Edith

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Edith è una mora di 41 anni, mamma e separata. Lavoriamo insieme da anni e io sono il suo capo ma col tempo siamo diventati amici. Ci vediamo ogni giorno, usciamo spesso a pranzo insieme, ci raccontiamo tutto, anche le nostre storie e avventure. Io le parlo apertamente dei miei incontri, delle mie donne e anche dei dettagli più intimi. Lei si diverte e a volte mi guarda quasi imbarazzata e la cosa mi diverte, così mi lascio andare a raccontarle tutti i minimi dettagli. Comunque siamo rimasti sempre in un rapporto d’amicizia e niente di più.

Tutto questo però fino a quando è successo qualcosa. Lei si è lasciata col tipo con cui è stata negli ultimi anni. Una storia complicata, fatta di litigi, riappacificazioni, insomma alla fine dopo anni di tira e molla la storia è finita. Così lei ha iniziato ad uscire con altri e mi racconta delle storie, le uscite ma anche per la prima volta di come ci andava a letto, di com’era uno piuttosto che un altro. Si sta sciogliendo ogni giorno sempre di più e diventa più aperta e disinibita. Mi racconta del 50enne che l’ha corteggiata per anni e alla fine ha deciso di uscirci, di come la prima sera lui l’abbia invitata a casa e dopo neanche cinque minuti si è ritrovata sul tavolo della cucina e si è fatta penetrare. Il bello è che mi racconta di quanto le sia piaciuto e di come lui l’abbia bagnata con una bottiglia di vino e l’abbia leccata fino a farla venire mentre beveva il vino sulla farfalla … lei quasi sembra eccitarsi mentre me lo dice. La guardo e chiaramente la sua espressione è tra lo scherzoso e il serio, sembra immedesimarsi nella situazione.

Edith è una bella donna, curata e veste bene. Ha una camicia bianca scollata e io senza che quasi me ne accorga lascio cadere lo sguardo sotto il collo, tra le pieghe della camicia. Si vede il pizzo del reggiseno, anche quello bianco. Mi accorgo che sto guardando per la prima volta cercando la forma del seno. E’ pieno, non grande ma sembra ancora sodo. Poi capisco che sto facendo qualcosa di inaspettato e quindi facendo finta di nulla mi giro dall’altra parte a cercare il cameriere. E’ tardi e dobbiamo tornare in ufficio. Chiedo il conto, pago e ci alziamo. Solo che adesso non riesco ad evitare di guardarla mentre si alza. Ecco, mentre si infila la giacca la camicia si stringe e si vede bene la forma del seno. E’ davvero bello e nella trasparenza della camicia bianca si lascia immaginare tutto. Mi sale un brivido dal basso fino alla testa. No, penso, non posso guardare Edith così, siamo amici e non ha senso. Lei non sembra notare e continua a vestirsi e a uscire dal locale. Indossa dei pantaloni blu e mentre mi è davanti e apre la porta, non riesco a fermare lo sguardo che si volge verso il basso. Le guardo il sedere. È come il seno, penso, pieno ma non grande e il pantalone stretto lascia vedere i segni dell’intimo. Di nuovo un altro brivido, quasi mi eccito.

Andiamo a piedi in ufficio; lei mi pende sotto il braccio mentre parliamo. Questa volta sento il suo seno poggiarsi sul braccio. Ne avverto le forme, il suo essere sodo. Ormai la testa è riempita di pensieri su di lei ma devo continuare a distrarmi e a non pensarci. Arriviamo finalmente in ufficio e presi dal lavoro non ci penso più.

Finalmente la giornata sta per finire, spengo il computer e mi avvio verso l’uscita. Edith si sta vestendo anche lei per uscire. “Ciao” mi dice, “vai a casa?”. “No, vorrei passare a prendere qualcosa da mangiare perché non ho niente nel frigo”. Lei, senza lasciarmi finire “allora vieni da me, il bambino e’ dal papà stasera e ho fatto da mangiare per una settimana!”. Penso a quello che è successo oggi a pranzo e mi dico che sarebbe meglio evitare. “solo perché non posso lasciarti mangiare da sola altrimenti mi diventi tutta ciccia!”. Ecco, proprio quello che non volevo dire. Così andiamo in macchina e guido verso casa sua.

Abita in un palazzo anni ‘70, signorile ma un po’ figlio del suo tempo. Ci sono stato diverse volte sia da soli sia col bambino. Questa volta però sento un odore e vedo dei colori diversi, quasi più vivi come se il palazzo d’improvviso mi apparisse meno stantio di prima e gli odori più accesi. Saliamo in ascensore. C’è un’aria strana, una sensazione di quasi imbarazzo, di non detto. Finalmente entriamo a casa. La cucina di fronte l’ingresso e il soggiorno a simistra, con un grande divano bianco e una libreria in fondo. Anche la casa mi appare diversa, come se la vedessi per la prima volta. Noto particolari nuovi di oggetti che avrò visto decine di volte. Le foto di lei quando era più giovane, i cuscini colorati del divano, i giochi del bambino sotto il mobile.

Mangiamo ed è tutto buono. Sa cucinare divinamente e abbiamo bevuto anche una bottiglia di vino rosso. “Ah il vino è buono e non si beve solo nel bicchiere” le dico ridendo senza neanche pensarci. “Ah ah, scemo!” risponde lei ma con quel sorriso che non è spensierato e rivela un imbarazzo e al tempo stesso un desiderio velato. ”Quindi come si versa?” domando sempre con un sorriso ma questa volta meno convinto. “Come si versa cosa?”. ”il vino che hai bevuto con la tua ultima conquista”, le rispondo. La bottiglia di vino era quasi vuota, e tutti e due eravamo un po’ su di giri, soprattutto lei che non regge, o almeno così dice, troppi bicchieri. Quasi seria, con un accenno di sorriso, gli occhi diventati più sottili e un tono di voce quasi a nascondere le parole, “vuoi che te lo faccia vedere?”. “Beh almeno imparo qualcosa di nuovo…”. Oddio, ma che ho detto? Solo che adesso la palla ha cominciato a scorrere sul piano inclinato e non si riesce a fermare, o non lo si vuole. “Mmm, credo che il vino sia finito, bisognerebbe aprire un’altra bottiglia“; quindi, si alza e prende una bottiglia dalla cantinetta affianco al frigo. ”Eccola, sei tu l’uomo e tocca a te aprirla”. “Va bene, e tu?”, chiedo quasi ingenuamente. “Io preparo il bicchiere”.


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"ah sì?" le dico. E mentre prendo la bottiglia e il cavatappi, lei si siede sul tavolo. "Allora ne vuoi un po' dal mio bicchiere?" mi domanda con un sorriso malizioso. "Dev'essere un bicchiere che merita questa bottiglia, come si comincia?" chiedo io mentre cerco di tirare su il tappo ma l'eccitazione aumenta e la voce si fa più insicura. "Me l'ha spiegato il tizio dell'altra sera, non sono ancora molto pratica". "Allora fammi vedere, sicuramente ne sai più di me" rispondo dopo aver finalmente stappato il vino. Lei avvicina le mani alla camicia e comincia a slacciare il primo bottone. Il reggiseno bianco che avevo guardato stamattina si svela poco alla volta e lei slaccia anche l'altro bottone più in basso. Lo fa lentamente mentre mi guarda con una certa naturalezza, senza imbarazzo e uno sguardo rilassato, come una cameriera di un ristorante che sta apparecchiando uno dei tanti tavoli. Ormai ha slacciato tutti i bottoni ed è di fronte a me, sul bordo del tavolo, il petto scoperto e le forme del seno definite dal reggiseno bianco. Quelle forme che si intuivano nel ristorante a pranzo sono più nette e tonde di quanto immaginassi. Il reggiseno lascia scoperto la parte superiore dei seni, più bianchi della sua pelle ambrata. Sotto, la pancia è appena accennata e l'ombelico profondo circondato da alcuni nei piatti e scuri. "Questo bicchiere è davvero una sorpresa". "E' solo una parte della sorpresa, credo che ti potrebbe piacere anche di più". "Amo le sorprese" dico prontamente mentre poso la bottiglia sulla tavola e resto in piedi in attesa. Dentro di me si muove tutto, ho un nodo in gola, l'eccitazione si fa sempre più forte e il mio pisello comincia ad agitarsi e a ribellarsi dentro i pantaloni ormai troppo stretti.

Così lei si apre completamente la camicia e scoprendo prima una spalla e poi l'altra resta solo in reggiseno e pantaloni. La guardo intensamente e vorrei avvicinarmi e toccarla, togliere il reggiseno e prendere il seno in bocca e succhiarlo. La voglia è tanta ma desidero continuare a guardare e a far salire l'eccitazione di vedere lei che continua. Si abbassa una spallina e poi l'altra, "mi aiuti?". Io allora mi avvicino, come se fosse la cosa più ovvia, e senza dire nulla, le giro intorno e vado dietro di lei. Con le mani le sbottono i ganci e il reggiseno cade lasciando la spalla nuda. Ha una schiena magra che come il petto è coperta da alcuni nei. Si vede il segno bianco in corrispondenza del seno e mi rendo conto che adesso potrei andare davanti e finalmente guardarlo. Ma lei, prima che muovessi un passo, si tira indietro e si stende sul tavolo sotto di me. Eccoli, quei due seni tondi che ho solo potuto immaginare e adesso sono lì, sotto di me, si mostrano in tutto il loro candore. La carnagione scura della sua pelle esalta il bianco che circonda i capezzoli. Sono turgidi e non riescono a nascondere la sua eccitazione. I seni sembrano quelli di una ragazza giovane che ancora non ha allattato. In quella posizione restano abbastanza su, morbidi e naturali. Il bambino deve averli succhiati poco ma quel tanto per lasciare i capezzoli più lunghi, appuntiti e comodi per tirare il latte che sicuramente era tanto dentro due sacche generose.

"E' un calice da vino rosso e non un flute da champagne" dico quasi con tono da sommelier. "Sì, infatti ho scelto la bottiglia di vino rosso per questo" risponde con tono da cameriera di ristorante.

SE PIACE CONTINUO.
 
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Lei scende con le mani sui pantaloni e si slaccia la cintura. Sbottona e scopre lo slip bianco anche quello di pizzo. Quindi mi chiede "toglimeli" e io ubbidisco. Le tolgo le scarpe e poi le sfilo i pantaloni. Resta solo con gli slip e mostra le sue cosce lisce e toniche. I piedi sono sottili e le unghie curate e smaltate di rosso. Si tira indietro stendendosi lungo tutto il tavolo di vetro. "Tocca a te adesso, spogliati". Il suo modo è diventato più assertivo e deciso, senza titubanze. Anche in questo caso rispondo all'ordine e comincio a spogliarmi, prima la giacca, poi la camicia. Lei mi guarda con gli occhi fissi sul mio corpo che si scopre, osserva il mio petto, la pancia e poi mentre mi levo i pantaloni guarda il cazzo che si gonfia sotto i boxer. "Voglio vederlo, togli anche i boxer". Faccio quello che chiede e abbasso il boxer. Il cazzo ormai duro esce con la cappella da fuori e lei lo guarda mordendosi le labbra e il respiro si fa sempre più intenso.
 
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Ormai completamente nudo e con il membro duro e dritto come una spada mi dirigo verso di lei "manca un'ultima cosa" le dico. "Sì, ma prima assaggiami sopra... sai che ti ho visto come le guardavi oggi...". E' vero, ho una voglia irresistibile di toccare quei due seni tanto desiderati nel ristorante. Mi avvicino e le metto la mano sul collo.. lo accarezzo mentre la guardo quasi incredulo che lei possa farsi toccare da me, dal suo capo, dal suo confidente e adesso dal suo amante. La mano scorre a cercare il seno. Cerco quello destro e lo accarezzo piano.. lei comincia a respirare sempre più profondamente.. socchiude gli occhi. Le mie dita sfiorano il capezzolo. E' sporgente, sottile e lungo. Si è fatto duro quasi quanto il mio cazzo. Ci giro attorno e ad ogni movimento lei comincia a fremere in sincronia con i movimenti della mia mano. Ho voglia di sentire tutto il seno o e allora stringo lentamente tutte le dita. E' morbido ma consistente e comincio a palpare e al tempo stesso a massaggiarlo. Accenna qualche parola indistinta mentre il mio massaggio diventa sempre più intenso. Penso a come il bambino si sia allattato a quel seno e voglio provare a succhiare per nutrirmi del capezzolo che ha preparato per me. Mi abbasso verso l'altro che mi aspetta e appoggio le labbra già aperte "Ah... sì.. finalmente... l'ho desiderato tutto il giorno" dice mentre si inarca sul tavolo freddo. Lo prendo in bocca e succhio come il suo bambino piccolo, mi allatta di sesso. E' caldo e sotto la lingua sento il capezzolo turgido e rugoso. Aspiro fino a riempire la mia bocca di quella tetta di mamma che si trasforma in femmina, che offre il seno al suo bambino e poi alla mia bocca famelica.
 
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Ora il respiro da intenso diventa affannoso, ansima e si contorce dal piacere di essere toccata da me, dal maschio che l'ha sedotta e lei si è lasciata sedurre. E' affamata come me di carne, di umori che si confondono con l'odore della pelle, dolce e aspro, in un vortice di sensazioni indistinte, di godimento che si fa urgente, che non riesce più ad aspettare. Ed è così che la mano va ad afferrare il mio cazzo mentre sono impegnato a saziarmi dei due seni gonfi su cui agito ogni orifizio della mia testa: bocca, narice, orecchio, come cagnolini che lottano per allattarsi alle mammelle della cagna. Ogni senso vuole la sua parte, il capezzolo sa di miele nella bocca, odora di bruciato nelle narici, è un rumore sordo nelle orecchie. All'orchestra di sensi si aggiunge d'improvviso il cazzo stretto nella sua mano. Lo tiene con inaspettata forza, come un direttore che agita la bacchetta per comandare l'orchestra, con movimenti decisi a cui ogni strumento ubbidisce. E il mio strumento, diventato più duro e grosso di qualsiasi bacchetta, si agita dentro la sua mano che scorre con colpi secchi dal ventre fino alla cappella, facendola uscire e rientrare ad ogni passaggio.
 
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Quel movimento della mano non mi basta e il mio cazzo ha bisogno di sentire, oltre al calore della pelle, l’umido delle sue labbra appena aperte e da cui si intravede la lingua che cerca dove poggiarsi. Mentre la mano è sempre più rapida nel procurarmi il piacere della masturbazione, lentamente mi sposto verso la sua testa, ad ogni sega facendomi più vicino. Il mio fianco è ormai difronte alla sua faccia e lei “ho voglia dì assaggiarti il cazzo”. Si gira di lato e la mano con cui mi sta mungendo il cazzo si ferma per far scoprire la cappella rossa e gonfia. Con l’altra mano scivola sulle mie natiche. Le accarezza sfiorandole appena e, dopo aver appoggiato il palmo aperto sul mio sedere, mi spinge verso la bocca. Come un dardo che centra il bersaglio, allarga le labbra sulla punta del cazzo e le mie si chiudono sulla punta del suo capezzolo duro come il cazzo.
 
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Finalmente è dentro la sua bocca... lo succhia lentamente per gustarlo senza fretta, penso per non sprecare quell'occasione che, se mi avesse fatto venire subito, sarebbe potuta essere solo un antipasto senza gustare tutto il pasto che ci aspettava. La vedo chiudere le labbra sul membro pulsante e, invece di chiudere gli occhi, mi guarda fissando i miei quasi volesse mostrarmi quanto fosse abituata a prendere in bocca un cazzo.. a fare pompini senza vergognarsi, come se ogni invito a cena avesse naturalmente una fellatio come portata. Lei, sposata e separata, ha bisogno di scopare, di fare sesso, di assaggiare un cazzo ogni tanto. Forse senza impegno, solo per soddisfare la voglia che la fa sentire viva, donna e femmina. Soprattutto femmina visto che l'ex marito non l'aveva più voluta scopare. C'era un che di abitudine in quel gesto. Capisco, anche dai suoi racconti, che deve concedersi sempre a chi esce con lei. Non aspetta la seconda o terza occasione per scopare il maschio di turno, giovane, vecchio, bello, brutto, amministratore delegato o impiegato. Frequentare qualcuno è fine a se stesso, non cerca la relazione o l'amore. In maniera inconsapevole ha bisogno solo di un uomo che la penetri. Non chiede e non deve dare altro: solo quel pompino che non mi aspettavo così esperto, capace di eccitarmi al punto da godere meravigliosamente ma da non andare oltre per farmi schizzare subito. Lei che appare una donna controllata, a volte distante, mai una parola di troppo, un vestito troppo audace, l'immagine della mamma tutta casa e lavoro. Scopro che è donna, piacevolmente femminile, calda. Così lei adesso sta pompando il mio cazzo.. e io la lascio fare.
 
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Muove la testa con ritmo adagio, vorrebbe farlo entrare tutto e cerca di sforzarsi. Io allora la aiuto, le metto una mano dietro, tra i capelli spettinati e lentamente la accompagno nei movimenti. Guardo il pisello apparire e poi scomparire nella cavità nascosta dietro le labbra. La luce del lampadario appeso sul tavolo si riflette sulla pelle, le vene sono rigonfie di sangue che affluisce e ingrandisce sempre di più il cazzo. Su e giù, un continuo piacere della sua voglia che si trasmette ai miei genitali, la saliva facilita l'operazione, un leggero soffio di aria esce tiepido dalla gola e percorre la superficie della mia pelle. Pompa con piacere, uno, due, tre... perdo il conto dei pompini. E' come un unico risucchio quasi che il mio cazzo fosse una verga infinita che le scorre dalla bocca, strisciando sulla lingua e giù nella gola fino allo stomaco e poi nell'intestino, lo percorre, si infila come un serpente silenzioso nelle viscere a saziare la sua fame di sesso, di un essere che si trasforma in animale.
 
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Come l'assetato che beve tutto d'un fiato per calmare la sete fino a soffocare, allontana il cazzo dalla bocca e inspira a pieni polmoni allargando il petto ed esibendo il seno rigonfio. Non dandole altra tregua mi tuffo di nuovo, dandole il cambio nel godimento. Adesso ho fame, voglio mangiarlo, morderlo non più dolcemente ma con veemenza. Mi immergo tra i suoi seni, ci nuoto dentro, in apnea li metto in bocca, li succhio. Come lei mi ha appena succhiato il cazzo allo stesso modo voglio tutto il suo seno in bocca, anch'io senza respiro. Strizzo, lecco, mordo, mastico, sputo, risucchio... lei è in preda a movimenti e grida incontrollate e incontrollabili. Ma non mi basta, la fame e la sete di lei non si placano. Ho fame della sua fica. Mi inginocchio, la tiro verso il bordo del tavolo e senza pensarci le abbasso gli slip. Eccola, la figa. Prima di sentirne il gusto provo a guardarla. Ha solo un piccolo cespuglio di peli neri poco sopra il clitoride e tutto il resto è liscio, bianco che degrada al rosa pallido. Sembra la vagina di una ragazzina, al pari dei due seni che ho appena divorato.
 
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Edith apre leggermente le gambe, sembra piacerle che le guardi lì in mezzo. Il taglio tra le cosce è semiaperto, già umido all'esterno. Le labbra sono piccole, appena più scure del rosa che le circonda. Poggio le mani sulle ginocchia e le mie di labbra sulla coscia destra. La bacio e apro la bocca per morderla ma senza stringere i denti. La pelle è liscia, morbida. Ha muscoli tonici, non allenati ma ancora delineati. So che faceva ginnastica da giovane e il corpo mantiene le forme e la struttura di chi ha fatto sport anche se diversi anni prima. Mi avvicino lentamente verso l'interno della coscia, leccandola mentre le labbra si schiudono. Ad ogni centimetro che scorre avvicinandosi alla figa ansima sempre più forte come se stessi suonando delle note via via più alte di uno strumento a fiato. Anche il suo odore si fa più intenso e il calore che sembra uscire dalle gambe aumenta lungo il percorso. Ormai sono a pochi centimetri dalla meta, lei freme, il suo corpo implora che la tocchi lì per entrare nell'estasi del cunnilingus. La lingua è sull'inguine, la punta la sfiora. Sento l'odore della fica. Non riesco a distinguerlo, una vampata di calore in cui la sensazione di caldo e gli odori si sovrappongono e diventano un unico senso. La punta adesso si sposta sul bordo della figa. Sento appena il ruvido dei peli sotto la pelle. Si agita, alza il ventre "ah... sì..." geme e trema posseduta dal demone del piacere. La lingua scavalca la pelle arricciata sul bordo del taglio e approda nel mezzo dei due lembi. Fa un grido più forte e si contorce priva di ogni capacità di controllo dei movimenti. Immergo finalmente la lingua dentro la fessura come burro tagliato dal coltello. "Ah sì così....ma come fai..?" sospira mentre la lingua la lecca aprendole la figa e bagnandosi con il suo liquido a cui mischia la saliva che si travasa come vino nella bottiglia. Adesso sento il sapore che si unisce al caldo e all'odore a comporre una sinfonia di sensazioni che si trasformano l'una nell'altra senza soluzione. Lecco e spingo al tempo stesso ad ogni passata più dentro. La sto scopando con la lingua.
 
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Spingo la lingua dentro, esce dalla mia bocca spalancata sopra la figa per scavare nella fossa bagnata, come una biscia che si allunga verso la preda nascosta nella cavità. Per farla entrare più in profondità premo con tutta la testa, mangiando letteralmente la vagina. Dentro il contorno dell'osso è morbida e umida, grondante di umori e saliva. Il ruvido dei peli tagliati contrasta con la viscosità della parete interna. La lingua si fa strada e pescruta l'interno che con contrazioni regolari la abbraccia per poi allargarsi e di nuovo stringersi come un bambino in cerca di conforto. Con le mani le allargo le cosce per guadagnare centimetri preziosi lungo cui spingere la lingua. Lei sospira, ansima, mi chiede di continuare"sì.. così...così...è meraviglioso..mi stai facendo impazzire". Chissà a quanti altri avrà detto le stesse frasi, quante bocche si saranno abbeverate a quella fontana, quanta saliva avrà aspirato lì dentro, quante lingue l'avranno leccata e roteato tra le sue pareti, quanti occhi l'avranno guardata tra le cosce aperte. Mi immagino l'ultimo uomo di cui mi ha parlato, che le ha versato il vino sulla figa. L'idea mi eccita, me lo fa diventare ancora più duro, il pensiero di lei che gode con altri uomini, che si fa oggetto del piacere di altri e che attrae come l'ape regina per poter soddisfare le voglie più nascoste. Uomini che col cazzo duro come il mio in questo momento hanno approfittato della sua solitudine di mamma single, respinta da chi le aveva promesso amore eterno, che godono della sua eccitazione, la fanno sentire una puttana, che scopa sapendo che da lei cercano sesso facile, senza impegno. Lei scopa approfittando che il figlio è via col padre, l'unica sera libera della settimana per portarsi qualcuno a casa o restare la notte fuori e per quell'unica notte sentirsi femmina, concedersi a una lingua e un cazzo irrigidito dalla voglia di scoparla.
 
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Mi vengono in mente i racconti che mi ha fatto nelle pause pranzo. Si sarà fatta scopare da almeno quattro persone da quando si è lasciata o questo è quello che so io. Magari ce ne saranno stati anche di più ma per pudore non me lo avrà detto. Se li è portati tutti a casa e si è fatta fottere su questo tavolo ma anche sul ripiano nella cucina, sul divano nel soggiorno, sulla scrivania dove fa le videoconferenze di lavoro, nella vasca da bagno, nella doccia, sul letto, nel ripostiglio, nella cabina armadio e anche sul letto del figlio. La immagino mentre si fa versare il vino sulla figa e farselo bere dall'ultimo prima di me, nudi, lei stesa sullo stesso tavolo e stesso sguardo pieno di voglia di ora. Lui tutto nudo, col cazzo duro, dritto, scappellato, in piedi, con la bottiglia di vino in una mano e l'altra che stringeva quel cazzo e si masturbava sopra di lei. Quell'altro invece, ex compagno dell'università, che, seduti sul divano, tasta in mezzo alle cosce per sentire indurire il nuovo cazzo da spompinare, ma sente poco e allora gli slaccia il bottone, tira giù la zip e infila la mano sotto il boxer. Sente un cazzo piccolo, poco più grande di quello del bambino anche se già irrigidito. Non sa che fare, non ha mai sentito un cazzo così piccolo in un corpo da adulto. Vuole vederlo, lo tira fuori, è veramente minuscolo, più piccolo del pugno della sua mano, sembra davvero quello del figlio. Ha una sensazione di repulsione ma al tempo stesso di eccitazione. La eccita la sfida di farlo diventare ancora più duro o magari di scopare con un ragazzino ancora non cresciuto che prova il sesso per la prima volta. In quel misto di sensazioni vuole prenderlo in bocca. Prende l'iniziativa e gli abbassa i pantaloni e i boxer a metà coscia e alza la maglietta sopra l'ombelico. Quel cazzetto è lì, in tutto e per tutto uguale agli altri cazzi di adulti, le stesse proporzioni ma forse grande meno della metà. Le viene in mente il bonsai. Anche le palle sono come due biglie di vetro, di quelle con cui a volte vede giocare il figlio sulla spiaggia. I peli sono anche radi, davvero sembra il pisellino dei maschietti che avrebbe voluto sbirciare alla fine delle scuole elemementari o alle medie. Avverte un istinto del proibito, del peccato, la mamma che desidera un ragazzino poco più grande del suo bambino. Inebriata tra la repulsione e l'eccitazione di un momento irripetibile, si abbassa e apre la bocca. Invece di prenderlo in un solo boccone, come era stata capace di fare con un cazzo grande almeno tre volte a cui aveva fatto un pompino sullo stesso divano solo un mese prima, tira fuori la lingua e con la punta bagna la punta di quella che sembra una piccola salsiccia. L'eccitazione è incredibile, l'idea proibita di toccare un pisello di adolescente la sconvolge. Invece prenderlo subito in bocca, comincia a succhiare la cappella poco più spessa delle sue labbra. E' tenero ma già al massimo della sua lunghezza, della sua rigidità. Con una mano si posa sul suo petto e lo spinge verso lo schienale. Vuole fare tutto lei, la maestra che insegna allo studente come si fa. Poi quella stessa mano si avvicina al pisellino e, non potendo prenderlo tutto nella mano come gli altri, lo stringe tra il pollice e l'indice, come ha insegnato al figlio per fare la pipì. A questo punto, stringe le labbra sulla cappelletta e, invece di scendere con la bocca come i pompini che ha fatto a tutti gli altri ragazzi e uomini adulti a cui si è concessa, scrolla il cazzetto con le dita stando ferma con la testa. Sembra davvero che stia sverginando un adolescente non ancora sviluppato. Diversamente dagli altri con cui si eccita a farsi trattare come una puttanella su cui sfogare le proprie voglie occasionali, in questo caso gode a sentirsi lei che approfitta di quel pisello immaturo. E allora le viene in mente che il massimo del godimento sarebbe farlo venire così, per insegnargli a cosa serve farsi fare un bocchino da una donna. Quindi comincia a muovere le due dita più velocemente e apre la bocca. In questo modo, quell'ex compagno di università che dalla vita in giù potrebbe essere un compagno del figlio, capisce che lei vuole farlo venire, che è lì per il suo esclusivo godimento e che, invece di desistere perché ha visto un cazzo così piccolo, si eccita e ha voglia di lui. Forse lui pensa che Edith non avrà mai più scopato dopo la separazione e anche un cazzo del genere la eccita e lui può approfittarne. Altre prima di lei non lo hanno più toccato, ci era abituato. Ma la compagna che era stata inarrivabile ai tempi degtli studi, adesso è lì per lui. Edith continua, vuole che lui venga, vedere quanto
 

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