Esperienza reale La Moglie per una sera

Ce-ci

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La moglie di una sera.

E’ arrivata. Ha parcheggiato nel posto riservato ai taxi, a quest’ora del mattino è completamente vuoto. Non è una che attira attenzione, pantaloni della tuta e giacchino antivento nascondono le forme; si è messa le prime cose che le sono capitate, magari era in ritardo. Il viso e gli occhi sono segnati da un’alzata anticipata mantengono comunque un aspetto gradevole e carino. I capelli cadono sulle spalle naturalmente ondulati, non pettinati dal giorno precedente sono del colore del rame, o così appaiono sotto la luce bianca dei lampioni; sistemati così sono l'emblema della ribellione alla spazzola. E’ scesa dall’auto con il ragazzo, si sono incamminati verso il marciapiedi in attesa del treno; li ho visti anche ieri, hanno preso il regionale delle 6,12 lo stesso che prendo io. Li guardo dal bar della stazione, prendo qui il primo caffè della giornata prima di partire. La voce registrata annuncia il treno in arrivo, mi avvio sulla banchina, li ritrovo lì. Lei parla sottovoce al ragazzo, sicuramente sono ulteriori raccomandazioni. Ora capisco. Ieri lo ha accompagnato, hanno provato la strada insieme; oggi, primo giorno di scuola, il ragazzo vuole andare solo, giusto, non puo farsi accompagnare sempre. Davanti a noi si ferma la penultima vettura, salgo sempre su questa carrozza a questa fermata è quasi vuota, si riempirà più avanti. Lui sale, lei si scosta per lasciarmi libero il passaggio, stamane non lo accompagna, ma é una mamma ansiogena. Mentre sto per salire a mezza voce per non farsi sentire da lui, mi dice: << gli dia un’occhiata, è la prima volta che viaggia da solo. Deve scendere a Greco. >> Rispondo: << Scendo anche io nella stessa stazione, tranquilla.>> Non so perché le ho risposto così, queste incombenze danno noia, ma ormai le parole sono uscite, vedrò se scende al momento giusto. Si è seduto, mi accomodo un posto più indietro in modo da controllarlo con facilità. Sonnecchio immerso nei miei pensieri. Non è da molto che faccio il pendolare, dall’aprile scorso e già mi sembra un secolo, a 46 anni è dura abituarsi. Prima le cose mi sorridevano; una piccola impresa edile si era ingrandita fino ad avere una decina di dipendenti mi permetteva un tenore di vita più che agiato. Poi le cose sono cambiate senza un motivo apparente, improvvisamente, come il vento che cambia direzione; a pensarci non trovo nemmeno il momento in cui si è verificato; anzi dentro di me lo so. Avevo preso un lavorante dell’est; giovane, laborioso e intelligente nulla di cui lagnarsi in modo serio per me. Ma aveva un problema, o meglio lo avevano i suoi genitori e la moglie: datogli il dovuto alla fine del mese i soldi non riusciva a trattenerli fino a casa. Infatti passava dal bar e da lì alla sala scommesse e quando ne usciva era nudo e spennato come un pollo da mettere allo spiedo. La moglie, Nadia, era venuta a parlarmi. Decisamente bella, come lo sono le donne slave, aveva un modo di fare garbato e innocente, armata di una gentilezza che da noi si usava forse negli anni 20; soprattutto mi aveva colpito il fisico di una apparente immaturità, insomma sembrava una ragazzina. Avevamo concordato, e fatto accettare al marito che avrei pagato il dovuto settimanalmente e sarebbe passata lei a ritirare il denaro. Per un periodo andò bene. Poi, un sabato, passando a ritirare il settimanale mi chiese se potevo far fare del lavoro straordinario al marito, non per la paga, ma per tenerlo impegnato e sottrargli il tempo da dedicare al gioco. Di nuovo ci accordammo: lui avrebbe lavorato un’ora in più ogni giorno e lei mi avrebbe fatto le pulizie negli uffici al sabato, avrei pagato lui, e solo simbolicamente lei. Sospesi l’accordo con l’impresa di pulizia, le comprai i prodotti per le pulizie e una vestaglia azzurra di cotone leggero da lavoro; le assegnai un posto per cambiarsi. Non era bravissima a pulire però si impegnava e rispettava i patti. Al sabato mattina c’era poco movimento, mentre dopo pranzo restavamo soli ad eccezione di qualche cliente che su appuntamento veniva per scegliere i pavimenti o le piastrelle per le finiture; si presentava puntuale puliva prima gli uffici e poi gli espositori, nel pomeriggio i vetri e gli armadi. Se avanzava tempo si fermava a chiacchierare nel suo italiano addomesticato fino all’orario in cui chiudevo, mi chiedeva del lavoro degli affari ed in generale delle cose che non capiva del nostro paese. Averla intorno era un gran bel piacere. Indossava sopra gli abiti abituali la vestaglia che le avevo fatto trovare; se faceva caldo toglieva il maglioncino, e credo o mi piaceva immaginare che sotto il camice restasse solo con la gonna e l’intimo. Durò quasi un anno, poi il marito trovò lavoro con i cottimisti per ristrutturare e ampliare un villaggio turistico in Tunisia o Marocco e si licenziò. In concomitanza, ma io alle coincidenze ci credo poco, vennero sottratte, in una sola notte, tutte le macchine operatrici edili e gli autocarri per il loro trasporto che avevamo, oltre a tutta l’attrezzatura da cantiere ed i materiali di scorta e quelli non in opera. Non c’era alcuna traccia evidente, ma la mano esperta ed abituale era palese; prove nessuna. Le indagini non diedero esito e l’assicurazione prendeva tempo; ora operavo con macchinari in affitto e contoterzisti per rispettare i contratti. Lavorare così era impossibile, il conto economico parlava chiaro. Decisi per la liquidazione della ditta. Consegnai le unità abitative già vendute; pagato tutti i fornitori, le maestranze e gli oneri di legge mi rimasero 4 unità immobiliari indipendenti quasi terminate e il necessario per stare sereno in attesa di ripartire. Ora, venendo meno l’agiatezza finanziaria, la mia cara moglie pensò bene di chiedere la separazione; per non litigare più di tanto e incattivirmi con la madre dei miei figli mi sono lasciato affievolire o meglio, prosciugare i conti bancari, sono solo riuscito a trattenere una villetta a schiera dove abito. Non volendo chiedere lavoro sul posto dove operavo, mi sono ridotto a fare il pendolare fra la provincia e la metropoli. Collaboro in un emporio edile caricando il materiale che viene ordinato o acquistato sui camioncini con il muletto. Nadia ora continua a fare le pulizie, viene a casa mia 4 ore alla settimana, quando sono al lavoro; del marito non so nulla (di lei racconterò forse una prossima volta).
Mi ridesto dai miei pensieri. Il treno ora è pieno; entra in stazione, sono arrivato. Guardo il ragazzetto, è impacciato, ma scende al momento giusto. Si guarda attorno e poi prende la sua strada, lo seguo con gli occhi. Il mio compito è finito, mi infilo nel bar per la colazione.

La mattina successiva, ecco puntuale la signora, solita sosta dove non si potrebbe, lui scende. Sto bevendo il solito espresso. Lei guarda nel bar, vedo che i suoi occhi si fermano su di me. Sono stato sorpreso ad osservarla, per giustificarmi indico la tazzina in un chiaro invito a prendere il caffè. Mi vede, sorpresa rifiuta con il gesto della mano. Vedo i palmi che nella penombra del mattino spiccano bianchissimi; poi, come pentita dell’immediato rifiuto, sempre con la mano mi rimanda ad una prossima volta. Anche stamane si è vestita in fretta, probabilmente ha indossato l’abito smesso il giorno prima. Devo osservarla meglio, mi dico.
Mi sono seduto vicino a suo figlio. Si chiama Marco. Ha scelto una scuola dal nome strano, mai sentita; mi spiega che è per il disegno grafico, pubblicità, fumetti eccetera. Non so, non è decisamente il mio campo. Penso: un artista, bene! O male…. Non so decidere.
Una fermata dopo la nostra è salita una ragazza. Cercava un posto dove sedersi, ce ne sono, ma deve sedersi a fianco di sconosciuti. Sembra intimidita, ma sa il fatto suo; ci ha guardato ed ha scelto davanti a noi. Presto ci abitueremo siamo sempre i soliti con le solite facce, ed in genere scegliamo gli stessi posti. Anche lei scende dove scendiamo noi.

Questa mattina devo guardarla bene! Mi metto in posizione. Stessa scena. Scarica Marco; mi cerca con gli occhi, come io cerco lei, vuole farlo senza farsi accorgere. Lui sale e, come ieri, mi siedo vicino a lui. Alla fermata della ragazza ho fatto in modo, spostando al momento opportuno lo zaino di Marco, che si sedesse vicino, non mi è sembrata scontenta di viaggiare con noi. Le ho parlato, lui no. Si chiama Marta, fa il liceo musicale o, come si chiamava ai miei tempi, conservatorio. Penso: Un’altra artista…. Ma!!

Oggi la mamma di Marco ho potuto osservarla: il viso è regolare, un ovale un poco accentuato con gli zigomi alti, gli occhi grandi e chiari, il naso ben proporzionato e il collo lungo e sottile i capelli color rame toccano le spalle. Supera sicuramente il metro e settanta, non ha un chilogrammo di troppo, la vita è sottile e la pancia appena accennata, i fianchi larghi ed il sedere ben proporzionato. Non sono bravo a indovinare l’età, direi meno di 35, sicuramente non li ha passati. Il seno non è importante forse una taglia 2. Nessun gioiello, né orecchini, né catenina, solo una fede di oro giallo alta al dito. Una donna che se dovesse curarsi un poco sarebbe notevole e sicuramente, penso, una che ha ancora molto da dire e da dare.
I nostri posti sul treno sono consolidati, Marta sale e viene dritta verso di noi. Fra loro non parlano, li ho visti guardarsi senza farsi accorgere, si studiano, ma nemmeno un saluto. Li ho osservati alla discesa, prendono la stessa via nella stessa direzione distanti un paio di metri l’uno dall’altra.

Questa mattina la signora ha scaricato Marco al volo, quasi senza fermarsi anche se non era tardi sembrava avesse il diavolo alle calcagna. Comincio a pensare mi voglia evitare. Mi riprometto però che a Marco non chiederò nulla. Siamo già sul marciapiede quando la voce metallica annuncia che oggi il “treno non verrà effettuato”. Soppresso! Oggi mi tocca andare in auto e oltre all’abbonamento anche le spese della benzina.
Vedo Marco un po’ incerto, non sa che fare. Poi decido: <<Telefona alla mamma, dille che io vado in auto e chiedile che se vuole puoi venire con me. >>
Chiama e partiamo. Gli chiedo se ha il numero di Marta, potremmo portare anche lei con il permesso dei suoi. Ovviamente non ha il numero. Passiamo comunque dalla sua fermata. Mando Marco a cercarla; non la trova. Partiamo noi due; nel tragitto, spiego al ragazzo che deve prepararsi a queste situazioni che non sono rare. Gli suggerisco di dire a sua mamma di chiamare i genitori di Marta per ottenere il permesso in caso di bisogno per darle un passaggio con noi. Arrivati, lo lascio davanti alla stazione quasi all’orario solito.

Oggi è arrivata presto, ha lasciato l’auto al solito posto. Marco è sceso e si è avviato sul marciapiede. La vedo che viene verso di me; oggi è curata, i capelli spazzolati ed il vestito, semplice, si nota che è fresco di bucato. Entra. Si avvicina ed inizia a ringraziarmi, la interrompo offrendole un caffè. Accetta. Riprende a ringraziarmi per il passaggio di ieri a suo figlio. La interrompo di nuovo; mi presento, lei si chiama Lidia. Non ha un filo di trucco ed il viso è pallido, slavato, le labbra rosa tenue, il collo appare lungo e sottile, le orecchie piccole trattengono i capelli indietro, gli occhi verdi vispi ed indagatori denotano curiosità e intelligenza. “Questa femmina mi piace” penso. I caffè sono pagati, il gestore ormai mi conosce. Scappo a prendere il treno.
I ragazzi si sono scambiati i numeri di cellulare, almeno ora si salutano, credo.

Lidia ora, è sempre curata nel vestire, e tranne rare volte che ha fatto tardi ha anche un filo di trucco sul viso, prende il caffè con me quasi tutte le mattine. Facciamo due parole, sul tempo o sui titoli dei giornali. Lavora in un piccolo supermercato, fa quello che serve, cassa, gastronomia o banco frigo. Sono curioso, devo andare a fare spesa da lei.
Vorrei non fosse sposata, ma poi penso: "non ho più voglia di tornare ai rituali del fidanzamento alla mia età, e poi avrà almeno 10 anni meno di me!"
Marta, ora ha il permesso, dopo avere avvisato casa, di viaggiare in auto con me e Marco in caso di necessità, per fortuna capita di rado.

E’ quasi natale. Viaggiamo ancora insieme noi tre.
Marco utilizza il tempo del viaggio facendo schizzi sul suo quaderno da disegno. Li fa a matita; a volte sbircio ma non ci capisco molto. Sono particolari di visi, bocche un infinità di bocche oppure orecchie, o nasi di tutti i tipi, una miriade di nasi…. Non so, non capisco…
Non sono brutti, anzi a parere mio da perfetto incompetente li trovo inutili, mancanti di un insieme, di uno scopo. Mentre passavo un suo quaderno ho visto, stava sul rovescio della copertina, un nudo di ragazza senza volto, sono sicuro si trattasse di Marta come lui la immagina, o come la sogna, oppure, semplicemente non era lei. Comunque alla prima occasione gli ho fatto un bel discorso, come fossero figli miei, sull’amicizia, sull’amore e sul rispetto. Marco non credo abbia capito, lei invece sì; si è fatta seria ed attenta, ha annuito. Mi basta che anche uno solo dei due abbia capito, lei basta per entrambi.
Marta durante il viaggio studia, si vede che è interessata a tutto e non vuole essere altro che la prima in tutto. Suona la viola, studia musica da sempre.
Ci ha invitato per una esibizione a teatro domenica alle 18,00. Suona musica per un quartetto e ci manderà gli inviti con il programma. Vuole sapere quanti saremo per prenotarci i posti. Potrei dirlo a mia moglie, anzi ex moglie, ma non capirebbe. Potrei portare Nadia, ma è meglio di no; andrò solo. Anche Marco saranno solo in due, il padre non ha gradito l'invito; andremo insieme. Mi sarebbe piaciuto andare solo con Lidia, senza Marco. Ho letto negli occhi di Marta la delusione sebbene molto celata, teme che ci sarà poca gente. Vorrei portarle un pubblico immenso per lei, per la sua musica… non so come fare.
Ci saranno i genitori di Marta e la nonna, ce li farà conoscere.

Mentre andiamo al concerto di Marta, in auto siamo in tre, io guido, Lidia seduta vicino a me è splendida, dietro siede Marco. Mi piacerebbe se questa fosse la mia famiglia.
Ho mandato in lavanderia il mio vestito migliore per ravvivarlo ed ora fa la sua bella figura su di me. Marco è abbigliato come non ho mai nemmeno immaginato, un abito non proprio formale, ma ha la giacca con camicia chiara immacolata e inamidata.
Sua mamma ha le unghie appena laccate di rosso porpora guardandole mi frizza il sangue. Seduta in auto accanto a me ha le gambe leggermente reclinate offrendomi la visione delle ginocchia e dell’inizio coscia inguainate nelle calze poco coprenti lucide e scure, ai miei occhi sono decisamente maliziose. I capelli appena tinti hanno i riflessi del rame crudo e sono stati ondulati con maestria, le guance sono di un bel colorito roseo, le labbra color fragola, la pelle vellutata come una pesca sembra attendere di essere carezzata, gli occhi sono evidenziati e distanziati con leggere sfumature sicuramente valorizzati da una mano esperta. Indossa un abito lungo da sera, blu scuro con uno spacco laterale che arriva a mezza coscia. Il tessuto riflette la luce che lo colpisce mandando piccoli bagliori che colpiscono l’occhio attirando l’attenzione sul corpo che fascia. La cintura abbinata alta in vita con la fibbia in argento evidenzia la linea della vita assottigliandola, nel contempo l’altezza viene esaltata dalle scarpette leggere ed aperte facendola apparire ancora più slanciata. Il girocollo in acciaio lucido, semplice, impreziosisce la pelle candida del petto, gli orecchini con i pendenti attirano l'attenzione sul viso. La pochette abbinata alle scarpe completa l’abbigliamento rendendola se possibile più desiderabile di quanto già lo sia. Sicuramente la desidero, vorrei che anche lei mi desiderasse almeno la metà di quanto la voglio io.
Arriviamo puntuali. L’ingresso è enorme, non sono abituato a questi ambienti. Lidia ai miei occhi è meravigliosa e lo è per davvero. Marco ci segue due passi indietro. Sembriamo una famiglia vera, questa donna vorrei averla nel letto con me stasera. Facciamo senz’altro bella figura attraversando l’atrio e l’attenzione non la desto io. Lei consegna il corpetto al guardaroba, mando Marco a prendere i fiori da lanciare sul palco per Marta. Torna con tre rosse confezionate singolarmente. Sono contrariato con lui, ma non dico nulla. Vado io al banchetto, prendo un mazzo di fiori di campo; gli tolgo dalle mani le rose e gli do le margherite . <<Per te Lidia>> le dico porgendogli le rose; scorgo sul suo volto l'emozione, l’ho sorpresa con questo gesto dettato più dall’opportunità che dal mio volere. Entriamo, abbiamo i posti in seconda fila. Sento che si appoggia al mio braccio, un tocco dolce e casuale eppure per me significativo. La guardo in viso, mi sorride, come vorrei quella bocca; forse non sono stato abbastanza scaltro a nascondere il mio desiderio, ho sentito una contrazione impercettibile della sua mano sul mio avambraccio. Passo la mia mano libera sul dorso della sua, un gesto rassicurante protettivo, quasi famigliare.
Ci accomodiamo, Lidia fra me e Marco, mantiene le ginocchia orientate verso di me, un segno di accettazione, giudico, e ne sono orgoglioso; decido che proverò con tatto a bussare.
Marta é bella e sembra più minuta nel suo abito da concerto, vicina al suo strumento sembra una statuina di fine porcellana.
Inizia la musica non la capisco è classica, troppo distante dalla mia cultura, ma sto attento, applaudo quando lo fanno tutti. Suonano per tanto tempo, ma sono concentrato sulla femmina che mi sta accanto, sento il suo profumo, respiro l’aria che respira lei, sono preso dalle sue vibrazioni. O forse è solo tutto nella mia testa; non importa assaporo comunque i momenti che passo con questa donna che non è mia. Poi la musica tace ed è un tripudio di applausi, lunghi, lunghissimi, infiniti. Marco lancia le rose a Marta è andato sotto il palco; Siamo in piedi da un po' di minuti, nessuno vuole essere il primo a terminare l’applauso. Sento che Lidia si appoggia a me, lo fa con la schiena e il sedere, non è casuale lo sento sulla parte alta della coscia; è caldo, è il suo caldo; è morbido e sodo insieme. Sono eccitato. Entrambi continuiamo ad applaudire, non stacchiamo il contatto fisico; credo sia eccitata pure lei. L’ ovazione si spegne, ci troviamo nella calca delle persone che escono, Marco è rimasto sotto il palco a omaggiare Marta. Sono dietro Lidia, le metto le mani sui fianchi come per guidarla fuori dalla ressa, si gira e sorride più con gli occhi che con la bocca. Nell’atrio c’è più spazio, si respira meglio, ma preferivo quando eravamo costretti vicini. Riprende il corpetto dal guardaroba. Attendiamo Marta e speriamo torni Marco. Arrivano insieme sono amici, sembrano contenti. Metto in mano a Marco il mazzo di fiori di campo che immediatamente offre a Marta teatralmente, come fosse stata un’idea sua. Lidia si riappoggia con la spalla a me sorridendo ai ragazzi; ho il piacere di sentire il suo peso contro me. Marta ci presenta i genitori e la nonna, poi presenta Marco ai suoi. La nonna ci scambia per i genitori di Marco, Lidia non la contraddice e nemmeno io voglio farlo. Marta chiede il permesso ai suoi genitori e poi a noi per portare Marco a cena con loro, poi provvederanno a riportarlo. Lidia accetta. Li vediamo che escono insieme. Restiamo indietro. <<Ora troviamo un posto per cenare, oppure mangiamo a casa mia.>> dico. Lidia si ferma di colpo. <<Non ho fame >> risponde decisa. Camminiamo verso la macchina, é al mio fianco, con la mano rigira sul dito la vera che porta, é alta di oro giallo, l'avevo notata la prima volta che l'avevo osservata. Appoggia la testa sulla mia spalla, sussurra piano in modo che solo io la senta: "porto la fede nuziale al dito. Per stasera sei mio marito e facciamo quello che fanno gli sposi fino a che ti stufi e mi riporti a casa".
Ordino del cibo a domicilio, consegna fra un’ora al mio indirizzo; credo che prima o dopo ci verrà molta fame, la porto da me.
 

Shamoan

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WOOOOOOOOOW, che storia stupenda!!!!
Scritta non solo benissimo, ma ti giuro, mi è sembrato di essere li a vedere quello che ti accadeva per quanto è ben articolata e narrata....
Ti prego, continua perchè voglio assolutamente sapere come si evolve la serata!
Che spettacolo, se chiudo gli occhi pensando alla descrizione che hai fatto di Lidia, mi sembra di vederla!
 
OP
Ce-ci

Ce-ci

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Ciao.
Non nego che fa piacere che in tanti leggete le cose che scrivo. Sono sorpreso dall'attenzione che alcuni prestano ai particolari e delle curiosità che suscito. Provo a fornire qualche elemento per meglio esprimere i sentimenti che mi hanno guidato nella stesura e farmi comprendere nei punti che non ho esplicitato.
Nel racconto "Le confessioni di una mogliettina" Francesca mi confidava il suo passato mentre eravamo ad andamento "lento e controllato" cioè eravamo in dolce attesa e ci era stato prescritto di avere riguardo; le situazioni si riferiscono ad avvenimenti accaduti prima che ci mettessimo insieme o comunque prima del nostro matrimonio. In realtà ci sarebbe un ulteriore episodio che ho scritto solo in bozza e che riguarda una festa di addio al nubilato avvenuto mentre già eravamo insieme, ma non sposati; questo non so se mai verrà completato e se mai lo riterro meritevole di condividerlo. La vicenda "La moglie per una sera" é molto dopo, diciamo a circa 6 anni di distanza; l'accenno alla ex moglie é collegabile senz'altro a Francesca: in realtà siamo separati e non divorziati per cui giuridicamente è ancora mia moglie. Quella da cui mi sono veramente divorziato è da sua mamma, la mia ex suocera (non ci siamo mai potuti sopportare perché ritiene che le ho rovinato, o come dice lei "introiato", la figlia anche se io le dico facendola ulteriormente arrabbiare che 《 la mela non cade mai lontano dalla pianta》). Con Francesca, che ha ottenuto il trasferimento e è tornata a vivere nella sua città natale, i rapporti sono più che buoni tanto che abbiamo le proprietà indivise e cointestate, le firme incrociate sui rispettivi conti, facciamo le vacanze insieme, grande parte delle ore delle domeniche le trascorriamo tutti uniti come una famiglia normale.
Per me il racconto con Lidia potrebbe anche essere completo così, mi pare di intuire che é però desiderio di molti che lo completi con la descrizione del resto della serata; forse lo farò anche se una parte dei lettori rimarrà delusa perché devo ammettere che non ho avuto il fisico né la resistenza per emulare le prestazioni di Siffredi.
Per collocare nel tempo " La moglie per una sera" dirò che Lidia l'ho vista in stazione la prima volta nei primi giorni di settembre 2017 ed il concerto è stato nelle feste del Natale seguente.
Se lo desiderate scrivetemi. Ciao.
 

Shamoan

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Non nego che fa piacere che in tanti leggete le cose che scrivo. Sono sorpreso dall'attenzione che alcuni prestano ai particolari e delle curiosità che suscito. Provo a fornire qualche elemento per meglio esprimere i sentimenti che mi hanno guidato nella stesura e farmi comprendere nei punti che non ho esplicitato.
Nel racconto "Le confessioni di una mogliettina" Francesca mi confidava il suo passato mentre eravamo ad andamento "lento e controllato" cioè eravamo in dolce attesa e ci era stato prescritto di avere riguardo; le situazioni si riferiscono ad avvenimenti accaduti prima che ci mettessimo insieme o comunque prima del nostro matrimonio. In realtà ci sarebbe un ulteriore episodio che ho scritto solo in bozza e che riguarda una festa di addio al nubilato avvenuto mentre già eravamo insieme, ma non sposati; questo non so se mai verrà completato e se mai lo riterro meritevole di condividerlo. La vicenda "La moglie per una sera" é molto dopo, diciamo a circa 6 anni di distanza; l'accenno alla ex moglie é collegabile senz'altro a Francesca: in realtà siamo separati e non divorziati per cui giuridicamente è ancora mia moglie. Quella da cui mi sono veramente divorziato è da sua mamma, la mia ex suocera (non ci siamo mai potuti sopportare perché ritiene che le ho rovinato, o come dice lei "introiato", la figlia anche se io le dico facendola ulteriormente arrabbiare che 《 la mela non cade mai lontano dalla pianta》). Con Francesca, che ha ottenuto il trasferimento e è tornata a vivere nella sua città natale, i rapporti sono più che buoni tanto che abbiamo le proprietà indivise e cointestate, le firme incrociate sui rispettivi conti, facciamo le vacanze insieme, grande parte delle ore delle domeniche le trascorriamo tutti uniti come una famiglia normale.
Per me il racconto con Lidia potrebbe anche essere completo così, mi pare di intuire che é però desiderio di molti che lo completi con la descrizione del resto della serata; forse lo farò anche se una parte dei lettori rimarrà delusa perché devo ammettere che non ho avuto il fisico né la resistenza per emulare le prestazioni di Siffredi.
Per collocare nel tempo " La moglie per una sera" dirò che Lidia l'ho vista in stazione la prima volta nei primi giorni di settembre 2017 ed il concerto è stato nelle feste del Natale seguente.
Se lo desiderate scrivetemi. Ciao.
Ti dirò, sinceramente non spetta a me giudicare le tue prestazioni da Rocco Siffredi, anzi per quel che mi riguarda potrebbe anche darsi che andati a casa tua abbiate solo visto un film e vi siate coccolati come una normalissima coppia sposata. La mia curiosità di scoprire cosa sia successo a casa è data più dal modo in cui scrivi, che è così descrittivo e coinvolgente che ci si aspetta sempre un seguito fino a che non sei tu a mettere la parola "fine" ai tuoi racconti.
Purtroppo le suocere come le mogli, possono essere la salvezza o la rovina di un uomo. Mi dispiace che il tuo matrimonio sia stato condizionato da una suocera evidentemente legata più alla tua condizione economica che a te come persona.
Per il resto, attendo con pazienza il prosieguo del racconto e se poi un giorno deciderai di scrivere anche l'altro racconto dell'addio al nubilato, non posso che esserne felice sempre perchè adoro essere coinvolto nei racconti come lo fai tu.
 

nironir

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bella storia, ho molto apprezzato l'impegno e la grazia con cui l'hai scritto. Sopratutto ho apprezzato l'erotismo in vece di una meno sott'intesa pornografia, sualla quale nulla questio pr amor del cielo! Però è bello trovare erotismo su un sito porno
 
F

frankie88

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Gran bel racconto....descrizione fatte bene,tanto da immaginare...anzi di più....di essere li, al posto tuo. Non ha molta importanza la "prestazione" in se stessa,quanto l'atmosfera che si era venuta a creare tra voi due. Bello sarebbe leggere il seguito; anche della ragazza slava.....(y)
 
OP
Ce-ci

Ce-ci

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Dovete avere pazienza, sono uno che scrive a tempo perso, racconterò il resto della serata....
Per la vicenda della ragazza slava, Nadia, dovete aspettare; ora mi é venuta più voglia di scrivere la 3 e ultima parte delle "confessioni di una mogliettina" .
Poi metterò il racconto tutto di seguito. Intanto per chi non l'ha letto basta cercarlo nelle discussioni vecchie delle storie vissute.
A presto!
 
OP
Ce-ci

Ce-ci

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La moglie di una sera. (il seguito)

Ora ho fretta di arrivare, il traffico è scorrevole, pregusto la gioia di trovarmi solo con Lidia. Sento che il tempo è poco ne vorrei di più da passare con lei. La serata e fredda, la nebbiolina tipica della pianura padana avvolge e sfuma le luci della strada e delle altre automobili, ci isola dal resto del mondo. Fermo al semaforo la guardo, l’espressione é calma e seria, il viso appare delicato con le labbra rosee, spiccano i grandi occhi verdi. La pelle delle braccia è sottile, sotto si intravedono muscoli e tendini, spiccano minuscoli nei. Si è accoccolata sul sedile, ha tolto le scarpe, sono nuove e non si sono ancora adattate al piede. Parliamo di Marco e Marta, possiedono il mondo e hanno la vita aperta davanti, siamo orgogliosi della felicità che esprimevano stasera.
Aziono il telecomando ed entriamo in garage, la porta si chiude alle nostre spalle ora siamo veramente soli. Scendiamo dall'auto. Accendo la luce della scala interna, è al mio fianco con le scarpe e la pochette insieme nella mano sinistra, appare intimidita. Le prendo fra i miei palmi la sua mano libera, dolcemente le faccio strada salendo le scale. Giunti in cima pigio gli interruttori illuminando tutte le stanze.
<< Esploro la casa. >> mi dice posando le scarpe a terra e appoggiando la pochette sul mobiletto. Guarda le foto che sono sul mobile e appese al muro, di alcune sfiora la cornice con la punta delle dita.
<<Fai con calma, non ti perdi di certo… io accendo il fuoco nel caminetto>>. Velocemente metto gli asciugamani puliti nel bagno e alzo di un paio i gradi il termostato anche se gia così la casa è calda e mi pare accogliente; inserisco la presa e l’albero di natale; inizia a lampeggiare di mille barlumi multicolori. Cammina scalza e leggera, la sento che apre tutte le porte delle stanze, entra nella camera dei bambini, la lascio fare. In cucina preparo un piattino con quello che ho in casa, qualche salatino e olive in salamoia; apro la bottiglia di vino che è sul fondo del frigo, un “Greco di Tufo”. Lo verso in un grande calice di vetro sottile, berremo insieme da qui.
Sento che mi dice: <<Uso il bagno>>.
<< Fai come fosse casa tua. Preparo qualcosa. >> le rispondo mentre tolgo la tovaglietta dal cassetto. Porto i piattini ed il calice in salotto, li appoggio sul tavolino basso vicino al caminetto.
Passando guardo nella porta del bagno, non è chiusa. Lidia è davanti allo specchio del lavabo, si esamina il viso e i capelli, ha tolto gli orecchini, intuisce la mia presenza si gira e mi sorride; un sorriso tirato e timido un espressione da cui traspare tutta la sua ansia. La rassicuro. << Va tutto bene. Rilassati e stai sicura, facciamo solo quello che desideri>>. Suonano alla porta. <<Mettiti comoda>>Le dico allontanandomi per andare ad aprire.
Mentre parlo con il ragazzo che consegna il cibo, la sento che mi parla, ma non riesco a capire cosa dice, cerco il denaro per pagare, poi, siamo nuovamente soli.
<<La camicia. Va Bene??>>
<<Non so bene cosa significhi, ma va sicuramente bene! Sei libera di fare quello che vuoi in questa casa.>> rispondo.
In cucina metto la nostra cena in un vassoio, lo porto sul tavolino vicino ai salatini. Al posto dei piatti singoli e posate, useremo gli stuzzicadenti e le mani.
<<E’ pronto! >>annuncio. Visto che non appare, vado a cercarla. La incontro fuori dalla camera da letto. Si è infilata una mia camicia. Era, pulita, ripiegata e appoggiata a lato dell'armadio pronta per essere messa il prossimo giorno lavorativo. Il suo vestito è steso sul bordo del letto sopra il piumone; sulla sedia vedo i collant neri e il reggiseno sulla spalliera.
<<Sei meravigliosa>> le dico; la abbraccio stringendola dolcemente avvolgendola con le mie braccia. Sento che lei risponde all’abbraccio cingendomi e passandomi le mani sulla schiena; vorrei baciarla ma ha il viso stretto alla mia spalla, alla prima opportunità devo farlo, mi dico. La camicia da lavoro è felpata a quadrettoni tipo le stoffe dei clan scozzesi. A me va bene, ma è grandissima per lei. Ha risvoltato più volte i polsini dalle maniche fino ai gomiti, ma ancora non basta. La trovo incantevole nel mio indumento, glielo dico.
<<Ora ho fame.>> mi dice per schernirsi. La porto nel salotto. Ci sediamo sul tappeto con la schiena appoggiata al divano; davanti a noi il caminetto sprigiona un bel calore, il ceppo arde e le fiamme guizzano pigre.
Il tavolino è al mio fianco, le passo le olive e poi tutto quello che mi chiede. È sorpresa dal dover bere il vino dallo stesso enorme calice, lo fa con piacere anche se ne manda giù solo un sorso. Mangiamo quello che ci hanno portato, il piatto del giorno. Sono polpettine grandi circa come una noce di manzo e patate aromatizzate con semi di finocchio; sono davvero gustose e particolari nel sapore, le appreziamo tanto da svuotare rapidamente il vassoio. Devo alzarmi per prenderle dell’acqua naturale, ne approfitto per portare anche dei dolcetti che ho in casa, sono biscotti natalizi alle spezie ricoperti di cioccolato; una specialità scandinava, mi hanno detto. Sono gradevoli, leggeri; hanno l'aroma della cannella e il dolceamaro del cacao forte.
Mangiando la tensione si è sciolta, ho potuto godermela con gli occhi. I piedi, appoggiati al gradino del caminetto per riscaldarli sono graziosi, ben formati, hanno dita piccolissime e le unghie smaltate dello stesso colore delle mani. La camicia lascia scoperte le gambe, sono bianchissime, evidentemente non è stata al sole da molto tempo, le caviglie hanno le ossa in risalto; le ginocchia leggermente gemelle fanno bella mostra di sé; le cosce hanno la struttura tipica della maturità femminile, la pelle perlacea appare vellutata devo fare uno sforzo insostenibile per non accarezzarle. Mentre le passo i biscotti ho notato che con il movimento del braccio, dall’ampiezza della camicia si intravede un seno nudo; ho cercato di resistere e non puntare lì lo sguardo, ma la libidine ha vinto.
Si è accorta, ha stretto gli occhi e ha abbozzato un mezzo sorriso. Guidato dall’istinto ho avvicinato il viso per baciarla, mi è venuta incontro con la bocca; l’ho baciata, all'inizio timidamente, poi, rassicurato dalla sua risposta, con tutta la passione che sento per lei e che voglio dimostrarle.
<<Credevo dovessi farlo io>> mi ha detto prendendomi in giro quando ci siamo staccati.
Dato che i miei occhi non si staccano dalla pelle candida che fa capolino della camicia, ha infilato con fare sornione e malizioso la mano fra i bottoni e partendo dall’alto man mano con studiata lentezza ha iniziato a slacciati. Ne é sbucato Il seno piccolo e niveo. É sormontato da grandi aureole di un delicato rosa pallido per sfumare verso i capezzoli in una tonalità più intensa; questi, color nocciola, forse per lo sfregamento con la stoffa ruvida sono eretti e raffrontati con i seni appaiono enormi. <<Sei Bellissima>> sono riuscito a dirle. Non ho potuto fare a meno di appoggiarci la bocca, baciarli e poi avidamente a succhiarli. Mi ha preso la testa fra le mani e, nonostante mi opponessi, mi ha staccato. <<Sei divertente.>> aggiungendo: << non lasciarmi segni>>
Le ho passato il calice con il vino, questa volta ha bevuto, anche io ho bevuto cercando sul bordo il segno delle sue labbra per sovrapporre le mie. Accortasi, ha commentato: << sei piacevole con le tue attenzioni>>
La camicia troppo abbondante per il sua corpo penzola dalle spalle e se prima chiusa faticava a coprirla, ora sbottonata la lascia abbondantemente esposta al mio sguardo. Le mutandine sono bianche con l'elastico alto in vita, coprono metà del pancino mentre sui fianchi sono sgambatissime; sono appoggiate sulle ossa delle anche sporgenti; la stoffa leggera é impreziosita con merletti in rilievo soffici ed elaborati con l'eleganza frivola tipica degli indumenti intimi femminili. Non posso esentarmi dal fissare la sporgenza del monte di venere e più giù il rigonfiamento. Una collinetta paffuta, divisa verticalmente da uno spacco invitante che la divide in due metà. La compattezza della trama impedisce di vedere, tuttavia nulla può celare il caldo tesoro e la promessa di lussuria che c'è lì sotto. Se né accorta del mio sguardo avido, intuisco che le fa piacere sentirsi desiderata.
Si alza, mi tende la mano aiutandomi a fare altrettanto. Le dico: <<Ti voglio, sei adorabile.>>
In un bisbiglio corregge: << Ci vogliamo>>
Mano nella mano andiamo in camera, spengo l’interruttore lasciando la porta spalancata in modo che la luce arrivi indiretta, provenendo riflessa dalle altre stanze; sposta il piumone e il vestito che aveva appoggiato sul letto, si siede sul bordo, con un gesto della mano mi invita a fare altrettanto. Mentre ci baciamo, le tolgo le mutandine, mi aiuta a spogliarmi; senza che le bocche si separino ci sdraiamo sulla schiena, ora è vestita solo del girocollo. Con la mano cerco il seno lo accarezzo, stringo i capezzoli fra le dita. Poi scendo sulla pancia e poi più giù . Al tatto i peli sono corti, fini e radi. La mano ingorda cerca l’intimità più segreta. Voglio goderla anche con gli occhi, mi stacco dalla sua bocca per guardarla e gustarmela; immediatamente noto una spessa riga bianca nel basso ventre appena sopra l’inizio pei peli del pube, è orizzontale attraversa la pancia da un’anca all’altra. La sfioro delicato con la punta delle dita.
<<Ti fa male?>> <<No, è la cicatrice del cesareo, il tatuaggio che mi ha regalo Marco>>la voce si incrina << non potrò mai regalargli un fratello>>. Sono stato improvvido, non volevo ricordarle nulla di triste, ma lei è forte, sento le sue mani fra i peli del mio petto. Mi tira a se. Il naso capta la calda fragranza del corpo femminile, istintivamente mi lascio sfuggire un gemito. La mano autonoma scorre sulla curva della schiena scendendo fino ad assaporare il calore fra la piega del corpo. Le natiche sono tonde riempiono e sbordano dalle mani ingorde, al tocco dei polpastrelli la pelle é vellutata, morbida. Le cosce si dischiudono con un dolce movimento, le dita esplorano il soffice nido che è celato dove le gambe si incontrano. Ha le guance in fiamme e le labbra tremanti scossa da una intensa emozione; sembra una ragazzina impreparata alle carezze intime.
<<Non essere rude con me, non farmi male>> << Non potrei mai farti del male>> rispondo.
È Lidia a tirarmi verso di sé, e poi sopra, prendendomi per le spalle. Scosta le ginocchia che si aprono facendomi posto. Spingo lentamente, la sento cedere, accogliermi generosa, calda per poi rilassarsi all’effetto e all’insistenza naturale del gesto, ogni tensione scompare dal corpo di lei; un leggero mugolio prende ad uscire dal fondo della gola. Ci muoviamo all’unisono, in un ritmo naturale, fremente, passionale, incalzante, a momenti scomposto eppure appagante, antico e spontaneo come l'uomo. Il mio corpo è scosso da un tremito convulso, lei emette un grido sommesso. Ci fermiamo esausti, distesi l’uno accanto all’altra. Ci rintaniamo sotto il piumino con il sudore che si raffredda sui nostri corpi. Il respiro piano piano torna regolare. Si accoccola contro il mio corpo, la sua gamba accavallata alla mia, il suo sesso umido e caldo premuto appena sopra il mio ginocchio, il braccio sopra il mio petto, il seno lo sento morbido premere sul fianco, la testa é adagiata sull'incavo della mia spalla, i suoi capelli spettinati mi solleticano il viso. Ci appisoliamo.

Il suono del messaggio in arrivo al cellulare di Lidia ci sorprende. Stanno partendo, ci alziamo in fretta non c’è più tempo per nulla. La guardo che si infila le mutandine, recupera reggiseno e collant, si infila l’abito blu ridendo mi dice <<Quello che è rimasto lo porto via con me>> Non capisco cosa intende. In un attimo ha ripreso la sua età e il ruolo di mamma. Desidero questa femmina, con rammarico penso che non può essere solo mia.
Recupera gli orecchini, mette le scarpe e prende la pochette dal mobile d'ingresso, veloci usciamo.
Mentre attendiamo che passi Marco per poterci accodare e arrivare a casa assieme, ci baciamo in auto incoscientemente, sfidando il pericolo di essere riconosciuti.
La notte è fredda, la nebbia cade a terra in goccioline fini, inumidendo tutto. Li vediamo, seguiamo la loro auto. Davanti a casa, Marco scende anche Marta scende, gli prende entrambe le mani lo tira vicino, si alza in punta di piedi gli si appoggia e gli regala un bacio casto, ma sulla bocca. Leggo il labiale di Marta, lo ripeto ad alta voce a beneficio di Lidia: <<Grazie per questa magnifica serata!!>>
Lidia apre la portiera, scende, chiama Marco; si abbassa per dirmi un’ultima cosa. Ha il viso della leonessa a cui stanno sottraendo il cucciolo. La frase é rivolta a me, ma prende in giro Marta imitandone la voce, mimando il suo modo di fare; con un vezzo da smorfiosa, le fa il verso: << Grazie per questa magnifica serata!!>> Ride di gusto. Salgono le scale insieme, li vedo sorridenti. Passa un braccio sulle spalle del figlio. Mentre lui le apre il portone, l’altro braccio lo porta dietro la schiena per non fargli vedere la mano, ha il palmo chiaro e la fede nuziale gialla al dito, mi saluta con il gesto. Scompare nel portone. Ora capisco cosa voleva dirmi prima. Ha portato a casa sua, in se, un po del mio seme.

E' passato un anno; faccio ancora su e giù dalla città. Rarissimamente vengono a sedersi insieme accanto a me, viaggiano separati, con i loro coetanei; noi lavoratori pendolari amiamo la quiete, dormicchiamo nel penultimo vagone. Li trasporto in caso di bisogno e, quando capita, sono felice di averli con me. Marta viene a sedersi vicino se deve ripassare la lezione in tranquillità. Li ho osservati, si salutano freddi e secchi se sono in compagnia di altre persone, credo siano gelosi ed esclusivi della loro amicizia; le mie fonti sicure riferiscono che chattano fra loro tutte le sere e spesso fino oltre mezzanotte. L’ estate scorsa sono andati insieme, sorvegliati a distanza in giro in Italia per vacanza. La stessa fonte afferma che in camera di Marco c’è un disegno incorniciato realizzato a carboncino (un altro, praticamente uguale, l’ha Marta): nella parte inferiore c'è una libellula che suona il violino cavalcando un geco guidandolo con le redini, sopra, da dietro un pentagramma un gatto -una Lince, afferma Marta- li guarda e con la zampa fa cadere le note dallo spartito.
Sentendola ripetutamente, comincio ad apprezzare la musica classica, con Marco e sua madre andiamo a tutti i concerti di Marta, non ne abbiamo mai saltato uno.

Alcune mattine, una macchina parcheggia al posto riservato ai taxi, ne scende una signora, prendiamo il primo caffè insieme, parlando del tempo e dei titoli dei giornali, poi, contento prendo il treno delle 6 e 12. Da parte mia, due volte la settimana faccio la spesa in un supermercato, mi faccio servire dalla mia commessa preferita, ogni volta gioca con la fede nuziale, la fa girare sul dito, la sfila fino alla nocca per poi rispingerla fino in fondo; mentre lo fa mi sorride e in fondo agli occhi verdi mi pare di scorgere lampi di smeraldo color desiderio.

P.S. : Se vi capita di uscire per una passeggiata a Milano in corso Como, o in galleria, oppure a Roma sul ponte Milvio, a Pisa in piazza dei Miracoli , o in giro in posti simili, potreste incontrare una coppia di artisti. Li riconoscete: lei è una carina, magra con i capelli lunghi tirati su, lui è un biondino robusto e impacciato, indossano i jeans che usano adesso, strappati con le ginocchia che escono fuori, hanno la faccia da seconda liceo; lei manderà lui a chiedervi se volete farvi fare un ritratto a carboncino; se accettate, mentre posate, potrete ascoltare lei che suona una melodia al violino. La custodia dello strumento é aperta vicino a loro. Raccolgono soldi per andare in Giappone l'estate prossima; un viaggio di studio, dicono, per impararare la tecnica per produrre cortometraggi di cartoni animati e per i concerti della filarmonica; personalmente sono convinto ci sia anche altro. Hanno già trovato chi finanzia il viaggio: è una coppia di amanti che però vogliono mantenere nel modo piu assoluto l'anonimato. Voi non fatevi troppo pregare, date con generosità quello che potete in modo che possano soggiornare lì almeno un paio di mesi
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