Racconto di fantasia Io e mia sorella (XXVIII) - Ospiti al convento

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1. Premessa.

Io e la mia sorellina Giorgia, fin da ragazzini eravamo sempre stati incuriositi dalla vita dei frati e delle monache. Come facevano a non impazzire, rinchiusi in convento e senza l'altra metà del cielo a disposizione per sfogarsi? Pensate che una volta, a catechismo per la prima comunione, chiedemmo all'insegnante se i preti e le suore scopavano... Sì, proprio così, e senza tanti giri di parole... Fummo cacciati in malo modo, e non ci ammisero ai sacramenti...
Comunque sia, quella curiosità così morbosa ci perseguitò a lungo, e anche da grandi non riuscimmo a immedesimarci in un essere umano che faceva liberamente una rinuncia "fisiologica" tanto impensabile.
Fino a quando, per i miei 40 anni, non ci regalammo un weekend a Firenze...
Allora, vivevamo già stabilmente come una coppia, molto più consolidata di tante altre "regolari", e per risparmiare qualche soldino scegliemmo di non prendere una stanza d'albergo ma – ironia della sorte – optammo per la possibilità di chiedere alloggio presso la foresteria di un convento. E lì accadde l'impensabile...

2. Un letto per due.

Eravamo così fieri del nostro "scandaloso" stile di vita, che non ci passò neanche per la testa delle difficoltà che avremmo potuto incontrare per accedere a quel luogo.
Così, ci presentammo alla Madre Portinaia che erano quasi le 19 e le domandammo un pernotto:
- "Buonasera Madre... Siamo turisti, sarebbe possibile trascorrere con voi questa notte?".
Giorgia, per stare più comoda, vestiva – nonostante la sua quinta misura di seno – un top leggero, attillato, senza reggiseno e quasi trasparente, che le lasciava scoperto l'ombelico, e sotto un bel paio di jeans a mezza coscia altrettanto stretto.
La suora, un donnone con i baffi che non faceva nulla per nascondere, basso e largo cosicché si faceva prima a saltarla piuttosto che a girarle intorno, ci squadrò dalla testa ai piedi, e poi con una smorfia di disgusto rispose:
- "Ma certo, abbiamo una stanza matrimoniale... Perché voi siete cristianamente e devotamente sposati, vero??".
Come fratello maggiore, pronto a difendere la sua metà di sangue, mi misi sulla difensiva e risposi io per entrambi:
- "Veramente... No. Noi siamo fratelli...".
La religiosa, allora, toccandosi il velo come se volesse grattarsi il capo, scosse la testa e disse, spostando lo sguardo da me a mia sorella e viceversa:
- "Questo è un problema... Non abbiamo stanze doppie... Vorrà dire che vi farò assegnare due singole... Va bene?".
Anche per noi era un problema, poiché avevamo fatto quella scelta per una ragione economica, e due camere non ce le potevamo assolutamente permettere. Oltretutto, non eravamo più abituati da decenni a – diciamo così – "dormire" in stanze separate...
Perciò Giorgia, che era la meno "diplomatica" dei due e che fino a quel momento era rimasta in silenzio, scattò come una molla e risentita cercò di far valere le sue ragioni:
- "Assolutamente no! Non va bene proprio per niente! Io da sola non ci sto, voglio stare con mio fratello, mi sento più sicura!".
Ma la suora non volle sentire ragioni, e tagliò corto:
- "Ragazzi, mi dispiace, ma queste sono le regole del Vescovo... O così, o dovrete cercatevi un altro posto...".
Cercai di analizzare freddamente la situazione, che non era per niente facile: infatti, era ormai tardi per andare in giro per la città a cercare un albergo senza troppe pretese. Percui, presi da parte Giorgia e sottovoce cercai di farla ragionare:
- "Lo so, cuoricino mio, che è impensabile per noi due separarci anche solo per poche ore, ma dove andiamo? Per strada sarebbe ancora più pericoloso. Ti prego, per questa volta facciamo come ha detto quella bacchettona, poi si vedrà. Ti prometto che farò di tutto per proteggerti, e non è detto che la notte la trascorreremo come vorrebbe lei...".
La mia sorellina era imbronciata, ma a me non sapeva dire di no ed accettò fidandosi della mia promessa.
Tornammo così all'accettazione ed io – volendo dimostrare alla suora che non ero tipo da cedere su tutti i fronti – le dissi:
- "E va bene, stanze separate. Ma almeno che siano vicine... Altrimenti non se ne fa nulla per davvero. E d'altronde a quest'ora non credo che neanche voi vorrete perdere questi soldi... Non troverete nessuno per rimpiazzarci...".
Lo dissi dopo essermi guardato intorno ed aver visto che il convento era messo piuttosto maluccio, muri scrostati con molta umidità, ed aveva bisogno quindi di entrate certe per sostenersi.

Versai prontamente e anticipatamente le quote, e la suora suonò una campanella che quasi ci sfondava i timpani. Pochi istanti, ed ecco comparire dalla porta della clausura una giovane con un velo di colore diverso dalle altre – forse una novizia –, la quale parlottò brevemente con la Portinaia e poi ci fece strada.
Salimmo su per un corridoio illuminato da sole lampade ad olio (sembrò che là dentro il tempo si fosse fermato al medioevo), e in fondo trovammo i nostri alloggi.
Con il passepartout aprì due porte e ci fece passare dicendo:
- "Se avete bisogno, chiamate pure", e indicò dei campanelli mezzi arrugginiti posati sui comodini, "ma mi raccomando, non uscite dalle stanze durante la notte e soprattutto non entrate per nessuna ragione nelle stanze degli altri...".
Evidentemente, la suora-matrona della reception le aveva detto delle nostre rimostranze iniziali, e la povera novizia stava cercando di farci rispettare delle regole imposte dall'alto.
Giorgia, mi fece un sorrisino, e poi rispose:
- "Stia tranquilla, io la notte dormo!".
Ci lasciò così per far ritorno da basso, e quando rimanemmo soli mia sorella aggiunse:
- "Col cazzo che dormirò! Io senza di te non potrò dormire... Ma se non dormirò io, qui succederà un casino... Gliela farò pagare!".

Il guanto di sfida era stato lanciato, ma nemmeno io potevo immaginare come la fervida e infernale mente di Giorgia sarebbe arrivata a tanto...

3. Una promessa enigmatica.

Sistemati i bagagli, scendemmo in refettorio per la cena. Un pasto assai spartano, a testa bassa sul piatto.
Le suore usavano desinare in silenzio, e anche noi ci dovremmo adattare a quell'abitudine, specie quella chiacchierona di mia sorella.
L'unico lato positivo di quei momenti, fu che la novizia – senza farsi vedere dalle consorelle e da me ricambiata – cominciò a lanciarmi continue occhiate e sorrisi.
Per fortuna, non se ne accorse nessuna delle monache, altrimenti – dopo lo "scandalo" che avevamo suscitato al nostro arrivo – sarebbe successo un putiferio, ma a Giorgia – che avevo accanto – non sfuggì nulla.
Infastidita, si preoccupò di marcare il territorio d'appartenenza con quella che già reputava una sfigata. La fissò incenerendola con il solo sguardo, e a me diede una gomitata nel fianco da lasciarmi senza respiro. Poi, mi ringhiò a denti stretti:
- "Non fare lo stronzo con quella... Non devi farle sprecare energie inutili, la voglio in perfetta forma per questa notte...".
Non mi disse altro, ma tanto bastò per farmi capire che mi aspettavano ore ed ore di forti emozioni.

Ci ritirammo che erano circa le 21, ma quando fummo in procinto di salutarci e chiudere l'uscio delle stanze Giorgia mi trattenne – cingendomi con il braccio la vita – e nel silenzio del corridoio mi sussurrò, sibillina:
- "Quando sentirai pronunciare la parola "BASTA", corri in camera mia... Avrai la tua parte. Perciò, orecchio alla parete e buonanotte...".

4. Lo scandalo.

Mi ritrovai da solo in una stanza poco illuminata e poco più grande di una cella di un carcere, e mi domandai com'era possibile condurre una vita così per tutta l'esistenza.
Neanche io ero abituato a dormire senza Giorgia al mio fianco, né comunque a giacere lontano da lei. Mi sentivo come un leone in gabbia, avrei voluto correre nella sua stanza e abbracciarla e farci i nostri "comodi", ma mi trattenni e feci esattamente come mi aveva "consigliato" la mia dolce sorellina.
All'inizio non si udì nulla. Ma ecco che trascorsa un'ora finalmente ascoltai nuovamente la voce di Giorgia che parlava al telefono. Diceva, al misterioso interlocutore che era all'altro capo:
- "Buonasera... Mi scusi, potrei avere un asciugamani? Qui nel mio bagno non c'è... Forse, è stata una dimenticanza...".
Sentii riagganciare, e poi un attimo di silenzio, e subito dopo la voce di Giorgia che era praticamente un urlo:
- "Evvaiiii... C'è cascata!".
Non poter vedere la scena mi impediva di capire bene, ma tutto fu più chiaro quando si sentì bussare alla sua porta.
Prontamente, il mio diavoletto andò ad aprire, e si trovò di fronte la novizia che ci aveva accompagnati poche ore prima.
La invitò ad entrare:
- "Dai, entra, non ti mangio mica... Posa pure lì l'asciugamani... Mi faresti un po' di compagnia? Scusa sai, ma qui mi sento sola e questo silenzio mi fa un po' paura...".
Ma la novizia, timorosa che la sua superiora non condividesse quel gesto così amichevole, rispose:
- "Veramente... Non potrei... La mia Maestra non vuole...".
Giorgia allora, la strattonò tirandola a sé e chiuse la porta. Poi, per rompere il ghiaccio le domandò:
- "A proposito, come ti chiami? Io sono Giorgia...".
E l'altra:
- "Io sono Helena... È il mio nome di battesimo, ma quando diventerò suora lo cambierò".
Mia sorella la incalzò di nuovo:
- "Io ho 35 anni fatti... E tu?".
La novizia rispose:
- "Ne farò 19 tra un mese esatto".
- "Che strano", disse Giorgia, "ripensavo a quello che mi hai detto sul tuo nome... io mi rifiuterei di cambiarlo... Ma dimmi, come fate voi suore, non avete mai voglia di.....". E fece il gesto di scopare...
Helena era molto intelligente, e capì subito il senso di quella frase lasciata in sospeso. Così, arrossì di botto, e chinando il capo per non incrociare lo sguardo di mia sorella, sottovoce rispose:
- "Di avere rapporti con l'altro sesso? Semplice, non ci si pensa... Ci sono tante cose da fare in convento tutto il giorno che la sera siamo stanche morte e quando andiamo nelle nostre celle ci addormentiamo subito...".
- "Io impazzirei", esclamò la mia porcellina, "se non avessi un uomo che si prendesse cura di me e delle mie esigenze più intime...".
Helena – non sapendo nulla di noi sotto quell'aspetto – fraintese la confidenza e, cominciando a sciogliere il suo imbarazzo chiese ingenuamente a Giorgia:
- "Ah, capisco... Ma tu sei sposata? Ho sentito che volevi dormire con quell'uomo che è con te...".
Mia sorella era come un pallone che stava per esplodere... Non aveva mai parlato esplicitamente con nessuno della nostra relazione e pensò che avrebbe trovato comprensione in quella ragazza... Le mise due dita sotto il mento per sollevarle la testa e poterla guardare negli occhi, e poi le chiarì:
- "No. Non sono sposata, non ne ho bisogno".
Allora Helena, sempre più confusa, replicò:
- "E vuoi giacere con un uomo che non è tuo marito? Lo sai che è peccato!?".

Con l'orecchio appiccicato alla parete, io ero sempre più orgoglioso della mia metà, e capii finalmente dove volesse portare quella ragazzina. Sorrisi ironicamente tra me e me, e mi dissi:
- "Ora è tutto chiaro... Ora sì che ti riconosco Giorgia mia!".
Ma non potevo immaginare il seguito. Mia sorella, infatti, aveva fatto di tutto per "costringere" l'altra a "costringerla" a raccontarle la sua – o meglio la nostra – vita...
La mia "piccolina" iniziò il suo racconto spiegando ad Helena chi veramente fossi:
- "Hai ragione, quell'uomo non è mio marito... perché è mio fratello! Fratello, capisci? Sangue dello stesso sangue! Scopiamo insieme praticamente da quando eravamo ragazzini. Lui mi ha portata con sé quando i nostri genitori ci hanno scoperti e ci hanno cacciati di casa... Non riesco a pensare a un uomo, un maschio, diverso da lui... Per me il Paradiso è quando facciamo l'amore, cioè ogni giorno... Capisci?, anch'io come te vivo il mio Paradiso!".
La giovane non voleva crederci, e dapprima si tappò le orecchie per non ascoltare quella storia così assurda, ma poi interrogò di nuovo Giorgia:
- "E se lui dovesse trovare un'altra e sposarsi?".
A mia sorella si dipinse il terrore in viso... Sarebbe morta di crepacuore – questo lo sapevo bene –, ma non era un argomento all'ordine del giorno. Sapeva bene, infatti, che mi sarei fatto castrare piuttosto che dare il mio seme a un'altra donna...
E sicura ribatté:
- "Impossibile. E poi, se dovesse accadere, piuttosto che con un altro uomo, io preferirei provare con una donna...".

5. Uomo o donna?

Adesso era davvero troppo. Helena, scandalizzata, scoppiò in lacrime e pensò:
- "Questa cella è abitata dal diavolo che mi vuole mettere alla prova...".
Cercò di voltarsi e di scappare di corsa da quella che lei considerò la sua tentazione personale quando Giorgia la bloccò per i polsi e le sue labbra finirono per comprimersi su quelle della aspirante suora...
Non potendo avvalermi della vista, l'unico senso che potei esercitare fu quello dell'udito. E con esso percepii un incredibile trambusto, a cui però sul momento non riuscii a dare una spiegazione plausibile.
Giorgia ed Helena stavano "combattendo" la loro personale battaglia, la cui posta in palio era diametralmente opposta: la novizia per mantenere la sua purezza, mia sorella, invece, per conquistarsi un ambito sextoy vivente...
Erano ormai scoccate le 23 all'orologio a pendolo che segnava il tempo in quella piccola comunità, e in quel silenzio notturno si potevano percepire soltanto dei rumori simili a rantoli.
Giorgia stava vincendo, sebbene ai punti, e più passava il tempo e più la vittoria si faceva netta.
Ora, il sangue del mio sangue aveva infilato anche la lingua nella bocca di Helena, la quale cominciava a rispondere positivamente alle sue sollecitazioni.

Il velo le era volato via, strappato con veemenza da mia sorella che non poteva vedere la sua "compagna" costretta a nascondere ingiustamente la propria criniera in una sorta di hijab.
E in effetti, per quello che avevo potuto vedere anch'io a cena – suscitando le ire di Giorgia – quella "quasi suora" non era affatto brutta come la Portinaia, anzi.
Dopo il velo fu la volta della candida camicetta chiusa su fino al collo.
- "Sei così bella... Fatti vedere un po'... Chissà a quanti ospiti qua dentro hai dato la tua personalissima ospitalità... Avanti, apriamo almeno qualche bottone!", la invitò perentoria colei che era sempre stata l'ispiratrice di ogni mia azione.
Ma a questo punto avvenne qualcosa di imprevisto. Helena, che fino ad allora era sembrata tanto docile quanto disponibile, si impuntò e non volle assolutamente acconsentire alla richiesta:
- "Non si può... La Maestra dice che è il nostro scudo contro il mondo di fuori", spiegò.
Riuscii a stento a trattenermi da sbottare in una fragorosa risata, che si sarebbe certamente sentita risuonare per tutto l'istituto richiamando l'attenzione delle suore addormentate nel cuore della notte. Giorgia si sarebbe incazzata di brutto, e non mi avrebbe perdonato di averle rovinato quel suo capolavoro. Non potei, però, esimermi dal fare un commento piuttosto acido, e tra me e me valutai quella sciocca scusa:
- "Ihihih... Che stronzata... Scommetto che lo fa perché si vergogna... Sarà così piatta da essere uscita dalle mani di San Giuseppe!".
Intanto Giorgia si stava spazientendo, e in un accesso d'ira gliela strappò riducendola in brandelli...
La suora non voleva credere ai suoi occhi, e guardando il volto accalorato della mia metà le puntò il dito contro e urlò:
- "Vade retro, Satana! Questa donna è posseduta!".
Ma Giorgia subito le tappò la bocca e replicò:
- "Stai zitta, idiota... Fai svegliare tutto il convento! Pensa se la Madre Superiora ti trova qui. Che gli dici, che ti ci ho trascinato io fuori dalla tua dorata clausura?".
Oltretutto, quella camicetta era di pessima qualità:
- "Guarda con che stracci vi fanno andare in giro...", continuò mia sorella, la quale - sbirciando attraverso quel tessuto lacerato - vide qualcosa che la lasciò sbalordita:
- "Azzooo! Una novizia porcellona come te, dove mai si è vista? E non mi dire che la tua Maestra ti impedisce di indossare il reggiseno... Con due tettone come le tue...".
E ridendo di gusto finì di scoprirle tutto il busto fino a sotto l'ombelico...
Helena taceva, non sapendo più cosa rispondere. Era stata platealmente scoperta – in tutti i sensi –, e adesso nessuno l'avrebbe potuta aiutare.
La mia attesa per la "chiama" di Giorgia crebbe in maniera esponenziale, anche perché dovevo affidarmi esclusivamente alle sue parole che mi facevano un po' come da radiocronaca.
Ad ogni modo, ora non si udiva più la voce di quella poveretta, mentre dopo pochi istanti mia sorella - con ironia - sentenziò:
- "Visto che mi stai mostrando le tue tette, mi sembra giusto che anch'io ti mostri le mie! Sai, quell'adorabile porco di mio fratello ne va matto...".
Ma la novizia continuava a tacere... Così Giorgia, senza attendere oltre, si tolse la canotta e gliele sbatté in faccia:
- "Beh, effettivamente... Hai ragione a stare zitta... Non c'è proprio partita! Le tue saranno pure più grosse, ma le mie...".
Per l'ennesima volta, potevo solo immaginare quello che stava facendo la mia sola e unica ragione di vita. Le stava mostrando le sue "gemelle", ed io ne ero orgoglioso a tal punto che dovetti fare i salti mortali per tenere a bada il mio "socio" sotto le mutande...
Quel satanasso di Giorgia si stava divertendo un mondo – in fondo, aveva giurato che gliela avrebbe fatta pagare a quelle bacchettone – con quella disgraziata che aveva la sola sfortuna di essere l'unica abbastanza appetibile. E non aveva nessuna intenzione di fermarsi.
Difatti, quando stavo già per allontanarmi dalla parete, pensando che lo spettacolo fosse finito e che lei si fosse stancata e dimenticata della "promessa" che mi aveva fatto, ecco sopraggiungere un nuovo ordine imperioso:
- "Helena, mica vorrai tornare in cella così? Hai fatto 30, facciamo anche 31! Forza, via la gonna!".
La giovane, se fino a quel momento aveva opposto una resistenza più che altro formale, adesso fece un balzo indietro verso la porta, ma mia sorella fu più veloce. La acchiappò per la cintola, e in quella colluttazione così "feroce" la gonna le restò ben presto in mano.
Giorgia era esterrefatta ma compiaciuta da ciò che vide: Helena non aveva nemmeno le mutande. Niente di niente, né uno slip, né un perizoma...
Stavolta – per quel che potei udire – mia sorella era meravigliata per davvero:
- "Passi per il reggiseno, ma pure la patata al vento! E tu saresti una suora? Credimi, ripensaci finché sei in tempo...", le disse.
Volle mettersi alla pari con quella svergognata: si tolse i calzoncini, e quindi facendole uno strip dei suoi rimase "come mamma l'aveva fatta".
L'una di fronte all'altra, erano due femmine completamente nude, di cui di una conoscevo ogni centimetro del suo corpo.
Però, non era ancora finita... Ne ero sicuro. Sapevo, sentivo dentro di me che la MIA donna si sarebbe inventata ancora qualcos'altro...

6. Amore saffico.

E "invenzione" fu! Non la vedevo, ma la sentii fare un fracasso assurdo, e quel rumore mi aiutò a capire...
Stava spostando lo scrittoio, uguale a quello che avevo anche nella mia cella. La immaginai, presa da una veemenza irrefrenabile. Poi più nulla...
Altra attesa spasmodica, e poi un tonfo.
- "Forse si è seduta su quel tavolino", mi dissi.
Finalmente, parlò di nuovo alla sua "compagna", e con un tono secco le intimò:
- "Annusala, e poi leccamela!".
Sobbalzai, rimbalzai quasi contro il muro, perché non pensavo che Giorgia si sarebbe spinta fino a quel punto con un'estranea.
L'avevo già vista in passato coinvolgersi nell'amore saffico, ma pensai che stavolta volesse "giocare" da sola con quella femmina. E ciò mi fece ingelosire, perché – in tante occasioni – mi aveva promesso che il suo corpo era sempre stato mio, e che solo con il mio consenso lo avrebbe "offerto" ad altri...
Comunque, mi dissi:
- "Ci siamo! O la va o la spacca... Tutto dipende dalla reazione di quella stupidina!".

E non mi sbagliavo... Helena, infatti, inizialmente temette di non aver capito bene, era così assurda come richiesta! Ma proprio in quel frangente dimostrò a mia sorella di che pasta era fatta... Sotto a quell'apparente scorza da ingenua quanto irreprensibile novizia, c'era la sua vera natura, che le diede il coraggio di tenere testa a Giorgia...
Sgranò gli occhi e con tutto il fiato che aveva nei polmoni obiettò:
- "Co-coosaaa?".
- "Sì, valà che hai capito benissimo... O ti fa schifo la mia passera? Mio fratello ne è ghiotto, e sono sicura che qui dentro non è la prima volta che lo fai...", le rispose impaziente la mia metà.

Sotto i panni da religiosa, c'era una vera donna, con tutti i suoi istinti primordiali. Era soltanto combattuta tra gli insegnamenti che aveva ricevuto in quegli anni e il desiderio di sesso.
L'odore della fica di mia sorella, moltiplicato dai suoi umori che sgorgavano da sotto il suo folto e magnifico tappetino nero, non fece altro che accrescere quel combattimento spirituale, ma alla fine Helena si tirò indietro definitivamente...
Giorgia non ne poté più di quel tira e molla, anche perche sapeva che io stavo aspettando il suo "segnale", e scese dal tavolo come – è il caso di dirlo – una posseduta dal maligno. Prese per un braccio l'altra donna e la sbatté al suo posto con tale violenza che questa – spaventata – non si azzardò a reagire...
Mia sorella cominciò a ravanarla per benino, di mano e di lingua, suscitando nella novizia dei mugolii da troia in calore:
- "Mmmhhhh... Dio che bello... Sii, non smettere ti prego... Quanto tempo che non mi toccavo così...".
Allora, la mia vacca cercò di affondare di più dentro la vagina dell'altra, ma ben presto si avvide che Helena era vergine. Esclamò, stupita:
- "Nooo, non ci posso credere! A 19 anni ancora vergine... Vabbeh, vuol dire che ci sarà chi provvederà... Peccato che non posso fartelo io il "servizietto", non ho il mio strapon, perché sarebbe davvero gustoso aprirti come una vongola fresca...".
Perciò, si limitò a leccarla come non ci fosse stato un domani. E più leccava e più la novizia si accalorava tutta. Era un lago, tra le cosce, che rischiava di straripare...
A un certo punto, l'aspirante suora, non riuscì più a trattenersi, e sbraitò:
- "Bastaaaaa!".
E infine spruzzò abbondantemente anche l'anima sulla faccia di mia sorella...

Dall'altra parte della parete, c'ero sempre io, che recepii quella parola come il segnale convenuto, come un bravo soldatino.
Mi lanciai verso la porta della mia stanza, e in un attimo fui da Giorgia. La quale, proprio in quegli istanti, si era avvicinata all'orecchio di Helena sussurrando:
- "Brava. Hai fatto come volevo io. Ora avrai il tuo premio. Te lo sei meritato. Alla Madre Portinaia verrà un infarto quando lo verrà a sapere... Un giorno anche tu mi ringrazierai...".
Ma la giovane, al solo pensiero di dover affrontare quella megera, supplicò:
- "Per l'amor di Dio, sarebbe la mia fine... Farò tutto quello che vorrai, ma non dire niente a nessuno, è stato solo un momento di debolezza...".

7. Nella cella del peccato.

Ero abituato a vedere Giorgia gironzolare per casa completamente nuda – tette, mammelle e fica, che mi suscitavano sensazioni difficili da descrivere a parole, sempre a mia disposizione – ma mai mi sarei immaginato che entrando nella cella di un convento avrei potuto godere di un simile "spettacolo": due donne senza alcun vestito addosso, la novizia – esausta e supina sul tavolo che si sorreggeva sui gomiti – e mia sorella accanto a lei...
Mi fu evidente – senza dover chiedere spiegazioni – che quella era la "vendetta" che la mia Cucciola aveva inscenato contro il mondo ecclesiastico in generale e contro quella cicciona di suora in particolare che aveva osato dividerci anche se solo per poche ore!
Ma era solo l'inizio di una "guerra"...

Al mio comparire sull'uscio, Giorgia mi corse incontro e mi baciò, mentre io – come era nostro uso – la "salutai" con una veloce carezza lungo la sua fessurina.
Era su di giri anche lei, e mi accolse dicendo, scherzando ma non troppo:
- "Benvenuto nella cella del peccato! Ti presento Helena. Suor Venuta. Sapessi, è una bella porcellina... Non proprio come me, ma insomma... Sono certa che ti piacerà".
Poi, si accorse che – durante quegli interminabili momenti di "ascolto passivo" – mi ero masturbato e mi sgridò, sorniona:
- "E bravo il mio fratellone porcellone! Adesso ti basta anche soltanto ascoltare i gemiti di due troie per eccitati come un mandrillo! Ora, però, calmati, che il bello per te sta per arrivare...".
Si avvicinò alla porta e girò la chiave: la serratura scattò, e la novizia capì che da quel momento in avanti sarebbe stata nelle nostre mani, e che la cosa non sarebbe durata poco.
La mia sorellina tornò indietro, poggiò un braccio sulla mia spalla, ed entrambi restammo a contemplare quel fisico, apparentemente sgangherato ma forse proprio per quello così pregno di impulsi erotici.
Una manna dal cielo era Helena, la quale nel frattempo era venuta giù dallo scrittoio, e imbarazzatissima – con entrambe le braccia e stringendo le gambe – tentò inutilmente di coprirsi le sue "vergogne".
Perciò, Giorgia – con manifesta malizia – le ordinò:
- "Per la miseria, Helena, vuoi togliere quelle mani? Cosa c'è da nascondere? Sappiamo tutti com'è fatta una donna, e mio fratello vuole vedere la qualità della merce!".
E giù una sonora risata...

Alta più o meno un metro e sessanta per una ottantina di chili, occhi grigio-azzurro come quelli dei gatti, capelli neri e tagliati cortissimi – ma che una volta dovevano essere stati incantevoli –, il tutto si stagliava alla perfezione su un ovale del viso completato con due "pomelli" rosei sulle guance.
Già così avevamo sotto gli occhi un gran bel pezzo di ragazzona – sebbene avesse qualche leggera smagliatura – ma c'era decisamente di più. Scendendo, infatti, due spalle imponenti e muscolose – doveva essere stata una sportiva prima di entrare in convento – precedevano un seno davvero "solenne": forse una ottava misura naturale, in grado di competere (per quello che avevamo visto) solamente con la Madre Portinaia.
Su tanta magnificenza, spiccavano poi delle areole appena più scure della pelle candida che punteggiava il resto del corpo, al centro delle quali si ergevano due fantastici capezzoli lunghi e larghi, già turgidi, proprio come piaceva a me...
Per ovvie ragioni, stando in piedi la ragazza, quelle zinnone tendevano a precipitare verso il basso, anticipando una pancia immensa e adiposa che accoglieva al centro un grosso e vistoso ombelico aperto "a tortellino".
Vita relativamente stretta e fianchi larghi da vacca da riproduzione, con evidenti maniglie dell'amore, ogni dettaglio contribuiva a "disegnare" una figura piuttosto massiccia, con inevitabili contrasti che però scatenarono in me un violento attacco di adrenalina.
Le cosce... Enormi ma vellutate, e nella loro grandezza assolutamente armoniose, strusciavano costantemente l'una contro l'altra al loro interno, e facevano strada verso una vulva a dir poco favolosa, il cui monte di venere – così come le ascelle, d'altronde – era quasi completamente occultato da una bel "cappottino" di pelo castano tendente al nero.
Scendendo ancora con lo sguardo, mi cominciai a toccare compulsivamente quando giunsi a "venerare" i suoi piedini. Apparentemente sproporzionati per quanto erano esili – in confronto alla sua mastodontica figura –, erano però grassottelli al punto giusto...

Senza esagerare, stavo quasi per venire anch'io, ma Cucciolotta – che se ne era accorta – per distrarmi mi sollecitò da presso:
- "Non dirmi che non ti interessa vedere pure il lato b... Tu che sei un estimatore di quel dettaglio... Sù, vai...".
Così le girai intorno con fare "professionale", e dovetti ammettere che la scelta di mia sorella era ricaduta, come al solito, su un esemplare di femmina che era il top per i miei gusti di maschio... Infatti, anche quel particolare era veramente un tripudio di sensualità...

A quel punto, Cucciola – che mi aveva seguito passo passo nell'esplorazione e che si era riservata di comunicarmi quella notizia per ultima – mi rivelò, in modo tale che anche Helena la sentisse:
- "Adesso viene il bello... Lo sai che è completamente vergine? Dimmi: sono stata o no brava a prepararti questo piatto così appetitoso? Sù, ammettilo!".

La guardai, e poi guardai di nuovo la novizia. Certo, la novità mi stuzzicava e anche tanto. Deflorare una vergine era sempre stata la mia fissa, ma vedere Giorgia lì, nella sua più assoluta e disarmante nudità, davanti a un'altra donna, mi fece venire voglia di fare l'amore con lei, in un luogo tanto insolito e dove – in tutti quegli anni in cui l'avevamo fatto ovunque – non ci era mai capitato...
Quella notte, infatti, il suo corpo mi attraeva tantissimo. Era splendida, in controluce, sotto il fioco chiarore dell'abat-jours poggiata sul comodino giù in fondo vicino al letto.
Nel suo metro e 70 x 90 kg, formosa anche lei ma atletica, con due belle tette toste – una quinta misura piena –, areole grandi e molto più scure di quelle di Helena e capezzoli carnosi, era l'unica cosa bella che avevano fatto i nostri genitori...
Anche lei aveva la pelle bianchissima, dei fianchi tondeggianti e un culo abbondante. Ma ciò che veramente mi mandava ai matti era la fica: non solo e non tanto perché ogni maschio è attratto da quella parte anatomica del corpo femminile, ma perché la fica di Giorgia aveva un monte di venere assai adiposo e ricoperto da un ampio e riccio vello. Inoltre, il clitoride – di dimensioni fuori dalla media – lo avevamo abbellito con un anellino con diamante che le avevo regalato io quando andammo a vivere insieme.
Cosce enormi ma solide, gambe con bei polpacci voluminosi, caviglie sottili e taglia 37 di piede – che le permettevano di fare ottimi footjob – completavano la dotazione di cui io per primo andavo sempre orgoglioso...

Sommessamente, le sibilai in un orecchio:
- "Voglio scoparti. Qui, davanti a lei. Subito!".
Ma la mia paperella – un altro nomignolo con cui ero solito chiamarla – mi rispose:
- "Marco! Che figura mi fai fare! Questa troia ha bisogno di te...".

Mi abbracciò forte, e – sorprendendomi un poco – mi si chinò davanti e mi calò i pantaloni e i boxer... Prese in mano il mio uccello come fosse la cosa più preziosa che aveva, ci posò sopra le labbra, e dando un'occhiata maliziosa ad Helena – orgogliosa del mio cazzo – le disse:
- "Ti presento Charly".
E precisò, con fare di bimba:
- "Noi lo chiamiamo così. La mia pisellina, invece, si chiama Patty!".
Rimase un attimo a pensare, e intanto Charly cresceva a vista d'occhio... Si agitava sotto il tocco familiare delle mani di Giorgia, la quale spiegò alla giovane cosa stava per fare:
- "È così buono! Ho fame, e mio fratello mi accontenta sempre quando glielo chiedo...".
Così, mentre io le accarezzai il capo in segno di approvazione, lei – con quella lentezza esasperante che sapeva piacermi un mondo – me lo scappucciò per bene, tirando giù fin quasi alle palle il mio abbondante prepuzio.
Tornò – con le labbra umide di saliva – sulla punta, e vi stampò un gran bacio.
Con l'altra mano rimasta libera, mi massaggiò lo scroto, "graffiandolo" dolcemente con le unghie sotto proprio lungo la linea mediana, e infine – tastandoli con i polpastrelli – fece una certa pressione sui testicoli.
Sollecitato in quel modo, il mio cazzo reagì prontamente, e l'asta svettò verso l'alto, rigida come il marmo. Rantolai, per l'immenso piacere che mi donò:
- "Ahhh... Ohhh... Sì, Giorgia, così, sei grande... Non mollare!".
La mia sorellina aveva però anche altri mezzi per prepararmi a "servire" Helena. Si avvicinò con la bocca ai miei "gioielli", cacciò fuori la lingua, e prese a percorrere una "strada" che mi avrebbe condotto in breve al delirio universale.
Stavo sudando da far schifo, chiusi gli occhi, e lei risalì lungo l'asta fino a raggiungere il frenulo. Un brivido quando la mia metà iniziò a sollecitarlo con rapidi e decisi colpi di punta, come frustate o scosse elettriche intense.
Sembrava non volersi fermare più, finché io – seppur a malincuore – le dovetti intimare:
- "Tesò, smettila... Sei bravissima, ma se vai avanti così mi fai saltare il filetto e mi fai venire... E tu non lo vuoi, vero?".
Mi rispose:
- "Oh no, Marco... Il mio godimento stanotte sarà indotto dal vederti godere grazie a questa puttanella...".
Intanto, piegata "a chinino", si era infilata ben tre dita nella sua Patty, e proprio sotto di lei si stava formando una bella pozza di caldi umori...

8. La via per l'inferno.

Giorgia acconsentì alla mia richiesta, si alzò in piedi e – lasciandomi nudo fino ai fianchi, con la verga dritta – raggiunse Helena, che nel frattempo era rimasta lì dove si trovava e a testa bassa per non guardare uno spettacolo che era sconveniente per una novizia.
La prese per mano e la fece sdraiare su quello che sarebbe dovuto essere il suo giaciglio dove riposare, ma che invece stava per trasformarsi nell'altare su cui avremmo sacrificato l'integrità fisica della ragazza.
Poi, guardando di nuovo nella mia direzione le disse:
- "Non avresti potuto avere di meglio. Mio fratello è un toro. Tra poco, sarà tutto finito, e tu sarai femmina come me. Non sarai mai più suora...".
Helena, da parte sua, stava lentamente perdendo tutti i freni inibitori, e si lasciò andare:
- "Voglio confessarti una cosa... Non ho mai scopato, ma muoio dalla voglia di farlo... Prendetemi, e fatemi ciò che volete... ma vi prego, fate presto!".
E Giorgia, parlando ancora al mio indirizzo:
- "Che ti avevo detto? Questa è più troia di me! Dai, Marco, non perdiamo tempo, che il divertimento è assicurato...".
La prese per le ginocchia e le allargò le cosce, ma la ragazza – data la sua mole e la scarsa elasticità – ebbe una certa difficoltà a mantenere la posizione, perciò mia sorella per aiutarla escogitò uno stratagemma: salì anche lei sul letto, alle sue spalle, e si sedette come vediamo spesso fare dagli equipaggi del bob. Allungò le gambe fino ad "agganciare" i polpacci della novizia, e con esse le tenne le cosce aperte in modo tale da lasciare bene in vista la fessura...
Solo allora Helena, in uno sprazzo di lucidità, si rese conto in che casino si era cacciata, ed implorò:
- "No vi prego, non voglio, noooo... Lasciatemi stare...".
Ma ormai era troppo tardi. Noi eravamo al settimo cielo, e pregustavano la dolce crudezza del momento.

Perciò, a un cenno della mia Cucciola, mi avvicinai a loro due e presi il mio pene in mano, stringendolo saldamente a metà dell'asta. Cercai – come ero solito fare con Giorgia – di allargare simultaneamente, con pollice e indice della mano sinistra, grandi e piccole labbra, ma mi resi subito conto che quella sarebbe stata un'operazione complicata, resa ancora più difficile dal pelo di Helena reso viscido dai suoi umori.
Allora, mia sorella intervenne sollecitamente, e – oltre alle gambe – impiegò anche le sue mani per divaricare gli organi esterni.
Dentro, la fica della novizia era di un rosa acceso, il clitoride era enorme, e l'orifizio vaginale risultò davvero sbarrato dall'imene intatto...
La guardai e le dissi, con soddisfazione mista a un fare riconoscente nei suoi confronti:
- "Sorellina, questa qua' è davvero vergine...".
Nonostante fosse in tachicardia per la "sacralità" di quel momento, Helena mi supplicò:
- "Non farmi male... Fai piano!".
La punta della mia cappella – per precisa volontà di Giorgia senza protezioni – era ormai pronta a scendere in quelle tenere carni, ma ebbi un'esitazione... Fu un solo istante, durante il quale presi coscienza che a quella donna stavo per cambiare la vita, e al contempo che quella "barriera" stava opponendo troppa resistenza.
Così, aumentai la pressione, e – con un colpo secco di reni – mi introdussi facendo sparire tutto il mio glande al di là dell'orifizio.
Helena – che forse si aspettava qualcosa di meno traumatico –, si irrigidì e le si fermò il respiro. Urlò angosciata, e allo stesso tempo sollevò il bacino, forse anche a causa di uno "sfizio" che contemporaneamente alla mia penetrazione si era tolto mia sorella. Le aveva infilato due dita nell'ano fino all'inverosimile... Insomma, una doppia penetrazione...
Mi fermai un poco, tanto per farla abituare a quel corpo estraneo – soprattutto in larghezza ero ben messo, e il mio cazzo veniva sempre ben percepito –, e quindi con lentezza lo spinsi in profondità, fino a che le mie palle non andarono a cozzare contro le sue chiappone.
Di nuovo, mi arrestai in quella posizione, e poi lo tirai fuori completamente. Con la cappella usata come un ariete, le avevo "strappato" letteralmente l'imene, ed ebbi la certezza di aver avuto successo quando vidi il mio uccello ricoperto di sangue.
- "Molto bene, puttanella, e benvenuta nel club delle fiche rotte", le disse Giorgia ridendo...

Intanto io mi inserii nuovamente una seconda e una terza volta per poi uscire subito.
Finalmente, l'ingresso era stato aperto! Iniziai a scoparla con irruenza, costanza e potenza, mentre quella vacca fantasiosa della mia metà prese a stuzzicarle il grilletto senza pietà, divertendosi a sentirla tremare tutta.
Ero affamato di fica… Entravo e uscivo dalla sua spacca ormai dilatata con una energia che non credevo di avere, sfilavo il mio salsicciotto e mi chinavo tra le sue cosce a leccarle la fica "sporca" dei suoi umori e del mio precum per poi tornare a fotterla con tutto me stesso.
Una volta, la guardai negli occhi e mi eccitai incredibilmente. Le urlai in faccia:
- “Troia, volevi farti suora? Fatti scopare, piuttosto... È questa la tua missione di femmina...".
Le mie "botte" agitavano inesorabilmente – facendola ondeggiare – la sua ciccia, e in breve la novizia ebbe un forte orgasmo e poi un'altro ancora, sottolineati entrambi da sospiri profondi, mentre gli umori che fuoriuscivano senza soluzione di continuità dal suo ventre indolenzito impregnarono irrimediabilmente le lenzuola...

Mancava, però, ancora qualcosa. Stavo infatti per uscire definitivamente da quel meraviglioso e accogliente antro quando Giorgia – che capiva al volo le mie intenzioni – mi prese un braccio e mi intimò:
- "Marco, non ci provare nemmeno! Non vorrai mica sciupare tutto questo ben di dio?".
E detto ciò – temendo un rifiuto della ragazza – afferrò Helena per le spalle immobilizzandola...
In fondo, ciò che voleva mia sorella era il mio stesso desiderio. Ripresi a stantuffare alacremente nella pancia di quella cicciona, e dopo qualche minuto le annunciai, con solennità:
- "Suor Helena, tieniti forte... Stiamo per arrivare all'inferno!".
Cominciai ad eiaculare dentro a più non posso. Sentii il mio sperma lasciare i testicoli e il condotto seminale per finire la sua corsa contro l'utero, e sentii anche le pareti della vagina contrarsi e stritolarmi la cappella ad ogni fiotto. Più lei contraeva i muscoli pelvici, e più io riversavo nelle sue viscere il succo della mia virilità.
Mia sorella, eccitata anch'essa, mi incitava:
- "Ancora uno sforzo, caro... Non lasciare nulla... Svuotati completamente...".
Avevo la testa che mi pulsava, e dopo non so quanto tempo ebbi una strana sensazione: la sacca scrotale si era ridotta talmente tanto di volume che al suo interno i testicoli – come se si fossero rinsecchiti – mi facevano male...

Tutto era finito. Mi accasciai sopra ad Helena, percependo tutta la sua morbidezza, e finii sul volto della mia Cucciola che stava ancora alle sue spalle. Insomma, un sandwich perfetto che avrebbe concluso il mio sforzo.
Giorgia mi baciò, come aveva fatto quando ero entrato in quella cella, e mi disse:
- "Ora ti puoi riposare, la vendetta è consumata. E abbiamo liberato un'innocente da una vita che lucidamente non poteva volere".
Solo allora mi rialzai. Mia sorella si sfilò da sotto, mentre la (ormai ex) novizia si tolse anch'essa da quella posizione così imbarazzante, e con le lacrime agli occhi esclamò:
- "Era ora! Non ne potevo più, era un peso troppo grande per me. Solo una cosa: e se sono rimasta incinta?".
Giorgia, che ci era passata prima di lei e che aveva calcolato tutto, prontamente le suggerì la soluzione:
- "C'è sempre l'aborto...".

Erano circa le cinque di mattina e la luce dell'alba stava per inghiottire l'oscurità della notte, e tre soli individui erano ancora svegli nel convento.
Avevamo ancora due ore buone di sonno, ed io mi ritirai nella mia stanza. Helena, riprendendo le sue vesti, si diresse verso la clausura, mentre Giorgia – allegra e soddisfatta – si rotolò sul suo giaciglio intriso dei frutti del nostro piacere, come una scrofa nel porcile...

9. Epilogo.

Rinfrancati dal riposo e da una frugale colazione, io e la mia metà – che non contenta dello "sgarbo" commesso volle presentarsi con una camicina trasparente da cui spuntavano impertinenti due capezzoli ritti come non mai – ci avviammo verso la reception, dove aveva già preso posto la Madre Portinaia.
Riconsegnammo le chiavi, e prima di lasciare il convento ci piacque "giocare" un po' con quella suora-megera:
- "Grazie di tutto, il servizio in camera è stato impeccabile", disse Giorgia con un sorriso che era un chiaro sberleffo.
La Portinaia, allora, alzò immediatamente gli occhi dai suoi incartamenti, la guardò e le rispose, acida:
- "Ma non c'è nessun servizio in camera!".
E mia sorella, che non voleva andarsene senza aver prima vinto la partita anche con lei, replicò:
- "Forse lei non è al corrente, ma c'è stato eccome...".
Posò sul bancone un biglietto da cento euro, e prima di varcare per l'ultima volta il portone disse:
- "Lo dia a Helena, con i complimenti di mio fratello...".

Mesi dopo, ricevemmo una busta con dentro un foglio. Era la "nostra" novizia, che ci diceva di aver lasciato l'abito...

FINE.
 

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