Complicità

Lo_psi

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Eravamo a fine agosto dello scorso anno, quando mi contattò uno psichiatra, fondatore di una comunità per tossicodipendenti in un paesino vicino a dove vivevo. Al telefono fu molto cordiale, aveva letto il curriculum vitae che gli avevo lasciato un anno prima in un occasione che non ricordo.
Cercavano personale, possibilmente con esperienza nel settore, ed io di quella ne avevo da vendere. Fissammo un appuntamento per il giorno dopo e ci incontrammo.
Descrizione della struttura, il numero degli utenti e : "sa dottore, se vuole ci possiamo dare del tu, abbiamo bisogno di qualcuno che sappia organizzare la giornata, che costituisca dei laboratori, questi ragazzi sono irrequieti e poi c'è anche tra loro una ragazza, di venti anni, abbiamo dovuto mettere le telecamere ovunque...lei si può immaginare...ti do del tu,che ne pensi è una cosa che ti andrebbe di fare ? "
Lo psichiatra era un uomo basso, tarchiato, di una sessantina di anni, bonario, passammo al tu. Accettai l'incarico dopo aver parlato della mia retribuzione e delle ore a settimana da svolgere.
Incontrai lo staff: due direttori amministrativi (poi scoprii che in realtà erano soci e che avevamo in mano la gestione della comunità in lungo e in largo), oltre loro c' era l'educatrice mai conosciuta una persona così impreparata nel proprio lavoro come questa ragazza, aveva una "storiella" con uno dei due direttori ma la cosa non si doveva sapere, dato che in struttura lavorava anche la moglie del suddetto direttore, ma era evidente a tutti, i primi ad esserne certi e a raccoglierne <prove> erano quei furbacchioni degli utenti. E poi c' era la responsabile, una psicoterapeuta poco più che trentenne che arrivò mentre stavo parlando di come avrei voluto svolgere il mio incarico.
Aveva delle forme rotonde ma non grassa, una leggera pancetta, un bel seno, capelli castano chiaro, labbra carnose, occhiali che filtravano dei begli occhi verde scuro, un bel nasino ma purtroppo dei denti non perfetti, mi ascoltò per circa un quarto d'ora, mi ascoltarono tutti in quell'ufficio, vedevo crescere di minuto e minuto l'aria soddisfatta di chi pensava tra sè e sè di aver trovato la persona giusta. Ma io non sono uno tenero, soprattutto nel lavoro...e soprattutto con la dirigenza, questo in genere. Non amo molto l'autorità che spesso sconfina nel dispotismo . La collega mi ascoltò, poi ci trovammo in un terrazzo a fumare una sigaretta, mi mise in guardia da certe cose e aggiunse "mi permetto per correttezza ma ho capito che sai il fatto tuo". Parlammo altri cinque minuti della comunità.
Ritornai due giorni dopo, mi mostrarono la struttura in modo dettagliato, mi presentarono gli utenti e mi dissero dei problemi che c'erano.
Se le figure professionali erano due, la responsabile: Gisella e poi l'educatrice totalmente incapace Lavinia (proprio in quei giorni si era licenziata l'assistente sociale), il personale non qualificato OSa e OSS e volontari, erano in numero copioso. In seguito scoprii sottopagati , quando si ricordavano di dargli lo stipendio...
Feci delle critiche alla dirigenza per delle cose che vidi in quelle due ore che non mi piacquero affatto.
Gisella si schierò immediatamente con me dicendo: "per me il collega ha ragione è da tempo che lo dico ma di qua vi entra e di qua vi esce (indicando le orecchie)

E insomma passarono i giorni e tra lo scambio di idee, una linea di lavoro simile, io e Gisella ci trovammo molto bene a lavorare insieme.
Gisella era responsabile in quella comunità da due anni, era la prima esperienza di lavoro importante, conoscendola sempre meglio vedevo i suoi punti di forza e anche quelli di debolezza, professionalmente parlando. Il mio parere incominciò ad avere un certo peso su di lei, ... era brava a costruire dei legami con l'utenza e si vedeva facilmente che i ragazzi contavano molto su di lei e la ascoltavano.
Per gli utenti: Lavinia, i direttori, e parte del personale erano i nemici <con potere> cui era meglio non fidarsi.

Iniziammo una guerra io e Gisella, a favore degli utenti e sulle ingiustizie in cui versavano...ci trovammo da soli io e lei; solo qualche Osa che ci dava ragione ma mai pubblicamente per paura di perdere il posto.

Io iniziai a sbottare in ufficio con i direttori, il tono della mia voce salì , loro con me erano affabili, mi sorridevano e cercavano di mostrarsi accondiscendenti. Scoprii che Lavinia fosse una sadica, godeva nel punire gli utenti, nell abbassargli il morale, nel vederli tristi e i direttori avevano la stessa caratteristica. Competenza zero.

Io e Gisella riuscimmo ad ottenere determinate cose. Mi venne l'idea di costituire dei gruppi di discussione, ventiquattro utenti divisi per tre gruppi, gli incontri a cadenza settimane, più i colloqui in individuale.
Facemmo un gran lavoro a diversi livelli, le telefonate tra me e Gisella e i messaggi whatsapp diventarono una costante.
Mia moglie era abituata a sentirmi parlare con i colleghi, maschi o femmine che fossero, non aveva alcuna gelosia. Sapeva anche quanto mi immergessi nelle problematiche del mio lavoro, anche a tarda sera capitava di fare e riceve telefonate.
Una mattinata come tante di un giorno di inverno, mi sentii telefonicamente con Gisella per lavorare a casa sua su una diagnosi di un utente da mandare al giudice di un tal tribunale.
Non ero mai stato a casa di Gisella, durante il servizio andavamo spesso insieme al bar, ci sentivamo anche (come detto) fuori dal lavoro ma niente di più.
Avevo notato una volta, mentre eravamo seduti tra una scrivania sullo stesso lato, con due sedie su due livelli diversi (la mia sedia molto più bassa e la sua, una poltrona da ufficio) che accidentalmente con la mano le avevo toccato il ginocchio e lei non si era mossa, quindi una seconda volta ci trovammo nella stessa posizione con l utente che ci parlava dall'altro lato della scrivania , ed io per intimare Gisella di non parlare, le misi (volutamente) una mano sul ginocchio cosicche' l'utente non se ne potesse accorgere e lei nuovamente non disse nulla, nemmeno quando ci ritrovammo da soli.
Sono di quelle cose che si sentono, è quella comunicazione inconscia che quando attui un comportamento il più delle volte, sai che attraverso quel tipo di relazione puoi fare determinate cose.
Mai mi sarei aspettato di trovarmi a casa sua in un divano da cucina piccolo io e lei spalla a spalla.
Gisella era in gonna grigia con collant neri, accavallo' le gambe e il dossier sulle cosce, iniziò a leggere.
Francamente non ricordo cosa mi passò per la testa ma accarezzai il polpaccio della gamba accavallata, proprio vicino a me, lei continuò a leggere ma la sua pelle bianchissima del viso, diventò immediatamente porpora, per un attimo pensai che da lì a poco mi avrebbe guardato con occhi furenti, obbligandomi a lasciare casa sua. Ma fu un pensiero di un attimo. Mi bastò sentire dopo un secondo, la sua lettura prima scorrevole e ora incespicare, la sua pupilla dilatarsi , i suoi occhi diventare lucidi e la sua voce dire: "ti prego Girolamo".
Naturalmente io non ascoltai quella preghiera, continuai ad accarezzare il polpaccio, poi l'intera gamba, sentivo la pelle riscaldarsi con le mie mani (la cucina era fredda e la piccola stufa non riusciva a riscaldare l'ambiente), proseguii sulla coscia, non trovai nessuno ostacolo, quindi avvicinai le mie labbra sulle sue e non appena entrarono in contatto la sua timidezza diventò fuoco. Sentii la sua lingua baciarmi con passione, le sue bellissime mani , dalla pelle bianchissima, le unghie naturali , lunghe, smaltate di rosso, stringermi la nuca. Frugai dentro il suo maglione.
"Girolamo basta", era un basta che diceva altro, mi trovai sopra di lei in quel piccolo divano.
Misi una mano dentro la gonna, i collant e le mutandine non potevano nascondere il calore che dal basso ventre si diffondeva nella mia mano, le mie dita la massaggiarono seguendo tutta la riga... i baci proseguivano a ripetizione.
Disse: "che sta succedendo?"
Si alzò in piedi, percepii il suo ottundimento ma non dissi nulla, baciai il lobo del suo orecchio e il suo collo. Gisella mi stringeva le spalle, io le stringevo il sedere e facevo pressione con il mio basso ventre sul suo.
La camera da letto era accanto la cucina, con la porta aperta, l'appartamento era piccolino, ci ritrovammo sul suo letto grande, aprii la cerniera della sua gonna e quasi nello stesso momento feci scivolare i miei jeans rimanendo in mutande, abbassai i suoi collant, le baciai la pancia, un profumo della pelle delicato, tolsi le mutandine bianche con i cuoricini rossi stampati, lei contemporaneamente aprì le gambe.
Era fradicia, senza esagerazione, i suoi umori avevano invaso l'inguine, la mia mano si bagnò immediatamente, le labbra erano schiuse, la striscia di peli castani a forma di rettangolino era come fosse uscita da una doccia.
Il suo corpo parlava, diceva <ti voglio>.
Abbassai le mie mutande e il mio membro entrò nella galleria come fosse in una autostrada priva di traffico, liscio- liscio, scorrevole, oliato. Spinsi, entrai tutto e spinsi da fermo. Sentii il suo dentro, uscii lentamente e rientrai piano-piano, appena fu tutto dentro, iniziai a colpire con più forza, stringendole i fianchi, morbidi e rotondi.
"Toccami il seno" disse, le sollevai il maglione.
Un capezzolo rosa che sapeva di confetto e questo bel seno rotondo e abbondante, lo presi nella mano aperta, lo strinsi e lo roteai , lei contemporaneamente, venne.
Gemeva ad ogni colpo e l'orgasmo fu accompagnato da dei suoni "ahhh, ahhhh vengo" ed io " vieni si, fammi sentire come vieni". "Ahhhhh" l'ultimo suo gemito fu forte e prolungato.
Lei si aspettava che io continuassi. No, ero a posto così per il momento.
Rimase perplessa, ci vestimmo, davanti la porta mi abbracciò come si fa tra fidanzati. La cosa mi spaventò: "Gisella, ci sentiamo più tardi" allontanandomi da lei, le diedi un bacio in guancia e sgusciai da quel nido in modo furtivo e con i sensi di colpa che cominciavano ad affiorare nella mia mente.
Tornai a casa, mia moglie nemmeno la guardai, andai direttamente nel bagno a togliere ogni possibile odore del mio tradimento.
Gisella mi vedeva bello "e dannato", così mi disse; "un gran professionista e una personalità complicata". I miei occhi erano inquieti e profondi, disse.
Io non avevo capito nulla, non mi ero reso conto di piacerle, non avevo nemmeno badato che lei da mesi mi studiasse. A lavoro come dicevo, mi immergo nel problema e trascuro tutto il resto. Eppure non era la prima volta che andava così...
Gisella non faceva sesso da quasi un anno. Aveva avuto una storia finita in modo doloroso, poi il suo ex era ritornato a farsi sentire ma lei aveva chiuso ogni possibilità di dialogo.
A lavoro fu abbastanza difficile lavorare insieme. La mia preoccupazione era soprattutto verso gli utenti. I tossicodipendenti sono delle persone astute, molto attente ai dettagli, sensibili ad ogni impercettibile cambiamento, studiano chi hanno di fronte. Quindi a Gisella feci una serie di raccomandazioni, al lavoro niente doveva cambiare, nè più nè meno, nè aggiungere nè togliere, altrimenti si sarebbe innescato un sospetto.
Continuammo così per mesi, i nostri incontri a casa sua divennero abituali.
Era tutto un continuo di piacere e sofferenza, lei single io no, lei era portata a sognare, fantasticare, io tormentato dai miei conflitti. Cercavo di riportarla alla realtà ma sempre dopo, perchè prima e durante ero io a non sapermi controllare. Avevo bisogno delle sue carezze, del sentirmi dire "vieni dentro" che la prima volta mi spaventò, la seconda pure, poi fu solo eccitazione.
"Vienimi dentro", "fammi mettere sopra".
Le sue unghie penetravano le mie natiche e la carne delle mie spalle, quando le facevo raggiungere l'orgasmo.
Lo facemmo anche durante il suo ciclo, per diversi mesi...era una cosa che non facevo da anni, credevo mi schifasse, invece con la persona con cui si vive in un vortice di passione...
Aspettavo che avesse il ciclo, lei molto più eccitata del solito, mi spingeva a venirle dentro...ed io, venivo .
Lasciai quella comunità per le solite controversie con i dirigenti, dopo un paio di mesi anche lei.
Noi continuammo a vederci.
Il mio matrimonio navigava in acque tormentate, ora lo sentivo disperso, non recuperabile. Rimaneva l'amore per mia moglie, un amore forte, autentico, saldo; con esso mi portavo come uno zaino pieno di pietre pesanti, il mio senso di colpa, l'inganno. Gisella mi dava delle fortissime emozioni che per me finivano lì, salvo poi riprenderle al momento che ci ritrovavamo insieme.
Mia moglie era l'affetto, Gisella l'impulso.
Seguire la passione che brucia tutto o costruire mattone su mattone, quel focolare domestico che riscalda il cuore, quel posto in cui ci si sente al sicuro?
Se fosse solo un discorso razionale...e se la propria anima potesse essere spiegata e discussa con un discorso logico...
Era proprio il sognare di Gisella ad aprirmi gli occhi: "sei mio", "lascia tua moglie e vieni con me".
Erano queste frasi che mi facevano capire quanto amassi mia moglie.
Ma c'erano le carezze di Gisella,dolci, c'era il suo darsi completamente a me.
Il suo raccontarsi, il suo dare importanza ad ogni mia parola...e c'era l'aspetto sessuale.
Quando entravo dentro di lei, mi sentivo a casa mia...."sono a casa mia", cosi dicevo appena la punta del mio glande incontrava la fessura delle sue piccole labbra.
Arrivò una bella litigata tra me e Gisella, per una settimana non ci sentimmo, i progetti di lavoro che avevamo fatto insieme, li cancellai dalla mia mente, rimossi lei dalla mia esistenza.
La passione brucia, brucia tutto....e alla fine se non c'è del cemento, della roccia... non rimane niente se non della terra bruciata.
Riprendemmo a risentirci, una o due volte la settimana, parallelamente lei conobbe un uomo che tutt'ora frequenta.
Tre giorni fa, ci siamo ritrovati come la prima volta...
...io sono entrato, tanto per ricordarle, una frase che spesso usavo con lei durante l'atto: "Ecco il padrone di casa. Ti sono mancato?". Lei ha raggiunto l'orgasmo, un forte orgasmo con tanti "ahhh ahhhh" e con la passione di sempre.
Ci siamo ripromessi di fermarci .Le nostre vite sono diverse. Molto diverse...
C'è una particolare alchimia tra me e Gisella, non so come definirla, forse con empatia, la chiamerei complicità.
Si.Complicità.
 
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