Racconto di fantasia La veritĂ 

manoloman

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ok dopo tanto tempo, torno a scrivere un racconto erotico.Fatemi sapere che ne pensate. [h=2]La verità[/h] Il nome con il quale tutti mi conoscono è Elio. In realtà il mio nome di battesimo sarebbe Eliodoro ma persino i miei genitori ritenendo improbabile che un bambino si potesse chiamare in tal modo, sin da piccolo mi hanno sempre chiamato Elio.
Il mio mestiere è giudicare la gente. Sono uno di quei privilegiati che appartiene al ristretto numero di coloro a cui il nostro ordinamento ha affidato il destino dei propri cittadini. Io decido la verità e sono il padrone del futuro. Chiunque abbia la ventura di essere sottoposto al mio giudizio sa che dal mio convincimento, deriva il destino suo e di chi gli ruota intorno. Sono il custode della verità e mi sento giusto.
Per arrivare dove sono ho rinunciato a tutto: alle amicizie, alle uscite del sabato, alle discoteche, alle ragazze… ho perduto un mondo perché tenacemente ne propugnavo uno tutto mio. Volevo questo e l’ho ottenuto, pagandone il prezzo. Anni di studio e nottate sui libri. Quando tutti intorno vivevano io accumulavo la conoscenza.
Dopo quasi sei anni di non vita in cui finsi di ignorare il numero esatto dei capelli bianchi nel frattempo spuntati, una mattina, con il cuore prossimo allo scoppio, vidi il mio nome ed il codice alfanumerico attribuito nell’elenco dei duecento fortunati ammessi all’orale del concorso in magistratura. Il seguito mi ripagò ampiamente delle rinunce alle quali mi ero sottoposto. La graduatoria, poi il ricevimento al Quirinale, la nomina e la proclamazione, l’uditorato nella mia città di provincia e la prima sede.
Non un grande Tribunale come avevo sognato, ma una piccola cittadina di provincia. Qualche anno al civile ed al lavoro e poi definitivamente al penale, dove oggettivamente da sempre mi sentivo piĂą portato.
Sognavo di occuparmi di mafia, di tangenti, di maxi processi… ed invece giudico il geometra del paese vicino che ha dimenticato di depositare una domanda ed il contadino che ha minacciato la guardia del comune. Ogni tanto una botta di vita, come quando mi occupai (severamente) quell’uomo che aveva ridotto in fin di vita la moglie. Del caso avevano parlato tutti i giornali locali ed il mio nome era su tutte le testate.
Aspettando il momento giusto o il trasferimento a Roma, ho cercato di recuperare pezzi perduti della mia vita, inutilmente. Sono un uomo attraente, almeno è così che mi vedo. Eppure le mie scelte hanno inciso sulla mia vita sentimentale.
Quando non potevo non desideravo neppure o fingevo di non desiderare. Ora desidero una vita amorosa ma non ne ho le opportunitĂ . I tentativi di seduzione delle mie ex colleghe di studi, li avevo lasciati decadere per non sottrarre tempo e concentrazione alla mia preparazione. Mi ero eclissato e con il tempo trasformato in una specie di muro che lasciava rimbalzare ogni tentativo di approccio.
Ora ho oggettivamente molte piĂą difficoltĂ  a propormi. Infatti avrei la possibilitĂ  di lasciarmi andare, il tempo libero, il denaro, la serenitĂ , una casa, ma mi manca il terreno fertile, la materia prima.
Le avvocatesse sono le uniche donne non colleghe che conosco. Non è bene familiarizzare con loro. Il rischio è quello di dover giudicare un loro cliente e ciò non sarebbe etico. Le colleghe…già. Si tratta per lo più di vecchie culone o di arpie inacidite. Quando va bene, ne conosco qualcuna carina in qualche convegno, salvo poi scoprirla felicemente fidanzata o stra-felicemente separata e single convinta.
Dunque vivo male la mia felicità, perché ora che sono felice non so che farmene della mia felicità.
Quindi non è per noia, né per malattia che cerco il sesso sulla rete ma per necessità.
Mi piace passare il mio tempo davanti al PC. Sono diventato un erotomane. Ho una fantasia piuttosto complicata che ho imparato a dominare. Ho creato un profilo fake su un famoso social. A noi magistrati non è in teoria consentito averne uno ufficiale, ma tutti ne hanno almeno uno finto dove postano foto più o meno celate. Io uso un nome di fantasia, Andrea e frequento gruppi dedicati alla lettura.
In effetti la lettura, insieme all’eros, è uno dei miei interessi residuali, rispetto alla vita di tutti i giorni. Ne ho fatto il tramite per le mie fantasie erotiche.
I gruppi di lettura sono pieni zeppi di donne. Le donne leggono assai piĂą degli uomini e sono capaci di analisi piĂą profonde. Inoltre aprire amicizie con soggetti di genere femminile, mi permette di avere accesso alle loro foto.
Nessuno sa delle mie abitudini. Nessuno ha cognizione del mio mondo privato ed io lo tengo rigorosamente riservato, stando attento a non espormi in nessuno caso.
Del resto gli accessi alle pagine erotiche sono infiniti. Difficile risalire al mio IP e poi sto attento a non usare il telefono di servizio o il computer del mio studio. Guardo il sesso dalla mia stanza a casa. Ho un PC dedicato a questo, pieno zeppo di foto hard e soft di ogni genere. Le uso per masturbarmi e credo di non essere troppo originale in ciò.
Adoro le cosce delle donne. Provo un profondo stato eccitativo nel vedere le loro rotondità fasciate da abiti aderenti. Mi basta lo scorcio di un accavallo per procurarmi un’erezione. Poi per lunghe ore lascio scorrere immagini su immagini che cerco con accuratezza meticolosa e che catalogo in cartelle precise sul mio terminale.
Durante tutto il tempo che passo nella mia ricerca, ho costantemente il mio membro tra le mani. Lo tiro fuori non appena sento la pressione sui pantaloni. E’ allora che sbottono la patta. Me lo accarezzo da sopra i boxer piano massaggiandomi la cappella.
Provo piacere nel prolungare il piacere. Così le mie carezze si fanno più audaci e cercano il punto di divaricazione e l’apertura della mia mazza. Questo provoca l’uscita quasi immediata di una parte di liquido preseminale che inumidisce i box elasticizzati.
Mi diverto a bagnare le dita in quel liquido ed a torturarmi l’asta, mentre le immagini scorrono sul video.
Quando l’eccitazione arriva a sfiorare la soglia del dolore fisico lo tiro fuori. Ho un membro lungo e turgido che svetta fino quasi a toccare dai pantaloni il bordo della scrivania.
E’ solo allora che comincio a muovere la mano su e giù alla ricerca del piacere lungo. La mia abilità consiste nell’arrivare fin quasi all’orgasmo e fermarmi. Questo se da un lato consiste in una specie di tortura, dall’altro aumenta esponenzialmente il senso di piacere e quando esplodo nel mio orgasmo, il prolungato periodo di eccitazione e la masturbazione a tratti violenta della mia asta provoca un’eiaculazione copiosa e densa che a seconda dei momenti e del contesto dirigo dove ritengo più opportuno.
Da qualche giorno intrattengo una sorta di amicizia virtuale con una donna: Elvira!
Il suo profilo mi ha colpito. I suoi commenti sferzanti e ironici stimolano la curiositĂ  e questa agita la voglia di guardare, di spiare, di carpire qualunque cosa possa di lei eccitarmi.
Ho aperto la sua pagina e cliccato l’icona che racchiude le sue foto. Trovo il suo sguardo irresistibile e provo un profondo stato d’eccitazione ogni volta che la sua icona è attiva tra i profili con cui chatto.
Ultimamente il mio peccato erotico preferito è guardare le sue foto, scegliendo quelle che giudico più dense si sensualità. Non mi focalizzo necessariamente su quelle in costume, anzi… le trovo decisamente meno eccitanti. Mi turbano le sue gambe nelle foto che la ritraggono seduta su un divano, sorridente tra le sue amiche. Immagino allora ogni sorta di perversione. Mi masturbo pensando di strofinare la mia verga sul nylon delle sue calze, oppure di sedere difronte a lei che mi guarda mentre mi sbatto la mazza per lei. Quasi sempre il mio orgasmo culmina pensando di venirle sui vestiti, per poter raccogliere il suo sguardo colmo di quel piacere sottile che pervade le donne quando si rendono consapevoli del senso del dominio.
Il suo sorriso mi rende folle di desiderio.
Mentre sono seduto in treno per rientrare a casa dopo l’ultima udienza, sistemo nella borsa nera il faldone che ho portato con me. In teoria non sarebbe consentito portar via i fascicoli, ma del resto se non lo facessi mi sarebbe quasi impossibile completare il lavoro o studiare gli atti e le perizie a casa. Anche questa è una prassi curiosa che strappa i protocolli. Tutti lo fanno…perché non dovrei?
Accendo il mio telefono. Mi guardo intorno; non amo essere osservato. Poi accedo alla mia pagina fake.
Lascio scorrere i commenti, distribuisco una serie di like che servono per rimanere sostanzialmente collegato e quando sto per chiudere il telefono mi accorgo del puntino verde accanto all’avatar di Elvira che mi avverte che è on line.
Apro la chat e le scrivo:
«Come va? Risolto con Emma?»
Attendo qualche secondo, forse uno o due minuti. In realtà sono perfettamente consapevole della banalità della domanda e della sua questione con Emma non me ne frega un cazzo. Il mio è uno dei tanti gesti da stupidario di cui è fatto il mondo dei social. Si dicono cose insensate o inutili per rompere un silenzio. Nella vita reale sarebbe profondamente ridicolo o imbarazzante iniziare una discussione con una banalità. Nel mondo dei social è la regola.
«Ciao Andrea… bene. Tu come stai? Non sento Emma da due giorni»
Si potrebbe aprire un’analisi profonda sulla mediocrità delle frasi e sulla pochezza di contenuti delle chat. Ma le giustificazioni sono sempre le stessa: rapidità di risposta, tastiera del telefono, T9 ecc. Ho smesso di farci caso ed ho imparato la tecnica. Mi sono adeguato alla mediocrità per impossibilità di sostenere una qualunque sufficienza.
«Bene… sto rientrando a casa. Finito ora di lavorare»
«Io ne ho ancora per un po’. Verso le diciotto sono a casa»
«Ho visto le tue foto di ieri sera al pub. Complimenti…veramente carina»
Qualche secondo di silenzio che traduco in imbarazzo e che spero non significhino senso di fastidio. In fondo le ho fatto un complimento allusivo. Fino ad ora non credo di essermi mai spinto in un complimento. I nostri colloqui sono sempre stati cortesi e divertiti. A volte mi sono toccato a sua insaputa mentre parlavo con lei, sempre lasciando scorrere le sue foto, ma questo non può saperlo.
Poi risponde:
«Grazie Andrea… sei gentile. Eravamo un po’ brille, quindi forse abbiamo esagerato»
«Beh… scollature e scosciature erano generose per tutte e quattro. Immagino i vicini di tavolo…»
Una delle tonterie dei social sono gli “adesivi”. Praticamente icone e disegni prestampati che riproducono sensazioni o stati d’animo. Se non li si usa praticamente non si riesce a dialogare. C’è un cagnolino disegnato, per esempio, che ride a pancia in su o piange, o riproduce un pugno alzato in segno di sfida o di ira. E’ una di quelle idiozie alle quali mi sono assuefatto nel mio mondo digitale.
Risponde con il cane che ride. Dunque significa che il commento che a me pare audace non l’ha scossa poi come temevo. Quindi il copione prevede che si alzi la posta ed infatti lo fa.
«E tu non guardarmi le tette e le cosce allora…»
«Non certo in treno ora… mi risulterebbe scomodo»
«Perché? Sei appeso a testa in giù?»
«Ehm… diciamo che sarebbe imbarazzante»
«Addirittura… ti provoco questo effetto?»
«Ecco il finto stupore puntuale come il treno delle tredici. Devo staccare… tra poco arrivo a casa e mi collego da li. Riprendiamo il discorso dopo»
«Baci» seguito dal cane che manda cuori dalla bocca.
A riguardare la chat con un minimo di senso critico, il mio abito blu impeccabile stride con l’apparente puerilità dei dialoghi. Senza dubbio infantili. Tuttavia quello virtuale è un mondo di regressione. Tutti gli istinti si riducono all’essenziale. Compreso quello sessuale che perde quasi del tutto la complessità nella quale è evoluto nel mondo reale. In chat ogni passaggio prima o poi sfocia nel torbido.
E’ come se il bisogno di soddisfare se stessi prevalga su ogni raziocinio. Dunque non ha alcun senso leggere le vicende virtuali con lo stesso metro di giudizio della vita reale. Ed io sono uno che in tema di giudizi ho qualche voce in capitolo.
Quel timido, impacciato e sgraziato approccio tentato sul treno, ho imparato che vale il peso di un’avance ardita e a suo modo galante. Persino foriera di qualcosa di imminente.
Per questo accantono il mio fascicolo. Le motivazioni di una sentenza in fondo possono aspettare. Il mio desiderio no.
Appena arrivo a casa accendo il PC. Mi cambio mentre vedo caricarsi la mia chat di messaggi. Indosso dei jeans comodi che in ogni caso aprirò tra qualche minuto, sperando di riagganciare il discorso con Elvira. Guardo l’orologio: le diciotto e trenta.
La cerco e la trovo.
«Ehi…»
«Tornato a casa?»
«Ora…in questo momento. Stavo giusto riguardando le foto di ieri sera. Quelle di cui parlavamo prima»
«Non sei più in treno…»
«E allora?»
«Puoi guardarle senza imbarazzo…» [faccina con l’occhiolino]
«In effetti si… diciamo che mi sento più libero. Tu sei a casa?»
«Si sono sul divano»
«Interessante…»
«Ci stai provando Andrea?»
«Un po’ si … te l’ho detto che le tue foto mi piacciono. Ora sono libero di guardarle»
«Che prevede il copione mentre guardi le mie foto e chatti con me?»
«Trovo piuttosto eccitante il modo con il quale mostri le gambe. Le tue gambe sono molto sexy ed adoro le tue scarpe.»
«Quindi…»
«Sinceramente credo che continuare a guardarle mi obbligherà a toccarmi…»
«Cazzo…»
«Ti dispiace?»
«Lo trovo eccitante… mi eccita sapere che un uomo si tocchi pensandomi.»
«Allora visto che siamo in confidenza… mi sto sbottonando i pantaloni…»
«Mmmmm…»
«Lo prendo come un segnale di incoraggiamento. Vuoi che mi tocchi?»
«Oddio si…fallo!»
Sono seduto a gambe larghe davanti al pc del mio piccolo studio interno all’abitazione. Ho la foto di Elvira davanti a me che alterno con la chat. Sbottono i pantaloni e lascio che la mia erezione fuoriesca dai boxer. L’idea che una donna sia partecipe di un atto di autoerotismo e ne condivida lo stato eccitativo mi stravolge all’ennesima potenza. Vorrei tanto che lei condividesse con me la stessa sensazione e glielo dico.
«Non sai in che stato sono adesso…»
«Dimmelo!»
«Sono fradicia… ho le mutandine completamente bagnate»
«Sfiorati con le dita…»
«Lo sto facendo.»
«Mmmmm… ho l’affare completamente tra le mie mani. Sono duro come un pezzo di marmo.»
«Vorrei essere lì, in ginocchio sotto la tua scrivania per poterti toccare e vedere…»
«E poi?»
«Non sai di cosa sono capace con la bocca e con la lingua…»
«Oddio…cazzo…così mi fai impazzire. Ti prego toccati come sto facendo io.»
«Sono dieci minuti che ho le dita dentro.»
«Tirale fuori e leccatele. Voglio che tu senta il tuo sapore.»
«Mmmmm, dovresti sentire… cazzo…»
«Immagina di essere distesa a gambe larghe sul tavolo della cucina… ed io davanti a te con la mia lingua tra le tue cosce.»
«Questa cosa mi fa impazzire…»
«Voglio che tu ti tocchi il clitoride mentre te la lecco… inizio dall’esterno sfiorando con la lingua le tue dita, per poi picchiettare sulle labbra.»
«Infilami due dita dentro…cazzo non resisto…»
«Lo sto facendo mentre mi sbatto la mazza…»
«Oddio… sto ansimando…mi manca l’aria… ti voglio dentro.»
«Ora lascio cadere i pantaloni e ti prendo.»
«Si ti prego…entrami dentro…lo voglio sentire tutto»
«Ti sfrego la cappella sul clitoride prima di entrare…»
«Oddio… sono un lago... sbattimi forte.»
«Lo sto facendo…»
«Forte cazzo...sto per venire…»
«Do colpi fortissimi sulle tue natiche…le senti le palle che sbattono sulle tue cosce?»
«Sto…per…venire»
«Vieni…voglio che tu goda…vieni»
«Eccomi….cazzo… vengoooo… aaahhh»
Seguono alcuni secondi in cui lei non digita alcun che. Mi sto sbattendo l’uccello che ormai è completamente bagnato, usando la mano per accarezzare la cappella come se fosse una bocca. Ho voglia di venire. Accelero i movimenti.
«Ora voglio che venga tu…»
«Aiutami…»
«Mi inginocchio davanti a te. Prendimi la testa con le mani. Lo lecco con la lingua partendo dalle palle, risalendo su fino alla cappella. Picchietto con la lingua…mi infilo nel buchetto sulla cappella…»
«Oddio mi fai impazzire così…»
«Prendimi per i capelli e muovi la mia testa…»
«Lo sto facendo… tra poco vengo!»
«Vieni tesoro… vieni dove vuoi…ho il tuo cazzo in bocca.»
«Ti vengo in bocca così…»
«Fallo…non voglio perdere neanche un goccia…»
«Vengooo…»
Il mio seme fuoriesce dall’asta a fiotti caldi e cremosi che sento scorrere nel palmo della mia mano. Uno o due schizzi violenti mi finiscono persino sul viso. Ho la camicia completamente inondata dal mio sperma e sono senza fiato.
Cerco istintivamente qualcosa per pulirmi. La stanza ha odore di sesso.
«Ho inondato tutto…»
«Avrei ripulito tutto con la lingua se fossi stata lì…»
«Dovremmo ricomporci credo…»
«Ok…sei stato fantastico.»
«Anche tu… a dopo.»
«Ciao…a dopo. Vado a ricompormi anche io.»
Entro nel bagno di casa con i vestiti imbrattati. Mi cambio e faccio una doccia.
Mentre mi lavo penso a quanto, tutto sommato, sia facile relazionarsi sul web. In fondo non è necessario condividere qualcosa. Tutta la fatica che si ripone, nella vita comune, nel sembrare sufficientemente attraenti, sul web è inutile. Mi sembra, questo un mondo diretto e semplice, adatto a quelli come me. Ho già voglia di trombarmela ancora e credo che non mi sarà così difficile.
***
Sono passati due mesi da quel primo rapporto. Ritengo che il sesso virtuale sia dello stesso rango di quello reale. Per certi versi anche migliore. Le situazioni sono facilmente ribaltabili ed intercambiabili e non esiste neppure la necessitĂ  di attribuire un volto ad un partner.
So per ragioni professionali che esistono distorsioni e disturbi legati all’uso insano del sesso virtuale. Ma ciò non può riguardarmi, Sono capace di tenere distinti i due mondi. Quanto alle cose con Elvira, ormai posso ritenere di avere una quasi “relazione stabile” con lei. Peccato la distanza.
Oltre alle scopate virtuali, con cadenza quasi giornaliera, ci sentiamo via chat molte volte al giorno. A volte parlo con lei anche mentre sono in camera di consiglio. Digitalmente si intende. A parte qualche messaggio vocale e qualche foto del mio pisello in erezione, i nostri contatti sono oggettivamente i soli che il mezzo telefonico ci consente. Ma mi appagano e danno alla cosa una percezione di “stabilità”.
Mi sono inventato una vita da impiegato generico, tutto sommato convincente per essere uno con ritmi praticamente da ufficio. Lei mi ha parlato delle sue esperienze precedenti. Di un amore nato in chat, così come la nostra relazione e della fine più o meno drammatica, con un “lui” che aveva moglie e figli e che oltre ad usarla aveva iniziato a terrorizzarla quando la storia era finita. La paura di ricascarci è stata dura da vincere. Non voleva darmi i suoi riferimenti per poterla incontrare. Ma credo che anche la nostra relazione stia evolvendo. Sentimentalmente penso!
Sono arrivato quasi sul punto di svelarle la mia vera identità per tranquillizzarla. Poi le cose sono andate al posto giusto da sole e oggi la incontrerò.
Se sarà così come me l’aspetto, le dirò chi sono. Capirà le ragioni per le quali le ho celato la mia vera identità.
Una cosa è certa. Se mi avessero detto sei mesi fa che mi sarebbe potuto accadere di innamorarmi in chat, avrei dato del folle a chiunque. Uso il termine “innamoramento”, pur non avendone piena cognizione, lo ammetto! Del resto le occasioni per testare questo coinvolgimento “sul campo” mi sono mancate. Mi sono limitato nel tempo a cercare di intuirne i risvolti. Soprattutto quelli penali mi interessavano. L’amore che diventa follia omicida… ed io che ne dispenso la punizione.
La mia integrità morale ed il rigore severo con il quale dispenso la verità e la giustizia, lasciano poco spazio ad una rappresentazione diversa da quella rigida e impettita che mi sono imposto. Nessuno mi immagina in tuta, davanti ad un PC a masturbarmi o ad flirtare con Elvira. Del resto non sono tenuto a rappresentare la mia vita sessuale. Questa infatti non c’entra niente con il mio impegno civile. Sono due cose distinte.
Ora dopo due mesi di questa cosa nella quale è decantata la nostra intimità, la incontrerò. Ad un certo punto e con certi risvolti credo sia inevitabile.
Le ho dato appuntamento in un locale all’aperto sul lungomare. Ho noleggiato un’automobile in aeroporto e percorso i quindici chilometri di tangenziale fino al porticciolo turistico. Conosco bene quei posti. E’ lì che ho visto gli altri amarsi quando io studiavo legge all’Università.
Mentre io perdevo decimi di vista, sfruttando le ore della notte per studiare, i miei coetanei amoreggiavano con le ragazze in minigonna sugli scogli del lungomare. Non provavo invidia per loro ma li consideravo inutili e superficiali. Infatti quando io già frequentavo l’uditorato, alcuni di loro erano ancora alle prese con gli esami di procedura.
Quello che ho perso nella gioventĂą, mi viene oggi restituito dal web.
Quando la vedo seduta al bar ho il cuore in gola. Cazzo è ancora più bella di come appariva nelle foto o nelle volte in cui abbiamo fatto l’amore via Skype. Cioè…io uso questa parola ma forse dovrei dire sesso. In realtà io non so cos’è l’amore. Presumo che due che fanno sesso tra di loro in maniera più o meno consapevole stiano “facendo l’amore”. E’ così che si dice mi pare. Del resto non mi curo molto di inquadrare la cosa. Le mie informazioni dicono che l’innamoramento attraverso il web è sostanzialmente una variante evolutiva moderna di un sentimento antico. Con il tempo, lo so, diventerà una regola comune, quella di cercare l’amore in rete. Forse un giorno scriveranno opere che passeranno ai posteri e che declineranno la profondità e l’immortalità dell’amore virtuale.
Lei mi riconosce e si alza per venirmi incontro.
Il vestito azzurro le fascia il corpo in ogni risvolto che mi ricorda quanta voglia ho di possederla. E’ sorridente e profuma di femmina.
Mi bacia sfiorandomi la bocca come fanno gli amanti quando comprimo il desiderio di strapparsi i vestiti di dosso.
«Sei ancora più affascinante di come ti avevo immaginato dalle foto Andrea…»
«Stavo per dire la stessa cosa di te. Sei bellissima.»
«Ho paura che tu stia esagerando per galanteria…»
«Elvira… ho il respiro rotto e mozzato. Significherà qualcosa. Non sto mentendo. Sei la donna più bella che io abbia mai conosciuto.»
«Continuo a pensare che tu mi stia adulando»
Nel parlare mi fissa sorridente negli occhi, toccandomi il ginocchio con il suo. Il contatto che sino ad allora era stato solo immaginario è ora il canale attraverso il quale tutte le terminazioni nervose del corpo confluiscono per alimentare il fuoco che mi divora.
«Ho prenotato la stanza al residence dietro la collina, come ti avevo detto. Ho lasciato il mio vero nome. Devo dirti la verità prima di andare avanti…»
La vedo impallidire e contrarsi; d’istinto cercare la borsetta che ha poggiata dietro la schiena sulla sedia, come se si stesse preparando alla fuga…
«Sei… sei sposato anche tu…?»
«No…no… non è questo, stai tranquilla tesoro…»
«Allora dimmi…»
Il suo volto ora è una maschera espressiva tra la paura e il disagio. Sorrido per darle sicurezza e le prendo la mano tra le mie.
«Non è quello che credi… ma non mi chiamo Andrea…Mi chiamo Elio. Non faccio l’impiegato alla camera di commercio, ma sono un giudice penale. Scusa… ma i motivi per i quali ho un profilo falso in giro sul web è cosa lunga e noiosa da spiegare. Con te, a parte il nome ed il lavoro, sono stato sempre vero. Non voglio continuare a mentire… a costo di perderti ora.»
Ho imparato nei pochi minuti passati con lei, che ha una incredibile capacità espressiva. I suoi occhi sono di un verde quasi irreale. I capelli neri ondeggiano sulle sue spalle come cavalli sulle dune. Ora la sua bocca è appena distesa in un sorriso sospeso a metà tra il sollievo e la sorpresa.
Muove la mano ad avvolgerne almeno una delle mie ed è il segno per me che ha capito…
«Oddio…And…Elio, sei un uomo pieno di sorprese… questa poi!»
«Sei delusa?»
«No, un po’ me l’aspettavo…quanto meno per il nome. Ero certa che qualcosa di fantasia nel tuo profilo esistesse; ma posso intuire per quale ragione…»
Ho desiderio di fare l’amore con lei, ma nello stesso tempo un po’ temo la mia inesperienza. Le poche volte che l’ho fatto in pratica ho subito la situazione più che dominarla ed ho sopperito alla mancanza applicativa, guardando centinaia di ore di porno su internet.
Quando ci avviciniamo alla macchina le uso la galanteria di cui ho conoscenza: le apro la portiera, la richiudo, le chiedo se è a suo agio ed accendo il navigatore per raggiungere il residence che ho prenotato.
Le sue gambe leggermente divaricate sulle quali sale appena la parte bassa del vestito, sono un invito.
Vinco ogni genere di pudore e le poggio una mano sul ginocchio. Lei invece di fermarmi apre ancora di più le gambe. E’ un invito esplicito, ma non mi guarda negli occhi.
Comincio ad accarezzare piano l’interno delle cosce risalendo fin che posso. Ho il pene duro e rigido che è compresso contro lo sterzo. Lo sento perchè per accarezzare le sue gambe devo sollevare un tantino il bacino ed avvicinarmi con la mazza al volante.
Quando le mie dita sono in prossimità delle mutandine, ho quasi la sensazione di sentire l’umido che mi attendo. Lei si morde il labbro inferiore e protende il bacino verso la mia mano stringendo le cosce.
Appena giungiamo in prossimitĂ  del residence, imbocco la via per il retro come mi ha consigliato di fare il proprietario.
Mi ha fatto capire che non ha alcun interesse a registrare i nomi. Immagina una relazione clandestina ed è probabilmente abituato a confrontarsi con l’anonimato dell’amore rubato. La chiave sarà sotto al tappeto, dietro al vaso di fiori. Mi sono raccomandato per la riservatezza.
«Per tre ore siamo nessuno per tutti e non esistiamo che per noi. Voglio che sia tutto nostro questo momento»
Parcheggio la macchina sotto al salice che avevo individuato con il satellite e tutto succede in pochi secondi senza parlare:
Lei mi salta al collo e mi infila la sua lingua in bocca. Ha come qualcosa di selvatico che mi eccita oltremisura. La sua mano è diretta ad accarezzare la mia erezione attraverso i pantaloni.
L’abbraccio e non respiro. Faccio appena in tempo a dare un’occhiata al cortile isolato, vista la bassa stagione. Nessuno!
Abbasso il sedile della macchina e lei tirandosi su il vestito mi sale a cavalcioni senza togliere la sua lingua dalla mia.
Ho le mie mani sui suoi fianchi… risalgo su lungo la schiena mentre lei strofina il suo sesso contro il mio che è rigido e duro come un ramo di ciliegio. All’altezza del collo, si passa dietro la schiena le mani ed afferra le mie, poi allarga le mie braccia come nell’atto di bloccarmi sul sedile.
Si muove furiosamente. Con una mano riesce a liberare il mio pene dai boxer. Ed è in pochi decimi di secondo che lo sento scomparire dentro di lei.
Non avevo mai subito un dominio così furioso. Non conoscevo quasi la sensazione di compenetrazione tra i due sessi. Ora lei ondeggia con il culo e con la schiena, tenendo quasi fermo e schiacciato il seno contro il mio petto.
Vorrei usare le mani per accarezzare l’incurvatura della schiena, ma me le tiene bloccate.
Mi sta scopando come se non lo avesse mai fatto e lo desiderasse da tempo ed io mi sto facendo scopare come se quella fosse per me la cosa piĂą naturale del mondo.
La sento irrigidirsi un attimo prima che il tremolio del suo corpo mi avverta dell’orgasmo prossimo. Quando arriva, avverto in lei lo stesso incontenibile ed emozionato piacere che possa provare una belva per anni tenuta in gabbia e che all’improvviso trova la libertà.
Rimane per qualche secondo distesa su di me… le sue braccia larghe lungo le mie, fin quasi al sedile posteriore dove ha riposto la borsetta. Cerco di farmi spazio…voglio sentire il suo umore che sento fuoriuscire lungo le mie gambe, ma non voglio turbare la fine del suo orgasmo. Ora verrò anche io come facciamo sempre in chat. Verrò finalmente tra le sue labbra come sogno di fare da due mesi.
Sento frugare nella borsetta, dove certamente ha riposto i fazzoletti. Sono fradicio di lei e non ancora appagato.
Quando si rialza ha le mani distese lungo i fianchi e mi guarda sorridendo.
Il colpo della pistola sembra qualcosa di simile ad un petardo. Sicuramente un piccolo calibro, forse un 22. Me ne intendo io di pistole. Normalmente un proiettile di quel tipo non è sufficiente ad uccidere un uomo, a meno che non venga sparato in una zona vitale come il cuore o la testa.
E deve essere vicino al cuore che ha sparato, perché sento di non avere più la forza di muovere le mani ora che sono del tutto libere.
La vedo sorridere con un ghigno che non ha nulla di erotico. La guardo togliersi la parrucca nera e le lenti a contatto verdi. Riporre il tutto nella borsetta. Lo dicevo io che era troppo irreale quel verde.
Lei capisce che la vita mi sta abbandonando e si avvicina al mio orecchio e mi dice a bassa voce:
«Anche io ti ho detto una bugia… non c’è stato nessuno spasimante stalker… solo uno come te a cui ho riservato lo stesso finale… Sai una cosa tesoro? Ho già un nuovo amico. Dice di essere un professore in aspettativa, ma sarà certamente una balla. Magari con un po’ di fortuna e di capacità, riuscirà ad incontrami. Gli ho appena confessato di uscire da una brutta storia. Tra qualche minuto non sentirai più niente. Ti sembrerà di dormire. Buon viaggio amore mio»
 

marcoforte

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come sempr scritto egregiamente, in maniera coinvolgente e intrigante. di certo, per mio gusto personale, la gabbia di seta ha ambientazione e scenari che preferisco decisamente. :eek:k!:
 

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