Esperienza reale IO E LE MIE SEXY COLLEGHE-DICIASSETTESIMA PUNTATA-ADDIO, ELENA

andujar91

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26 agosto. Ultimo tristissimo giorno di lavoro. Subito mi affacciai all'ufficio della mia Padrona Elena: era meravigliosa, con la solita mezzamanica ultra aderente azzurra aperta sulle tette. Aveva i capelli raccolti, la gonna ultra mini, le gambe nude che le uscivano dalla scrivania. Era al telefono. "Ciao, Elena", le dissi piano. Lei staccò la cornetta dall'orecchio e la appoggiò alla spalla. Le dissi. "Volevo salutarti...". "Vieni alla fine della giornata", mi disse, "Ti voglio salutare bene" e si mise la penna in bocca stritolando il cappuccio tra i denti mentre mi sorrideva. I genitali già mi scoppiavano e li tirai fuori dagli slip. Rimasi così tutto il giorno, più volte a rischio di orgasmo. Alle tre mi facevano un male cane. Ma volli presentarmi a lei con le palle di fuori, e resistetti. Alle quattro, Rebecca, tornando dal suo ufficio, mi disse di aspettare la sua telefonata, e se ne andò dandomi l'ultimo saluto e facendomi l' "in bocca al lupo". Passarono tre quarti d'ora. Ormai non c'era più nessuno, tranne lei e Miriana. Suonò il telefono. Ebbi una contrazione alle palle. Sollevai la cornetta. ERA LEI! Mi disse sensuale: "Vieni subito, ti aspetto...". Non venni per puro miracolo. "Arrivo!!!", risposi d'un fiato. Quasi corsi da lei. Entrai senza preoccuparmi del tubo che sembrava il mio cazzo disteso fino al ginocchio sinistro. Menomale che erano un po' larghi di gamba. Chiusi la porta. Vedendola seduta come al solito, come una Regina, la salutai come voleva lei: "Ciao, Lena". "Ciao, amo..." mi disse sorprendendomi ancora. "Vieni qui", mi incoraggiò. "Siediti". Mi sedetti. "Come va, Lena?", le chiesi. "UFFFF", sbuffò lei, "Sono stanchissima, oggi. Non ne posso più, con questo caldo, poi... e mi sento l'alito cattivo... ho dimenticato ancora lo spazzolino da denti a casa". Mi chiese poi: "Allora, ti è piaciuto lavorare da noi?". "Non hai idea quanto!". E avrei voluto aggiungerle quanto mi spiaceva essere lì, davanti a lei, con i genitali di fuori. Ma aggiunsi: "E tu, Lena, sei soddisfatta di me?". "Scherzi!? Sei stato meraviglioso, te lo giuro... soprattutto per come hai lavorato per me". E aggiunse: "Mi dispiace che te ne vai, sai?". In quel momento avevo un mal di palle che dovetti allargare le gambe, perchè strette come le avevo quasi mi facevano urlare dal dolore. Le risposi: "Anche a me... e soprattutto mi spiace lasciare te, Lena... sei stata meravigliosa con me". Prese la penna con la mano destra e se la mise tra i denti. Mi disse sensuale: "Davvero?". "Non hai idea quanto", dissi concentrato sulle mie palle. In quel momento, sono sicuro, anzi certo, che Elena guardò il mio pacco. I suoi occhi si erano abbassati e avevano sostato lì. L'angoscia mi bloccò: non mossi un muscolo, perciò non ebbi neanche il riflesso di chiudere le gambe. Mi riguardò e accentuò il suo sorriso. Ormai tremavo. Si tolse la biro dalla bocca e la posò sulla scrivania, e mi disse: "Senti, ti piacerebbe continuare a lavorare per me?". Mi sentii un po' sollevato: forse non si era accorta di nulla, ma non so se fosse una mia speranza o una mia illusione. Sta di fatto che Elena non disse nulla su quello che potrebbe aver visto. Le risposi: "E' il mio sogno". Elena mi rispose: "Io sono una donna molto potente, come avrai capito". "Certo!", le dissi. "Senti, se sei d'accordo scriverò due righe alla dirigenza per poterti tenere con me... non ti prometto niente, ovviamente, è molto difficile, ma qualche possibilità ce l'ho... e al dirigente lo faccio venire duro che tu non hai idea...". "A... anche a lui?", le dissi. "Tu non hai idea del pacco che gli viene quando gli sono davanti... allora, ti va?". "Io...", ma mi interruppe: "Lo sai che sono una Padrona dura e spietata, e tale sarò sempre nei tuoi confronti... cosa mi dici?". "Lena, per te sono pronto a tutto, e tu lo sai... anche... anche a subire punizioni tipo quella che minacciavi ad Alberti". "AHAHAHAH!!!", rise, "Ma tu non sei come Alberti!... No, dài, questo no, rilassati... sarò truce e spietata così come mi hai conosciuto. Dài, cosa mi dici, ti va l'idea?". "Si, Lena, mi piacerebbe tanto, veramente", ma aggiunsi, "anche se qualcuno qui mi ha detto che rimanere qui è molto pericoloso per me..." riferendomi, senza nominarla, all'amichevole avvertimento datomi da Rebecca (vedi la sedicesima puntata del racconto). E con uno sguardo truce e penetrante mi disse piano: "TU-SEI-MIO!... E SARAI MIO!... Lavorerai come hai fatto fino a oggi... SOLO PER ME... IO SARO' LA TUA UNICA PADRONA, e tu il mio segretario particolare". La stessa mansione che aveva proposto al suo ex! Ebbi una sensazione mista di paura e di eccitazione sessuale: stavo per sborrarle davanti. Colate di precum corsero lungo la mia gamba bagnandomi i pantaloni. Elena continuò da dura: "Se qualcuno oserà solo sfiorarti io lo uccido". E vedendomi silenzioso (in realtà ero in preda a contenere il mio orgasmo), mi chiese: "Capito?". "Perfettamente, Lena" ebbi la forza di dirle. "Quindi, per questo devi stare assolutamente tranquillo. Dài, scriverò due righe per te, allora". E mi chiese: "C'è ancora qualcosa che posso fare per te?". Io lì rischia il tutto per tutto. "Si, una cosa c'è...". "Dìmmi". "Lena...", le dissi, "potresti farmi provare la stessa sensazione che hai fatto provare ad Alberti, per finta, ovviamente...". "Davvero vuoi che lo faccia?", mi chiese divertita e, credo, un po' eccitata. "E' il mio sogno!", le risposi. "Dài!!!", mi rispose ultraeccitata alzandosi: "Dài, alzati!", mi disse quasi ordinandomelo. Io sapevo che correvo il rischio di sborrare: ero già pericolosamente al limite. E non potevo sborrare coi genitali fuori dagli slip: chissà come avrebbe reagito lei. Quindi misi la mano in tasca e mentre mi alzai con violenza riuscii a spostare l'elastico del girocoscia sinistro dei miei slip in modo da reinserire i coglioni. Del mio cazzo, invece, il glande, completamente scappellato, fuoriusciva dalla parte superiore. Una volta in piedi, mi sistemai meglio tirandomi su i pantaloni in vita prendendo anche l'elastico degli slip. Sentii uno schiacciamento di genitali che mi procurò ancora più dolore. Elena si piazzò davanti a me mani ai fianchi e gambe aperte, come una dominatrice: "Sei pronto?". "Si", le dissi contraendo la voce per il mal di palle. Elena fece due passi verso di me: "Non ti muovere", mi disse. Mi era praticamente addosso. Dio, come mi devastava: il mio viso le arrivava appena alle tette. A quel punto, Elena allungò le braccia verso di me, mi abbracciò al collo e me lo strinse fra le braccia, incrociando, dietro, gli avambracci intrecciandosi le mani. Le sue braccia erano muscolose, ma non pensavo fino a questo punto. Erano dure come l'acciaio, e mi aveva immobilizzato il collo: non potevo più muoverlo. Inoltre erano bollenti. E più eccitante ancora era il fatto che il mio naso era a non più di un paio di centimetri dalle sue tette. Le vedevo le gocce e l'umido del suo sudore e ne sentivo l'odore strasexy. "Guardami", mi ordinò lei. Alzai il viso. Ci guardammo: Elena sogghignava. Che meraviglia che era! A quel punto mi disse: "Allarga le gambe". io ero nuovamente al limite dell'orgasmo. Aprii le gambe al massimo. "Bravo", mi disse lei. Quindi caricò la gamba destra. Lo sguardo andò proprio su quella sua gamba e sui muscoli di quel ginocchio pronto a devastarmi i genitali. Temetti la castrazione. Guardai Elena: e le sibilai: "Ti prego, no... ti prego... non castrarmi, ti prego...". "Tranquillo", mi disse lei. "Lena!!! Lena, striscerò ai tuoi piedi, se vuoi, ma non lo fare, ti scongiuro!". "Rilassati, ti ho detto che farò finta, no?". "Al tre", mi disse: e iniziò a contare: "Uno... Due..."", la abbracciai: "Lena...! noohoh...!". "Tre!". Il suo ginocchio partì rapido come la folgore e mi arrivò dritto in mezzo alle palle dove si arrestò toccandole appena. Sborrai all'istante e rantolai, sia per l'orgasmo devastante col suo ginocchio sulle mie palle, sia per lo spavento: "TTUUAAHAAHHH!!!". Sempre col suo ginocchio sulle palle, il mio cazzo, vibrante, iniziò a spruzzare sperma nei miei slip come una fontana. "Okay?", mi fece Elena. Io, che venivo come una fontana, le risposi con un "Sihh!!!" strozzato. Elena mi lasciò, si girò, andò verso la scrivania e disse: "Bene, dài, ti ho fatto fare anche troppo tardi... ma volevo salutarti bene". Io non risposi. Rimasi lì, a gambe aperte, con i piedi come se fossero incollati al pavimento, immobile, in preda a un orgasmo devastante, col cazzo che mi stava vomitando sperma in continuazione, allagandomi gli slip. Elena disse un'altra cosa, ma non la recepii, perchè mi fischiavano le orecchie e mi sentii quasi le palle esplodere. Lo sperma fuoriuscì dagli slip e mi colò bollente lungo le cosce. Gli ultimi spasimi le dedicai a lei, concentrandomi su di lei. Era la terza volta che venivo di fronte a lei. E sapevo che era l'ultima e volli godermela fino in fondo, pensandola più intensamente che mai. Elena si sciolse i capelli nel momento stesso in cui il mio cazzo sputò l'ultima gettata di sperma. "Andiamo", mi disse. E ci avviammo alla porta. Elena era dietro di me. Oltrepassata la soglia mi girai verso di lei. Avevo gli slip e l'orlo delle calze inzuppati di sperma. Elena si mise mani ai fianchi e mi disse: "Allora d'accordo, scriverò due righe per te, e speriamo che vada tutto bene". "In ogni caso", le dissi, "si può rimanere amici". Un po' ci avevo provato, lo ammetto. Ma Elena tornò quella di sempre: "No, mi spiace. Te l'ho detto. Non ci sono rapporti di amicizia per me. Non voglio legami con nessuno". "Okay, come vuoi. Allora, grazie ancora di tutto, Lena". "Sono io che ringrazio te". "Non ti dimenticherò mai". "Nemmeno io". Mi girai e feci per andarmene. Fatto un passo, mi girai ancora verso di lei e le chiesi: "Senti, un'ultima curiosità". "Dìmmi". "Lena... avevi concesso al tuo ex di chiamarti così?". Elena staccò la mano destra dal suo fianco e si appoggiò allo stipite. Col suo fare strasexy mi rispose quasi ansimando profondamente: "No!!!". "No?", feci io ipnotizzato ancora dalla sua bellezza. "No", mi ripetè Elena, "Tu sì". Chissà cosa avrà voluto dirmi. La salutai per l'ultima volta: "Ciao, Lena". "Ciao, amo!!!" fece lei ancora intensamente. Mi ridivenne di cemento armato. Andai al cesso e sborrai subito una seconda volta: "Addìo, Lena", le dissi mentre spasimavo per i getti di sperma. Ma il pensiero che dovevo ultimare il mio giro da Miriana, me lo fece rimanere duro.
 

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