Il graduale dileguarsi dell'inverno e la comparsa delle prime tiepide giornate di sole ricaricarono Diana di motivazioni ed entusiasmo. L'orizzonte sempre più vicino di una vacanza in cui avrebbe conosciuto la regione che desiderava visitare da sempre colorò il suo umore di euforia ed accese fervidamente la sua proficua macchina organizzativa con un impegno lodevole ed una dedizione contagiosa.
Le nostre telefonate serali si incentrarono sugli esiti delle rispettive ricerche delle spiagge più suggestive, delle escursioni irrinunciabili, dei migliori agriturismi che offrivano cucina tipica. Anche i nostri week-end primaverili stimolarono un'attenta ed efficiente programmazione di itinerari naturalistici o di calette da non perdere.
Sull'onda della verve e della sua ritrovata energia, sentii che era giunto il momento di introdurre e presentarle i miei nuovi acquisti. Come di consueto, l'assoluta incertezza per la sua reazione mi preparò timorosamente al peggio: stavolta non avrei potuto davvero contraddirla né difendermi se mi avesse accusato di aver esagerato. Decisi allora di optare per una parziale verità, che potesse ammortizzare il colpo e di conseguenza ammorbidire l'effetto: le raccontai al telefono di essermi imbattuto per pura fatalità in un allettante e particolare negozio (realmente esistente all'epoca), mentre raggiungevo a piedi una sede aziendale per un appuntamento di lavoro e di non aver potuto resistere alla tentazione di pensare a lei.
Diana tentò invano di indovinare quale genere di articolo mi avesse così tanto impressionato nel mese di Aprile, senza ottenere indizi illuminanti da parte mia. Quasi per ripicca si arrese con forzata indifferenza, scegliendo di non sbilanciarsi in insulti o in entusiasmi. Ma qualche ora dopo, l'arrivo di un SMS mi ridestò dai primi segnali di sonno: "Vuoi vedere che è un costume!? Mi sembra troppo presto per i bikini, ma non mi viene in mente altro". Coraggiosamente risposi che definirli costumi o bikini sarebbe stato davvero spropositato, ma l'aspetto positivo da non sottovalutare è che l'evidente carenza di materia prima avrebbe permesso loro di asciugarsi alla velocità della luce, dopo un bagno. In attesa di una furiosa replica al vetriolo, rimasi invece piacevolmente spiazzato nel leggere: "Meglio così, non riesco proprio a sopportare i costumi bagnati, mi hai risolto un bel disagio."
Un inaspettato, reale gradimento o solo una camuffata non belligeranza condizionata dal sonno, alla vigilia della guerra? Il Sabato seguente Diana venne a trovarmi e mi chiese di mostrarle i costumi: "Mi devo togliere la curiosità di vederli". Chiusi a chiave la porta della mia cameretta e la accontentai quasi terrorizzato. "Questo verde e rosa è stupendo, mentre quest'altro nero è proprio piccolino, bellissimo anche il maculato, per non parlare del mimetico, scommetto che ti ha evocato qualcosa, dimmi la verità. Pensavo fossero molto peggio, li immaginavo estremi, ancora più ridotti. Dai, tutto sommato li potrei anche mettere su qualche spiaggia tranquilla. Certo, dietro è come se non ci fossero, ma davanti qualcosina coprono. Male che vada, li useremo per i giochini domestici quando avremo una casa tutta nostra..." Mi baciò con slancio ringraziandomi, prima di nascondere i bikini nella sua borsa.
La Primavera su subito strozzata dall'arrivo di nuove perturbazioni e da giornate instabili che ci costrinsero a ripiombare nel grigiore e nel freddo per alcune settimane. Miracolosamente il buon umore di Diana non si interruppe, i preparativi e le esplorazioni online proseguirono con tenacia e costanza. Alla fine di Maggio cominciò sempre più insistentemente a manifestare la sua intenzione di abbronzare almeno un pochino la sua pelle prima di partire per la Sardegna. "Durante l'inverno abbiamo speso troppo tempo a lavarci ed ecco i risultati: la tintarella è completamente sparita e siamo bianchi come due mozzarelle, dobbiamo provvedere".
Il primo week-end di Giugno si preannunciava climaticamente interessante secondo i meteorologi, che azzardarono a definirlo "un prologo d'Estate". La notizia venne accolta con esultanza da Diana che programmò di visitare una spiaggia individuata tramite Internet durante l'inverno, che richiedeva una lunga passeggiata tra orti e sentieri sterrati, per essere raggiunta: "Approfittiamone adesso che il caldo non è eccessivo, in teoria non dovremmo stancarci né tribolare per il sole".
Un eccesso di pigrizia non ci consentì di partire troppo presto da casa, come avevamo prefissato. Giungemmo al semivuoto parcheggio su strada già quasi a mezzogiorno, ma per fortuna una fresca brezza ci permise di raggiungere senza patemi e sfiancamenti la spiaggia in circa 40 minuti di cauto cammino. Un nutrito schieramento di scogli piatti divideva l'arenile in due cale ben definite: quella di destra, su sui sfociava il sentiero sterrato, era occupata da poche persone, ben distanziate, piccioncini giovani o di mezza età in massima parte, oltre ad un anziano pescatore e a una comitiva mista di over 40, apparentemente composta da coppie sposate ma senza figli al seguito. Diana scrutò insieme a me le presenze, poi con una certa nonchalance si direzionò verso uno dei numerosi spazi vuoti vicini alla scogliera, lontana da tutti. Quasi in simultanea superammo visivamente la barriera a cui ci stavamo avvicinando, notando il secondo tratto di spiaggia oltre le rocce, una vastissima distesa di sabbia quasi del tutto deserta, sulla quale emergevano due ragazzi che giocavano energicamente a racchettoni sul bagnasciuga, oltre a sparuti ombrelloni pressoché invisibili all'interno di una spiaggia così estesa. Il cambio di direzione di Diana fu drastico e repentino: "Andiamo laggiù, staremo ancora più tranquilli" Le ragioni della sua scelta mi lasciarono perplesso: dalle sue parole avevo interpretato che volesse isolarsi maggiormente, per non rischiare di essere disturbata in alcun modo. Ma gli sguardi rivolti ai due giovanotti mentre rallentava il passo in loro prossimità mi fecero ben sperare: i due ragazzi parevano somigliarsi parecchio tra di loro: corpi abbastanza asciutti, costumi molto simili, bianchi e neri lunghi fino alle ginocchia, cappellino con visiera all'indietro, occhiali da sole e barba curata, scura, ottimi riflessi, perfette scelte di tempo, uniti ad un temperamento ammirevole che compensavano una tecnica di gioco non certo eccelsa. Diana deviò leggermente la direzione dei suoi passi per cercare di avvicinarsi a loro, rischiando immediatamente di essere colpita dalla pallina impazzita, scoccata per errore a distanza siderale da uno dei due. La raccolse e li raggiunse, consegnandola.
"Scusami, ti ho preso in pieno, vero?"
"No no, ma ci sei andato vicino. Colpa mia, non mantenevo le distanze" rispose lei sorridendo. Poi riprese: "Adoravo anch'io questo gioco, ma ho rischiato di commettere omicidi o stragi con queste palline ed ho deciso di smetterla prima di uccidere qualcuno, ma devo ammettere che spesso mi torna il desiderio di giocare a racchettoni"
"Qui non ammazzeresti nessuno, la spiaggia è quasi deserta: se vuoi, una partita ve la concediamo, dovete solo pazientare che terminiamo il nostro match"
Diana mi guardò un istante, incrociando il mio sguardo d'intesa: "Perché no!? Accetto volentieri, voi continuate con calma, nel frattempo ci sistemiamo, magari non troppo vicino, vi vedo abbastanza pericolosi.."
Arretrammo di qualche metro, frontalmente all'approssimato rettangolo di gioco, ben distanti dalla traiettoria dei lanci abituali, piazzandoci ad una minima distanza dai loro asciugamani, ai quali Diana affiancò i nostri con cura e precisione. Mentre piantavo l'ombrellone mi fissò sussurrandomi: "Carini, non c'è che dire: iniziamo proprio al meglio".
Si liberò della maglietta, esibendo uno dei miei regali dell'anno precedente che non aveva avuto il tempo di indossare: il reggiseno blu a tinta unita, legato troppo morbidamente: il suo capezzolo destro sbucò all'istante, approfittando dello scarsissimo contenimento del triangolino. Diana se ne avvide ma non accennò a ricomporsi. Spalle ai ragazzi sfilò i suoi pantaloncini di jeans, mostrando il perizoma blu molto generoso. I giovanotti non si accorsero dello strip-tease, completamente immersi nei loro vigorosi passaggi.
"Vado a sentire l'acqua". Si avviò verso la battigia, posizionandosi a riva, equidistante dai due giocatori: "Ma insomma, chi sta vincendo dei due?" chiese ad alta voce, mentre una delle sue tettone straripava sempre di più dal cedevole reggiseno, con areola e capezzolo completamente in mostra. Senza guardarla, risposero che erano quasi alla pari e che stavano giocando da ormai un'ora. "Allora, visto che la partita è così equilibrata, penso che avrò tutto il tempo per fare un bagno, sempre che l'acqua non sia troppo fredda". Si voltò di spalle, esibendo il suo minuscolo perizoma, poi si piegò in avanti per raccogliere un po' d'acqua tra le mani, spargendola su spalle e petto. Una brevissima pausa permise ai giovani di notarla in tutta la sua sensualità, con il suo culo spudorato a completa disposizione dei loro occhi. Si girò di nuovo, la sua tettona destra continuava a fuoriuscire quasi completamente dal triangolino del reggiseno. Uno dei ragazzi, fissando le sue tette, esclamò con brio: "Non deconcentrarci troppo, mi raccomando, dobbiamo finire la partita in maniera regolare, senza distrazioni..." Diana finalmente finse di accorgersi dell'evidente sconfinamento del suo seno e si coprì in fretta: "Scusatemi, ma queste due sono ribelli ed indisciplinate da sempre, ormai mi sono arresa e rassegnata, tant'è vero che le tengo libere quando posso, prima che si liberino da sole come appena accaduto".
I ragazzi risero di gusto e ripresero la loro partita, senza rinunciare ad un reciproco e divertito sguardo di approvazione. Diana entrò in acqua per un breve bagnetto, prima di tornare all'asciugamano. Gli occhi dei due amici puntarono con decisione il suo sedere durante il suo percorso di ritorno. Si fermò in piedi per asciugarsi davanti al nostro ombrellone, poi si girò, ridusse e radunò entrambi i triangolini del reggiseno, li strizzò con vigore, consentendo alle sue tette di mostrarsi nuovamente, a turno, prima di ricoprirle con indifferenza. Si sdraiò a pancia sotto sull'asciugamano, snodando entrambi i lacci del reggiseno, che ripose sul bordo alto del telo. Completata l'asciugatura posteriore, mi chiese di spalmarle la crema. I ragazzi giocavano ancora con foga ed irruenza. Iniziai da spalle e braccia, prima di concentrarmi al millimetro sulla schiena, senza tralasciare i fianchi e lateralmente i seni. Proseguii con i polpacci per poi immergermi nel suo sedere che cosparsi abbondantemente e con passione. Le sue gambe si aprirono, subito ne approfittai per massaggiare il suo interno coscia fino a sfiorare la sua fica, sempre più ostinatamente. Diana si sollevò quel tanto che bastava a
permettermi di intrufolarmi con la mano tra perizoma e passerina. Nonostante il bagno, la sua fica era rovente, spalancata, vogliosa. Emise qualche flebile gemito, attenta a non farsi sentire, prima di interrompermi bruscamente, "Amore, non siamo soli, ho tanta voglia ma non mi va di fare la pornostar, smettila per favore, fai il bravo"
Non avrei mai voluto ubbidire e continuai ancora per qualche secondo, senza subire ulteriori divieti, ma fui costretto a fermarmi quando constatai che la partita dei ragazzi era finalmente terminata. Poggiarono le loro racchette sulla sabbia con sopra i cappellini e gli occhiali da sole e si tuffarono in acqua per una opportuna rinfrescata. Poi di corsa uscirono e ci raggiunsero, sedendosi sui loro asciugamani: "Se volete, le racchette sono tutte vostre, divertitevi." I loro occhi miravano senza alcuna difficoltà il lato B di Diana, placidamente disteso a pochi centimetri. "Adesso no, vi ringrazio, semmai più tardi: mi sono appena rilassata dopo una camminata chilometrica e comincio anche ad avere fame". Guardò furtivamente i corpi dei ragazzi e poi i loro occhi, soffermandosi in particolare sulla colorazione azzurra che indubbiamente impreziosiva uno dei due, in assenza degli occhiali da sole. Fingendo i primi segnali di insofferenza al caldo, si alzò sui gomiti, offrendo una visuale imperdibile dei suoi seni penzolanti, frenati soltanto dallo sfioramento dei capezzoli sull'asciugamano "Scusatemi, non mi sono nemmeno presentata: mi chiamo Diana": coprendo parzialmente e con superficialità le tette con un avambraccio, si sollevò in posizione seduta e porse l'altra mano ad entrambi: Alessio e Simone comunicarono i loro nomi con cordialità. "Non ho pensato a distanziarmi un pò da voi, vorrete la vostra privacy se siete arrivati fin qui dove non c'è nessuno". I ragazzi la tranquillizzarono, pregandoci di rimanere. Non accorgendosi di mostrare i bordi di entrambe le areole, Diana continuò a scusarsi: "E' gentile da parte vostra, ma immagino siate una coppia, avete diritto anche voi alla vostra intimità". I giovani scoppiarono fragorosamente a ridere, negando con veemenza quanto supposto: "Ma quale coppia, stai scherzando? Assolutamente no, cosa te lo fa pensare?" Diana rispose che ad ingannarla era stata la loro collocazione isolata, nel tratto più deserto della spiaggia. I ragazzi non riuscivano a smettere di sghignazzare: "Guarda che ci siamo allontanati solo per poter giocare a racchettoni con tanto spazio a disposizione e senza disturbare nessuno". Scoppiai a ridere anch'io, cogliendo la palla al balzo: "Mostra le tette, almeno ti dimostreranno il loro orientamento". Diana non se lo fece ripetere, abbassò il suo avambraccio scoprendo le tettone, finalmente libere di muoversi ed esibirsi pienamente davanti agli occhi sbigottiti ed estasiati dei due ragazzi. "Dai loro sguardi mi sembrano etero senza ombra di dubbio", affermai ancora ridendo, "ma per sicurezza vi chiedo un giudizio su queste tette, vi piacciono?"
"Adesso, come minimo, per farti perdonare devi accettare il mio commento, tanto mi pare che il tuo ragazzo non è geloso. Allora: hai due tette fantastiche, grandi, perfette e molto molto libertine, mi piacciono da morire". Il suo amico confermò con schiettezza e determinazione.
"Ok ok, ho preso un abbaglio, che sarà mai!? Per scusarmi vi regalo una scenetta che sono costretta ad offrirvi, se voglio proteggermi" Prese il tubo di crema solare, riempiendo il palmo della mano sinistra, poi distribuì una parte del quantitativo anche sull'altro palmo e appoggiò delicatamente la crema sulla zona dei capezzoli, iniziando una sensuale spalmatura davanti ai loro occhi ammaliati: scese con le mani verso il basso per poi sollevare le tette, le liberò improvvisamente provocando un netto sobbalzo. Il movimento venne ripetuto altre due volte, poi compresse lateralmente entrambi i seni fino ad accostarli l'un l'altro, concludendo con un'applicazione più mirata e precisa ruotando più volte sui capezzoli con i rispettivi indici delle mani.
"Ecco, mi sono sdebitata, direi... che figura, ragazzi, scusatemi davvero!"
"Se questo è il tuo modo di farti perdonare, puoi sbagliare tutte le volte che vuoi" esclamò Alessio. Diana si alzò in topless e senza rivestirsi raggiunse la riva per sciacquare le mani unte di crema. Il suo sedere in piena esplosione ancora una volta rubò la scena a qualunque altro elemento naturale nelle vicinanze. Anche il ritorno all'ombrellone fu dominato da sensualità e desiderio che avvolsero il sottoscritto ed i due giovanotti, ipnotizzati dal ballo inarrestabile e sontuoso delle tettone lucide, ancora prive di abbronzatura ma senza alcun segno bianco.
"Adesso direi di mangiare, abbiamo fatto tardi: la partita la rimandiamo a dopo, ci aiuterà a digerire più velocemente" Anche i ragazzi prelevarono i loro panini dallo zaino, addentrandosi nel pranzo più erotico che si potesse immaginare, quasi a contatto con due magnifiche tette nude, esibite con orgoglio e disinvoltura da una distanza irrisoria.
Ci conoscemmo meglio durante la consumazione del pasto: entrambi diciannovenni, amici di quartiere, in cerca di un lavoro stabile, Alessio e Simone abitavano nelle vicinanze e frequentavano spesso quella spiaggia, sulla quale noi eravamo invece approdati per la prima volta. "Non vi abbiamo mai visto, se foste già venuti sarebbe stato impossibile non notarvi, è ovvio. Capirete: un corpo del genere non passa certo inosservato..."
Diana, ringraziando, spiegò invece di preferire posti isolati per evitare sguardi fastidiosi, ma contestualmente ammise di sentirsi a suo agio in topless davanti a persone giovani e di provare "un pizzico di piacere" nel sentirsi apprezzata dai ragazzi, grazie anche alla mia complicità e al mio benestare.
"Insomma, giochiamo? Cosa stiamo aspettando!? Avete forse paura di fare una figuraccia con una ragazza più forte di voi!?" Diana si alzò all'improvviso e afferrò una racchetta e la pallina, ignorando nuovamente il suo reggiseno.
"Se giochi in topless vinci di sicuro, non vale", affermò Alessio fissandola con bramosia.
"Beh, un vantaggio devi concedermelo: sono anni che non gioco, spero almeno di riuscire a distrarti"
"Ma non giochi con il tuo ragazzo?
"Vuoi fare l'arbitro? O meglio ancora lo spettatore? Certo certo, mi immagino cosa guarderesti... vieni a sfidarmi invece, voglio iniziare proprio da te, poi ti daranno il cambio"
L'aggettivo "arrapante" non basta a descrivere quei lunghissimi minuti sulla battigia, nei quali le tette di Diana divennero bombe impazzite, irrefrenabili, prive di qualunque scrupolo o vergogna. Mentre assistevo al match, mi accorsi casualmente, con la coda dell'occhio, di strani movimenti di Simone che appoggiava la mano sul membro, toccandosi dapprima con moderazione, poi sempre più intensamente.
Finsi di concentrarmi sulla partita molto combattuta: Diana non sembrava affatto arrugginita e pareva non aver perso minimamente abilità e dinamismo, oltre a una spiccata scioltezza nei movimenti che oltretutto permetteva alle sue tette di schizzare incontrollate ad ogni scambio. Le espressioni sul volto del suo avversario erano spesso eloquenti ed inequivocabili, specialmente nelle pause di gioco, quando i suoi occhi puntavano con sfacciataggine e risolutezza le tettone di Diana, la quale lo lasciava guardare con tranquillità, esibendo pose marcatamente sexy e provocanti.
Purtroppo, dopo circa un quarto d'ora, il peso e lo sbattimento dei suoi seni iniziarono a sfiancarla ed incomodarla:" Amore, passami il reggiseno, per favore, non ce la faccio più, è massacrante giocare in topless". A malincuore la raggiunsi, aiutandola ad annodarlo a dovere. Simone si alzò qualche secondo dopo di me, raggiungendo frettolosamente la riva e si tuffò in acqua alla velocità della luce. Il suo non sembrò un bagno vero e proprio: dalla sua postura e dai suoi leggeri sfregamenti immaginai si fosse macchiato nel concludere la sua masturbazione e stesse cercando di sciacquarsi il più possibile affinché nessuno si accorgesse del suo sperma.
La partita proseguì ancora per diversi minuti, perdendo ovviamente d'interesse e di erotismo, ma spostandomi alle spalle di Diana, colsi l'occasione per ammirare ogni balzo o piegatura del suo sedere in bella mostra. L'esaurimento di energie costrinse Diana a ritirarsi mentre era addirittura in vantaggio, vendendo cara la pelle e facendosi valere anche dopo essersi rivestita.
Slacciò nuovamente il reggiseno, poggiandolo sopra la racchetta sulla battigia ed entrò in acqua in topless, avvicinandosi a Simone, seguita come un'ombra anche da Alessio. Il suo mezzobusto affiorante, arricchito dallo spessore dei suoi turgidi capezzoli, catturò inevitabilmente l'attenzione dei due giovanotti, che la fissarono contemporaneamente, in maniera sempre più assidua e sregolata. L'espressione di Diana sembrava compiaciuta, guardò per un attimo le sue tette mentre confabulava qualcosa, sorridendo con sguardo malandrino; poi le strinse con le mani, riducendo maggiormente la già minima distanza dai due ammiratori con qualche passo in avanti. Si immerse in acqua fino al collo, afferrò prima la mano di Alessio, poi quella di Simone e le guidò con decisione sulle sue tettone nascoste dall'acqua. Diede un'occhiata in giro per verificare di non essere osservata da nessuno, poi guardò negli occhi i ragazzi, ormai incollati ai suoi seni, alle mie spalle e senza alcuna intenzione di mollare.
Il momento di grazia durò ancora qualche secondo, poi Diana riemerse in tutta la sua prorompenza ed uscì con calma dall'acqua, raggiungendo la riva. Raccolse il suo reggiseno e venne a sdraiarsi, a pancia in su. I due amici si trattennero ancora a mollo, prima di raggiungerci. Mirarono il seno di Diana, che si abbronzava al sole, ad occhi chiusi. Simone prelevò il suo orologio dalla tasca laterale dello zaino: "Cavolo, Alessio: sono quasi le quattro e mezza, dobbiamo andare"
Si distesero sui loro teli, per potersi asciugare più rapidamente, senza disdegnare qualche sporadica occhiata in direzione delle tettone al vento di Diana. "Prepariamoci anche noi, dobbiamo ripercorrere tutto il sentiero, mamma mia, mi sento stanca al solo pensarci." Si sollevò, iniziando a rovistare nella sua borsa. Prelevò il costume di ricambio, uno dei suoi vecchi mutandoni: "Devo cambiarmi il pezzo sotto, è ancora troppo bagnato" I ragazzi drizzarono le orecchie e tornarono all'unisono in posizione seduta, con la scusa di doversi rivestire. Diana attese che i riflettori fossero nuovamente puntati su di lei, sfilò il perizoma aprendo le gambe proprio sulla loro traiettoria visiva. Rimase per circa un minuto con la fica spalancata al sole nel tentativo di asciugarla, mentre i due ammutoliti e meravigliati ammiratori cominciarono ad apparire in evidente difficoltà nel controllarsi. Appoggiò le mani a terra, avanzando i seni e divaricando ulteriormente le gambe per interminabili istanti. Poi si rivestì con calma e lentezza, inducendo anche noi a ricomporci per riprendere il cammino inverso. Percorremmo insieme il lungo sterrato, ripromettendoci di incontrarci nuovamente sulla stessa spiaggia per un mini torneo di racchettoni, al nostro ritorno dalla Sardegna.