Esperienza reale La prima passerina

falcon500

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Ciao, avevo iniziato a scrivere la descrizione della mia prima passerina per un altro post, ma è venuto un po' lungo e credo che con qualche modifica sia meglio tenerlo qui.


Premetto che fino a circa 13 o 14 anni, diciamo alle medie, mi sentivo bruttarello e insicuro, primo della classe in una classe di ricchi delinquenti, nonché inutilmente innamorato da sempre di una compagna di classe talmente stronza che alla fine il fidanzamento negato era diventato la barzelletta della scuola e io il pirla con tante amiche ma sempre a secco.
Invece con la fine delle medie, l'inizio del liceo, l'emancipazione, il motorino, i capelli lunghi e tante altre cose è iniziata una nuova vita e ho imparato a tirarmela anche io, tanto che in poche settimane avevo di che scegliere.
Ma siccome il lupo perde il pelo ma non il vizio, anche al liceo già al primo anno pensai bene di fissarmi con un'altra ragazza impossibile, in un rapporto sempre negato che è andato avanti per anni ma di cui scriverò un'altra volta perché inaspettatamente dopo tanti anni si sbloccò.

Però, a differenza delle medie, ora non avevo più la pretesa di volere solo la bella e impossibile e quindi, aspettando invano che la principessa si concedesse, facevo le mie esperienze parallele nel giro delle compagne (ma di altre classi, perché a scuola mia c'era il tabù di non poter andare con compagni/e di classe, mai capito perché) .
La prima di queste fu giusto a 15 anni appena compiuti, era una ragazzetta bella, magra e dal viso semplice e pulito. Era di un anno più piccola, mai appariscente ma con un bel seno che si sia a sviluppaando, sempre muta e un po' in disparte la iniziai a notare quando decise di accollarsi a me, già bella sviluppata anche se vestita sempre da monaca. Una che nessuno notava ma che aveva un grande potenziale mai espresso...finché non è toccata a me. Era figlia unica di genitori con la mentalità del medioevo, la tenevano reclusa in casa da sempre. La madre era una donna di chiesa devota che viveva anche lei in casa e il padre, cacciatore e bandito che ricordo dimostrava il doppio degli anni di mio padre, la prima cosa che diceva a tutti gli amici della figlia era che chi le si fosse avvicinato troppo non sarebbe più tornato a casa sulle sue gambe. Ed era serio.
Insomma per farla breve siccome io ero un bravo ragazzo, ben considerato dai prof, fui l'unico ammesso a casa di lei per farle ripetizioni il pomeriggio visto che era anche un po' tonta. Con la scusa di concentrarsi e studiare senza il rumore della TV, la madre ci consentiva di stare in camera sua con la porta chiusa, ma solo fino alle 17.30 al massimo perché a quell'ora il padre chiudeva il negozio che aveva sotto casa e se al rientro in casa avesse trovato la porta della figlia chiusa con un ragazzo dentro non avrebbe minimamente avuto pietà di me. Quando c'era il padre infatti la porta doveva essere rigorosamente spalancata e lui, omone bavoso e violento con canottiera e catena d'oro, ogni minuto si affacciava a controllare. Beh, il ricordo di lei fu che oltre a essere muta e un po' tonta era anche una grande porcella.
Io ero tremendamente ingenuo, anzi nemmeno troppo attratto fisicamente dalla fica, e il primo giorno andai a casa sua pensando veramente di farle studiare matematica! Ma appena la madre chiuse la porta augurandoci buono studio, con noi seduti alla scrivania davanti ai libri aperti, lei mise in silenzio una sua mano sui miei pantaloni e con l'altra portò la mia mano direttamente sulla sua passerina.
Inizialmente rimasi un po' imbarazzato, di lei avevo un'immagine di ragazza ancora un po' bambina, e forse rimasi bloccato una decina di secondi. Giusto il tempo necessario a far scattare all'impiedi il mio amico, che anche se stretto nei pantaloni era pur sempre nella sua mano, e farle uscire finalmente un sorriso!
Restando sulla sedia, senza spostarci dalla scrivania per non far sentire niente fuori dalla stanza, me lo tirò fuori molto delicatamente e iniziò un goffo su e giù un po' troppo esteso il movimento e quindi un po' doloroso all'inizio, ma la corressi subito con la mano destra nelle sue mutandine. Aveva un cespuglietto fitto e corto, molto corto, ma due labbra caldissime e fradicie.
Il primo giorno di ripetizioni finì così, dopo una decina di minuti di su e giù seduti al tavolo, sentendo la porta di casa che si apriva. Non so se lo sguardo più terrorizzato fosse il suo o il mio, ma in un nanosecondo ci siamo ricomposti nella parte dei bravi studenti, giusto in tempo per l'irruzione del padre nella stanza, che entrò spalancando la porta senza tanti complimenti. Scattammo in piedi come soldati, rassegnati ad una punizione che ci sembrava certa pur non avendo mostrato nulla di compromettente. Invece, la mia fortuna fu che entrò senza mollare una scatola che portava in braccio, perché se avesse voluto stringermi la mano non avrei potuto dargliela, fradicia com'era degli umori della figlia come se l'avessi infilata fino al polso in un barattolo di gelatina per capelli. Con il cuore che sembrava uscirmi dal petto ricambiai il saluto senza mollare dalla mano destra la calcolatrice che stringevo nervosamente, ormai bagnata e pure questa.
Dopo quel mezzo infarto ci salutammo con un cenno del viso, senza una parola, e tornai a casa.
Già il giorno dopo iniziammo a "studiare" direttamente sul suo letto, stesi a pancia in su a fare qualunque cosa con le mani, sempre in un silenzio di tomba, e sempre fino alle 17.30 in punto quando la madre, poco prima di sentire arrivare l'ascensore, veniva ad aprire la porta.
Si creò, senza molte trattative, una consuetudine per cui in quei mesi la madre non aprì mai la porta senza prima chiedere permesso, quindi dopo il terrore dei primi giorni io mi rilassai un po'.
Lei aveva una fichetta molto pelosa e sempre incredibilmente bagnata, molto più di quelle che vedevo nei giornaletti porno del periodo.
La giornata classica era sempre uguale. Appena la mamma chiudeva la porta andava a sdraiarsi sul letto e io mi mettevo affianco a lei o a volte sopra. In genere riuscivo a sollevare la gonna, quando la portava, a pieghe fino al ginocchio e senza calze, da brava liceale, e questa cosa mi è citava tantissimo. Quando aveva i pantaloni invece non se li faceva sfilare del tutto ma restavano abbassati sopra al ginocchio Comprensibile, vista la situazione fuori la porta.
Solo un paio di volte, con pantaloni e slip abbassati, si alzò in piedi per chinarsi a prendere uno dei suoi peluche caduti per terra mostrandomi un bellissimo culo, da giovane donna, esposto in una posizione da pecorina perfetta come solo nei video commerciali ho poi potuto rivedere.
Si faceva infilare in quella fichetta piccola ma elastica uno, due, tre dita o a volte tutta la mano. In silenzio mi guardava per ore fare queste operazioni da ginecologo. Salvo alcuni eventi lei restava quasi sempre passiva, immobile, ma ogni tanto aveva la curiosità di toccarmi l'uccello che ovviamente diventava di marmo. Con il suo seno giocammo poco, un po' perché le faceva dolore e un po' perché anche io preferivo dedicarmi alle parti basse. 
La sua fichetta aveva un odore fortissimo, mi eccitava da morire ma comunque alla fine di ogni "lezione" ero costretto a lavarmi le mani con acqua bollente e sapone dei piatti altrimenti tutti mi avrebbero preso per un pescivendolo!
Furono mesi di petting intenso ma un po' monotono perché io, che ero pollo, non avevo la benché minima idea di farle usare almeno la bocca, che sicuramente avrebbe fatto anche volentieri. E sono anche sicuro che se avessi avuto l'impulso del sesso vero, che non mi passava proprio per la testa perché non avrei saputo nemmeno come iniziare, si sarebbe fatta scopare senza fare nessuna resistenza. La sola immagine di lei a pecorina sarebbe stata sufficiente a prenderla all'istante da dietro, ma si sa che per ogni cosa c'è il suo tempo.
Durante i vari giochetti uno dei primi giorni fui costretto a venire di botto, esplodendo fiumi di sperma ad alta pressione su di lei che giaceva semisvestita sul letto. Era la prima volta per me su una ragazza e non mi rendevo conto di cosa avessi fatto. Quella volta ci venne da ridere ma subito dopo fu il panico e allora per nascondere in qualche modo il guaio rovesciammo d'acqua sulle mie macchie sul letto una brocca di acqua che tenevamo sul tavolin,  per dire alla madre che si trattò di una sbadataggine mentre mi offriva un bicchiere d'acqua.
La ragazza di me si fidava ciecamente, io ero quello che riusciva a farle prendere qualche voto decente ed ero l'unico al mondo ad essere entrato dentro la sua camera e dentro le sue mutandine. Sicuramente si fidava di me anche la madre!
Come detto ero ingenuo e nemmeno troppo attratto dall'aspetto fisico del fidanzamento, nel senso che ricevere una sega (senza venire) e una limonata mi appagava abbondantemente per la giornata. Che devo fare, l'epoca era quella.
Dopo il primo anno di "studio" arrivò l'estate e interrompemmo in modo naturale perché entrambi trovammo di meglio e alla fine della fiera forse ci eravamo anche annoiati.
Durante gli anni successivi ci siamo incrociati qualche volta nei corridoi della scuola, ma con indifferenza: la salutavo distrattamente pensando alla sua fichetta sempre fradicia, ma a dire il vero non l'ho mai desiderata nemmeno nel periodo delle grandi astinenze. A qualche compagno di scuola ho raccontato di quanto fosse porcella ma giustamente, vedendola tutti i giorni muta e vestita da suora, nessuno mi ha mai creduto.
A ripensarci a distanza di anni sono certo che la madre sapesse tutto e forse voleva che anche spronare la figlia a crescere un po', e chissà se ci ha mai spiato in qualche modo. Di sicuro, al tempo eravamo certi di essere talmente furbi da riuscire a fare tutto senza che la madre si fosse mai accorta di nulla. Che fessi! Invece sono ancora sicuro che il padre sia stato tenuto all'oscuro per davvero, perché altrimenti ora non starei qui a raccontarlo.
Capitava spesso, infatti, che inesorabilmente una caraffa d'acqua si rovesciava sul letto per nascondere, senza che funzionasse granché, i miei litri di sperma che le piovevano sulla camicetta. E quella santa madre, paziente, veniva a cambiare ogni volta lenzuola e coperte senza dir nulla. D'altra parte si sa che quando si studia matematica sulla scrivania, le caraffe volano sui letti a due metri di distanza!
Considerando che da ogni "lezione" uscivamo sudati e accaldati, e che nonostante fosse pieno inverno la madre oltre alla porta doveva venire ad aprirci anche la finestra della stanza, chissà che odore di sesso ci fosse ogni pomeriggio in quella cameretta di bambina con i peluche.


 
 
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sormarco

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È  risaputo che le figlie di Maria don le prime è darla via. Vedi la madre devota, che fosse devota al prete? 
poi la ragazza per farsi infilare le dita e addirittura la mano era già deflorata.
 

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