Nonlosoproprio1234
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Edith è una mora di 41 anni, mamma e separata. Lavoriamo insieme da anni e io sono il suo capo ma col tempo siamo diventati amici. Ci vediamo ogni giorno, usciamo spesso a pranzo insieme, ci raccontiamo tutto, anche le nostre storie e avventure. Io le parlo apertamente dei miei incontri, delle mie donne e anche dei dettagli più intimi. Lei si diverte e a volte mi guarda quasi imbarazzata e la cosa mi diverte, così mi lascio andare a raccontarle tutti i minimi dettagli. Comunque siamo rimasti sempre in un rapporto d’amicizia e niente di più.
Tutto questo però fino a quando è successo qualcosa. Lei si è lasciata col tipo con cui è stata negli ultimi anni. Una storia complicata, fatta di litigi, riappacificazioni, insomma alla fine dopo anni di tira e molla la storia è finita. Così lei ha iniziato ad uscire con altri e mi racconta delle storie, le uscite ma anche per la prima volta di come ci andava a letto, di com’era uno piuttosto che un altro. Si sta sciogliendo ogni giorno sempre di più e diventa più aperta e disinibita. Mi racconta del 50enne che l’ha corteggiata per anni e alla fine ha deciso di uscirci, di come la prima sera lui l’abbia invitata a casa e dopo neanche cinque minuti si è ritrovata sul tavolo della cucina e si è fatta penetrare. Il bello è che mi racconta di quanto le sia piaciuto e di come lui l’abbia bagnata con una bottiglia di vino e l’abbia leccata fino a farla venire mentre beveva il vino sulla farfalla … lei quasi sembra eccitarsi mentre me lo dice. La guardo e chiaramente la sua espressione è tra lo scherzoso e il serio, sembra immedesimarsi nella situazione.
Edith è una bella donna, curata e veste bene. Ha una camicia bianca scollata e io senza che quasi me ne accorga lascio cadere lo sguardo sotto il collo, tra le pieghe della camicia. Si vede il pizzo del reggiseno, anche quello bianco. Mi accorgo che sto guardando per la prima volta cercando la forma del seno. E’ pieno, non grande ma sembra ancora sodo. Poi capisco che sto facendo qualcosa di inaspettato e quindi facendo finta di nulla mi giro dall’altra parte a cercare il cameriere. E’ tardi e dobbiamo tornare in ufficio. Chiedo il conto, pago e ci alziamo. Solo che adesso non riesco ad evitare di guardarla mentre si alza. Ecco, mentre si infila la giacca la camicia si stringe e si vede bene la forma del seno. E’ davvero bello e nella trasparenza della camicia bianca si lascia immaginare tutto. Mi sale un brivido dal basso fino alla testa. No, penso, non posso guardare Edith così, siamo amici e non ha senso. Lei non sembra notare e continua a vestirsi e a uscire dal locale. Indossa dei pantaloni blu e mentre mi è davanti e apre la porta, non riesco a fermare lo sguardo che si volge verso il basso. Le guardo il sedere. È come il seno, penso, pieno ma non grande e il pantalone stretto lascia vedere i segni dell’intimo. Di nuovo un altro brivido, quasi mi eccito.
Andiamo a piedi in ufficio; lei mi pende sotto il braccio mentre parliamo. Questa volta sento il suo seno poggiarsi sul braccio. Ne avverto le forme, il suo essere sodo. Ormai la testa è riempita di pensieri su di lei ma devo continuare a distrarmi e a non pensarci. Arriviamo finalmente in ufficio e presi dal lavoro non ci penso più.
Finalmente la giornata sta per finire, spengo il computer e mi avvio verso l’uscita. Edith si sta vestendo anche lei per uscire. “Ciao” mi dice, “vai a casa?”. “No, vorrei passare a prendere qualcosa da mangiare perché non ho niente nel frigo”. Lei, senza lasciarmi finire “allora vieni da me, il bambino e’ dal papà stasera e ho fatto da mangiare per una settimana!”. Penso a quello che è successo oggi a pranzo e mi dico che sarebbe meglio evitare. “solo perché non posso lasciarti mangiare da sola altrimenti mi diventi tutta ciccia!”. Ecco, proprio quello che non volevo dire. Così andiamo in macchina e guido verso casa sua.
Abita in un palazzo anni ‘70, signorile ma un po’ figlio del suo tempo. Ci sono stato diverse volte sia da soli sia col bambino. Questa volta però sento un odore e vedo dei colori diversi, quasi più vivi come se il palazzo d’improvviso mi apparisse meno stantio di prima e gli odori più accesi. Saliamo in ascensore. C’è un’aria strana, una sensazione di quasi imbarazzo, di non detto. Finalmente entriamo a casa. La cucina di fronte l’ingresso e il soggiorno a simistra, con un grande divano bianco e una libreria in fondo. Anche la casa mi appare diversa, come se la vedessi per la prima volta. Noto particolari nuovi di oggetti che avrò visto decine di volte. Le foto di lei quando era più giovane, i cuscini colorati del divano, i giochi del bambino sotto il mobile.
Mangiamo ed è tutto buono. Sa cucinare divinamente e abbiamo bevuto anche una bottiglia di vino rosso. “Ah il vino è buono e non si beve solo nel bicchiere” le dico ridendo senza neanche pensarci. “Ah ah, scemo!” risponde lei ma con quel sorriso che non è spensierato e rivela un imbarazzo e al tempo stesso un desiderio velato. ”Quindi come si versa?” domando sempre con un sorriso ma questa volta meno convinto. “Come si versa cosa?”. ”il vino che hai bevuto con la tua ultima conquista”, le rispondo. La bottiglia di vino era quasi vuota, e tutti e due eravamo un po’ su di giri, soprattutto lei che non regge, o almeno così dice, troppi bicchieri. Quasi seria, con un accenno di sorriso, gli occhi diventati più sottili e un tono di voce quasi a nascondere le parole, “vuoi che te lo faccia vedere?”. “Beh almeno imparo qualcosa di nuovo…”. Oddio, ma che ho detto? Solo che adesso la palla ha cominciato a scorrere sul piano inclinato e non si riesce a fermare, o non lo si vuole. “Mmm, credo che il vino sia finito, bisognerebbe aprire un’altra bottiglia“; quindi, si alza e prende una bottiglia dalla cantinetta affianco al frigo. ”Eccola, sei tu l’uomo e tocca a te aprirla”. “Va bene, e tu?”, chiedo quasi ingenuamente. “Io preparo il bicchiere”.
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Tutto questo però fino a quando è successo qualcosa. Lei si è lasciata col tipo con cui è stata negli ultimi anni. Una storia complicata, fatta di litigi, riappacificazioni, insomma alla fine dopo anni di tira e molla la storia è finita. Così lei ha iniziato ad uscire con altri e mi racconta delle storie, le uscite ma anche per la prima volta di come ci andava a letto, di com’era uno piuttosto che un altro. Si sta sciogliendo ogni giorno sempre di più e diventa più aperta e disinibita. Mi racconta del 50enne che l’ha corteggiata per anni e alla fine ha deciso di uscirci, di come la prima sera lui l’abbia invitata a casa e dopo neanche cinque minuti si è ritrovata sul tavolo della cucina e si è fatta penetrare. Il bello è che mi racconta di quanto le sia piaciuto e di come lui l’abbia bagnata con una bottiglia di vino e l’abbia leccata fino a farla venire mentre beveva il vino sulla farfalla … lei quasi sembra eccitarsi mentre me lo dice. La guardo e chiaramente la sua espressione è tra lo scherzoso e il serio, sembra immedesimarsi nella situazione.
Edith è una bella donna, curata e veste bene. Ha una camicia bianca scollata e io senza che quasi me ne accorga lascio cadere lo sguardo sotto il collo, tra le pieghe della camicia. Si vede il pizzo del reggiseno, anche quello bianco. Mi accorgo che sto guardando per la prima volta cercando la forma del seno. E’ pieno, non grande ma sembra ancora sodo. Poi capisco che sto facendo qualcosa di inaspettato e quindi facendo finta di nulla mi giro dall’altra parte a cercare il cameriere. E’ tardi e dobbiamo tornare in ufficio. Chiedo il conto, pago e ci alziamo. Solo che adesso non riesco ad evitare di guardarla mentre si alza. Ecco, mentre si infila la giacca la camicia si stringe e si vede bene la forma del seno. E’ davvero bello e nella trasparenza della camicia bianca si lascia immaginare tutto. Mi sale un brivido dal basso fino alla testa. No, penso, non posso guardare Edith così, siamo amici e non ha senso. Lei non sembra notare e continua a vestirsi e a uscire dal locale. Indossa dei pantaloni blu e mentre mi è davanti e apre la porta, non riesco a fermare lo sguardo che si volge verso il basso. Le guardo il sedere. È come il seno, penso, pieno ma non grande e il pantalone stretto lascia vedere i segni dell’intimo. Di nuovo un altro brivido, quasi mi eccito.
Andiamo a piedi in ufficio; lei mi pende sotto il braccio mentre parliamo. Questa volta sento il suo seno poggiarsi sul braccio. Ne avverto le forme, il suo essere sodo. Ormai la testa è riempita di pensieri su di lei ma devo continuare a distrarmi e a non pensarci. Arriviamo finalmente in ufficio e presi dal lavoro non ci penso più.
Finalmente la giornata sta per finire, spengo il computer e mi avvio verso l’uscita. Edith si sta vestendo anche lei per uscire. “Ciao” mi dice, “vai a casa?”. “No, vorrei passare a prendere qualcosa da mangiare perché non ho niente nel frigo”. Lei, senza lasciarmi finire “allora vieni da me, il bambino e’ dal papà stasera e ho fatto da mangiare per una settimana!”. Penso a quello che è successo oggi a pranzo e mi dico che sarebbe meglio evitare. “solo perché non posso lasciarti mangiare da sola altrimenti mi diventi tutta ciccia!”. Ecco, proprio quello che non volevo dire. Così andiamo in macchina e guido verso casa sua.
Abita in un palazzo anni ‘70, signorile ma un po’ figlio del suo tempo. Ci sono stato diverse volte sia da soli sia col bambino. Questa volta però sento un odore e vedo dei colori diversi, quasi più vivi come se il palazzo d’improvviso mi apparisse meno stantio di prima e gli odori più accesi. Saliamo in ascensore. C’è un’aria strana, una sensazione di quasi imbarazzo, di non detto. Finalmente entriamo a casa. La cucina di fronte l’ingresso e il soggiorno a simistra, con un grande divano bianco e una libreria in fondo. Anche la casa mi appare diversa, come se la vedessi per la prima volta. Noto particolari nuovi di oggetti che avrò visto decine di volte. Le foto di lei quando era più giovane, i cuscini colorati del divano, i giochi del bambino sotto il mobile.
Mangiamo ed è tutto buono. Sa cucinare divinamente e abbiamo bevuto anche una bottiglia di vino rosso. “Ah il vino è buono e non si beve solo nel bicchiere” le dico ridendo senza neanche pensarci. “Ah ah, scemo!” risponde lei ma con quel sorriso che non è spensierato e rivela un imbarazzo e al tempo stesso un desiderio velato. ”Quindi come si versa?” domando sempre con un sorriso ma questa volta meno convinto. “Come si versa cosa?”. ”il vino che hai bevuto con la tua ultima conquista”, le rispondo. La bottiglia di vino era quasi vuota, e tutti e due eravamo un po’ su di giri, soprattutto lei che non regge, o almeno così dice, troppi bicchieri. Quasi seria, con un accenno di sorriso, gli occhi diventati più sottili e un tono di voce quasi a nascondere le parole, “vuoi che te lo faccia vedere?”. “Beh almeno imparo qualcosa di nuovo…”. Oddio, ma che ho detto? Solo che adesso la palla ha cominciato a scorrere sul piano inclinato e non si riesce a fermare, o non lo si vuole. “Mmm, credo che il vino sia finito, bisognerebbe aprire un’altra bottiglia“; quindi, si alza e prende una bottiglia dalla cantinetta affianco al frigo. ”Eccola, sei tu l’uomo e tocca a te aprirla”. “Va bene, e tu?”, chiedo quasi ingenuamente. “Io preparo il bicchiere”.
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