T

theAeronaut

Guest
1.

Era la più bella ragazza che avessi mai visto.

Quante storie s'intrecciano tra loro, partendo da quest'incipit comune? Un affascinante fleur-de-lis dalle forme procaci, una Venere in grado di ammaliare il protagonista e annullarne ogni pensiero logico con un semplice schiocco di labbra o con un banale occhiolino, sculettando sensualmente mentre si allontana.
No, lei non era niente di tutto questo. Era una bellezza quasi anonima, perfino goffa e impacciata nei movimenti ma, per qualche strano motivo, incantava chi le stava attorno e sapeva di piacere.
Basta questo, in fondo, non credete? Più si è sicuri di sé, più la strada per la popolarità è già spianata. Non crediate però che si lasciasse andare con facilità a qualsiasi corteggiatore le gironzolasse attorno. Tante api hanno cercato di assaporarne il nettare ma, da quel che ho visto in quei giorni, si è sempre saputa difendere benissimo.
Ho sempre pensato - ma forse esprimo solo concetti scontati, in fondo - che per affascinare una donna non bisogna essere insistenti, non serve diventarne la marionetta, affascinarla o lusingarla con inutili quanto vuote moine. Bisogna saperla colpire, attirarne la curiosità e io, anche se ancora non riesco a capacitarmi di come ci sia riuscito, ce l'ho fatta.
Questa non è la storia di come ho conosciuto la ragazza più bella che avessi mai visto, ma sicuramente è quella che parla di un incontro che non dimenticherò mai.

Quell'estate avevo deciso di affittare un appartamentino per trascorrere due o tre settimane di ferie al mare, in un paesino nelle immediate vicinanze di quello in cui abitavano alcuni miei amici. Non avevo preventivato chissà quali svaghi, né di concludere ogni serata facendo le ore piccole, rientrando a casa ubriaco fradicio al punto da dimenticarmi il nome della ragazza che, il mattino dopo, avrei trovato accanto a me, sdraiata nuda sul letto, ancora appiccicosa del sesso di poche ore prima.
A dirla tutta, prima di quell'incontro, nessuna ragazza aveva ancora condiviso con me quel materasso, né le gioie delle notti insonni, passate a contatto l'uno con l'altra, ton sur ton, condividendo sapori e odori. Mi andava bene così in fondo, avevo appena chiuso un periodo molto impegnativo al lavoro. Lo stress tracimava dalla mia mente stanca e affaticata, rendendomi quasi impossibile formulare un pensiero più complesso del banale "Ma cosa mangio oggi a pranzo?". Volevo solo godermi qualche giorno di relax, niente di più. Certo, non avrei rifiutato a priori la possibilità di regalarmi qualche avventura di poco conto, qualche notte di passione al chiaro di luna o anche una semplice pomiciata in riva al mare, ma già l'idea di dovermi impegnare mentalmente per affascinare la ragazza di turno mi stancava.

Proprio per questo motivo, i primi giorni delle mie vacanze trascorsero scialbi e grigi. La mattina mi svegliavo presto, facevo una colazione veloce e, indossato il costume, m'incamminavo lungo la chilometrica spiaggia fino a pochi metri dalla riva, dove piantavo ombrellone e sedia sdraio, mi spalmavo la crema e mi sedevo a leggere un buon libro, conscio che l'avrei abbandonato pochi minuti dopo - non sono un lettore estivo. A quel punto, di solito, decidevo di indossare le cuffie e ascoltare un po' di musica o mi distendevo sul telo per prendere un po' di sole, prima di tuffarmi in acqua per un bel bagno rinfrescante e ritornare a casa per ricominciare la mia routine pomeridiana - pranzo, pisolino e replica della gita al mare. Quel giorno, qualcosa interruppe la monotonia delle mie abitudini.

Non era la classica ragazza eccezionale, formosa e solitamente alquanto insipida, che ero solito vedere in spiaggia. Nessuna boa o airbag esageratamente gonfio le sostituiva il seno; era una bellezza quasi anonima, perfino goffa e impacciata in certi movimenti. Però suscitò il mio interesse.
Sembrava di quattro o cinque anni più piccola di me, poteva averne a malapena una trentina. Indossava un prendisole color dei tulipani e una paglietta le riparava il capo dal sole. I capelli - castano chiaro - erano legati in una crocchia nascosta in parte dal cappello. Aveva gli occhiali da sole, riuscii a notare qualche lentiggine screziarle il viso. Le lunghe braccia trascinavano un paio di borse che, a giudicare da quanto mi sembrarono contratti i muscoli, dovettero essere alquanto pesanti. Biascicò qualche parola a bassa voce, ma non riuscii a decifrare il suono per colpa della cacofonia dei bambini che gironzolavano lì attorno, urlando a squarciagola inviti a scavare un fosso o a tuffarsi in acqua ("No, ancora è presto, non puoi fare il bagno!").

Faceva parte di un gruppo di cinque amici: c'erano altre due ragazze - persino più carine di lei - e due fusti dall'aria ottusa e compiacente, i classici palestrati che hanno preferito allenare altri muscoli, piuttosto che quello che serve loro per pensare e formulare ragionamenti complessi; anche se, devo ammetterlo, non so quanto il mio pensiero possa essere veritiero e oggettivo, essendo io l'esatto opposto e palesemente di parte. Mi sono sempre tenuto lontano dalle palestre.
Li osservai piantare l'ombrellone e sistemare vettovaglie, bevande, palloni e frisbee vari. Chiese a un'amica di spalmarle la crema e se la fece passare sulle spalle già abbronzate dai primi giorni di mare, prima di pennellarsi da sola torace e braccia.

Cercai di osservarla senza fissarla, provando a captare qualsiasi parola fuoriuscisse da quelle labbra carnose ma, come potete ben immaginare, i bambini fastidiosi non mi permisero di sentire molto della conversazione che stava intrattenendo con Maciste e Sansone (no, non erano i loro veri nomi, ma nella mia mente avevo deciso di chiamarli così). Riuscii però a capire come si chiamava, quando l'amica - Nicole, da me soprannominata TikTok dal momento che non abbandonava mai il cellulare -, palesemente in carenza d'attenzioni, tentò di dirottare il suo interesse verso l'ennesimo video demenziale.

Ambra aveva la R moscia, anche sarebbe stato meglio dire che non ce l'aveva affatto; forse fu proprio questo piccolo difetto di pronuncia che completò la sua involontaria opera di seduzione: agganciato a quella lenza lasciata a penzolare e poi tirata su con uno strattone deciso, avrebbe trovato me, intento a divincolarmi per la mancanza d'aria ma felice di essere stato catturato da lei.
Scrollai il capo, abbandonando questa visione che mi schiavizzava alla sua volontà, e cercai invano di pensare ad altro. Come volevasi dimostrare, cinque minuti dopo eccomi nuovamente intento a spiarla.

Si era distesa al sole, i piedi rivolti verso di me.
Un piccolo spasmo contrasse le mie labbra quando cercai inutilmente di resistere all'impulso di assecondare il mio piccolo feticismo. Mi ritrovai così a fissare le estremità di quelle gambe snelle e affusolate, alternando fugaci sguardi a finte ricerche di un qualche inutile oggetto nel borsone.
Aveva i piedi come piacevano a me. Sentii l'erezione afferrarmi il cazzo l'istante stesso in cui mi immaginai riverso a terra, lungo disteso davanti a lei, intento a baciarle talloni e piante, a farla ridere per il solletico provocatole dalla mia lingua a contatto con l'incavo sotto le dita. Avrei sostato parecchio in quelle due oasi, bagnandole la pelle, infilandomi in bocca quelle lunghe dita sottili, permettendo alla mia lingua di giocare con i polpastrelli. Cos'altro avrei voluto fare? Non c'era molto da decidere, in quella situazione: avrei iniziato a baciarle le caviglie e i polpacci, a scalare le cosce fino a raggiungere l'estasi. Le avrei spostato un po' gli slip e avrei scoperto...

Non resistetti più. Prima di impazzire del tutto, corsi verso il mare e mi tuffai. Con qualche bracciata raggiunsi un posto lontano da sguardi indiscreti, mi afferrai il pene e iniziai a masturbarmi, ripensando a ciò che avevo immaginato di fare poco prima. Il frutto delle mie fatiche emerse dall'acqua pochi secondi dopo, lasciandomi pervaso da un piacevolissimo senso di soddisfazione e da un nuovo, chiaro obiettivo: dovevo assolutamente conoscere Ambra.

Continua...
tA.
 
OP
T

theAeronaut

Guest
2.

L'alba s'apprestava ad atterrare sulla nostra pelle e a scaldarci il corpo. La luce iniziò a filtrare dagli scuri sbrecciati per l'incuria e per i numerosi anni di intemperie invernali. Ambra sospirò inconsciamente e si voltò dall'altro lato quando un raggio di sole le colpì le palpebre, dandomi le spalle e permettendomi di intravedere il chiaroscuro delle natiche.

I nostri vestiti erano abbandonati a terra, fredde lapidi a memoria dei numerosi e repentini rush di passione della sera prima, che dall'uscio di casa ci avevano presi per mano e ci avevano buttati con veemenza sul letto.
Mi alzai, ché avevo bisogno di sgranchirmi le gambe e svuotare la vescica. Sciacquai velocemente il viso, mi guardai allo specchio, riflettendo per qualche secondo sulle parole che ci eravamo detti. Le due settimane di ferie aggiuntive erano ormai agli sgoccioli, l'ineluttabile fine di quel rapporto ben visibile all'orizzonte. Il banco di prova di una scelta è rifare la stessa scelta, citai mentalmente l'Oracolo. Mi sarei comportato diversamente, se fossi potuto tornare indietro e rifare tutto daccapo, consapevole di come sarebbero andate le cose?

Tornai in camera; lei era nella stessa posizione in cui l'avevo lasciata: totalmente nuda, immobile e appena sfocata nella penombra, quasi fosse l'immagine in una tela dipinta in fretta da un pittore di provincia, scarso nel talento ma gravido di buona volontà.
Era sdraiata sul fianco destro, un braccio sotto il cuscino e l'altro sul ventre. Il seno sinistro, il cui capezzolo faceva timidamente capolino dall'incavo del braccio, mi ispirò desideri scarlatti e bramosia di schiudere le labbra e fare mia quella piccola sporgenza, per risvegliare lei e la sua passione contemporaneamente. Avremmo fatto colazione saziandoci solamente dei nostri corpi, come spesso era successo in quei giorni. Continuai ad ammirarla, percorrendo con lo sguardo la linea della natica e della gamba rannicchiata sulla gemella che, al contrario, era interamente distesa. Sorrisi e mi sdraiai di nuovo. Si voltò, spalancò gli occhi e, attraverso quelle profondi iridi castane, mi diede uno scorcio della sua anima.
- "Buongio'no", farfugliò, la lingua ancora impastata dal sonno, la R dispersa da tempo. Si strofinò gli occhi, ritirando su l'armatura che le proteggeva l'essenza interiore.
- "E' ironico come il tuo nome completo sia Ambra Roberta, non trovi? AmbVa VobeVta, una nobildonna del 1800, che evitava la plebe come la peste e vestiva solo di seta delle Indie (si fila la seta, in India?), le cui scoregge profumavano sempre di bergamotto!", la canzonai.
- "Io pe'ò con la plebe ci sono andata a letto e ci sono tutto'a", sorrise beffarda, sfidandomi.
Me l'ero andata a cercare! Alzai le mani in segno di resa e la baciai. Ricambiò con desiderio la mia lingua.
- "Sono la plebe o il tuo gigolò? Non l'ho mica capito!".
Mi intimò di star zitto e leccarla; non trovando argomenti per contrariarla, obbedii diligentemente.
Mi sollevai carponi su di lei e iniziai a baciarle il collo, provocandole dei brividi di piacere mentre, con una mano, tastavo dabbasso per appurare l'umidità della zona. Non era ancora il momento giusto.
Proseguii lungo la scapola e, poco più giù, resi finalmente mio il capezzolo su cui avevo fantasticato poco prima. La lingua stuzzicò l'estremità carnosa con crescente desiderio; feci vaghe promesse di divertimento al gemello, accontentandolo temporaneamente con le dita in attesa di potergli dedicare attenzioni più proficue. Non aspettai tanto, pochi secondi dopo mi accoccolai su di lui e replicai la mia opera di convincimento, anche se si era già convinto da solo.
- "Ti voglio!"
Non me lo feci ripetere ancora e, sfiorando con la lingua l'ombelico, giunsi al Monte di Venere, somma delizia che sovrastava il piacere estremo.
Come un fulmine in una giornata di sole, totalmente inaspettato, il ricordo di quei giorni, quando ancora eravamo sconosciuti e non desideravo altro che sfiorare quelle labbra carnose con le mie, di intrecciare le mie dita alle sue, mi tornò subitaneo in mente.

Parecchi giorni prima...

Erano già passati tre giorni dalla prima volta che l'avevo vista. Mi erano venuti in mente diversi spunti di conversazione - uno più banale dell'altro - ma non ero ancora riuscito a trovare l'occasione giusta per attaccar bottone. Quando non era con TikTok e con la sua sodale, era attorniata da Maciste & Sansone, una fedele accoppiata di fibre muscolari e testosterone che non facevano mezzo cervello in due (ripeto, ero di parte!).

Durante quei tre giorni non potei far altro che limitarmi a lanciarle sguardi simpatici - o quelli che io credevo fossero sguardi simpatici, avrei dovuto osservarmi allo specchio prima di utilizzare questa tattica - sperando di catturare il suo interesse, ma ricevendo in cambio vaghi sorrisi di cortesia. Volevo parlare con lei, ma ero scoraggiato dalla nube di spasimanti tutti uguali che le gironzolavano intorno senza ottenere nessun risultato concreto, fabbricati in serie con uno stampino che includeva occhiali da sole, pettorali in bella vista e pelle super abbronzata.

Il quarto giorno mi ero quasi dato per vinto, al punto da decidere di non andare in spiaggia, quella mattina, e concedermi una gita nel paese vicino, per salutare qualche amico. Ricevetti numerosi consigli, ma avevo la mente annebbiata dalla confusione. Rientrai a tarda sera nell'appartamento che avevo preso in affitto, indossai il costume e mi diressi in spiaggia per un bagno di mezzanotte. Non c'era quasi nessuno, uno sparuto gruppetto di persone urlava di felicità al largo.

Mi tuffai in acqua, diedi qualche bracciata, tirai il fiato, ripresi a nuotare.
Poi la vidi. Era a qualche metro di distanza da me, da sola, galleggiava con calma e con l'immensa grazia di una paperella di gomma nella vasca da bagno. Mi feci coraggio, era l’occasione che stavo aspettando, e con qualche bracciata mi avvicinai a lei.
- "I tuoi amici ti hanno lasciata sola, per il bagno di mezzanotte?"
Mi fissò per qualche secondo, facendo mente locale per ricordarsi chi fossi. Non partivo certo bene.
- "Ciao! No, sono in gi'o, dovevano anda'e a be'e ma io non avevo voglia di 'inchiude'mi in un pub, volevo un momento solo pe' me e sono 'imasta qui. Ado'o fa'e il bagno di notte."
Io adoro te che fai il bagno da sola, di notte. Ovviamente non glielo dissi.

Restammo per un po' a chiacchierare del più e del meno. Mi rivelò che si chiamava Ambra e io ribattei che già lo sapevo, sentendola chiamare di continuo da Maciste & Sansone. Rise a quei nomi, e io mi innamorai di lei in quel preciso istante. Non mi era mai capitato di sentire una risata più sincera e cristallina della sua. Venni a sapere che erano del posto, che abitavano lì vicino e persino che conosceva chi mi aveva affittato l'appartamento. Nuotammo un po' e ridemmo ancora, poi mi disse che doveva rincasare. Non ho idea di quanto tempo avevamo passato in acqua, ma anch'io iniziavo a sentire la stanchezza.
Si avvicinò a me, mi avvicinai a lei. Ci guardammo negli occhi, imbarazzati ed eccitati allo stesso tempo, e mi disse che era stato divertente chiacchierare con me.
Sposami!

Mantenni la calma e il controllo del mio cervello, replicai che anche per me era stato lo stesso. Annullammo la distanza che ci separava e ci baciammo castamente sulle labbra, un magnifico bacio a stampo che bloccò il tempo in quel preciso istante, facendomi battere forte il cuore e viaggiare con la mente e i sensi lungo la galassia. Mi sembrava di vivere un'esperienza extra-corporale, di essere lì presente e al contempo di guardare la scena da spettatore. Si separò da me un secondo più tardi, promettendomi che ci saremmo rivisti e supplicandomi di chiudere gli occhi, mentre usciva dall'acqua.
Le domandai il perché e le promisi di farlo.
Mentii, ovviamente. L'istante in cui si voltò, aprii gli occhi e la vidi dirigersi, totalmente nuda, verso la spiaggia.
- "Lo so che mi stai gua'dando il culo!".
Cazzo!

Continua...
tA.
 

Grandel

"Level 7"
Élite Fase 1
Messaggi
9,097
Punteggio reazione
9,192
Punti
119
Posizione
Jerusalem’s Lot
2.

L'alba s'apprestava ad atterrare sulla nostra pelle e a scaldarci il corpo. La luce iniziò a filtrare dagli scuri sbrecciati per l'incuria e per i numerosi anni di intemperie invernali. Ambra sospirò inconsciamente e si voltò dall'altro lato quando un raggio di sole le colpì le palpebre, dandomi le spalle e permettendomi di intravedere il chiaroscuro delle natiche.

I nostri vestiti erano abbandonati a terra, fredde lapidi a memoria dei numerosi e repentini rush di passione della sera prima, che dall'uscio di casa ci avevano presi per mano e ci avevano buttati con veemenza sul letto.
Mi alzai, ché avevo bisogno di sgranchirmi le gambe e svuotare la vescica. Sciacquai velocemente il viso, mi guardai allo specchio, riflettendo per qualche secondo sulle parole che ci eravamo detti. Le due settimane di ferie aggiuntive erano ormai agli sgoccioli, l'ineluttabile fine di quel rapporto ben visibile all'orizzonte. Il banco di prova di una scelta è rifare la stessa scelta, citai mentalmente l'Oracolo. Mi sarei comportato diversamente, se fossi potuto tornare indietro e rifare tutto daccapo, consapevole di come sarebbero andate le cose?

Tornai in camera; lei era nella stessa posizione in cui l'avevo lasciata: totalmente nuda, immobile e appena sfocata nella penombra, quasi fosse l'immagine in una tela dipinta in fretta da un pittore di provincia, scarso nel talento ma gravido di buona volontà.
Era sdraiata sul fianco destro, un braccio sotto il cuscino e l'altro sul ventre. Il seno sinistro, il cui capezzolo faceva timidamente capolino dall'incavo del braccio, mi ispirò desideri scarlatti e bramosia di schiudere le labbra e fare mia quella piccola sporgenza, per risvegliare lei e la sua passione contemporaneamente. Avremmo fatto colazione saziandoci solamente dei nostri corpi, come spesso era successo in quei giorni. Continuai ad ammirarla, percorrendo con lo sguardo la linea della natica e della gamba rannicchiata sulla gemella che, al contrario, era interamente distesa. Sorrisi e mi sdraiai di nuovo. Si voltò, spalancò gli occhi e, attraverso quelle profondi iridi castane, mi diede uno scorcio della sua anima.
- "Buongio'no", farfugliò, la lingua ancora impastata dal sonno, la R dispersa da tempo. Si strofinò gli occhi, ritirando su l'armatura che le proteggeva l'essenza interiore.
- "E' ironico come il tuo nome completo sia Ambra Roberta, non trovi? AmbVa VobeVta, una nobildonna del 1800, che evitava la plebe come la peste e vestiva solo di seta delle Indie (si fila la seta, in India?), le cui scoregge profumavano sempre di bergamotto!", la canzonai.
- "Io pe'ò con la plebe ci sono andata a letto e ci sono tutto'a", sorrise beffarda, sfidandomi.
Me l'ero andata a cercare! Alzai le mani in segno di resa e la baciai. Ricambiò con desiderio la mia lingua.
- "Sono la plebe o il tuo gigolò? Non l'ho mica capito!".
Mi intimò di star zitto e leccarla; non trovando argomenti per contrariarla, obbedii diligentemente.
Mi sollevai carponi su di lei e iniziai a baciarle il collo, provocandole dei brividi di piacere mentre, con una mano, tastavo dabbasso per appurare l'umidità della zona. Non era ancora il momento giusto.
Proseguii lungo la scapola e, poco più giù, resi finalmente mio il capezzolo su cui avevo fantasticato poco prima. La lingua stuzzicò l'estremità carnosa con crescente desiderio; feci vaghe promesse di divertimento al gemello, accontentandolo temporaneamente con le dita in attesa di potergli dedicare attenzioni più proficue. Non aspettai tanto, pochi secondi dopo mi accoccolai su di lui e replicai la mia opera di convincimento, anche se si era già convinto da solo.
- "Ti voglio!"
Non me lo feci ripetere ancora e, sfiorando con la lingua l'ombelico, giunsi al Monte di Venere, somma delizia che sovrastava il piacere estremo.
Come un fulmine in una giornata di sole, totalmente inaspettato, il ricordo di quei giorni, quando ancora eravamo sconosciuti e non desideravo altro che sfiorare quelle labbra carnose con le mie, di intrecciare le mie dita alle sue, mi tornò subitaneo in mente.

Parecchi giorni prima...

Erano già passati tre giorni dalla prima volta che l'avevo vista. Mi erano venuti in mente diversi spunti di conversazione - uno più banale dell'altro - ma non ero ancora riuscito a trovare l'occasione giusta per attaccar bottone. Quando non era con TikTok e con la sua sodale, era attorniata da Maciste & Sansone, una fedele accoppiata di fibre muscolari e testosterone che non facevano mezzo cervello in due (ripeto, ero di parte!).

Durante quei tre giorni non potei far altro che limitarmi a lanciarle sguardi simpatici - o quelli che io credevo fossero sguardi simpatici, avrei dovuto osservarmi allo specchio prima di utilizzare questa tattica - sperando di catturare il suo interesse, ma ricevendo in cambio vaghi sorrisi di cortesia. Volevo parlare con lei, ma ero scoraggiato dalla nube di spasimanti tutti uguali che le gironzolavano intorno senza ottenere nessun risultato concreto, fabbricati in serie con uno stampino che includeva occhiali da sole, pettorali in bella vista e pelle super abbronzata.

Il quarto giorno mi ero quasi dato per vinto, al punto da decidere di non andare in spiaggia, quella mattina, e concedermi una gita nel paese vicino, per salutare qualche amico. Ricevetti numerosi consigli, ma avevo la mente annebbiata dalla confusione. Rientrai a tarda sera nell'appartamento che avevo preso in affitto, indossai il costume e mi diressi in spiaggia per un bagno di mezzanotte. Non c'era quasi nessuno, uno sparuto gruppetto di persone urlava di felicità al largo.

Mi tuffai in acqua, diedi qualche bracciata, tirai il fiato, ripresi a nuotare.
Poi la vidi. Era a qualche metro di distanza da me, da sola, galleggiava con calma e con l'immensa grazia di una paperella di gomma nella vasca da bagno. Mi feci coraggio, era l’occasione che stavo aspettando, e con qualche bracciata mi avvicinai a lei.
- "I tuoi amici ti hanno lasciata sola, per il bagno di mezzanotte?"
Mi fissò per qualche secondo, facendo mente locale per ricordarsi chi fossi. Non partivo certo bene.
- "Ciao! No, sono in gi'o, dovevano anda'e a be'e ma io non avevo voglia di 'inchiude'mi in un pub, volevo un momento solo pe' me e sono 'imasta qui. Ado'o fa'e il bagno di notte."
Io adoro te che fai il bagno da sola, di notte. Ovviamente non glielo dissi.

Restammo per un po' a chiacchierare del più e del meno. Mi rivelò che si chiamava Ambra e io ribattei che già lo sapevo, sentendola chiamare di continuo da Maciste & Sansone. Rise a quei nomi, e io mi innamorai di lei in quel preciso istante. Non mi era mai capitato di sentire una risata più sincera e cristallina della sua. Venni a sapere che erano del posto, che abitavano lì vicino e persino che conosceva chi mi aveva affittato l'appartamento. Nuotammo un po' e ridemmo ancora, poi mi disse che doveva rincasare. Non ho idea di quanto tempo avevamo passato in acqua, ma anch'io iniziavo a sentire la stanchezza.
Si avvicinò a me, mi avvicinai a lei. Ci guardammo negli occhi, imbarazzati ed eccitati allo stesso tempo, e mi disse che era stato divertente chiacchierare con me.
Sposami!

Mantenni la calma e il controllo del mio cervello, replicai che anche per me era stato lo stesso. Annullammo la distanza che ci separava e ci baciammo castamente sulle labbra, un magnifico bacio a stampo che bloccò il tempo in quel preciso istante, facendomi battere forte il cuore e viaggiare con la mente e i sensi lungo la galassia. Mi sembrava di vivere un'esperienza extra-corporale, di essere lì presente e al contempo di guardare la scena da spettatore. Si separò da me un secondo più tardi, promettendomi che ci saremmo rivisti e supplicandomi di chiudere gli occhi, mentre usciva dall'acqua.
Le domandai il perché e le promisi di farlo.
Mentii, ovviamente. L'istante in cui si voltò, aprii gli occhi e la vidi dirigersi, totalmente nuda, verso la spiaggia.
- "Lo so che mi stai gua'dando il culo!".
Cazzo!

Continua...
tA.
Strepitoso contributo...un gettone per la macchina dei sogni che da tempo non veniva accesa...
Complimenti, non solo porti il lettore in quel mondo ma fai in modo che ne tragga piacere non nell’esserci ma nel poterne leggere la dinamica.
Si, il “continua” diventa molto impellente....
Complimenti....
 
OP
T

theAeronaut

Guest
Strepitoso contributo...un gettone per la macchina dei sogni che da tempo non veniva accesa...
Complimenti, non solo porti il lettore in quel mondo ma fai in modo che ne tragga piacere non nell’esserci ma nel poterne leggere la dinamica.
Si, il “continua” diventa molto impellente....
Complimenti....
Apprezzo molto il tuo complimento, e ti ringrazio particolarmente! Grazie!
 
OP
T

theAeronaut

Guest
3.

- "Ceni con noi? Nicole vo''ebbe conosce'ti!"

Fu così che, un paio di sere prima della mia partenza, mi ritrovai intrappolato in un appuntamento a quattro con TikTok - ansiosa di incontrare chi, da qualche settimana, continuava a calamitare tutte le attenzioni dell'amica - e Sansone, insistente corteggiatore della sopraindicata schiava dello smartphone, che faticava però a nascondere la sua lampante cotta per la persona con cui condividevo gli orgasmi.

Una ventina di minuti prima della cena, Ambra si presentò sotto casa, cavalcando una vespa azzurra alquanto malandata che palesemente stava continuando a infrangere numerose leggi fisiche, pur di seguitare a muoversi.
La osservai parcheggiare dalla finestra, senza farmi notare. Si tolse il casco, si guardò un po' allo specchietto e si sistemò i capelli, acconciati per l'occasione in sensuali boccoli che le cascavano docilmente sulle spalle. Poi, con tutta la grazia di cui era dotata, strombazzò a tutto spiano per attirare la mia attenzione.
Risi, scesi le scale e l'accolsi con un appassionato bacio in bocca.
- "C'è tempo per un po' di divertimento?"
Fece cenno di no con la testa, facendo ondeggiare i capelli e porgendomi il casco, approfittandone per prendermi in giro, com'era solita fare quasi sempre.
- "Mettilo tu, che non hai p'oblemi con i capelli!"
- "Non dovresti prendermi in giro perché sono pelato, in realtà ho solo la testa montata al contrario", ribattei accarezzandomi la folta barba.

Percorremmo il lungomare in scooter. Lei guidava, io le cingevo i fianchi e odoravo il profumo che emanava dalla sua pelle, quasi in trance.
Giungemmo alla trattoria in anticipo; TikTok e Sansone arrivarono leggermente in ritardo. Entrammo, ci sedemmo, facemmo finta di osservare il menu con aria critica e, infine, ordinammo.
A metà del pasto, mi ero già annoiato delle chiacchiere senza senso e delle occhiatacce, cariche di gelosia e invidia, che il marcantonio continuava a rivolgermi. Inviai un messaggio ad Ambra, sentii la vibrazione del suo cellulare e la vidi leggere con avidità ciò che le avevo scritto: raggiungimi in bagno.
Mi guardò, facendomi un cenno d'intesa. Mi alzai e mi diressi alla toilette; un paio di minuti dopo, sentii bussare.
- "Occupato!".
- "Anche pe' me?"
Aprii la porta e la feci entrare nel cubicolo.

Si lanciò su di me e iniziò a baciarmi, frenetica, ansiosa, affamata delle mie labbra. Accarezzai tutto il suo corpo: attraverso l'abito le stuzzicai i piccoli seni (lasciati liberi da qualsiasi costrizione, quella sera, i capezzoli s'incunearono subito tra le mie dita, svegli, eccitati e desiderosi d'attenzioni), la schiena, i fianchi e le natiche. Le afferrai una coscia, rendendola una magnifica imitazione di un fenicottero rosa in un'instancabile e paziente posa su una gamba sola.

La feci appoggiare contro il muro, le sollevai la gonna, abbassai le brache e, spostatole le mutandine, terminammo l'antipasto per dedicarci alla portata principale. Non c'era bisogno di perdere tempo in inutili giochi di lingua o di dita; era lì, pronta, mi stava invocando a gran voce, sembrava quasi gridare il mio nome.
La punta del mio cazzo entrò in lei; mi accolse con un mugugno soddisfatto e condiscendente. Continuai a spingere dolcemente, fino a sentirlo totalmente protetto dalla sua fica calda e umida, avida e insaziabile; iniziai a muovermi, a stuzzicarla titillandole i nevralgici centri del piacere e cercando di assecondarne le voglie. Ogni colpo ne invocava un successivo, un treno interminabile in cui ogni vagone continuava a scaricare libidine e piacere nella mente di entrambi.

Ho sempre pensato che, visto dall'esterno, il sesso non fosse altro che un mero atto meccanico volto al soddisfacimento e al controllo dei piaceri carnali, un tentativo di impedire che siano loro a controllare noi (questo, tuttavia, non ci rende lo stesso loro schiavi?), l'estenuante ricerca di soddisfazione fisica e sensoriale che solo il rapporto con un'altra persona può darci. Il sesso è immanenza, concretezza, uno sporco tripudio della prevedibilità, la perenne ripetizione delle stesse dinamiche, di svolgimenti simili gli uni agli altri e, soprattutto, di identici finali.
Con Ambra non era così.
Mi sembrava di vivere una metamorfosi esistenziale. Il sesso con lei non era dozzinale, come in molte altre mie avventure. Movimenti, sviluppi e conclusioni continuavano a ripetersi, affini tra loro certo, ma ogni esperienza sessuale era paragonabile all'apertura di una porta che neanche sapevo esistesse, dentro me.
L'immanenza si annichiliva e lasciava spazio alla trascendenza. Quando ero con lei, quando ero dentro di lei, era come se nessuno dei due si trovasse realmente lì. Diventavamo parte del tutto e tutto diventava parte di noi.
Perlomeno, fino all'orgasmo, quando la gravità tornava preponderante nella nostra essenza. Terminavamo il sesso e già aspettavamo la volta in cui l'avremmo potuto rifare, per riprovare ancora quelle sensazioni a cui ci andavamo sempre più assuefacendo.

Spinsi dentro di lei, in continuazione, ancora e ancora, ignorando il desiderio di venire pur di prolungare, quanto più possibile, quel piacere. Qualche affondo dopo, sentimmo bussare alla porta. Rispose lei e allontanò (o spaventò con una velata minaccia, punti di vista!) l'incauto avventore.
- "Lo sai che questa è la toilette maschile, vero?"
- "Vuol di're che s'immagine'à belle cose!", bisbigliò a corto di fiato, la voce spezzata dall'orgasmo ormai prossimo.
- "In realtà potrebbe avere gli incubi, stanotte, ripensando a quello che gli hai appena augurato."

Venimmo quasi contemporaneamente, qualche secondo dopo. Percepii la sua fica contrarsi l'istante prima in cui liberai il mio seme dentro di lei. Tremò leggermente e mi morse la spalla per evitare di urlare per il piacere.
Ci sistemammo e tornammo dai commensali. Quasi mi parve di sentire i criceti correre sulla ruota, dentro la scatola cranica di Sansone, affaticandosi tanto per fargli avere l'intuizione di quello che era appena successo tra me e Ambra.
La sua espressione mutò improvvisamente: la lampadina si era accesa. Eureka! TikTok prese però parola, impedendogli di formulare chissà quale commento acido o sarcastico.

"Insomma, ci avete raccontato di come vi siete conosciuti e, vabbè, dati un casto bacio a stampo. Io però voglio dettagli più corposi: il primo, vero, bacio? Com'è stato?"

Già, il primo bacio. Iniziai a raccontare.

- "Accadde il giorno dopo il bagno di mezzanotte..."

Continua...
tA.
 
Ultima modifica:

Grandel

"Level 7"
Élite Fase 1
Messaggi
9,097
Punteggio reazione
9,192
Punti
119
Posizione
Jerusalem’s Lot
3. Bello, bellissimo...sublime. L’ho letto e lo leggerò una sola volta...per non “ridurre” col razionale le emozioni che mi hai trasmesso...
Bello, bellissimo...sublime narrazione....mi hai reso dipendente. Complimenti.....
 
OP
T

theAeronaut

Guest
3. Bello, bellissimo...sublime. L’ho letto e lo leggerò una sola volta...per non “ridurre” col razionale le emozioni che mi hai trasmesso...
Bello, bellissimo...sublime narrazione....mi hai reso dipendente. Complimenti.....
Grazie mille, Grandel! Sei praticamente l'unico lettore di questo racconto!
 

Top Bottom