bisex, 36 anni, milano. nudo per voi

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nell'alto dei cieli
quando leo mi disse "scordati le gioiose scopate d'Italia. questi qui ci violenteranno. e non è detto che ci paghino" non gli credetti, anzi nemmeno gli diedi retta. nemmeno lo ascoltai, probabilmente. soltanto gli chiesi "perché non dovrebbero pagarci?"

lui rispose: "lo faranno solo se ci lasceremo fare di tutto"

io e leo ci eravamo già fatti fare di tutto e in tutti i modi, cosa ci sarebbe stato di diverso, mi chiedevo. eravamo sopravvissuti a un'intera notte con dei ricchi oligarchi di chissà quale paese dell'est che ci avevano fatti ubriacare e scopati senza sosta e a un weekend in cui l'intera facoltosa brianza aveva brindato a un anno nuovo usando le nostre bocche e i nostri culi come pisciatoi. che cosa mai poteva accaderci?

la risposta arrivò. un mare di corpi maschili nudi si riversò sui nostri delicati corpi e ne fece scempio. erano almeno in dieci e non c diedero tregua. cazzi bianchi, neri, enormi e minuscoli, duri e mosci da succhiare, leccare e da sentir lacerare le nostre stesse carni, il cui sperma bere e dal quale venire innaffiati. il mio culo ci mise un po' prima di iniziare a sanguinare, quello di leo - evidentemente più delicato - ne subì la maggior violenza. venimmo chiavati senza preservativo da tutti e dieci, che non si peritarono di chiedersi se quel loro penetrarci così in profondità ci causasse dolore o meno, ci piacesse o ci fosse - almeno concettualmente - gradito. cazzi arrivavano e giungevano da ogni direzione, e quei dieci cambiavano posizione e si scambiavano di posto ogni cinque minuti, condendo quel vero e proprio carnaio di sudore e di sperma, di peli e di saliva con sbattimenti di testicoli contro i nostri nasi, le nostre fronti, le nostre natiche. una mano mi tirò per i capelli, mi girò violentemente la testa e mi ritrovai in bocca due cazzi che riuscirono contemporaneamente a finirmi in gola, così profondamente da farmi rigurgitare succhi gastrici che non riuscii a sputare ma dovetti reingoiare assieme allo sperma di uno dei due, mentre un terzo mi eiaculava in culo. nel mio culo si alternarono poi altri due, di cui uno si divertì a farmi assaggiare un pezzetto della mia merda rimastogli attaccata al glande, e dopo essermi venuto dentro mi infilò il cazzo moscio in bocca e ci pisciò dentro.

rimasi qualche minuto ad ansimare incredulo e sofferente, nudo e lercio, sdraiato sul fianco destro, sperando che tutto ciò fosse finito. alzai la testa per vedere dove fosse leo: non riuscii a vederlo e mi spaventai. non ebbi il tempo di tirarmi su e guardarmi attorno, altri quattro o cinque tizi erano entrati nella stanza, nudi e sogghignanti come diavoli. mi sentii ribaltare, letteralmente: due forti braccia mi avevano sollevato dal letto e buttato contro una sponda, a pancia in giù; altre due mani mi legarono le braccia ed altre ancora mi tennero le gambe aperte: nel mio culo, oramai ridotto a uno sbrago in un corpo che era stato desiderabile, entrò qualcosa che solo dopo giorni e giorni capii essere una mano. un'intera mano. mentre qualcuno mi rovinava da dietro, e lo fece per ore e ore, la solita miriade di cazzi si alternò nella mia bocca. per fortuna persi i sensi.

mi risvegliò leo, leo e una lunga serie di baci. eravamo rimasti soli, io e lui, su quel letto oramai ridotto a un letamaio. c'era merda dappertutto, merda uscita dai nostri culi, quei nostri culi violati e violentati. i nostri corpi erano appiccicaticci e unti di qualsiasi materia organica potessimo immaginare. le finestre erano aperte ma l'odore era tremendo. io ero tutto un dolore, leo aveva appena smesso di piangere. quei figli di puttana non ci avevano pagati, e probabilmente ci avevano attaccato qualche malattia infettiva - che tutti i test, grazie a dio o a chi per lui, smentirono. il suo abbraccio e i suoi dolci baci nella mia bocca mi fecero risentire vivo, e sebbene fossimo sporchi lerci, facemmo l'amore. non ricordo più se io dentro di lui o lui dentro me. ci sentimmo vivi ma ci sentimmo troie, le più luride sporche troie della storia dell'umanità. avevamo dolore e pietà di noi stessi, avevamo pianto e subito violenza ma sentivamo che tutto ciò ci era piaciuto. ci avevano violentato il corpo, l'anima, la vita stessa. eravamo allo zenit della nostra giovane troiaggine: avevamo venduto ciò che restava della nostra dignità e lo avevamo fatto gratis. ogni stantuffata di quegli orribili cazzi dentro di noi era fonte di perverso godimento, di perverso perdersi, di perverso annullarsi. ogni goccio di sperma uscito da quegli orribili mostri ci aveva infettato fino al midollo, e noi eravamo lì per quello. le nostre bocche e i nostri culi erano le due estremità di un unico buco nel quale idealmente incanalare, l'uno dietro l'altro, tutti i peni del mondo.

leo mi fece capire che sì, si era esagerato e che molto di quello che era successo era schifoso e degradante, ma lui voleva andare avanti, andare oltre e superare ogni limite, costasse quel che costasse. il suo sogno era essere il nudo oggetto del più folle altrui desiderio. suscitare desiderio, godere degli orgasmi altrui, far godere uno, dieci, cento uomini allo stesso istante e farne impazzire di altrettanto desiderio e piacere altri mille. fare del suo culo e della sua bocca il centro del mondo, questo voleva leo.

io gli dissi che ne avevo avuto abbastanza. prima o poi avremmo trovato qualcuno più maniaco di questi quindici o venti - quanti erano stati? non lo sapremo mai - che ci avrebbe scopati a sangue, sgozzati come capretti e buttato i nostri cadaveri in qualche discarica. "è così che vuoi finire, leo? è così?", gli chiesi. lui rispose solo

"se accadrà, accadrà. tu fermati pure qui, john. io e la mia autodistruzione siamo solo all'inizio"

lui andò avanti a prostituirsi, e io non lo rividi più. l'ultima immagine che ho di lui è su quell'orrido letto, nudo ed angelico con quel suo immutabile sorriso e quel suo corpo scultoreo che di tanto in tanto affiora nei miei sogni, dove lui è ancor più angelico e mi possiede come nessuno mai più è riuscito a fare.
 
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nell'alto dei cieli
mi piace soffermarmi sulle pagine di chaturbate, specialmente quelle delle coppie gay.

non solo perché bene e spesso sono ragazzi assai belli e disinibiti, ma perché mi ricordano me ai tempi in cui mi prostituivo o posavo per set pornografici. come loro, non appena rimanevo nudo ero pronto a qualsiasi cosa, incurante di chi fosse la persona che mi avrebbe voluto ed avuto, incurante di quello che mi avrebbe detto o fatto. affamato come loro di occhi, occhi che si posassero su di me e desiderassero farmi loro. preda del desiderio di menti e corpi che in me vedevano estasi, peccato, perdizione, pulizia e sporcizia al tempo stesso, che facevano del mio sottile e tenue corpo lo sfogo di istinti umani e bestiali. cestino per i residui della loro anima, imbuto in cui riversare la loro insana voglia di possessione.

come me allora, questi ragazzi non hanno alcun freno, alcuna paura, alcuna ritrosia. nel loro spogliarsi e offrire ogni loro centimetro cubico alla laida e squallida lussuria propria ed altrui, non hanno futuro, non ne vedono alcuno. c'è l'ora, l'adesso, il qui. e io resto affascinato dal quel loro stuzzicare lo spettatore, eccitarlo, portarlo a spendere soldi per loro. e immagino cosa avrei fatto se una cosa del genere fosse esistita quando avevo la loro età.
 

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