Esperienza reale La prima vacanza trasgressiva - Introduzione

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C00kie

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Buongiorno.
Vorrei spendere due parole in favore di @selpot
Ho letto tutti i racconti sin qui pubblicati. Vorrei dire che secondo me scrivi bene, e sai gestire molto bene il pathos all'interno di un racconto. Inoltre trovo tu gestisca bene anche i Cliffhanger. Direi che proprio nei Cliff ti trovo molto bravo. Hai una buona capacità di descrizione, e la narrazione risulta sempre piacevole e attraente. Solo per dare due parole buone.
:)
 
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selpot

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Buongiorno.
Vorrei spendere due parole in favore di @selpot
Ho letto tutti i racconti sin qui pubblicati. Vorrei dire che secondo me scrivi bene, e sai gestire molto bene il pathos all'interno di un racconto. Inoltre trovo tu gestisca bene anche i Cliffhanger. Direi che proprio nei Cliff ti trovo molto bravo. Hai una buona capacità di descrizione, e la narrazione risulta sempre piacevole e attraente. Solo per dare due parole buone.
:)
Grazie caro, soprattutto perché finalmente mi hai permesso di documentarmi su cosa sia un Cliffhanger, di cui ignoravo totalmente l'esistenza:asdevil:
 
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selpot

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Il graduale dileguarsi dell'inverno e la comparsa delle prime tiepide giornate di sole ricaricarono Diana di motivazioni ed entusiasmo. L'orizzonte sempre più vicino di una vacanza in cui avrebbe conosciuto la regione che desiderava visitare da sempre colorò il suo umore di euforia ed accese fervidamente la sua proficua macchina organizzativa con un impegno lodevole ed una dedizione contagiosa.

Le nostre telefonate serali si incentrarono sugli esiti delle rispettive ricerche delle spiagge più suggestive, delle escursioni irrinunciabili, dei migliori agriturismi che offrivano cucina tipica. Anche i nostri week-end primaverili stimolarono un'attenta ed efficiente programmazione di itinerari naturalistici o di calette da non perdere.

Sull'onda della verve e della sua ritrovata energia, sentii che era giunto il momento di introdurre e presentarle i miei nuovi acquisti. Come di consueto, l'assoluta incertezza per la sua reazione mi preparò timorosamente al peggio: stavolta non avrei potuto davvero contraddirla né difendermi se mi avesse accusato di aver esagerato. Decisi allora di optare per una parziale verità, che potesse ammortizzare il colpo e di conseguenza ammorbidire l'effetto: le raccontai al telefono di essermi imbattuto per pura fatalità in un allettante e particolare negozio (realmente esistente all'epoca), mentre raggiungevo a piedi una sede aziendale per un appuntamento di lavoro e di non aver potuto resistere alla tentazione di pensare a lei.

Diana tentò invano di indovinare quale genere di articolo mi avesse così tanto impressionato nel mese di Aprile, senza ottenere indizi illuminanti da parte mia. Quasi per ripicca si arrese con forzata indifferenza, scegliendo di non sbilanciarsi in insulti o in entusiasmi. Ma qualche ora dopo, l'arrivo di un SMS mi ridestò dai primi segnali di sonno: "Vuoi vedere che è un costume!? Mi sembra troppo presto per i bikini, ma non mi viene in mente altro". Coraggiosamente risposi che definirli costumi o bikini sarebbe stato davvero spropositato, ma l'aspetto positivo da non sottovalutare è che l'evidente carenza di materia prima avrebbe permesso loro di asciugarsi alla velocità della luce, dopo un bagno. In attesa di una furiosa replica al vetriolo, rimasi invece piacevolmente spiazzato nel leggere: "Meglio così, non riesco proprio a sopportare i costumi bagnati, mi hai risolto un bel disagio."

Un inaspettato, reale gradimento o solo una camuffata non belligeranza condizionata dal sonno, alla vigilia della guerra? Il Sabato seguente Diana venne a trovarmi e mi chiese di mostrarle i costumi: "Mi devo togliere la curiosità di vederli". Chiusi a chiave la porta della mia cameretta e la accontentai quasi terrorizzato. "Questo verde e rosa è stupendo, mentre quest'altro nero è proprio piccolino, bellissimo anche il maculato, per non parlare del mimetico, scommetto che ti ha evocato qualcosa, dimmi la verità. Pensavo fossero molto peggio, li immaginavo estremi, ancora più ridotti. Dai, tutto sommato li potrei anche mettere su qualche spiaggia tranquilla. Certo, dietro è come se non ci fossero, ma davanti qualcosina coprono. Male che vada, li useremo per i giochini domestici quando avremo una casa tutta nostra..." Mi baciò con slancio ringraziandomi, prima di nascondere i bikini nella sua borsa.

La Primavera su subito strozzata dall'arrivo di nuove perturbazioni e da giornate instabili che ci costrinsero a ripiombare nel grigiore e nel freddo per alcune settimane. Miracolosamente il buon umore di Diana non si interruppe, i preparativi e le esplorazioni online proseguirono con tenacia e costanza. Alla fine di Maggio cominciò sempre più insistentemente a manifestare la sua intenzione di abbronzare almeno un pochino la sua pelle prima di partire per la Sardegna. "Durante l'inverno abbiamo speso troppo tempo a lavarci ed ecco i risultati: la tintarella è completamente sparita e siamo bianchi come due mozzarelle, dobbiamo provvedere".

Il primo week-end di Giugno si preannunciava climaticamente interessante secondo i meteorologi, che azzardarono a definirlo "un prologo d'Estate". La notizia venne accolta con esultanza da Diana che programmò di visitare una spiaggia individuata tramite Internet durante l'inverno, che richiedeva una lunga passeggiata tra orti e sentieri sterrati, per essere raggiunta: "Approfittiamone adesso che il caldo non è eccessivo, in teoria non dovremmo stancarci né tribolare per il sole".

Un eccesso di pigrizia non ci consentì di partire troppo presto da casa, come avevamo prefissato. Giungemmo al semivuoto parcheggio su strada già quasi a mezzogiorno, ma per fortuna una fresca brezza ci permise di raggiungere senza patemi e sfiancamenti la spiaggia in circa 40 minuti di cauto cammino. Un nutrito schieramento di scogli piatti divideva l'arenile in due cale ben definite: quella di destra, su sui sfociava il sentiero sterrato, era occupata da poche persone, ben distanziate, piccioncini giovani o di mezza età in massima parte, oltre ad un anziano pescatore e a una comitiva mista di over 40, apparentemente composta da coppie sposate ma senza figli al seguito. Diana scrutò insieme a me le presenze, poi con una certa nonchalance si direzionò verso uno dei numerosi spazi vuoti vicini alla scogliera, lontana da tutti. Quasi in simultanea superammo visivamente la barriera a cui ci stavamo avvicinando, notando il secondo tratto di spiaggia oltre le rocce, una vastissima distesa di sabbia quasi del tutto deserta, sulla quale emergevano due ragazzi che giocavano energicamente a racchettoni sul bagnasciuga, oltre a sparuti ombrelloni pressoché invisibili all'interno di una spiaggia così estesa. Il cambio di direzione di Diana fu drastico e repentino: "Andiamo laggiù, staremo ancora più tranquilli" Le ragioni della sua scelta mi lasciarono perplesso: dalle sue parole avevo interpretato che volesse isolarsi maggiormente, per non rischiare di essere disturbata in alcun modo. Ma gli sguardi rivolti ai due giovanotti mentre rallentava il passo in loro prossimità mi fecero ben sperare: i due ragazzi parevano somigliarsi parecchio tra di loro: corpi abbastanza asciutti, costumi molto simili, bianchi e neri lunghi fino alle ginocchia, cappellino con visiera all'indietro, occhiali da sole e barba curata, scura, ottimi riflessi, perfette scelte di tempo, uniti ad un temperamento ammirevole che compensavano una tecnica di gioco non certo eccelsa. Diana deviò leggermente la direzione dei suoi passi per cercare di avvicinarsi a loro, rischiando immediatamente di essere colpita dalla pallina impazzita, scoccata per errore a distanza siderale da uno dei due. La raccolse e li raggiunse, consegnandola.

"Scusami, ti ho preso in pieno, vero?"

"No no, ma ci sei andato vicino. Colpa mia, non mantenevo le distanze" rispose lei sorridendo. Poi riprese: "Adoravo anch'io questo gioco, ma ho rischiato di commettere omicidi o stragi con queste palline ed ho deciso di smetterla prima di uccidere qualcuno, ma devo ammettere che spesso mi torna il desiderio di giocare a racchettoni"

"Qui non ammazzeresti nessuno, la spiaggia è quasi deserta: se vuoi, una partita ve la concediamo, dovete solo pazientare che terminiamo il nostro match"

Diana mi guardò un istante, incrociando il mio sguardo d'intesa: "Perché no!? Accetto volentieri, voi continuate con calma, nel frattempo ci sistemiamo, magari non troppo vicino, vi vedo abbastanza pericolosi.."

Arretrammo di qualche metro, frontalmente all'approssimato rettangolo di gioco, ben distanti dalla traiettoria dei lanci abituali, piazzandoci ad una minima distanza dai loro asciugamani, ai quali Diana affiancò i nostri con cura e precisione. Mentre piantavo l'ombrellone mi fissò sussurrandomi: "Carini, non c'è che dire: iniziamo proprio al meglio".

Si liberò della maglietta, esibendo uno dei miei regali dell'anno precedente che non aveva avuto il tempo di indossare: il reggiseno blu a tinta unita, legato troppo morbidamente: il suo capezzolo destro sbucò all'istante, approfittando dello scarsissimo contenimento del triangolino. Diana se ne avvide ma non accennò a ricomporsi. Spalle ai ragazzi sfilò i suoi pantaloncini di jeans, mostrando il perizoma blu molto generoso. I giovanotti non si accorsero dello strip-tease, completamente immersi nei loro vigorosi passaggi.

"Vado a sentire l'acqua". Si avviò verso la battigia, posizionandosi a riva, equidistante dai due giocatori: "Ma insomma, chi sta vincendo dei due?" chiese ad alta voce, mentre una delle sue tettone straripava sempre di più dal cedevole reggiseno, con areola e capezzolo completamente in mostra. Senza guardarla, risposero che erano quasi alla pari e che stavano giocando da ormai un'ora. "Allora, visto che la partita è così equilibrata, penso che avrò tutto il tempo per fare un bagno, sempre che l'acqua non sia troppo fredda". Si voltò di spalle, esibendo il suo minuscolo perizoma, poi si piegò in avanti per raccogliere un po' d'acqua tra le mani, spargendola su spalle e petto. Una brevissima pausa permise ai giovani di notarla in tutta la sua sensualità, con il suo culo spudorato a completa disposizione dei loro occhi. Si girò di nuovo, la sua tettona destra continuava a fuoriuscire quasi completamente dal triangolino del reggiseno. Uno dei ragazzi, fissando le sue tette, esclamò con brio: "Non deconcentrarci troppo, mi raccomando, dobbiamo finire la partita in maniera regolare, senza distrazioni..." Diana finalmente finse di accorgersi dell'evidente sconfinamento del suo seno e si coprì in fretta: "Scusatemi, ma queste due sono ribelli ed indisciplinate da sempre, ormai mi sono arresa e rassegnata, tant'è vero che le tengo libere quando posso, prima che si liberino da sole come appena accaduto".

I ragazzi risero di gusto e ripresero la loro partita, senza rinunciare ad un reciproco e divertito sguardo di approvazione. Diana entrò in acqua per un breve bagnetto, prima di tornare all'asciugamano. Gli occhi dei due amici puntarono con decisione il suo sedere durante il suo percorso di ritorno. Si fermò in piedi per asciugarsi davanti al nostro ombrellone, poi si girò, ridusse e radunò entrambi i triangolini del reggiseno, li strizzò con vigore, consentendo alle sue tette di mostrarsi nuovamente, a turno, prima di ricoprirle con indifferenza. Si sdraiò a pancia sotto sull'asciugamano, snodando entrambi i lacci del reggiseno, che ripose sul bordo alto del telo. Completata l'asciugatura posteriore, mi chiese di spalmarle la crema. I ragazzi giocavano ancora con foga ed irruenza. Iniziai da spalle e braccia, prima di concentrarmi al millimetro sulla schiena, senza tralasciare i fianchi e lateralmente i seni. Proseguii con i polpacci per poi immergermi nel suo sedere che cosparsi abbondantemente e con passione. Le sue gambe si aprirono, subito ne approfittai per massaggiare il suo interno coscia fino a sfiorare la sua fica, sempre più ostinatamente. Diana si sollevò quel tanto che bastava a
permettermi di intrufolarmi con la mano tra perizoma e passerina. Nonostante il bagno, la sua fica era rovente, spalancata, vogliosa. Emise qualche flebile gemito, attenta a non farsi sentire, prima di interrompermi bruscamente, "Amore, non siamo soli, ho tanta voglia ma non mi va di fare la pornostar, smettila per favore, fai il bravo"

Non avrei mai voluto ubbidire e continuai ancora per qualche secondo, senza subire ulteriori divieti, ma fui costretto a fermarmi quando constatai che la partita dei ragazzi era finalmente terminata. Poggiarono le loro racchette sulla sabbia con sopra i cappellini e gli occhiali da sole e si tuffarono in acqua per una opportuna rinfrescata. Poi di corsa uscirono e ci raggiunsero, sedendosi sui loro asciugamani: "Se volete, le racchette sono tutte vostre, divertitevi." I loro occhi miravano senza alcuna difficoltà il lato B di Diana, placidamente disteso a pochi centimetri. "Adesso no, vi ringrazio, semmai più tardi: mi sono appena rilassata dopo una camminata chilometrica e comincio anche ad avere fame". Guardò furtivamente i corpi dei ragazzi e poi i loro occhi, soffermandosi in particolare sulla colorazione azzurra che indubbiamente impreziosiva uno dei due, in assenza degli occhiali da sole. Fingendo i primi segnali di insofferenza al caldo, si alzò sui gomiti, offrendo una visuale imperdibile dei suoi seni penzolanti, frenati soltanto dallo sfioramento dei capezzoli sull'asciugamano "Scusatemi, non mi sono nemmeno presentata: mi chiamo Diana": coprendo parzialmente e con superficialità le tette con un avambraccio, si sollevò in posizione seduta e porse l'altra mano ad entrambi: Alessio e Simone comunicarono i loro nomi con cordialità. "Non ho pensato a distanziarmi un pò da voi, vorrete la vostra privacy se siete arrivati fin qui dove non c'è nessuno". I ragazzi la tranquillizzarono, pregandoci di rimanere. Non accorgendosi di mostrare i bordi di entrambe le areole, Diana continuò a scusarsi: "E' gentile da parte vostra, ma immagino siate una coppia, avete diritto anche voi alla vostra intimità". I giovani scoppiarono fragorosamente a ridere, negando con veemenza quanto supposto: "Ma quale coppia, stai scherzando? Assolutamente no, cosa te lo fa pensare?" Diana rispose che ad ingannarla era stata la loro collocazione isolata, nel tratto più deserto della spiaggia. I ragazzi non riuscivano a smettere di sghignazzare: "Guarda che ci siamo allontanati solo per poter giocare a racchettoni con tanto spazio a disposizione e senza disturbare nessuno". Scoppiai a ridere anch'io, cogliendo la palla al balzo: "Mostra le tette, almeno ti dimostreranno il loro orientamento". Diana non se lo fece ripetere, abbassò il suo avambraccio scoprendo le tettone, finalmente libere di muoversi ed esibirsi pienamente davanti agli occhi sbigottiti ed estasiati dei due ragazzi. "Dai loro sguardi mi sembrano etero senza ombra di dubbio", affermai ancora ridendo, "ma per sicurezza vi chiedo un giudizio su queste tette, vi piacciono?"

"Adesso, come minimo, per farti perdonare devi accettare il mio commento, tanto mi pare che il tuo ragazzo non è geloso. Allora: hai due tette fantastiche, grandi, perfette e molto molto libertine, mi piacciono da morire". Il suo amico confermò con schiettezza e determinazione.

"Ok ok, ho preso un abbaglio, che sarà mai!? Per scusarmi vi regalo una scenetta che sono costretta ad offrirvi, se voglio proteggermi" Prese il tubo di crema solare, riempiendo il palmo della mano sinistra, poi distribuì una parte del quantitativo anche sull'altro palmo e appoggiò delicatamente la crema sulla zona dei capezzoli, iniziando una sensuale spalmatura davanti ai loro occhi ammaliati: scese con le mani verso il basso per poi sollevare le tette, le liberò improvvisamente provocando un netto sobbalzo. Il movimento venne ripetuto altre due volte, poi compresse lateralmente entrambi i seni fino ad accostarli l'un l'altro, concludendo con un'applicazione più mirata e precisa ruotando più volte sui capezzoli con i rispettivi indici delle mani.

"Ecco, mi sono sdebitata, direi... che figura, ragazzi, scusatemi davvero!"

"Se questo è il tuo modo di farti perdonare, puoi sbagliare tutte le volte che vuoi" esclamò Alessio. Diana si alzò in topless e senza rivestirsi raggiunse la riva per sciacquare le mani unte di crema. Il suo sedere in piena esplosione ancora una volta rubò la scena a qualunque altro elemento naturale nelle vicinanze. Anche il ritorno all'ombrellone fu dominato da sensualità e desiderio che avvolsero il sottoscritto ed i due giovanotti, ipnotizzati dal ballo inarrestabile e sontuoso delle tettone lucide, ancora prive di abbronzatura ma senza alcun segno bianco.

"Adesso direi di mangiare, abbiamo fatto tardi: la partita la rimandiamo a dopo, ci aiuterà a digerire più velocemente" Anche i ragazzi prelevarono i loro panini dallo zaino, addentrandosi nel pranzo più erotico che si potesse immaginare, quasi a contatto con due magnifiche tette nude, esibite con orgoglio e disinvoltura da una distanza irrisoria.

Ci conoscemmo meglio durante la consumazione del pasto: entrambi diciannovenni, amici di quartiere, in cerca di un lavoro stabile, Alessio e Simone abitavano nelle vicinanze e frequentavano spesso quella spiaggia, sulla quale noi eravamo invece approdati per la prima volta. "Non vi abbiamo mai visto, se foste già venuti sarebbe stato impossibile non notarvi, è ovvio. Capirete: un corpo del genere non passa certo inosservato..."

Diana, ringraziando, spiegò invece di preferire posti isolati per evitare sguardi fastidiosi, ma contestualmente ammise di sentirsi a suo agio in topless davanti a persone giovani e di provare "un pizzico di piacere" nel sentirsi apprezzata dai ragazzi, grazie anche alla mia complicità e al mio benestare.

"Insomma, giochiamo? Cosa stiamo aspettando!? Avete forse paura di fare una figuraccia con una ragazza più forte di voi!?" Diana si alzò all'improvviso e afferrò una racchetta e la pallina, ignorando nuovamente il suo reggiseno.

"Se giochi in topless vinci di sicuro, non vale", affermò Alessio fissandola con bramosia.

"Beh, un vantaggio devi concedermelo: sono anni che non gioco, spero almeno di riuscire a distrarti"

"Ma non giochi con il tuo ragazzo?

"Vuoi fare l'arbitro? O meglio ancora lo spettatore? Certo certo, mi immagino cosa guarderesti... vieni a sfidarmi invece, voglio iniziare proprio da te, poi ti daranno il cambio"

L'aggettivo "arrapante" non basta a descrivere quei lunghissimi minuti sulla battigia, nei quali le tette di Diana divennero bombe impazzite, irrefrenabili, prive di qualunque scrupolo o vergogna. Mentre assistevo al match, mi accorsi casualmente, con la coda dell'occhio, di strani movimenti di Simone che appoggiava la mano sul membro, toccandosi dapprima con moderazione, poi sempre più intensamente.

Finsi di concentrarmi sulla partita molto combattuta: Diana non sembrava affatto arrugginita e pareva non aver perso minimamente abilità e dinamismo, oltre a una spiccata scioltezza nei movimenti che oltretutto permetteva alle sue tette di schizzare incontrollate ad ogni scambio. Le espressioni sul volto del suo avversario erano spesso eloquenti ed inequivocabili, specialmente nelle pause di gioco, quando i suoi occhi puntavano con sfacciataggine e risolutezza le tettone di Diana, la quale lo lasciava guardare con tranquillità, esibendo pose marcatamente sexy e provocanti.

Purtroppo, dopo circa un quarto d'ora, il peso e lo sbattimento dei suoi seni iniziarono a sfiancarla ed incomodarla:" Amore, passami il reggiseno, per favore, non ce la faccio più, è massacrante giocare in topless". A malincuore la raggiunsi, aiutandola ad annodarlo a dovere. Simone si alzò qualche secondo dopo di me, raggiungendo frettolosamente la riva e si tuffò in acqua alla velocità della luce. Il suo non sembrò un bagno vero e proprio: dalla sua postura e dai suoi leggeri sfregamenti immaginai si fosse macchiato nel concludere la sua masturbazione e stesse cercando di sciacquarsi il più possibile affinché nessuno si accorgesse del suo sperma.

La partita proseguì ancora per diversi minuti, perdendo ovviamente d'interesse e di erotismo, ma spostandomi alle spalle di Diana, colsi l'occasione per ammirare ogni balzo o piegatura del suo sedere in bella mostra. L'esaurimento di energie costrinse Diana a ritirarsi mentre era addirittura in vantaggio, vendendo cara la pelle e facendosi valere anche dopo essersi rivestita.

Slacciò nuovamente il reggiseno, poggiandolo sopra la racchetta sulla battigia ed entrò in acqua in topless, avvicinandosi a Simone, seguita come un'ombra anche da Alessio. Il suo mezzobusto affiorante, arricchito dallo spessore dei suoi turgidi capezzoli, catturò inevitabilmente l'attenzione dei due giovanotti, che la fissarono contemporaneamente, in maniera sempre più assidua e sregolata. L'espressione di Diana sembrava compiaciuta, guardò per un attimo le sue tette mentre confabulava qualcosa, sorridendo con sguardo malandrino; poi le strinse con le mani, riducendo maggiormente la già minima distanza dai due ammiratori con qualche passo in avanti. Si immerse in acqua fino al collo, afferrò prima la mano di Alessio, poi quella di Simone e le guidò con decisione sulle sue tettone nascoste dall'acqua. Diede un'occhiata in giro per verificare di non essere osservata da nessuno, poi guardò negli occhi i ragazzi, ormai incollati ai suoi seni, alle mie spalle e senza alcuna intenzione di mollare.

Il momento di grazia durò ancora qualche secondo, poi Diana riemerse in tutta la sua prorompenza ed uscì con calma dall'acqua, raggiungendo la riva. Raccolse il suo reggiseno e venne a sdraiarsi, a pancia in su. I due amici si trattennero ancora a mollo, prima di raggiungerci. Mirarono il seno di Diana, che si abbronzava al sole, ad occhi chiusi. Simone prelevò il suo orologio dalla tasca laterale dello zaino: "Cavolo, Alessio: sono quasi le quattro e mezza, dobbiamo andare"

Si distesero sui loro teli, per potersi asciugare più rapidamente, senza disdegnare qualche sporadica occhiata in direzione delle tettone al vento di Diana. "Prepariamoci anche noi, dobbiamo ripercorrere tutto il sentiero, mamma mia, mi sento stanca al solo pensarci." Si sollevò, iniziando a rovistare nella sua borsa. Prelevò il costume di ricambio, uno dei suoi vecchi mutandoni: "Devo cambiarmi il pezzo sotto, è ancora troppo bagnato" I ragazzi drizzarono le orecchie e tornarono all'unisono in posizione seduta, con la scusa di doversi rivestire. Diana attese che i riflettori fossero nuovamente puntati su di lei, sfilò il perizoma aprendo le gambe proprio sulla loro traiettoria visiva. Rimase per circa un minuto con la fica spalancata al sole nel tentativo di asciugarla, mentre i due ammutoliti e meravigliati ammiratori cominciarono ad apparire in evidente difficoltà nel controllarsi. Appoggiò le mani a terra, avanzando i seni e divaricando ulteriormente le gambe per interminabili istanti. Poi si rivestì con calma e lentezza, inducendo anche noi a ricomporci per riprendere il cammino inverso. Percorremmo insieme il lungo sterrato, ripromettendoci di incontrarci nuovamente sulla stessa spiaggia per un mini torneo di racchettoni, al nostro ritorno dalla Sardegna.
 

marcoforte

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ancora una volta (ma avevo pochi dubbi in merito...) sei riuscito a farci non solo desiderare Diana come poche altre, ma a farci vivere l'episodio come fossimo li' a pochi passi da voi.
grazie e non vedo l'ora di leggere il seguito! ;)
 

slap

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Il graduale dileguarsi dell'inverno e la comparsa delle prime tiepide giornate di sole ricaricarono Diana di motivazioni ed entusiasmo. L'orizzonte sempre più vicino di una vacanza in cui avrebbe conosciuto la regione che desiderava visitare da sempre colorò il suo umore di euforia ed accese fervidamente la sua proficua macchina organizzativa con un impegno lodevole ed una dedizione contagiosa.

Le nostre telefonate serali si incentrarono sugli esiti delle rispettive ricerche delle spiagge più suggestive, delle escursioni irrinunciabili, dei migliori agriturismi che offrivano cucina tipica. Anche i nostri week-end primaverili stimolarono un'attenta ed efficiente programmazione di itinerari naturalistici o di calette da non perdere.

Sull'onda della verve e della sua ritrovata energia, sentii che era giunto il momento di introdurre e presentarle i miei nuovi acquisti. Come di consueto, l'assoluta incertezza per la sua reazione mi preparò timorosamente al peggio: stavolta non avrei potuto davvero contraddirla né difendermi se mi avesse accusato di aver esagerato. Decisi allora di optare per una parziale verità, che potesse ammortizzare il colpo e di conseguenza ammorbidire l'effetto: le raccontai al telefono di essermi imbattuto per pura fatalità in un allettante e particolare negozio (realmente esistente all'epoca), mentre raggiungevo a piedi una sede aziendale per un appuntamento di lavoro e di non aver potuto resistere alla tentazione di pensare a lei.

Diana tentò invano di indovinare quale genere di articolo mi avesse così tanto impressionato nel mese di Aprile, senza ottenere indizi illuminanti da parte mia. Quasi per ripicca si arrese con forzata indifferenza, scegliendo di non sbilanciarsi in insulti o in entusiasmi. Ma qualche ora dopo, l'arrivo di un SMS mi ridestò dai primi segnali di sonno: "Vuoi vedere che è un costume!? Mi sembra troppo presto per i bikini, ma non mi viene in mente altro". Coraggiosamente risposi che definirli costumi o bikini sarebbe stato davvero spropositato, ma l'aspetto positivo da non sottovalutare è che l'evidente carenza di materia prima avrebbe permesso loro di asciugarsi alla velocità della luce, dopo un bagno. In attesa di una furiosa replica al vetriolo, rimasi invece piacevolmente spiazzato nel leggere: "Meglio così, non riesco proprio a sopportare i costumi bagnati, mi hai risolto un bel disagio."

Un inaspettato, reale gradimento o solo una camuffata non belligeranza condizionata dal sonno, alla vigilia della guerra? Il Sabato seguente Diana venne a trovarmi e mi chiese di mostrarle i costumi: "Mi devo togliere la curiosità di vederli". Chiusi a chiave la porta della mia cameretta e la accontentai quasi terrorizzato. "Questo verde e rosa è stupendo, mentre quest'altro nero è proprio piccolino, bellissimo anche il maculato, per non parlare del mimetico, scommetto che ti ha evocato qualcosa, dimmi la verità. Pensavo fossero molto peggio, li immaginavo estremi, ancora più ridotti. Dai, tutto sommato li potrei anche mettere su qualche spiaggia tranquilla. Certo, dietro è come se non ci fossero, ma davanti qualcosina coprono. Male che vada, li useremo per i giochini domestici quando avremo una casa tutta nostra..." Mi baciò con slancio ringraziandomi, prima di nascondere i bikini nella sua borsa.

La Primavera su subito strozzata dall'arrivo di nuove perturbazioni e da giornate instabili che ci costrinsero a ripiombare nel grigiore e nel freddo per alcune settimane. Miracolosamente il buon umore di Diana non si interruppe, i preparativi e le esplorazioni online proseguirono con tenacia e costanza. Alla fine di Maggio cominciò sempre più insistentemente a manifestare la sua intenzione di abbronzare almeno un pochino la sua pelle prima di partire per la Sardegna. "Durante l'inverno abbiamo speso troppo tempo a lavarci ed ecco i risultati: la tintarella è completamente sparita e siamo bianchi come due mozzarelle, dobbiamo provvedere".

Il primo week-end di Giugno si preannunciava climaticamente interessante secondo i meteorologi, che azzardarono a definirlo "un prologo d'Estate". La notizia venne accolta con esultanza da Diana che programmò di visitare una spiaggia individuata tramite Internet durante l'inverno, che richiedeva una lunga passeggiata tra orti e sentieri sterrati, per essere raggiunta: "Approfittiamone adesso che il caldo non è eccessivo, in teoria non dovremmo stancarci né tribolare per il sole".

Un eccesso di pigrizia non ci consentì di partire troppo presto da casa, come avevamo prefissato. Giungemmo al semivuoto parcheggio su strada già quasi a mezzogiorno, ma per fortuna una fresca brezza ci permise di raggiungere senza patemi e sfiancamenti la spiaggia in circa 40 minuti di cauto cammino. Un nutrito schieramento di scogli piatti divideva l'arenile in due cale ben definite: quella di destra, su sui sfociava il sentiero sterrato, era occupata da poche persone, ben distanziate, piccioncini giovani o di mezza età in massima parte, oltre ad un anziano pescatore e a una comitiva mista di over 40, apparentemente composta da coppie sposate ma senza figli al seguito. Diana scrutò insieme a me le presenze, poi con una certa nonchalance si direzionò verso uno dei numerosi spazi vuoti vicini alla scogliera, lontana da tutti. Quasi in simultanea superammo visivamente la barriera a cui ci stavamo avvicinando, notando il secondo tratto di spiaggia oltre le rocce, una vastissima distesa di sabbia quasi del tutto deserta, sulla quale emergevano due ragazzi che giocavano energicamente a racchettoni sul bagnasciuga, oltre a sparuti ombrelloni pressoché invisibili all'interno di una spiaggia così estesa. Il cambio di direzione di Diana fu drastico e repentino: "Andiamo laggiù, staremo ancora più tranquilli" Le ragioni della sua scelta mi lasciarono perplesso: dalle sue parole avevo interpretato che volesse isolarsi maggiormente, per non rischiare di essere disturbata in alcun modo. Ma gli sguardi rivolti ai due giovanotti mentre rallentava il passo in loro prossimità mi fecero ben sperare: i due ragazzi parevano somigliarsi parecchio tra di loro: corpi abbastanza asciutti, costumi molto simili, bianchi e neri lunghi fino alle ginocchia, cappellino con visiera all'indietro, occhiali da sole e barba curata, scura, ottimi riflessi, perfette scelte di tempo, uniti ad un temperamento ammirevole che compensavano una tecnica di gioco non certo eccelsa. Diana deviò leggermente la direzione dei suoi passi per cercare di avvicinarsi a loro, rischiando immediatamente di essere colpita dalla pallina impazzita, scoccata per errore a distanza siderale da uno dei due. La raccolse e li raggiunse, consegnandola.

"Scusami, ti ho preso in pieno, vero?"

"No no, ma ci sei andato vicino. Colpa mia, non mantenevo le distanze" rispose lei sorridendo. Poi riprese: "Adoravo anch'io questo gioco, ma ho rischiato di commettere omicidi o stragi con queste palline ed ho deciso di smetterla prima di uccidere qualcuno, ma devo ammettere che spesso mi torna il desiderio di giocare a racchettoni"

"Qui non ammazzeresti nessuno, la spiaggia è quasi deserta: se vuoi, una partita ve la concediamo, dovete solo pazientare che terminiamo il nostro match"

Diana mi guardò un istante, incrociando il mio sguardo d'intesa: "Perché no!? Accetto volentieri, voi continuate con calma, nel frattempo ci sistemiamo, magari non troppo vicino, vi vedo abbastanza pericolosi.."

Arretrammo di qualche metro, frontalmente all'approssimato rettangolo di gioco, ben distanti dalla traiettoria dei lanci abituali, piazzandoci ad una minima distanza dai loro asciugamani, ai quali Diana affiancò i nostri con cura e precisione. Mentre piantavo l'ombrellone mi fissò sussurrandomi: "Carini, non c'è che dire: iniziamo proprio al meglio".

Si liberò della maglietta, esibendo uno dei miei regali dell'anno precedente che non aveva avuto il tempo di indossare: il reggiseno blu a tinta unita, legato troppo morbidamente: il suo capezzolo destro sbucò all'istante, approfittando dello scarsissimo contenimento del triangolino. Diana se ne avvide ma non accennò a ricomporsi. Spalle ai ragazzi sfilò i suoi pantaloncini di jeans, mostrando il perizoma blu molto generoso. I giovanotti non si accorsero dello strip-tease, completamente immersi nei loro vigorosi passaggi.

"Vado a sentire l'acqua". Si avviò verso la battigia, posizionandosi a riva, equidistante dai due giocatori: "Ma insomma, chi sta vincendo dei due?" chiese ad alta voce, mentre una delle sue tettone straripava sempre di più dal cedevole reggiseno, con areola e capezzolo completamente in mostra. Senza guardarla, risposero che erano quasi alla pari e che stavano giocando da ormai un'ora. "Allora, visto che la partita è così equilibrata, penso che avrò tutto il tempo per fare un bagno, sempre che l'acqua non sia troppo fredda". Si voltò di spalle, esibendo il suo minuscolo perizoma, poi si piegò in avanti per raccogliere un po' d'acqua tra le mani, spargendola su spalle e petto. Una brevissima pausa permise ai giovani di notarla in tutta la sua sensualità, con il suo culo spudorato a completa disposizione dei loro occhi. Si girò di nuovo, la sua tettona destra continuava a fuoriuscire quasi completamente dal triangolino del reggiseno. Uno dei ragazzi, fissando le sue tette, esclamò con brio: "Non deconcentrarci troppo, mi raccomando, dobbiamo finire la partita in maniera regolare, senza distrazioni..." Diana finalmente finse di accorgersi dell'evidente sconfinamento del suo seno e si coprì in fretta: "Scusatemi, ma queste due sono ribelli ed indisciplinate da sempre, ormai mi sono arresa e rassegnata, tant'è vero che le tengo libere quando posso, prima che si liberino da sole come appena accaduto".

I ragazzi risero di gusto e ripresero la loro partita, senza rinunciare ad un reciproco e divertito sguardo di approvazione. Diana entrò in acqua per un breve bagnetto, prima di tornare all'asciugamano. Gli occhi dei due amici puntarono con decisione il suo sedere durante il suo percorso di ritorno. Si fermò in piedi per asciugarsi davanti al nostro ombrellone, poi si girò, ridusse e radunò entrambi i triangolini del reggiseno, li strizzò con vigore, consentendo alle sue tette di mostrarsi nuovamente, a turno, prima di ricoprirle con indifferenza. Si sdraiò a pancia sotto sull'asciugamano, snodando entrambi i lacci del reggiseno, che ripose sul bordo alto del telo. Completata l'asciugatura posteriore, mi chiese di spalmarle la crema. I ragazzi giocavano ancora con foga ed irruenza. Iniziai da spalle e braccia, prima di concentrarmi al millimetro sulla schiena, senza tralasciare i fianchi e lateralmente i seni. Proseguii con i polpacci per poi immergermi nel suo sedere che cosparsi abbondantemente e con passione. Le sue gambe si aprirono, subito ne approfittai per massaggiare il suo interno coscia fino a sfiorare la sua fica, sempre più ostinatamente. Diana si sollevò quel tanto che bastava a
permettermi di intrufolarmi con la mano tra perizoma e passerina. Nonostante il bagno, la sua fica era rovente, spalancata, vogliosa. Emise qualche flebile gemito, attenta a non farsi sentire, prima di interrompermi bruscamente, "Amore, non siamo soli, ho tanta voglia ma non mi va di fare la pornostar, smettila per favore, fai il bravo"

Non avrei mai voluto ubbidire e continuai ancora per qualche secondo, senza subire ulteriori divieti, ma fui costretto a fermarmi quando constatai che la partita dei ragazzi era finalmente terminata. Poggiarono le loro racchette sulla sabbia con sopra i cappellini e gli occhiali da sole e si tuffarono in acqua per una opportuna rinfrescata. Poi di corsa uscirono e ci raggiunsero, sedendosi sui loro asciugamani: "Se volete, le racchette sono tutte vostre, divertitevi." I loro occhi miravano senza alcuna difficoltà il lato B di Diana, placidamente disteso a pochi centimetri. "Adesso no, vi ringrazio, semmai più tardi: mi sono appena rilassata dopo una camminata chilometrica e comincio anche ad avere fame". Guardò furtivamente i corpi dei ragazzi e poi i loro occhi, soffermandosi in particolare sulla colorazione azzurra che indubbiamente impreziosiva uno dei due, in assenza degli occhiali da sole. Fingendo i primi segnali di insofferenza al caldo, si alzò sui gomiti, offrendo una visuale imperdibile dei suoi seni penzolanti, frenati soltanto dallo sfioramento dei capezzoli sull'asciugamano "Scusatemi, non mi sono nemmeno presentata: mi chiamo Diana": coprendo parzialmente e con superficialità le tette con un avambraccio, si sollevò in posizione seduta e porse l'altra mano ad entrambi: Alessio e Simone comunicarono i loro nomi con cordialità. "Non ho pensato a distanziarmi un pò da voi, vorrete la vostra privacy se siete arrivati fin qui dove non c'è nessuno". I ragazzi la tranquillizzarono, pregandoci di rimanere. Non accorgendosi di mostrare i bordi di entrambe le areole, Diana continuò a scusarsi: "E' gentile da parte vostra, ma immagino siate una coppia, avete diritto anche voi alla vostra intimità". I giovani scoppiarono fragorosamente a ridere, negando con veemenza quanto supposto: "Ma quale coppia, stai scherzando? Assolutamente no, cosa te lo fa pensare?" Diana rispose che ad ingannarla era stata la loro collocazione isolata, nel tratto più deserto della spiaggia. I ragazzi non riuscivano a smettere di sghignazzare: "Guarda che ci siamo allontanati solo per poter giocare a racchettoni con tanto spazio a disposizione e senza disturbare nessuno". Scoppiai a ridere anch'io, cogliendo la palla al balzo: "Mostra le tette, almeno ti dimostreranno il loro orientamento". Diana non se lo fece ripetere, abbassò il suo avambraccio scoprendo le tettone, finalmente libere di muoversi ed esibirsi pienamente davanti agli occhi sbigottiti ed estasiati dei due ragazzi. "Dai loro sguardi mi sembrano etero senza ombra di dubbio", affermai ancora ridendo, "ma per sicurezza vi chiedo un giudizio su queste tette, vi piacciono?"

"Adesso, come minimo, per farti perdonare devi accettare il mio commento, tanto mi pare che il tuo ragazzo non è geloso. Allora: hai due tette fantastiche, grandi, perfette e molto molto libertine, mi piacciono da morire". Il suo amico confermò con schiettezza e determinazione.

"Ok ok, ho preso un abbaglio, che sarà mai!? Per scusarmi vi regalo una scenetta che sono costretta ad offrirvi, se voglio proteggermi" Prese il tubo di crema solare, riempiendo il palmo della mano sinistra, poi distribuì una parte del quantitativo anche sull'altro palmo e appoggiò delicatamente la crema sulla zona dei capezzoli, iniziando una sensuale spalmatura davanti ai loro occhi ammaliati: scese con le mani verso il basso per poi sollevare le tette, le liberò improvvisamente provocando un netto sobbalzo. Il movimento venne ripetuto altre due volte, poi compresse lateralmente entrambi i seni fino ad accostarli l'un l'altro, concludendo con un'applicazione più mirata e precisa ruotando più volte sui capezzoli con i rispettivi indici delle mani.

"Ecco, mi sono sdebitata, direi... che figura, ragazzi, scusatemi davvero!"

"Se questo è il tuo modo di farti perdonare, puoi sbagliare tutte le volte che vuoi" esclamò Alessio. Diana si alzò in topless e senza rivestirsi raggiunse la riva per sciacquare le mani unte di crema. Il suo sedere in piena esplosione ancora una volta rubò la scena a qualunque altro elemento naturale nelle vicinanze. Anche il ritorno all'ombrellone fu dominato da sensualità e desiderio che avvolsero il sottoscritto ed i due giovanotti, ipnotizzati dal ballo inarrestabile e sontuoso delle tettone lucide, ancora prive di abbronzatura ma senza alcun segno bianco.

"Adesso direi di mangiare, abbiamo fatto tardi: la partita la rimandiamo a dopo, ci aiuterà a digerire più velocemente" Anche i ragazzi prelevarono i loro panini dallo zaino, addentrandosi nel pranzo più erotico che si potesse immaginare, quasi a contatto con due magnifiche tette nude, esibite con orgoglio e disinvoltura da una distanza irrisoria.

Ci conoscemmo meglio durante la consumazione del pasto: entrambi diciannovenni, amici di quartiere, in cerca di un lavoro stabile, Alessio e Simone abitavano nelle vicinanze e frequentavano spesso quella spiaggia, sulla quale noi eravamo invece approdati per la prima volta. "Non vi abbiamo mai visto, se foste già venuti sarebbe stato impossibile non notarvi, è ovvio. Capirete: un corpo del genere non passa certo inosservato..."

Diana, ringraziando, spiegò invece di preferire posti isolati per evitare sguardi fastidiosi, ma contestualmente ammise di sentirsi a suo agio in topless davanti a persone giovani e di provare "un pizzico di piacere" nel sentirsi apprezzata dai ragazzi, grazie anche alla mia complicità e al mio benestare.

"Insomma, giochiamo? Cosa stiamo aspettando!? Avete forse paura di fare una figuraccia con una ragazza più forte di voi!?" Diana si alzò all'improvviso e afferrò una racchetta e la pallina, ignorando nuovamente il suo reggiseno.

"Se giochi in topless vinci di sicuro, non vale", affermò Alessio fissandola con bramosia.

"Beh, un vantaggio devi concedermelo: sono anni che non gioco, spero almeno di riuscire a distrarti"

"Ma non giochi con il tuo ragazzo?

"Vuoi fare l'arbitro? O meglio ancora lo spettatore? Certo certo, mi immagino cosa guarderesti... vieni a sfidarmi invece, voglio iniziare proprio da te, poi ti daranno il cambio"

L'aggettivo "arrapante" non basta a descrivere quei lunghissimi minuti sulla battigia, nei quali le tette di Diana divennero bombe impazzite, irrefrenabili, prive di qualunque scrupolo o vergogna. Mentre assistevo al match, mi accorsi casualmente, con la coda dell'occhio, di strani movimenti di Simone che appoggiava la mano sul membro, toccandosi dapprima con moderazione, poi sempre più intensamente.

Finsi di concentrarmi sulla partita molto combattuta: Diana non sembrava affatto arrugginita e pareva non aver perso minimamente abilità e dinamismo, oltre a una spiccata scioltezza nei movimenti che oltretutto permetteva alle sue tette di schizzare incontrollate ad ogni scambio. Le espressioni sul volto del suo avversario erano spesso eloquenti ed inequivocabili, specialmente nelle pause di gioco, quando i suoi occhi puntavano con sfacciataggine e risolutezza le tettone di Diana, la quale lo lasciava guardare con tranquillità, esibendo pose marcatamente sexy e provocanti.

Purtroppo, dopo circa un quarto d'ora, il peso e lo sbattimento dei suoi seni iniziarono a sfiancarla ed incomodarla:" Amore, passami il reggiseno, per favore, non ce la faccio più, è massacrante giocare in topless". A malincuore la raggiunsi, aiutandola ad annodarlo a dovere. Simone si alzò qualche secondo dopo di me, raggiungendo frettolosamente la riva e si tuffò in acqua alla velocità della luce. Il suo non sembrò un bagno vero e proprio: dalla sua postura e dai suoi leggeri sfregamenti immaginai si fosse macchiato nel concludere la sua masturbazione e stesse cercando di sciacquarsi il più possibile affinché nessuno si accorgesse del suo sperma.

La partita proseguì ancora per diversi minuti, perdendo ovviamente d'interesse e di erotismo, ma spostandomi alle spalle di Diana, colsi l'occasione per ammirare ogni balzo o piegatura del suo sedere in bella mostra. L'esaurimento di energie costrinse Diana a ritirarsi mentre era addirittura in vantaggio, vendendo cara la pelle e facendosi valere anche dopo essersi rivestita.

Slacciò nuovamente il reggiseno, poggiandolo sopra la racchetta sulla battigia ed entrò in acqua in topless, avvicinandosi a Simone, seguita come un'ombra anche da Alessio. Il suo mezzobusto affiorante, arricchito dallo spessore dei suoi turgidi capezzoli, catturò inevitabilmente l'attenzione dei due giovanotti, che la fissarono contemporaneamente, in maniera sempre più assidua e sregolata. L'espressione di Diana sembrava compiaciuta, guardò per un attimo le sue tette mentre confabulava qualcosa, sorridendo con sguardo malandrino; poi le strinse con le mani, riducendo maggiormente la già minima distanza dai due ammiratori con qualche passo in avanti. Si immerse in acqua fino al collo, afferrò prima la mano di Alessio, poi quella di Simone e le guidò con decisione sulle sue tettone nascoste dall'acqua. Diede un'occhiata in giro per verificare di non essere osservata da nessuno, poi guardò negli occhi i ragazzi, ormai incollati ai suoi seni, alle mie spalle e senza alcuna intenzione di mollare.

Il momento di grazia durò ancora qualche secondo, poi Diana riemerse in tutta la sua prorompenza ed uscì con calma dall'acqua, raggiungendo la riva. Raccolse il suo reggiseno e venne a sdraiarsi, a pancia in su. I due amici si trattennero ancora a mollo, prima di raggiungerci. Mirarono il seno di Diana, che si abbronzava al sole, ad occhi chiusi. Simone prelevò il suo orologio dalla tasca laterale dello zaino: "Cavolo, Alessio: sono quasi le quattro e mezza, dobbiamo andare"

Si distesero sui loro teli, per potersi asciugare più rapidamente, senza disdegnare qualche sporadica occhiata in direzione delle tettone al vento di Diana. "Prepariamoci anche noi, dobbiamo ripercorrere tutto il sentiero, mamma mia, mi sento stanca al solo pensarci." Si sollevò, iniziando a rovistare nella sua borsa. Prelevò il costume di ricambio, uno dei suoi vecchi mutandoni: "Devo cambiarmi il pezzo sotto, è ancora troppo bagnato" I ragazzi drizzarono le orecchie e tornarono all'unisono in posizione seduta, con la scusa di doversi rivestire. Diana attese che i riflettori fossero nuovamente puntati su di lei, sfilò il perizoma aprendo le gambe proprio sulla loro traiettoria visiva. Rimase per circa un minuto con la fica spalancata al sole nel tentativo di asciugarla, mentre i due ammutoliti e meravigliati ammiratori cominciarono ad apparire in evidente difficoltà nel controllarsi. Appoggiò le mani a terra, avanzando i seni e divaricando ulteriormente le gambe per interminabili istanti. Poi si rivestì con calma e lentezza, inducendo anche noi a ricomporci per riprendere il cammino inverso. Percorremmo insieme il lungo sterrato, ripromettendoci di incontrarci nuovamente sulla stessa spiaggia per un mini torneo di racchettoni, al nostro ritorno dalla Sardegna.
Vi riaspettiamo in Sardegna!!! Covid-free....speriamo...
 

sam94

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Caro Selpot, e pensare che avevi dubbi se continuare o meno a raccontare le avventure di Diana... io credo che ne vedremo delle belle, in tutti questi anni chissà quante ne sono successe ed io non vedo l'ora di scoprirle!
 

Gekkho

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Bisogna dare atto che selpot attiva alla grande il ns voyeurismo. 😂
Fa impazzire tutti. Tutti ad immaginare Diana nuda a fianco ai ragazzi. 🤪⛱🏖
 

djthraex

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con questi ragazzotti proprio non riesce a fare la brava... impazzisco quando leggo di diana portare le mani dei suo ammiratori sul suo seno. Deve essere davvero gratificante per loro
 

Gekkho

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Fortuna selpot che avevi detto che le altre erano “storielle”....e non volevi continuare? 🤭Letto tutto d’un fiato.....i 2 ragazzi, a trovarsi una tipa così che si immerge, prende loro le mani per portarsele sulle tette e poi si spoglia del tutto per cambiarsi il costume...credo si siano giocati come fortuna tutto nel resto della loro vita. 😂😂
 

massimoran

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Il graduale dileguarsi dell'inverno e la comparsa delle prime tiepide giornate di sole ricaricarono Diana di motivazioni ed entusiasmo. L'orizzonte sempre più vicino di una vacanza in cui avrebbe conosciuto la regione che desiderava visitare da sempre colorò il suo umore di euforia ed accese fervidamente la sua proficua macchina organizzativa con un impegno lodevole ed una dedizione contagiosa.

Le nostre telefonate serali si incentrarono sugli esiti delle rispettive ricerche delle spiagge più suggestive, delle escursioni irrinunciabili, dei migliori agriturismi che offrivano cucina tipica. Anche i nostri week-end primaverili stimolarono un'attenta ed efficiente programmazione di itinerari naturalistici o di calette da non perdere.

Sull'onda della verve e della sua ritrovata energia, sentii che era giunto il momento di introdurre e presentarle i miei nuovi acquisti. Come di consueto, l'assoluta incertezza per la sua reazione mi preparò timorosamente al peggio: stavolta non avrei potuto davvero contraddirla né difendermi se mi avesse accusato di aver esagerato. Decisi allora di optare per una parziale verità, che potesse ammortizzare il colpo e di conseguenza ammorbidire l'effetto: le raccontai al telefono di essermi imbattuto per pura fatalità in un allettante e particolare negozio (realmente esistente all'epoca), mentre raggiungevo a piedi una sede aziendale per un appuntamento di lavoro e di non aver potuto resistere alla tentazione di pensare a lei.

Diana tentò invano di indovinare quale genere di articolo mi avesse così tanto impressionato nel mese di Aprile, senza ottenere indizi illuminanti da parte mia. Quasi per ripicca si arrese con forzata indifferenza, scegliendo di non sbilanciarsi in insulti o in entusiasmi. Ma qualche ora dopo, l'arrivo di un SMS mi ridestò dai primi segnali di sonno: "Vuoi vedere che è un costume!? Mi sembra troppo presto per i bikini, ma non mi viene in mente altro". Coraggiosamente risposi che definirli costumi o bikini sarebbe stato davvero spropositato, ma l'aspetto positivo da non sottovalutare è che l'evidente carenza di materia prima avrebbe permesso loro di asciugarsi alla velocità della luce, dopo un bagno. In attesa di una furiosa replica al vetriolo, rimasi invece piacevolmente spiazzato nel leggere: "Meglio così, non riesco proprio a sopportare i costumi bagnati, mi hai risolto un bel disagio."

Un inaspettato, reale gradimento o solo una camuffata non belligeranza condizionata dal sonno, alla vigilia della guerra? Il Sabato seguente Diana venne a trovarmi e mi chiese di mostrarle i costumi: "Mi devo togliere la curiosità di vederli". Chiusi a chiave la porta della mia cameretta e la accontentai quasi terrorizzato. "Questo verde e rosa è stupendo, mentre quest'altro nero è proprio piccolino, bellissimo anche il maculato, per non parlare del mimetico, scommetto che ti ha evocato qualcosa, dimmi la verità. Pensavo fossero molto peggio, li immaginavo estremi, ancora più ridotti. Dai, tutto sommato li potrei anche mettere su qualche spiaggia tranquilla. Certo, dietro è come se non ci fossero, ma davanti qualcosina coprono. Male che vada, li useremo per i giochini domestici quando avremo una casa tutta nostra..." Mi baciò con slancio ringraziandomi, prima di nascondere i bikini nella sua borsa.

La Primavera su subito strozzata dall'arrivo di nuove perturbazioni e da giornate instabili che ci costrinsero a ripiombare nel grigiore e nel freddo per alcune settimane. Miracolosamente il buon umore di Diana non si interruppe, i preparativi e le esplorazioni online proseguirono con tenacia e costanza. Alla fine di Maggio cominciò sempre più insistentemente a manifestare la sua intenzione di abbronzare almeno un pochino la sua pelle prima di partire per la Sardegna. "Durante l'inverno abbiamo speso troppo tempo a lavarci ed ecco i risultati: la tintarella è completamente sparita e siamo bianchi come due mozzarelle, dobbiamo provvedere".

Il primo week-end di Giugno si preannunciava climaticamente interessante secondo i meteorologi, che azzardarono a definirlo "un prologo d'Estate". La notizia venne accolta con esultanza da Diana che programmò di visitare una spiaggia individuata tramite Internet durante l'inverno, che richiedeva una lunga passeggiata tra orti e sentieri sterrati, per essere raggiunta: "Approfittiamone adesso che il caldo non è eccessivo, in teoria non dovremmo stancarci né tribolare per il sole".

Un eccesso di pigrizia non ci consentì di partire troppo presto da casa, come avevamo prefissato. Giungemmo al semivuoto parcheggio su strada già quasi a mezzogiorno, ma per fortuna una fresca brezza ci permise di raggiungere senza patemi e sfiancamenti la spiaggia in circa 40 minuti di cauto cammino. Un nutrito schieramento di scogli piatti divideva l'arenile in due cale ben definite: quella di destra, su sui sfociava il sentiero sterrato, era occupata da poche persone, ben distanziate, piccioncini giovani o di mezza età in massima parte, oltre ad un anziano pescatore e a una comitiva mista di over 40, apparentemente composta da coppie sposate ma senza figli al seguito. Diana scrutò insieme a me le presenze, poi con una certa nonchalance si direzionò verso uno dei numerosi spazi vuoti vicini alla scogliera, lontana da tutti. Quasi in simultanea superammo visivamente la barriera a cui ci stavamo avvicinando, notando il secondo tratto di spiaggia oltre le rocce, una vastissima distesa di sabbia quasi del tutto deserta, sulla quale emergevano due ragazzi che giocavano energicamente a racchettoni sul bagnasciuga, oltre a sparuti ombrelloni pressoché invisibili all'interno di una spiaggia così estesa. Il cambio di direzione di Diana fu drastico e repentino: "Andiamo laggiù, staremo ancora più tranquilli" Le ragioni della sua scelta mi lasciarono perplesso: dalle sue parole avevo interpretato che volesse isolarsi maggiormente, per non rischiare di essere disturbata in alcun modo. Ma gli sguardi rivolti ai due giovanotti mentre rallentava il passo in loro prossimità mi fecero ben sperare: i due ragazzi parevano somigliarsi parecchio tra di loro: corpi abbastanza asciutti, costumi molto simili, bianchi e neri lunghi fino alle ginocchia, cappellino con visiera all'indietro, occhiali da sole e barba curata, scura, ottimi riflessi, perfette scelte di tempo, uniti ad un temperamento ammirevole che compensavano una tecnica di gioco non certo eccelsa. Diana deviò leggermente la direzione dei suoi passi per cercare di avvicinarsi a loro, rischiando immediatamente di essere colpita dalla pallina impazzita, scoccata per errore a distanza siderale da uno dei due. La raccolse e li raggiunse, consegnandola.

"Scusami, ti ho preso in pieno, vero?"

"No no, ma ci sei andato vicino. Colpa mia, non mantenevo le distanze" rispose lei sorridendo. Poi riprese: "Adoravo anch'io questo gioco, ma ho rischiato di commettere omicidi o stragi con queste palline ed ho deciso di smetterla prima di uccidere qualcuno, ma devo ammettere che spesso mi torna il desiderio di giocare a racchettoni"

"Qui non ammazzeresti nessuno, la spiaggia è quasi deserta: se vuoi, una partita ve la concediamo, dovete solo pazientare che terminiamo il nostro match"

Diana mi guardò un istante, incrociando il mio sguardo d'intesa: "Perché no!? Accetto volentieri, voi continuate con calma, nel frattempo ci sistemiamo, magari non troppo vicino, vi vedo abbastanza pericolosi.."

Arretrammo di qualche metro, frontalmente all'approssimato rettangolo di gioco, ben distanti dalla traiettoria dei lanci abituali, piazzandoci ad una minima distanza dai loro asciugamani, ai quali Diana affiancò i nostri con cura e precisione. Mentre piantavo l'ombrellone mi fissò sussurrandomi: "Carini, non c'è che dire: iniziamo proprio al meglio".

Si liberò della maglietta, esibendo uno dei miei regali dell'anno precedente che non aveva avuto il tempo di indossare: il reggiseno blu a tinta unita, legato troppo morbidamente: il suo capezzolo destro sbucò all'istante, approfittando dello scarsissimo contenimento del triangolino. Diana se ne avvide ma non accennò a ricomporsi. Spalle ai ragazzi sfilò i suoi pantaloncini di jeans, mostrando il perizoma blu molto generoso. I giovanotti non si accorsero dello strip-tease, completamente immersi nei loro vigorosi passaggi.

"Vado a sentire l'acqua". Si avviò verso la battigia, posizionandosi a riva, equidistante dai due giocatori: "Ma insomma, chi sta vincendo dei due?" chiese ad alta voce, mentre una delle sue tettone straripava sempre di più dal cedevole reggiseno, con areola e capezzolo completamente in mostra. Senza guardarla, risposero che erano quasi alla pari e che stavano giocando da ormai un'ora. "Allora, visto che la partita è così equilibrata, penso che avrò tutto il tempo per fare un bagno, sempre che l'acqua non sia troppo fredda". Si voltò di spalle, esibendo il suo minuscolo perizoma, poi si piegò in avanti per raccogliere un po' d'acqua tra le mani, spargendola su spalle e petto. Una brevissima pausa permise ai giovani di notarla in tutta la sua sensualità, con il suo culo spudorato a completa disposizione dei loro occhi. Si girò di nuovo, la sua tettona destra continuava a fuoriuscire quasi completamente dal triangolino del reggiseno. Uno dei ragazzi, fissando le sue tette, esclamò con brio: "Non deconcentrarci troppo, mi raccomando, dobbiamo finire la partita in maniera regolare, senza distrazioni..." Diana finalmente finse di accorgersi dell'evidente sconfinamento del suo seno e si coprì in fretta: "Scusatemi, ma queste due sono ribelli ed indisciplinate da sempre, ormai mi sono arresa e rassegnata, tant'è vero che le tengo libere quando posso, prima che si liberino da sole come appena accaduto".

I ragazzi risero di gusto e ripresero la loro partita, senza rinunciare ad un reciproco e divertito sguardo di approvazione. Diana entrò in acqua per un breve bagnetto, prima di tornare all'asciugamano. Gli occhi dei due amici puntarono con decisione il suo sedere durante il suo percorso di ritorno. Si fermò in piedi per asciugarsi davanti al nostro ombrellone, poi si girò, ridusse e radunò entrambi i triangolini del reggiseno, li strizzò con vigore, consentendo alle sue tette di mostrarsi nuovamente, a turno, prima di ricoprirle con indifferenza. Si sdraiò a pancia sotto sull'asciugamano, snodando entrambi i lacci del reggiseno, che ripose sul bordo alto del telo. Completata l'asciugatura posteriore, mi chiese di spalmarle la crema. I ragazzi giocavano ancora con foga ed irruenza. Iniziai da spalle e braccia, prima di concentrarmi al millimetro sulla schiena, senza tralasciare i fianchi e lateralmente i seni. Proseguii con i polpacci per poi immergermi nel suo sedere che cosparsi abbondantemente e con passione. Le sue gambe si aprirono, subito ne approfittai per massaggiare il suo interno coscia fino a sfiorare la sua fica, sempre più ostinatamente. Diana si sollevò quel tanto che bastava a
permettermi di intrufolarmi con la mano tra perizoma e passerina. Nonostante il bagno, la sua fica era rovente, spalancata, vogliosa. Emise qualche flebile gemito, attenta a non farsi sentire, prima di interrompermi bruscamente, "Amore, non siamo soli, ho tanta voglia ma non mi va di fare la pornostar, smettila per favore, fai il bravo"

Non avrei mai voluto ubbidire e continuai ancora per qualche secondo, senza subire ulteriori divieti, ma fui costretto a fermarmi quando constatai che la partita dei ragazzi era finalmente terminata. Poggiarono le loro racchette sulla sabbia con sopra i cappellini e gli occhiali da sole e si tuffarono in acqua per una opportuna rinfrescata. Poi di corsa uscirono e ci raggiunsero, sedendosi sui loro asciugamani: "Se volete, le racchette sono tutte vostre, divertitevi." I loro occhi miravano senza alcuna difficoltà il lato B di Diana, placidamente disteso a pochi centimetri. "Adesso no, vi ringrazio, semmai più tardi: mi sono appena rilassata dopo una camminata chilometrica e comincio anche ad avere fame". Guardò furtivamente i corpi dei ragazzi e poi i loro occhi, soffermandosi in particolare sulla colorazione azzurra che indubbiamente impreziosiva uno dei due, in assenza degli occhiali da sole. Fingendo i primi segnali di insofferenza al caldo, si alzò sui gomiti, offrendo una visuale imperdibile dei suoi seni penzolanti, frenati soltanto dallo sfioramento dei capezzoli sull'asciugamano "Scusatemi, non mi sono nemmeno presentata: mi chiamo Diana": coprendo parzialmente e con superficialità le tette con un avambraccio, si sollevò in posizione seduta e porse l'altra mano ad entrambi: Alessio e Simone comunicarono i loro nomi con cordialità. "Non ho pensato a distanziarmi un pò da voi, vorrete la vostra privacy se siete arrivati fin qui dove non c'è nessuno". I ragazzi la tranquillizzarono, pregandoci di rimanere. Non accorgendosi di mostrare i bordi di entrambe le areole, Diana continuò a scusarsi: "E' gentile da parte vostra, ma immagino siate una coppia, avete diritto anche voi alla vostra intimità". I giovani scoppiarono fragorosamente a ridere, negando con veemenza quanto supposto: "Ma quale coppia, stai scherzando? Assolutamente no, cosa te lo fa pensare?" Diana rispose che ad ingannarla era stata la loro collocazione isolata, nel tratto più deserto della spiaggia. I ragazzi non riuscivano a smettere di sghignazzare: "Guarda che ci siamo allontanati solo per poter giocare a racchettoni con tanto spazio a disposizione e senza disturbare nessuno". Scoppiai a ridere anch'io, cogliendo la palla al balzo: "Mostra le tette, almeno ti dimostreranno il loro orientamento". Diana non se lo fece ripetere, abbassò il suo avambraccio scoprendo le tettone, finalmente libere di muoversi ed esibirsi pienamente davanti agli occhi sbigottiti ed estasiati dei due ragazzi. "Dai loro sguardi mi sembrano etero senza ombra di dubbio", affermai ancora ridendo, "ma per sicurezza vi chiedo un giudizio su queste tette, vi piacciono?"

"Adesso, come minimo, per farti perdonare devi accettare il mio commento, tanto mi pare che il tuo ragazzo non è geloso. Allora: hai due tette fantastiche, grandi, perfette e molto molto libertine, mi piacciono da morire". Il suo amico confermò con schiettezza e determinazione.

"Ok ok, ho preso un abbaglio, che sarà mai!? Per scusarmi vi regalo una scenetta che sono costretta ad offrirvi, se voglio proteggermi" Prese il tubo di crema solare, riempiendo il palmo della mano sinistra, poi distribuì una parte del quantitativo anche sull'altro palmo e appoggiò delicatamente la crema sulla zona dei capezzoli, iniziando una sensuale spalmatura davanti ai loro occhi ammaliati: scese con le mani verso il basso per poi sollevare le tette, le liberò improvvisamente provocando un netto sobbalzo. Il movimento venne ripetuto altre due volte, poi compresse lateralmente entrambi i seni fino ad accostarli l'un l'altro, concludendo con un'applicazione più mirata e precisa ruotando più volte sui capezzoli con i rispettivi indici delle mani.

"Ecco, mi sono sdebitata, direi... che figura, ragazzi, scusatemi davvero!"

"Se questo è il tuo modo di farti perdonare, puoi sbagliare tutte le volte che vuoi" esclamò Alessio. Diana si alzò in topless e senza rivestirsi raggiunse la riva per sciacquare le mani unte di crema. Il suo sedere in piena esplosione ancora una volta rubò la scena a qualunque altro elemento naturale nelle vicinanze. Anche il ritorno all'ombrellone fu dominato da sensualità e desiderio che avvolsero il sottoscritto ed i due giovanotti, ipnotizzati dal ballo inarrestabile e sontuoso delle tettone lucide, ancora prive di abbronzatura ma senza alcun segno bianco.

"Adesso direi di mangiare, abbiamo fatto tardi: la partita la rimandiamo a dopo, ci aiuterà a digerire più velocemente" Anche i ragazzi prelevarono i loro panini dallo zaino, addentrandosi nel pranzo più erotico che si potesse immaginare, quasi a contatto con due magnifiche tette nude, esibite con orgoglio e disinvoltura da una distanza irrisoria.

Ci conoscemmo meglio durante la consumazione del pasto: entrambi diciannovenni, amici di quartiere, in cerca di un lavoro stabile, Alessio e Simone abitavano nelle vicinanze e frequentavano spesso quella spiaggia, sulla quale noi eravamo invece approdati per la prima volta. "Non vi abbiamo mai visto, se foste già venuti sarebbe stato impossibile non notarvi, è ovvio. Capirete: un corpo del genere non passa certo inosservato..."

Diana, ringraziando, spiegò invece di preferire posti isolati per evitare sguardi fastidiosi, ma contestualmente ammise di sentirsi a suo agio in topless davanti a persone giovani e di provare "un pizzico di piacere" nel sentirsi apprezzata dai ragazzi, grazie anche alla mia complicità e al mio benestare.

"Insomma, giochiamo? Cosa stiamo aspettando!? Avete forse paura di fare una figuraccia con una ragazza più forte di voi!?" Diana si alzò all'improvviso e afferrò una racchetta e la pallina, ignorando nuovamente il suo reggiseno.

"Se giochi in topless vinci di sicuro, non vale", affermò Alessio fissandola con bramosia.

"Beh, un vantaggio devi concedermelo: sono anni che non gioco, spero almeno di riuscire a distrarti"

"Ma non giochi con il tuo ragazzo?

"Vuoi fare l'arbitro? O meglio ancora lo spettatore? Certo certo, mi immagino cosa guarderesti... vieni a sfidarmi invece, voglio iniziare proprio da te, poi ti daranno il cambio"

L'aggettivo "arrapante" non basta a descrivere quei lunghissimi minuti sulla battigia, nei quali le tette di Diana divennero bombe impazzite, irrefrenabili, prive di qualunque scrupolo o vergogna. Mentre assistevo al match, mi accorsi casualmente, con la coda dell'occhio, di strani movimenti di Simone che appoggiava la mano sul membro, toccandosi dapprima con moderazione, poi sempre più intensamente.

Finsi di concentrarmi sulla partita molto combattuta: Diana non sembrava affatto arrugginita e pareva non aver perso minimamente abilità e dinamismo, oltre a una spiccata scioltezza nei movimenti che oltretutto permetteva alle sue tette di schizzare incontrollate ad ogni scambio. Le espressioni sul volto del suo avversario erano spesso eloquenti ed inequivocabili, specialmente nelle pause di gioco, quando i suoi occhi puntavano con sfacciataggine e risolutezza le tettone di Diana, la quale lo lasciava guardare con tranquillità, esibendo pose marcatamente sexy e provocanti.

Purtroppo, dopo circa un quarto d'ora, il peso e lo sbattimento dei suoi seni iniziarono a sfiancarla ed incomodarla:" Amore, passami il reggiseno, per favore, non ce la faccio più, è massacrante giocare in topless". A malincuore la raggiunsi, aiutandola ad annodarlo a dovere. Simone si alzò qualche secondo dopo di me, raggiungendo frettolosamente la riva e si tuffò in acqua alla velocità della luce. Il suo non sembrò un bagno vero e proprio: dalla sua postura e dai suoi leggeri sfregamenti immaginai si fosse macchiato nel concludere la sua masturbazione e stesse cercando di sciacquarsi il più possibile affinché nessuno si accorgesse del suo sperma.

La partita proseguì ancora per diversi minuti, perdendo ovviamente d'interesse e di erotismo, ma spostandomi alle spalle di Diana, colsi l'occasione per ammirare ogni balzo o piegatura del suo sedere in bella mostra. L'esaurimento di energie costrinse Diana a ritirarsi mentre era addirittura in vantaggio, vendendo cara la pelle e facendosi valere anche dopo essersi rivestita.

Slacciò nuovamente il reggiseno, poggiandolo sopra la racchetta sulla battigia ed entrò in acqua in topless, avvicinandosi a Simone, seguita come un'ombra anche da Alessio. Il suo mezzobusto affiorante, arricchito dallo spessore dei suoi turgidi capezzoli, catturò inevitabilmente l'attenzione dei due giovanotti, che la fissarono contemporaneamente, in maniera sempre più assidua e sregolata. L'espressione di Diana sembrava compiaciuta, guardò per un attimo le sue tette mentre confabulava qualcosa, sorridendo con sguardo malandrino; poi le strinse con le mani, riducendo maggiormente la già minima distanza dai due ammiratori con qualche passo in avanti. Si immerse in acqua fino al collo, afferrò prima la mano di Alessio, poi quella di Simone e le guidò con decisione sulle sue tettone nascoste dall'acqua. Diede un'occhiata in giro per verificare di non essere osservata da nessuno, poi guardò negli occhi i ragazzi, ormai incollati ai suoi seni, alle mie spalle e senza alcuna intenzione di mollare.

Il momento di grazia durò ancora qualche secondo, poi Diana riemerse in tutta la sua prorompenza ed uscì con calma dall'acqua, raggiungendo la riva. Raccolse il suo reggiseno e venne a sdraiarsi, a pancia in su. I due amici si trattennero ancora a mollo, prima di raggiungerci. Mirarono il seno di Diana, che si abbronzava al sole, ad occhi chiusi. Simone prelevò il suo orologio dalla tasca laterale dello zaino: "Cavolo, Alessio: sono quasi le quattro e mezza, dobbiamo andare"

Si distesero sui loro teli, per potersi asciugare più rapidamente, senza disdegnare qualche sporadica occhiata in direzione delle tettone al vento di Diana. "Prepariamoci anche noi, dobbiamo ripercorrere tutto il sentiero, mamma mia, mi sento stanca al solo pensarci." Si sollevò, iniziando a rovistare nella sua borsa. Prelevò il costume di ricambio, uno dei suoi vecchi mutandoni: "Devo cambiarmi il pezzo sotto, è ancora troppo bagnato" I ragazzi drizzarono le orecchie e tornarono all'unisono in posizione seduta, con la scusa di doversi rivestire. Diana attese che i riflettori fossero nuovamente puntati su di lei, sfilò il perizoma aprendo le gambe proprio sulla loro traiettoria visiva. Rimase per circa un minuto con la fica spalancata al sole nel tentativo di asciugarla, mentre i due ammutoliti e meravigliati ammiratori cominciarono ad apparire in evidente difficoltà nel controllarsi. Appoggiò le mani a terra, avanzando i seni e divaricando ulteriormente le gambe per interminabili istanti. Poi si rivestì con calma e lentezza, inducendo anche noi a ricomporci per riprendere il cammino inverso. Percorremmo insieme il lungo sterrato, ripromettendoci di incontrarci nuovamente sulla stessa spiaggia per un mini torneo di racchettoni, al nostro ritorno dalla Sardegna.
Il racconto più bello .
 
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L'effervescenza organizzativa di Diana fu davvero strabiliante. Raramente mi era capitato di vederla così pimpante e radiosa; la sua abnegazione nei preparativi alle vacanze esaltava uno stato di grazia a livello emotivo e mentale di cui mi stavo innamorando follemente.

Desideravo con ardore che la sua esuberanza, il suo coinvolgimento ed il suo entusiasmo e non si esaurissero mai più: ero stanco di combattere contro una quotidianità infarcita di ombre, arrendevolezza e tetraggine, radicate senza motivo nella sua indole. Soltanto giovani occhi maschili in spiaggia, colmi di ammirazione e di desiderio riuscivano talvolta a renderla partecipe, splendente e briosa.

Ma occasionali lampi rilucenti, alla lunga, non sarebbero più bastati ad affrontare un eventuale futuro insieme che fosse stabile, appagante e duraturo. Non ritenevo normale né corretto che la ragione predominante della mia fedeltà e della mia venerazione nei suoi confronti fosse la sua trasgressiva disinvoltura al mare. Sognavo che il suo fondo di tristezza, di insoddisfazione e di grigiore sparissero tutto l'anno a favore di un diverso approccio alla vita, che sconfiggesse il suo lunatico scontento, il suo male di vivere e la sua preoccupante vecchiaia interiore a soli 25 anni, che sfociava sovente in segnali di allarmante misantropia.

La carenza di risorse finanziarie e delle giuste compagnie di gioventù non aveva mai permesso ad entrambi di pensare alla Sardegna o di allontanarci nettamente da casa sforando il canonico budget: il solo varcare la rampa di accesso al traghetto ci aprì le porte di un nuovo universo. Non eravamo mai saliti su una nave così imponente: ne perlustrammo ogni ambiente durante il viaggio, con gli occhi curiosi e meravigliati di due bambini che si affacciano al mondo, scoprendolo per la prima volta. Ci commuoveva la consapevolezza di aver raggiunto un traguardo se, guardandoci indietro, ripensavamo alla nostra infanzia dignitosa ma disagiata, piena di austerità e di negazioni, nella quale avevamo subìto le conseguenze delle gravose ed inevitabili rinunce delle nostre famiglie, ma anche le ripercussioni della loro inattesa pigrizia e monotonia, quando sarebbe stato possibile raccogliere i frutti dei loro sacrifici, concedendosi qualche minima soddisfazione vacanziera che scalciasse il motto "stessa spiaggia, stesso mare" per lustri o decenni.

La Sardegna ci accolse all'imbrunire, scatenando dentro di me un autentico colpo di fulmine: un amore puro, totale, istintivo. Mi sentii avvolto in un abbraccio salvifico e consolatorio, che stimolava i miei sensi, rispolverandoli in tempi miracolosi da anni di stress, di smog, di ritmi frenetici fino all'assurdo.

Fu sufficiente abbassare i finestrini dell'auto, appena imboccata la vecchia statale 125, per iniziare a sognare una vita diversa: aria limpida, profumata da arbusti di piante aromatiche spontanee, che sprigionavano intensamente la loro essenza, sagome di montagne brulle e superbe, adornate da una variegata e sparuta macchia mediterranea, cento chilometri percorsi con un crescente senso di libertà e di estasi, incrociando sei o sette automobili al massimo. Un altro mondo, un'altra dimensione.

Varcato il confine del paese di Dorgali, contattai come da accordi la proprietaria dell'appartamento prenotato, con la quale concordammo un punto d'incontro nei pressi dell'entrata di un supermercato, qualche centinaio di metri più avanti. Ci salutammo con misurata cordialità: "una parola è poca, due son troppe": uno dei luoghi comuni che da sempre contraddistingueva il popolo sardo nel mio immaginario non si discostò poi molto dalle mie impressioni iniziali, che però furono presto smentite, quando, appena giunti al parcheggio della casa, potemmo conoscere e conversare più tranquillamente con la signora e suo marito, una coppia sulla cinquantina, due straordinari esempi di fierezza, di dignità, di spirito di conservazione e di difesa del proprio territorio, uniti ad una profonda umanità e da un altruismo celato solo da una maschera di distacco ed ostilità che scomparve quasi immediatamente di fronte al nostro rispetto, alla nostra educazione ed alla nostra umiltà.

Un accecante bagliore mi risvegliò il mattino seguente da un sonno profondo: il sole sembrava quello di mezzogiorno, ma focalizzando l'orologio mi accorsi che erano appena le cinque e mezza: non ero abituato alle persiane e provai subito l'unica grande nostalgia della vacanza: quella per le mie amate tapparelle, che nella mia cameretta serravo fino all'ultimo spiraglio pur di bloccare il passaggio al minimo raggio di luce. Diana dormiva beatamente, avvolta nella sua inseparabile coperta di pile che non aveva rinunciato a mettere in valigia.

Evitando di far rumore, mi alzai quatto quatto e uscii in giardino: finalmente potevo ammirare la Sardegna alla luce del giorno, con i suoi colori ed i suoi tratti bordati da una calma e mirabile striscia di mare all'orizzonte. L'impatto di Diana con il primo buongiorno in Sardegna fu suggellato da un sorriso sereno e sorridente, nonostante il suo volto ancora assonnato quando, dopo qualche ora, spuntò in giardino, spezzando la mia concentrazione dagli appunti e dai percorsi delle spiagge da visitare.

La scissione dalla sua adorata e fedele coperta consentì un panorama delle sue tette libere e ballonzolanti sotto il pigiama di cotone bianco, che grazie alla luce del sole lasciava ben intravedere i lineamenti del suo seno.

La fatica per il viaggio, tardivamente, si era fatta sentire: "Che stanchezza: oggi ho bisogno di rilassarmi, altrimenti crollerò ancor prima di cominciare: magari visitiamo senza fretta il paese, ci fermiamo a mangiare qualcosa sulla spiaggia più comoda e vicina e nel pomeriggio con calma andiamo a fare la spesa, dovremo pur mangiare!!"

Vedere Diana girovagare per casa in bikini fu un'emozione nuova e stimolante, specialmente nei movimenti che la costringevano a curvarsi in avanti: il costume rosa a fantasia regalatole l'anno precedente, che indossava per la prima volta, non era dei più succinti ed il perizoma moderatamente coprente era quasi paragonabile ad una moderna ed audace brasiliana. Tuttavia poter ammirare il suo sedere in bella mostra, baciato dai raggi di sole che penetravano dalle finestre spalancate, mi arrapava parecchio. Peccato che la casa fosse posizionata in una zona molto tranquilla ed isolata: mi sarei eccitato e non poco se qualcuno, passando, si fosse distratto casualmente spiando dalla strada le promettenti esposizioni posteriori di Diana.

Il concordato rallentamento dei ritmi giornalieri provocò un'uscita di casa molto ritardata, dopo una lenta colazione, una lenta pulizia, una lenta selezione di vestiti da indossare. Cala Gonone, graziosa frazione balneare di Dorgali, fu visitabile in pochi minuti, ancora dormiente: negozi chiusi, poco movimento di auto e persone sul corso principale: al contrario la spiaggia confinante accoglieva un discreto numero di persone, tanto da sembrare gremita in alcuni punti, viste le dimensioni abbastanza esigue in larghezza e la presenza di qualche stabilimento semideserto che occupava ampi tratti di arenile.

Decidemmo di pranzare in una delle trattorie su strada che si affacciavano sulla spiaggia, deliziando innanzitutto i nostri occhi con le meravigliose sfumature del mare e il vivido contrasto cromatico tra sabbia ed acqua.

"Mi sento debole, forse è stato il cambiamento d'aria o il viaggio a stancarmi, eppure ho proprio voglia di farmi un bagno in quell'acqua e di sdraiarmi su una sabbia così chiara e soffice. Oggi abbi pietà di me, vorrei solo mettere la testa sotto l'ombrellone e schiacciare un pisolino, non mi sembra la spiaggia adatta per fare altro, troppo frequentata e troppo sulla strada". A malincuore la rassicurai, fingendo altrettanta fiacca. Dopo un ottimo pranzo, prelevai l'ombrellone e la borsa dalla macchina e passeggiammo sul lungomare alla ricerca di un tratto più tranquillo ed adatto al riposo. Le presenze non erano poi così numerose a ben vedere: Diana non volle spingersi alla fine della spiaggia, fermandosi dopo pochi metri. Mi pregò di occuparmi della sistemazione degli asciugamani e dell'ombrellone ed iniziò a liberarsi stancamente dei vestiti. La sua debolezza affievoliva anche la sua consueta sensualità: tuttavia il suo perizoma, nonostante le dimensioni non proprio ridottissime, spiccava nettamente rispetto a una miriade di mutandoni disseminati un po' ovunque. Temendo una congestione, si bagnò frettolosamente prima di distendersi a pancia sotto, con la testa in ombra. Ricordò di slacciare il reggiseno quando ormai avevo perso ogni speranza, si alzò sui gomiti e lo sfilò, strizzandolo prima di accantonarlo lateralmente. Per qualche secondo potei scorgere i suoi capezzoli e la sagoma delle sue tette, che vennero immancabilmente notate anche dai pochi presenti, nessuno dei quali troppo giovane. Le spalmai la crema sulle spalle, sulla schiena, sui glutei e sulle cosce. Poi crollò, incollandosi al suo telo e si abbandonò ad un sonno profondo.

Frequenti passeggiatori in cerca di digestione si alternarono per tutto il primo pomeriggio sul bagnasciuga, puntando dritti i loro sguardi sulle natiche al vento di Diana, fin troppo scoperte e svergognate per abbronzarsi sulla spiaggia principale di un paesino, in pieno centro. Anche dalla strada notavo insolite e prolungate soste maschili, che casualmente avevano luogo nel punto esatto dal quale si poteva godere la migliore traiettoria panoramica del suo culo in mostra. Intorno alle cinque iniziai ad avvertire un crescente brulicare proveniente proprio dai negozi, che evidentemente cominciavano ad aprire. In contemporanea molte persone si ricomposero e abbandonarono la spiaggia, che finalmente cominciò a svuotarsi, sprigionando la sua naturale ed autentica bellezza.

Dopo tre ore di sonno e di immobilità, Diana iniziò a manifestare i primi cenni di risveglio, muovendosi frequentemente a scatti con le spalle e la schiena. Senza aprire gli occhi si girò d'improvviso, continuando a dormire inconsapevole delle conseguenze. Le sue tettone giunoniche dominavano la scena ed il panorama dall'alto. Il bordo strada ed alcune staccionate, che in alcuni tratti segnavano il confine tra spiaggia e passeggiata, divennero fermate obbligate per decine di increduli ammiratori che si susseguirono per più di mezz'ora, gustandosi un panorama imperdibile. Per contro la tranquillità della spiaggia aveva preso il sopravvento: intorno a noi si era ormai creato un vuoto, le passeggiate sulla battigia si erano interrotte e nessuno si cimentò a gustarsi più da vicino un topless rigoglioso e conturbante.

Intorno alle sei e mezza Diana aprì gli occhi, coprendosi istintivamente le tette al vento: "Ma non mi dici niente, potevi svegliarmi o coprirmi almeno, avrò dato spettacolo...". La tranquillizzai informandola che nessuno l'aveva notata e che la spiaggia si stava svuotando ancor prima che lei si girasse. Si guardò intorno ed alle spalle, tranquillizzandosi. Poi prese con calma il reggiseno ormai asciutto, si sollevò in posizione seduta e lo indossò nuovamente: "Mi sento già meglio, avevo un gran bisogno di riposare. Scusami amore, ti ho fatto annoiare già dal primo giorno..." "Non ti preoccupare, ora ci prendiamo un gelato, facciamo un pò di spesa e ce ne torniamo a casa". Tutta un'altra storia Cala Gonone di pomeriggio: piccole botteghe aperte di souvenir , di prodotti tipici e di artigianato locale, un'ottima gelateria, qualche bar o localino che apriva i battenti con educato sottofondo musicale, tanta gente sul corso a passeggiare, camerieri che apparecchiavano le tavole dei ristoranti lungomare, in attesa di accogliere turisti per la cena: tutto a misura d'uomo, senza eccessi, confusione o mondanità.

Il piccolo e polveroso parcheggio antistante la casa era occupato al nostro arrivo soltanto da uno scooter smarmittato e malconcio a motore acceso, posizionato talmente male da impedire qualunque manovra. Rinunciando a sostare in via definitiva, scesi dalla macchina per scaricare le buste della spesa. Diana mi anticipò: "Intanto vado a farmi una doccia". Appena varcato il piccolo cancello pedonale, quasi ci scontrammo con un abbronzatissimo e sbarbato giovanotto in costume ed infradito, con un mazzo di chiavi ed una scatola di attrezzi da lavoro tra le mani: "Scusate, ho lasciato il motorino in mezzo, lo sposto subito". Lo ringraziammo chiedendogli chi fosse: "Sono il figlio dei proprietari, mi chiamo Luca"...
 

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