Racconto di fantasia Il potere delle donne

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Non ci misi più di dieci anni a tirare su un piccolo impero: mi gettai nel mondo imprenditoriale ancora non trentenne, partendo da zero. Ero dipendente all'epoca di una ditta di trasporti: stufo di quella vita monotona e poco appagante, feci il grande passo, mettendo su un azienda elettromeccanica specializzata in refrigerazione. Mondo nuovo, ovvio, visione della vita estremamente diversa: Difficile all'inizio ma ebbi molta fortuna, lo ammetto. Le poche persone, all'inizio, fidatissime, tra cui un mio zio appena andato in pensione ed esperto nel settore, che mi hanno aiutato a capire e crescere, gli agganci giusti e tanta determinazione, fecero ampliare in modo esponenziale i miei domini. È comunque anche una grossa responsabilità, quella di tenere 50 persone (entrate mano mano come si ampliarono gli impegni) alle tue dipendenze.
Parallelamente al lavoro, la mia vita privata non interagiva minimamente all'attività ( la compagna è una manager bancaria e che non pensa minimamente di lasciare il suo impiego per l'azienda familiare: ognuno per sé, uniti solo per la nostra bambina di dieci anni).
Tornando indietro, agli esordi, ci fu il momento che necessitava una persona di ruolo per quanto riguarda l'amministrativo, contabilità: mucchio di carte che mi innervosiva solo pensarle. Era inevitabile, non potevo pensare a tutto: a malapena riuscivo a gestire le varie squadre e/o mansioni ( grazie all'aiuto di mio padre non ne sentivo il peso), interagire con i clienti, fornitori,ecc. mi misi alla ricerca di una figura professionale che coprisse quel ruolo. Scartai quasi subito un paio di tipi, per ragioni varie, soprattutto perché non mi ispirarono fiducia, concentrati solo per lo stipendio che avrebbero dovuto percepire. Comunque quasi nell'immediato si presentò una donna, di qualche anno più di me, di nome Lea. Accettò la mansione, facendosi valere fin dall'inizio.
Lea, donna piacevole, sposata con figli, neanche lontanamente appariscente, se non per il suo modo di interagire con il prossimo, sempre molto cordiale e simpatica e molto chiaccherona: dava subito la sensazione di conoscerla da una vita. Sempre ben vestita e sempre con gonne di tutti i tipi ma mai esagerate, al massimo superava il ginocchio per qualche centimetro.
Nonostante fosse una donna interessante, personalmente mi importava solo ed esclusivamente che facesse il suo lavoro: mi ero già fatto un idea che prima o poi qualche situazione si potesse creare, ma era meglio che il sesso rimanga fuori dagli affari. Dopotutto quando avevo bisogno di liberarmi, avevo più di una porta aperta, tra escort e trombamiche, nonché la compagna.
 
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Dopo circa un anno Lea mi chiese se ci fosse stata la possibilità di fare lavorare suo marito in quanto da diversi mesi era disoccupato: non esitai a accontentarla, mi fidavo di lei e sapeva che pretendevo persone serie e quantomeno che non mi dessero problemi. Perciò raccomandato da lei non mi feci alcun problema fino al colloquio, quando conobbi suo marito: il sesto senso difficile che mi inganna, tutto sembrava tranne di avere davanti una persona sveglia e lavoratrice, l'esatto contrario della moglie. Tenni con me quel pensiero, sperando di sbagliare. Dopo neanche una settimana, i primi scarsi risultati, che comunque tollerai, poi un paio di dissidie tra colleghi in reparto e per completare l'opera, di mise in malattia. Non ne parlai assolutamente con Lea, ma non riuscii a nasconderle la mia delusione. Mesi dopo, la costanza inaffidabile, anche cambiando diverse mansioni, di quell'operaio si concretizzava un vero e proprio danno per l'azienda. Stufo della cosa ne parlai con Lea:
" Era da tempo che ne dovevamo parlare... E sai benissimo come vanno le cose giù...con Giorgio (suo marito)... E il caso che gli dici anche tu qualcosa?"
" Lo so e ti chiedo scusa... Ma glielo dico e ridico... Non vuole capire quella testa di cazzo"
"...si...ma come mi dovrei comportare? Sono molto tollerante, e mi fido di te... Ma agli altri che gli dico?"
"Dagli un altra possibilità...ti prego!"
"Spero di non riparlarne più... spero"
Così feci ma le cose non cambiarono, se non in peggio e con l'ennesima finta malattia di Giorgio, il giorno stesso chiamai Lea a rapporto.
Entrò in ufficio, già sapeva quale fosse l'argomento: era dispiaciuta e si vedeva in volto. Io lo ero di più, non potevo farci nulla. Coincidenza volle, che fu proprio quel giorno che la vidi vestita diversa da come era abituata: un jeans abbastanza attillato, anziché le solite gonne, su una zeppa vertiginosa metteva in evidenza un culo di belle natiche. Mai vista così e suscitava molto interesse.
Mi ripresi dallo sbandamento e parlammo di suo marito: ovvio che lei mi pregò di non prendere provvedimenti.
"Non posso farci nulla...come rientra a lavoro ne parlo a quattr'occhi di persona con lui, se non si trova il compromesso... è inevitabile!"
"Prometto che si troverà il compromesso"
"Sicura?"
"Sicurissima"rispose sorridendo: era in piedi davanti a me, di fronte la mia scrivania, si voltò dirigendosi verso una libreria, chinandosi e facendo finta di cercare qualcosa, mise in bella mostra la rotondità del suo sedere glorioso, rimanendo così per diversi secondi, un chiaro invito.
Lo stava facendo apposta, era evidente, mai si era permessa di andare così oltre, cosa volesse ottenere si capiva. Cercai di rimanere impassibile anche quando tornò vicino alla scrivania. Leggevo nel suo volto un leggero senso di sfida contornato da malizia.
"Ne riparliamo...dopo" mi sussurrò. Io non risposi.
La cosa mi distrasse parecchio. Quel dopo, a cosa si riferiva? Vuole ottenere qualcosa, disposta a tutto? E io? Farmi comprare? Non dovevo assolutamente perdere la ragione.
Titubante e per prendere tempo, improvvisai un fuori sede, tornando solo in tardo pomeriggio.
Non mi meravigliai, entrando in amministrazione, di trovarci ancora Lea dietro il suo PC.
"Ancora qui... ch'è successo?"dissi
"...niente un ultima cosetta da fare..."rispose continuando a tamburellare le dita sulla tastiera. La lasciai per andare nel mio di ufficio.
Tempo qualche minuto mi raggiunse, rimanendo sulla porta a braccia incrociate senza dire nulla: aveva lo stesso jeans, con una camicetta a fiori anziché la maglietta della mattina.
"Lea...tutto bene?"
"Sì sì... possiamo parlare?"
"Certo...ci mancherebbe"
Si avvicinò e si appoggiò di lato al tavolo mettendo in mostra la coscia. Ci stava provando, freddamente cercai di riprendere il controllo: " perché complicarsi la vita?"
Sorrise: " non è nulla di complicato...anzi...". Si alzò avvicinandosi a cercare più contatto a me seduto sulla sedia girevole, poggiando le mani sui braccioli, i nostri visi a un palmo di distanza, e all'interno della camicetta si vedeva chiaramente cosa ci fosse dentro.
Avendo catturata la mia attenzione, specie per la scollatura, di liberò della camicetta, rimanendo in un bel reggiseno rosa, contenente un bellissimo e perfetto seno.
Sospirai e sorridente cercai di alzarmi ma si ebbe più contatto tra i corpi, quasi abbracciati. Era più che determina a quello, ci guardammo a lungo prima che si attivasse a sbottonarmi la camicia, proseguendo con lo slaccio della cinta. Sbottonato il pantalone, infilò la mano dentro palpandomi le parti basse.
Tutt'uno è stata l' azione di scoprirmi completamente, facendomi cadere il pantalone ai piedi e tirando giù lo slip, impugnò il mio cazzo innescando una sega lenta.
Già tremendamente duro, feci la mia parte accarezzandola e tirargli fuori i seni, la palpai: capezzoli duri e perfetti, molto invitanti.
Mi risedetti di nuovo. Non accennava a lasciarmi il cazzo, continuando a segarlo mentre mi sbatteva le sue tette in faccia: le cicciai attivamente.
Pian piano, scese in basso attivandosi al pompino: era bravissima, ci sapeva fare veramente. Altre donne mi deliziavano con la loro bocca, anche esperte del settore, ma lei aveva una marcia in più: " cazzo mi sono perso fino a ora"pensai.
Sborrai che lei continuò a succhiare come se nulla fosse, leccando tutto lo sperma, compresi i rivoli sfuggiti alla base del cazzo, ingoiando e pulendo tutto, fino all'ultima goccia.
Ci risisteammo in silenzio. Cercavo di capire se era una forzatura la sua, ma non sembrava affatto, specie quando si complimentò del mio affare " hai un bel cazzo...ci hai messo tempo a darmelo". Ridemmo, anche ad altre battute.
"Domani ne riparliamo..." disse prima di andare via.
 
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La mattina seguente, ancora entusiasta della performance di Lea, mi precipitai io stesso a cercarla: era più appetitosa del giorno prima, con una minigonna che metteva in risalto oltre al culo anche splendide gambe, e un body che pronunciava ulteriormente il suo seno.
Aspettai fino a mezzogiorno, alla pausa pranzo, che rimanessimo solo noi in amministrazione. Piombato nel suo ufficio, capì le mie intenzioni già da subito. Ero già duro e si capiva dal rigonfiamento. Lei sorridente si alzò, appiccicandosi a me e limonammo assiduamente. La palpavo dappertutto, stessa cosa lei, strofinando il pacco. La girai per continuarla a palpare da dietro, strofinando il pacco al suo culo. La volevo scopare, ero eccitatissimo. Le tirai su la stretta e gonna con ambo le mani, palpandole le morbide chiappe. All'azione di farmi strada tra il sottile tessuto del perizoma, Lea cercò di staccarmi da me: " no caro...non di puo'"
" Ma ...scusa...se..."
"Là...mi scopa solo mio marito".
Titubante non dissi nulla, subito si riprese: " dai...non te la prendere..." sì sedette invitandomi di avvicinarmi a lei, concedendomi un'altro dei suoi pompini con annessa venuta in bocca.
 
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Nonostante quel 'rifiuto', mi sentii soddisfatto per quel glorioso pompino a regola d'arte. Diventò quasi una routine quella di farmi spompinare da Lea, quando si poteva. Fortunatamente risolvetti anche il problema con quel cornuto scansafatiche del marito che tempo dopo di sua spontanea volontà diede le dimissioni. Il fatto non fece crinare i rapporti tra me e Lea, che proprio lei stessa definiva il suo uomo come " cornuto, buono a nulla".
L'extra lavorativo di Lea venne comunque ripagato, facendola salire di ruolo come responsabile e consulente, lasciando le scartoffie ad altre due figure femminili, sempre con la sua supervisione: ci teneva a questo.
Un giorno, mentre gustava sbocchinando tranquillamente il mio cazzo disse:
" Vorrei che facessi entrare una mia cugina...a lavoro". Inebriante dalle reazioni del pompino risposi: " cosa già fatta!".
Solo dopo calmati i bollori, realizzai la parola data e supplicai che non ci fossero problemi. "E una persona splendida...la vedrei come centralinista". Quel ruolo veniva occupato ancora un po' a turno di chi si trovava più disponibile in amministrazione. Era comunque un passo fondamentale tenere un centralino efficiente.
Per varie ragioni lasciai campo libero a Lea di gestire la cosa, ma a tempo dovuto conobbi la misteriosa parente della mia pompinatrice personale, già indaffarata sul posto di lavoro: bruna dai capelli lunghi super curata di viso, camicetta bordeaux scollatura di un grosso seno, minigonna che a malapena copriva il motivo dell'autoreggente, in più un tacco vertiginoso. Se non fosse stato un ambiente di lavoro, aveva tutte le carte in regola per fare la bagascia di un night club.
Non esitai ad andare a lamentarmi dalla parente: " ma è modo di presentarsi...cazzo dai!". Comunque Lea si attivo' a richiamare la nuova arrivata, senza obbiezioni.
Luisa, la nuova centralinista, era veramente un figone pazzesco: pensavo alla bella presentazione dell'azienda parallelamente al testaggio di quella creatura. A pelle scommetto con me stesso che andasse oltre il rispondere a telefono.
Suddetto pensiero si concretizzò meno di un ora dopo, quando per una banale scusa andai in centralino: " mi scusi...per il mio modo di...sa com'è!" disse con voce soave e melodica.
" Non per qualcosa...ma è un motivo di distrazione...e comunque dammi del tu!"
" Ohhh...grazie..."rispose tirando un po' dietro la sedia appositamente per fare ammirare la scosciatura: voleva catturare il mio interesse e ci riuscì a primo colpo. Era un zoccolone e ci sapeva fare.
 
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Il pensiero di testare la new entry era obbligatorio, lo desideravo fortemente. Combinai tutto per la pausa pranzo, dopo che fossero andati via tutti, chiedendo a Luisa di raggiungermi nel mio ufficio:
" Mi cercava?" disse appena sì affacciò alla porta già aperta. Spettacolare vederla così, sprizzava sesso da tutti i pori.
" Ancora non mi dai del tu... Prima che vai prima per pranzo ti volevo fare vedere delle cose, per quanto riguarda il formulario dovresti dare una mano a farlo affiancando a Sergio"
" Nessun problema...anzi..."
"...prego..."dissi alzandomi " raggiungiamo la postazione di Sergio!"
" Sì...subito..." E si voltò incamminandosi lungo il corridoio facendomi strada: visuale incantevole di un culo a mandolino in minigonna e calze nere, contornato dal ticchettio di tacchi a spillo. Sapeva che la osservavo, voleva quello, accennando vistosamente l'andatura provocante.
Raggiunta la postazione, diedi qualche indicazione sul da farsi: "...per qualsiasi cosa, non ti preoccupare... Sergio è in gamba!" aggiunsi dando un occhiatina alla scollatura succulenta e vistosa.
"Ah sì...lo so" rispose ridendo al fatto di avermi notato attratto dalle sue abbondanze
"Come lo sai" dissi ridacchiando dando l'ennesima occhiatina al davanzale.
"...no scusa... intendevo... Quello...il formulario..."
"Ahhh..."
" E che... Forse è meglio che non mi vesta così...esagero forse?"
" E un bel vedere... però meglio evitare"
"Sì...meglio evitare..." ribadì mettendosi le mani sotto i seni e tirarli su di peso: spalancai gli occhi.
"L'ho fatto solo per fare bella figura con te"
",...e ci sei riuscita benissimo..."
"Vero?...che bello!"
Il voluto attimo di silenzio e mi incamminai per tornare nel mio di ufficio dopo averla invitata a seguirmi.
Blindati dentro, nonostante nessuno potesse darci fastidio, almeno per quel tempo, non si perse tempo per pomiciare. Il tempo per liberare un lato della scrivania, che mi ci sedetti su dopo essermi calato i pantaloni. A cazzo già duro, Luisa non esitò per un istante a prenderselo in bocca.
"...vero allora...tutto vero" disse tra una slinguata e un altra "...che hai un bel cazzo"
" Chi lo dice!"
"Secondo te..." Capii che si riferiva a Lea, continuando incessantemente a spompinare "...te la scopi!"
" No..."
"Non ci credo..."
" Solo pompe..."
" Mah...strano... vabè...poco importa..."
 
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Necessariamente si doveva andare oltre e senza che ce lo dicessimo Luisa staccò le fauci dalla ceppa. Mi accomodai alla sedia girevole mentre improvvisò lo striptease, cominciando dalla camicetta. Lentamente via il reggiseno, liberando le tette e avvicinandosi a me per farmele toccare: grosse e sode, aureole scure e pronunciate, due bei palloni tra le mie mani. Sì allontanò per continuare a spogliarsi mentre vogliosa mente assistivo menandomi di tanto in tanto il cazzo in segno di gloria.
Rimase solo in autoreggenti e tacchi, fisico mozzafiato, da pornostar. Partecipò anche lei a segare, limonando nervosamente. Classica risatina di complicità, mi diede le spalle, alloggiandosi sulle mie gambe, e invidandosi il cazzo dentro di lei, sprofontandocisi.
La vista di quelle chiappe, il ceppo che spariva nella sua passera umida, un reverse smorzacandela di quelli che non si dimenticano. Eccellerò repentinamente il ritmo:era un demone per quanto furiosamente galoppava. A stento riuscii a contenermi, per non concludere prima. Decise lei il cambio posizione, adagiandosi sulla scrivania s gambe aperte: la scopai fino alla sborrata, cospargendo tutto il seme sulla suo addome.
 
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Ci rivestimmo parlando per tutto il tempo:
" Ma...che ti ha detto Lea...di me!"
"Che ti piacciono le donne..."
"Sei stata più precisa prima...parlando del.."
"Era per dire...non sapevo fino ad ora" rise." So' che se la spassa se qua e là... "
"Azz...non lo sapevo..."
"E si...il puttanone... perciò davo per scontato che..."
" No... Giuro! Solo...orale...non vuole..."dissi questo pensando e rispettando la cosa che Lea teneva occupata la fica solo per il marito: più che rifiuto la presi come una sorta di tradimento, di sfiducia. Calmati i bollori post trombata, non mi scombinai più di tanto, dopotutto era sesso e basta. Pregai comunque la Silvia di usare abbigliamento più onesto o peggio ancora di qualche cazzata là dentro; non tanto per me ma anche per il resto del gruppo: non avrei mai voluto che l'azienda diventasse un puttanaio, se non solo per me.
Post automatically merged:

Giorni dopo, in occasione del rituale del pompino, Lea mi chiese:
"Allora...che ne pensi di Silvia?"
" Bella donna ...e sembra che faccia bene il suo lavoro"
"Non più? Te la scoperesti"
"Certo... perché no!" D'istinto risposi così, era una bugia, già era fatta, speravo di non essere stato scoperto.
" Conoscendola... Ci metterà poco o niente a farsi portare a letto"
"Sei gelosa?"
"Neanche un po'...ti tengo nelle mie mani..." risposta quasi beffarda mentre mi menava la ceppa. Ero si nelle sue mani!
 
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Cercai di capire se tra le due ci fosse complicità, corrompendo in quel modo il titolare, o peggio invidia, ma con il tempo capii che erano fatte così, nessuna forzatura, sapientemente usavano il loro asso nella manica, nel migliore dei modi. A livello lavorativo dopotutto, nessun problema, anzi! Forse per il fatto che una non sapesse ciò che faceva l'altra. Ovvio che tutto nel massimo riserbo, viste le circostanze.
Quello che mancava è il scoparmi Lea. Era questione di tempo, ma quanto!
Gli impegni di lavoro, per un periodo, diradarono le varie scappatelle.

In occasione di una fiera di settore, obbligato ad andarci più che altro per concludere un affare importante, decisi di portarmi anche Lea. Sapevo che non bastava, avevo bisogno di dare un valido motivo per il lieto fine di quell'affare: conoscevo il soggetto, potenzialmente una bella passera lo avrebbe addolcito. Lea poteva essere quel motivo, ma dubitavo che scendesse ai livelli di fare la puttana solo per accontentare i miei clienti: conoscendola si sarebbe addirittura offesa. Comunque ne parlai con lei stessa:
"Senti...per quella storia del milanese"dissi"penso che sia difficile che vada a buon punto. Quel porco se la tira non poco. Che ne pensi se... Luisa...ci desse una mano?"
"Con Quella... sicuramente tutto andrà a gonfie vele" rispose ridendoci su. Però...io da solo con quella non ti ci mandò a Milano...no no!".
Era quello che volevo sentire, orgoglioso della riuscita del piano, le chiesi che se ne occupasse lei stessa ad organizzare la cosa.
Partii per Milano solo: le due donne mi avrebbero raggiunto il giorno dopo in treno. In hotel le camere impegnate per noi erano tre, sperando che non ce ne fosse bisogno, non per il conto, ovvio.
La mattina seguente aspettai che arrivassero le due, che dopo essersi sistemate le loro cose in camera andammo al meeting insieme. Giornata lunga e intensa: tornammo in hotel solo nel tardo pomeriggio. Il tempo di prepararsi per proseguire la serata avendo organizzata una cena al ristorante dello stesso albergo, con la compagnia dell'imprenditore milanese.
In quattro seduti a tavola si parlò poco di lavoro: Roberto era uno potente, fiero del suo livello, ma anche un gran puttaniere. Le donne non gli mancavano mica, ma la smania di successo ti portano a volerne sempre di più, cotte e crude, basta che respirano. A parte che così grosso e pelato, se non fosse per i soldi, speranze di acchiapparsi qualcuna sono cose più uniche che rare.
Speravo nella riuscita dell'affare, di pari passo a dare una ripassatina a Silvia, che non ci andò molto leggera con l'abbigliamento hot acchiappa fringuello. Anche Lea non era niente male, anzi: un bel completo di giacca e gonna ingessato, dava l'aria della manager sexy.
Il post cena era ovvio: Silvia avrebbe accalappiato il pollo, portandoselo su in camera. Così fecero, come se nulla fosse. Rimanemmo solo io e Lea a tavolino del hobbi, era già passate le undici, il vino contribuì a distendere i nervi, eravamo stanchi e decidemmo di andare a riposare, individualmente. Forse si aspettava l'invito dell'altro, Lea sembrava di non essere dell'idea, la lasciai andare, per una volta si poteva fare passo.
 
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Ci ripensai e mi trattenni ancora un po' al bar per un altro cicchetto, immaginando le porcate di Luisa: un leggero senso di gelosia da parte mia, dopotutto me la sono cercata. Ripensando a Lea, mi venne l'idea di provarci e salii su con l'intenzione di darle la buonanotte. Feci le scale e intrapreso il lungo corridoio, precedendo un tizio di una decina di metri più avanti di me. Costui si fermò su una porta di una delle camere, bussò e una volta aperta ci entrò: era la camera di Lea.
La cosa mi turbò non poco: neanche il fatto di essere arrivato secondo, ma che riuscirono le parole di Luisa, dell'amica puttanona che la dava facile. Sicuramente ha approfittato della trasferta per rivedere uno dei suoi spasimanti, o altro, ma sicuramente non improvvisato come incontro. Mi sembrava fare la parte dello zimbello, che si portava dietro troie che altri scopavano.
Mi chiusi nella mia di camera e per un attimo di riflessione, misi l'animo in pace e mi misi a letto.

Il mattino seguente feci colazione da solo: aspettai non poco che le due scendessero. Feci finta di niente, sapevo della loro seratina individuale, importava solo della buona riuscita della'affare, del contributo di Luisa.
Nella giornata, ad incontro avvenuto e affare concluso nel migliore dei modi, tornammo in sede, tutti e tre con la mia auto: non si parlò di altro se non di lavoro, era prioritario. Lea comunque se ne accorse del mio umore, ma seppi nascondere la cosa.

Tornati alla vita quotidiana, l'incremento di impegni, feci appositamente coincidere l'evitare le due donne, salvo qualche pompino fugace di una o dell'altra.

Per alcune noie burocratiche in corso fui costretto ad interagire con nuovo studio legale, nuovo avvocato, dato che quello storico e di fiducia è venuto a mancare. Il nuovo dottore accettò l'incarico e per via di alcuni chiarimenti, si organizzò un incontro in azienda. Quel giorno, però, per impegni suoi personali, mandò un suo assistente. Ero nel mio ufficio, sapevo del suo imprevisto e aspettavo colui che avrebbe fatto le sue veci. Rimasi imbambolato, a malapena riuscii a ricambiare il buongiorno alla figura sulla porta, accompagnata da Luisa: era un assistente femmina si, ma di una bellezza mozzafiato: la porcaggine della centralinista al suo fianco passava inosservata.
 
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Ci presentammo e la feci accomodare: fascino disarmante di lunghi capelli bruni con occhi grandi e azzurri come due fari e labbra carnose. Accavallo' le bellissime gambe in calze nere contenute in una attillatissima minigonna: il corto giubbotto, ancora chiuso non poteva nascondere la prorompenza di un seno esagerato.
"Si può mettere più comoda... faccia come se fosse a casa sua"
"Ah sì...la ringrazio...e caldo qui...fuori con quel vento gelido..."
"Prego...dia a me il giubbotto" dissi alzandomi facendo il giro della scrivania per osservarla meglio e più da vicino: il seno sembrava scoppiasse ancora intrappolato. Appena liberata dal giubbino sembrava che avesse guadagnato un altra misura di seno: anche i bottoni della camicia soffrivano parecchio. Anche il culo, molto pronunciato, sembrava molto morbido, probabilmente per cellulite, ma molto eccitante come il resto.
Il relativo social time per poi concentrarsi sul lavoro, ma fu difficile concentrarmi più di tanto,: quella era un invasione di figa. Sarà che fosse solo assistente, ma se fosse un avvocato non ci sarebbe causa persa per lei, pensai.
Cristina, il suo nome, non passò inosservata neanche a Lea che in secondo momento ci raggiunse: mostrava chiaramente segni di invidia/gelosia dato che la new entry occupava prepotentemente la scena erotica.
All'ora di pranzo Cristina accettò il mio invito a prendere un boccone insieme, ne avevamo un sacco di scartoffie da esaminare, ci sarebbe voluto tutto il pomeriggio: per non destare sospetti fui costretto a chiedere anche a Lea di unirsi a noi. Ovvio che accettò senza esitare.
Purtroppo nel pomeriggio, per miei impegni, sono stato costretto a lasciare Cristina con Lea, sperando di ribeccarla come mi fossi liberato. Ma non fu così. Infatti, quando tornai in amministrazione la sexy assistente già era andata via. Chiesi a Lea rapporto del pomeriggio.
" Ti sei rifatto gli occhi con quella è?" disse in modo ironico
" Beh...sei gelosa?"
"Un po'... Tanto ti rifarai domani... sicuramente"
"Domani? Perché? E sabato"
"Ha bisogno di altri dati... verrà domani in tarda mattinata"
Annui alla cosa e avendo fretta di altri impegni me ne andai.
La mattina seguente, di sabato, ero solo in giro per l'azienda deserta, aspettando quasi impaziente di rivedere quella gnocca. Davo per scontato che ci fosse stata anche Lea, perciò non mi curai di fare il piantone al cancello di ingresso nel caso che fosse arrivata Cristina e mi feci un giro giù in officina, qua e là tra i macchinari e impianti.
Passate le undici, pensai che Cristina fosse in ritardo: non avevo nessun contatto telefonico e Lea non si faceva ancora sentire. Per puro caso notai un auto ferma al cancello e il tempo che lo raggiunsi la feci entrare: era Cristina sola.
Mi domandai dove fosse Lea, la stavo per chiamare ma ci ripensai, distratto dall'assistente che accompagnai come un segugio negli uffici. Vestito diverso rispetto al giorno prima, sempre in minigonna ma stivali con tacco alto. Era più caldo di ieri, perciò sensa giubbotto, il maglioncino dava il benvenuto al promontorio di tettone. Ciliegina sulla torta, e vederla da dietro salire le scale: culo immenso e invitante, specie per le movenze. Mi eccitai come un ragazzino.
Mi illustrò in grandi linee cosa gli mancasse, varie botte e risposte, la richiesta di ultime carte e mettemmo parola fine all'incontro.
"Spero di rivederti presto" disse mentre la accompagnavo alla porta: mi ha dato del tu, prima volta.
"Lo spero anche io..."
"Considera' il lavoro già fatto. Lo eseguirò io stessa... È un piacere lavorare con te!" disse questo dandomi l'idea del doppio senso, soprattutto per il modo come mi guardava.
"E un piacere averti conosciuta... bella e brava"
"Ohhh grazie" rispose arrossendo, con tanto della sua dolcezza " se ci fosse altro che possa fare... basta chiedere...sono a tua disposizione"
Sembrava un altro doppio senso, cercai di rimanere lucido " so che posso contare su di te e della tua e vostra professionalità, sono molto soddisfatto. Manda i miei saluti al dottore"
"Sarà fatto... ora credo che vada via... Volevo salutare Lea, sarebbe passata di certo!"
"Non so...non ne abbiamo parlato..."
"So che è così"
Non capivo quella affermazione, feci un espressione di domanda
" So di voi...due"
" ...cosa..." titubante reagii
"Gli avvocati devono sapere tutto dei loro clienti" disse con prontezza
"Proprio tutto..."
"E si... tutto tutto...senza segreti"
I riferimenti non erano casuali, inutili i giri di parole e quasi beffeggiando dissi:" non vado a letto con la mia dipendente"
" Perché no? È una bella donna?"
"No...se è quello che vuoi sapere"
"Sei santo o gay!" si stava prendendo gioco di me, chiara provocazione
" L'esatto contrario...di tutt e due le cose...Se sei un avvocato...hai bisogno di prove" risposi mettendomi da parte invitandola a rientrare. Rispose con un sorriso e rientrò come se nulla fosse. L'assistente sapeva il fatto suo.
Una volta in ufficio, non esitai prenderla da dietro, palpando le tettone ancora intrappolate nel maglioncino. E anche lei non perse tempo a tastarmi il pacco.
 

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