non c’è, il tepore in sala da pranzo, il massaggio. Raccontava come spogliava, lentamente, come sbottonava le camicie, come sganciava i reggiseni. E come sapeva giocare coi capezzoli afferrando le tette da dietro, baciando sul collo, sulla nuca, dietro l’orecchio, leccando i padiglioni.

Spostava le mani in basso. Sfiorava la pancia, l’ombelico, il pube.

E via la gonna, o il jeans, o quel che era, e via le mutandine.

L’arrosto, non lo condiva subito. Prima assaggiava. Chiedeva alla compagna di stare in piedi, di spalle. E lui si inginocchiava, col fiato già corto, guardava. Palpava. Annusava. Mordeva. Ne aveva assaggiati di larghi e di stretti, di secchi e di larghi. Bucherellati, e cadenti, e sodi, e lisci. Bianco latte, con la linea dell’abbronzatura, o scuri. Freschi e odorosi di detergente intimo, o insaporiti dal sudore.

Poi chiedeva di chinarsi in avanti, e coi pollici allargava lo spacco.

Da lì, capiva che tipo di carota serviva, se più o meno lunga, o tozza, o sottile, o spessa.

Sussurrava all’orecchio di salire sul tavolo, e di stare il più possibile giù, come una sfinge sottomessa. Sulla parete, alle spalle del tavolo, appendeva uno specchio. Voleva che le chiappe posassero esattamente sui talloni, in modo che il culo si aprisse naturalmente. E massaggiava la fica con delicatezza, in modo da spalmare la spuma naturale di lei sull’ano passando per il perineo.

Poi apriva il frigorifero, sceglieva la carota, la intingeva nell’olio extravergine davanti a lei.

«Respira con me» diceva. Uhm, uffuhm, uff

E lei, uhm, uff… uhm, uff…

Come se si preparasse a fare un’iniezione, massaggiava l’ano con due dita, ungendolo ancora con l’olio, e poi poggiava la punta della carota, delicatamente. Rispettava i sussulti della compagna, si fermava quando capiva di doversi fermare, e procedeva quando intuiva di poter andare. Ruga dopo ruga, la carotina scivolava tra le grinze rosee.

Uhm, uff… uhm, uff…

Uhm, uff… uhm, uff…


E se l’altra si lamentava, lui, con la sua voce bassa, lenta, diceva di continuare a respirare.

L’esperienza gli insegnava se poteva affondare fino a metà carota, o se fermarsi a un terzo o spingersi sino ai tre quarti. Quindi, diceva: «Ora, stringi, amore. Stringi più forte che puoi», e le chiappe s’indurivano subito intorno all’ortaggio.

E immediatamente, col cazzo di fuori, passava dalla parte opposta del tavolo e glielo ficcava tra le labbra, i polpastrelli fra i suoi capelli, e iniziava ad affondare anche di là, la lasciava mugugnare di dolore e piacere insieme. Nel riflesso dello specchio, il culo serrato intorno alla carota.

Quando lo incontravi al bar o ristante, in compagnia di una studentessa universitaria, o di una mamma single, o di una distinta signora in tailleur, be’, non facevi a meno di immaginarti la donna inginocchiata sul tavolo col suo cazzo in bocca e il mozzicone di carota in culo.

Non ho potuto farne a meno neanche io, quando l’ho intravisto al bar con mia madre.
 

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In paese lo conoscevano tutti come abile avvocato di mezz’età, dal profilo brizzolato sui social. Uno che nella vita ci sapeva fare. Lo incontravi un sabato con la diciottenne neopatentata al bar, e il sabato successivo al ristorante di lusso con la collega avvocatessa. Dicevano di lui che fosse un conversatore suadente, irresistibile. Giungeva al sodo per gradi, parlando all’inizio di sesso, in generale, e di piacere, e man mano portava il dialogo sui tabù, le fantasie e le perversioni. Lasciava che l’altra prima si aprisse con lui e gli confidasse i segreti esplosivi della propria immaginazione, e solo alla fine lui rivelava quanto lo facesse impazzire la carne col contorno di verdure.

Poi passava a descrivere lo scenario con la stessa abilità con cui arringava in aula. Descriveva la serata erotica perfetta. La solitudine dell’appartamento, la luce che c’è e non c’è, il tepore in sala da pranzo, il massaggio. Raccontava come spogliava, lentamente, come sbottonava le camicie, come sganciava i reggiseni. E come sapeva giocare coi capezzoli afferrando le tette da dietro, baciando sul collo, sulla nuca, dietro l’orecchio, leccando i padiglioni.

Spostava le mani in basso. Sfiorava la pancia, l’ombelico, il pube.

E via la gonna, o il jeans, o quel che era, e via le mutandine.

L’arrosto, non lo condiva subito. Prima assaggiava. Chiedeva alla compagna di stare in piedi, di spalle. E lui si inginocchiava, col fiato già corto, guardava. Palpava. Annusava. Mordeva. Ne aveva assaggiati di larghi e di stretti, di secchi e di larghi. Bucherellati, e cadenti, e sodi, e lisci. Bianco latte, con la linea dell’abbronzatura, o scuri. Freschi e odorosi di detergente intimo, o insaporiti dal sudore.

Poi chiedeva di chinarsi in avanti, e coi pollici allargava lo spacco.

Da lì, capiva che tipo di carota serviva, se più o meno lunga, o tozza, o sottile, o spessa.

Sussurrava all’orecchio di salire sul tavolo, e di stare il più possibile giù, come una sfinge sottomessa. Sulla parete, alle spalle del tavolo, appendeva uno specchio. Voleva che le chiappe posassero esattamente sui talloni, in modo che il culo si aprisse naturalmente. E massaggiava la fica con delicatezza, in modo da spalmare la spuma naturale di lei sull’ano passando per il perineo.

Poi apriva il frigorifero, sceglieva la carota, la intingeva nell’olio extravergine davanti a lei.

«Respira con me» diceva. Uhm, uffuhm, uff

E lei, uhm, uff… uhm, uff…

Come se si preparasse a fare un’iniezione, massaggiava l’ano con due dita, ungendolo ancora con l’olio, e poi poggiava la punta della carota, delicatamente. Rispettava i sussulti della compagna, si fermava quando capiva di doversi fermare, e procedeva quando intuiva di poter andare. Ruga dopo ruga, la carotina scivolava tra le grinze rosee.

Uhm, uff… uhm, uff…

Uhm, uff… uhm, uff…


E se l’altra si lamentava, lui, con la sua voce bassa, lenta, diceva di continuare a respirare.

L’esperienza gli insegnava se poteva affondare fino a metà carota, o se fermarsi a un terzo o spingersi sino ai tre quarti. Quindi, diceva: «Ora, stringi, amore. Stringi più forte che puoi», e le chiappe s’indurivano subito intorno all’ortaggio.

E immediatamente, col cazzo di fuori, passava dalla parte opposta del tavolo e glielo ficcava tra le labbra, i polpastrelli fra i suoi capelli, e iniziava ad affondare anche di là, la lasciava mugugnare di dolore e piacere insieme. Nel riflesso dello specchio, il culo serrato intorno alla carota.

Quando lo incontravi al bar o ristante, in compagnia di una studentessa universitaria, o di una mamma single, o di una distinta signora in tailleur, be’, non facevi a meno di immaginarti la donna inginocchiata sul tavolo col suo cazzo in bocca e il mozzicone di carota in culo.

Non ho potuto farne a meno neanche io, quando l’ho intravisto al bar con mia madre.
Racconto davvero bello ed eccitante🔥🔥, ma volevo chiederti, di chi è quel meraviglioso culo nella foto?😵 È davvero irresistibile😍😍, sarebbe della tua donna o madre?
 
OP
spoch

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Racconto davvero bello ed eccitante🔥🔥, ma volevo chiederti, di chi è quel meraviglioso culo nella foto?😵 È davvero irresistibile😍😍, sarebbe della tua donna o madre?
Grazie per il tuo commento!

Purtroppo è di nessuna delle due che hai detto, ma è della compagna di un tizio inglese con cui chiacchieravo qualche anno fa e che aveva un blog in cui esibiva la sua tipa in situazioni particolari (quindi le foto sono ancora rintracciabili su internet da tutti).
 

bigcock90

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Grazie per il tuo commento!

Purtroppo è di nessuna delle due che hai detto, ma è della compagna di un tizio inglese con cui chiacchieravo qualche anno fa e che aveva un blog in cui esibiva la sua tipa in situazioni particolari (quindi le foto sono ancora rintracciabili su internet da tutti).
Aah okok quindi la foto era solo a scopo di interpretare un po' la situazione del racconto, ho capito, comunque sì anch'io sarei interessato a vedere altro di questa donna, ha un culo fenomenale😍
 

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