La Prof di inglese

CharlotteS

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Ciao ragazzi! Eccovi un'altra anteprima del mio libro erotico, spero sia di vostro gradimento :)



La prima vera esperienza con il sesso femminile risale al viaggio di studio che feci in Regno Unito. Avevo già dato un bacio ad una mia fidanzatina, ma era uno di quei baci dati per forza, per non sfigurare davanti agli amici. Un bacio senza importanza, senza sentimento e soprattutto senza alcun coinvolgimento emotivo. La gita scolastica del liceo fu davvero una tempesta di emozioni, la prima volta in cui ebbi un vero contatto con una donna. Il programma prevedeva l'arrivo della classe a Birmingham e poi la suddivisione dei ragazzi in coppie, che avrebbero dovuto vivere per cinque giorni da veri inglesi, presso famiglie del posto.

Io sarei dovuto andare con il mio amico Nicolas, eravamo elettrizzati ed eccitati per questo viaggio, essendo maggiorenni infatti avremmo potuto tranquillamente trascorrere le serate in libertà al pub. Insomma, nella nostra immaginazione quella sarebbe stata una vera vacanza, altroché studio. La mattina della partenza mi presento allegro e motivato di fronte alla scuola, lì arrivò una vera e propria mazzata. Di Nicolas non c'era nemmeno l'ombra. Lo abbiamo atteso a lungo, lo chiamai al telefono un'infinità di volte, senza successo. Nel frattempo l'autista del pullman ci ravvisava del ritardo e le professoresse erano visibilmente irritate! Dopo numerosi tentativi mi rispose sua madre, mi disse che Nicolas era stato male tutta la notte, probabilmente per un virus intestinale.

Quella notizia mi aveva spezzato le gambe. Sarei dovuto andare da solo in una famiglia di perfetti sconosciuti, in una città tutt'altro che suggestiva come Birmingham. L'intero viaggio, dapprima in pullmann e poi in aereo, lo affrontai con la morte nel cuore. Una delusione totale. Mi sentivo come un bambino a cui è stato promesso il parco giochi, salvo poi essere dirottato dal dentista.

Atterrati sul suolo inglese, saliamo nuovamente su un pullman, che ci trasporta presso un parcheggio del centro cittadino in cui le famiglie assegnate ci sarebbero venuti a prendere e ci avrebbero portati nelle varie case. Siccome al peggio non c'è mai fine, pioveva. Dunque me ne stavo assieme ad altri due ragazzi sotto il loro ombrello, subendo la loro gioia e felicità, le loro aspettative per la famiglia, mentre io, sconsolato, pensavo alle tristi serate che avrei trascorso da solo. Col passare dei minuti, le coppie di ragazzi e ragazze venivano raggiunti dalle famiglie, mentre io continuavo a giacere sotto la pioggia, ormai anche sprovvisto di un ombrello. Arrivò persino l'autista delle professoresse, ma dei miei genitori adottivi, nemmeno l'ombra. La situazione mi stava esasperando, avrei voluto sinceramente e con tutto me stesso tornarmene a casa. Ad un tratto, quando rimanemmo soltanto tre studenti, la mia prof di inglese, la Esposito - una donna incredibilmente bassa, bionda e sulla sessantina, con volto ripugnante - mi disse: <<Mark, abbiamo telefonato ai tuoi Hosting parents ma non rispondono.>>
A quel punto rimasi davvero sconsolato, chissà per quante ore avrei dovuto attendere sotto la pioggia e al freddo l'arrivo di questi fantomatici genitori. Il tempo passava, rimasi soltanto io con le professoresse, un vero divertimento!
Dopo altre mille telefonate non andate a buon fine, anche le insegnanti si spazientirono: <<Vabbè, la famiglia non arriverà più Mark>>.

Il viaggio che doveva essere una vacanza si stava trasformando in un incubo!
<<Che vuol dire che "non arriverà più" ? Devo cercarmi un albergo?>> le professoresse risero: <<Ma no! Quale albergo, verrai con noi! Per tua fortuna abbiamo deciso di affittare una casa anziché prendere delle stanze d'albergo.>>
Wow, grandioso. Che fortuna eh! Una bella vacanza sorvegliato a vista dalla prof. Esposito mi fece iniziare a rivalutare la solitudine nella host family, feci alla disperata un ultimo tentativo di persuaderle ad aspettare ancora: <<Ma Prof. È sicura? Credo che arriveranno prima o poi...>>

<<Mark non abbiamo voglia di passare la notte sotto la pioggia, non arriverà nessuno, avranno avuto degli impedimenti.>>

Dunque, mestamente, strusciai la mia valigia sino all'auto. Caricammo i bagagli sul taxi e partimmo in direzione di questa fantomatica casa. Avevo ricevuto l'onore di sedere nel posto davanti, oltre alle solite chiacchiere di cortesia in lingua inglese, delle quali capivo poco o niente, sentivo borbottare le prof dietro di me. Cercai di tendere l'orecchio e percepire qualche parola.

<<La casa ha tre stanze... Come facciamo con il ragazzo? Dove lo mettiamo a dormire? >>
<<Speriamo ci sia un materasso, dormirà per terra>>
<<Non possiamo mica lasciarlo in corridoio! >>
Ad ogni modo, ero veramente sconsolato, che schifezza sarebbe stata trascorrere pure la notte con la Esposito!? Non erano sufficienti le lunghissime ore in classe!?
Giungemmo a destinazione, aspettammo ancora qualche minuto, questa volta il proprietario della casa. Quando arrivò, mi fecero posare la valigia ed attendere sul pianerottolo mentre si accertavano che fosse tutto in regola e funzionante. Il proprietario fu avvisato dell'incoveniente e del fatto che ci fosse un ospite in più, da parte sua disse che non c'erano problemi dato che la casa era da cinque persone e non desiderava alcun soldo in più.

La prof Esposito chiese un materasso, il proprietario borbottò tra sé e sé e dopo aver camminato un po' in cerchio si diresse verso il sottotetto. Tirò fuori un materasso malconcio, bestiale. Neppure il mio cane avrebbe dormito su quel giaciglio. Era impolverato, ingiallito e cosparso di macchie. La casa era molto carina, il pavimento era in parquet, intervallato da qualche tappeto e da alcuni angoli della casa ricoperti dalla moquette.

Appena entrati in casa ci si trovava in un piccolo corridoio, a destra c'erano le scale per accedere al piano superiore, mentre percorrendolo dritto si arrivava nella stanza principale, che fungeva da salotto ma anche da sala da pranzo e da cucina. Non c'era neppure un divano su cui potessi dormire, soltanto una piccola poltrona in pelle. Alla destra del salotto si trovavano due porte, precedute da un breve corridoio. Una porta si apriva sulla camera da letto matrimoniale del piano, mentre un'altra dava accesso ai sanitari. Le altre due stanze erano al piano superiore ed avevano un bagno dedicato, me lo raccontarono, ma io non avevo alcuna voglia di fare un tour completo della casa.



Uscimmo a mangiare qualcosa. Per sollevarmi il morale mi portarono a cena in un ristorante italiano, almeno avrei potuto gustarmi una pizza!
Oltre alla raccapricciante prof Esposito, c'era una professoressa di sostegno, che mi era abbastanza indifferente. La terza prof, anch'essa una teacher, era la Terlizzi, insegnante del corso D, una bella donna, molto sexy. Aveva poco meno di cinquant'anni. Era bionda, con una carnagione accesa. Gli occhi color nocciola, un naso non piccolo, ma scosceso e dai lineamenti dolci, che si incastrava alla perfezione con il suo viso paffuto. Il rossetto rosso non mancava mai, ad abbellire le labbra carnose. Indossava un vestito nero, con una piacevole scollatura, che lasciava esposto il suo seno voluminoso, mostrando il cleveage, la linea in cui si univano le tette. Sopra il vestito una giacca elegante, anch'essa di colore nero. Al di sotto della cintura stretta in vita, che le cingeva i grossi fianchi, il vestito si estendeva fino a poco sopra il ginocchio. Aveva le gambe scoperte ed era incomprensibile come delle gambe così perfette potessero sottostare ad un fisico così corpulento. I polpacci erano torniti, il piccolo tratto di coscia che si intravedeva era muscoloso e tonico. Ai piedi indossava un paio di scarpe nere e lucide, con un tacco vertiginoso che sapeva portare, perciò, nonostante potesse apparire volgare, le conferiva invece un aspetto elegante, era la classica "ciliegina sulla torta". Portava una collana di perle che andava a cadere proprio nella scollatura, mentre ai polsi indossava diversi braccialetti, dai più pacchiani e sportivi ai più eleganti e costosi. Le mani, segnate dallo scorrere del tempo, erano ruvide e rovinate sul dorso, incise da piccole rughe. Lo smalto rosso fiammeggiante che portava sulle unghie perfettamente curate, donava alle sue mani un aspetto assai gradevole.

Durante la cena comunicai alle professoresse che piuttosto che dormire sul materasso che mi avevano predisposto nel corridoio, avrei dormito per terra. Inizialmente risero di gusto, tentando di convincermi a desistere, poi però, senza darmi troppa attenzione, mi dissero che avrei potuto fare come desideravo. Inizialmente mi sentivo un intruso, stavo sulle mie, ascoltando i loro discorsi noiosi e banali. Successivamente, invece, ho avuto l'impressione di essere come un'attrazione, o per meglio dire, una distrazione.

Mentre la Esposito continuava ad importunarmi con domande tediose riguardanti il mio andamento scolastico, la Terlizzi e l'altra collega mi chiedevano cosa facessi nella vita, quali fossero i miei interessi. Mi sentivo tutto sommato apprezzato. Probabilmente perché piuttosto che parlare tra di loro avrebbero taciuto tutta la sera, ma comunque non mi dispiaceva avere qualche attenzione.

Nonostante ci mettessi tutta la buona volontà e cercassi di evitarlo con tutto me stesso, per scongiurare l'eventuale imbarazzo di essere beccato a sbirciare, l'occhio mi cadeva di frequente sul seno della Terlizzi. Era seduta direttamente davanti a me, col suo grosso seno poggiato sul tavolo. Ero talmente vicino che potevo squadrare i dettagli della sua pelle, le piccole grinze e i cambiamenti di colore che la contraddistinguevano. Non volevo fare brutta figura, ma era più forte di me. Il mio sguardo cadeva sulla sua scollatura ed ogni volta avrei desiderato non staccare più gli occhi da lì, erano ipnotiche. Bramavo di immergermi tra quelle morbide tette, ma come diavolo facevano i suoi studenti alle interrogazioni alla cattedra?
Avevamo finito di mangiare, approfittando del WiFi della pizzeria, stavo chattando sul telefono, maledicendo Nicolas per avermi lasciato solo. Mentre le professoresse parlavano tra loro del programma della giornata di domani, decisi di sfruttare il momento per gustarmi il seno della prof un po' più a lungo. Osservavo le sue tette dondolare mentre parlava, ondeggiavano in maniera sublime, le vedevo stringersi e distanziarsi a seconda dei movimenti che faceva, ero totalmente assorto. Finché non voltò lo sguardo verso di me e mi colse in flagrante! Con un brusco movimento sollevò la scollatura del vestito e posò lo sguardo su di me. Io timidamente alzai gli occhi, incrociando i suoi. Non mi stava guardando con cattiveria o rimprovero, come mi sarei atteso, bensì mi osservava indifferente. Magari non se ne è accorta, pensai - oppure le ho fatto una bella impressione e non vuole rovinare la mia vita scolastica con la Esposito. Ad ogni modo, riconobbi di aver fatto una pessima figura.

Durante la breve camminata per tornare a casa, ribadii che avrei dormito sul tappeto del salotto, la Esposito mi informò che lei e la collega avrebbero occupato le stanze al piano di sopra, mentre al piano terra ci sarebbe stata la Terlizzi. Non che mi importasse più di tanto, il solo fatto di essere andato sino a Birmingham per dormire su un tappeto mi faceva ribollire il sangue e rattristare.

Inoltre avrei dovuto condividere il bagno con la prof. Terlizzi, le proposi cortesemente di usufruirne per prima, ma lei con gentilezza mi disse che avrei potuto usarlo prima io.

Dunque, giunti a casa mi cambiai in pochi minuti. Indossai un paio di pantaloncini e la maglietta del pigiama, poi mi accomodai sul tappeto del salotto, con una coperta per riscaldarmi. Inutile sottolineare quanto quel tappeto grigio puzzasse di vecchiume e di polvere, meditai di dormire sul pavimento. Dopo qualche istante la prof. uscì dalla sua stanza. Mi guardò con pietà e compassione mentre giacevo sul tappeto, e si lasciò sfuggire una risatina. Si diresse verso il piano superiore e chiese alle colleghe se avessero potuto prestarle un pigiama in più. Non c'era fine a quella giornataccia! Non bastavano le giornate in classe, dovevo sorbirmi le grida delle mie professoresse anche prima di dormire!

Morale della favola, nessuna delle due colleghe aveva alcun pigiama in più da prestare, anche perché – pensai – quale pazzo per un viaggio di pochi giorni ne porta due?

La Terlizzi ritornò, dopo quel tentativo fallimentare e si recò per un istante nella sua camera, per ricomparire appena dopo. Mi chiese: <<Mark, vuoi dormire in camera? Dormo io per terra.>>

La sua voce era bassa ed estremamente dolce e soave, o almeno, così parve a me.

Era molto cortese da parte sua, ma non volevo recarle disturbo, non sarebbe stato corretto: <<No prof, la ringrazio ma non c'è bisogno.>>

<<Sicuro? Insisto. Mi dispiace troppo vederti così, non puoi dormire in quel modo, domani hai lezione e i tuoi genitori hanno pagato affinché tu impari. Devi essere riposato e dormire bene.>>

<<Ma no prof, stia tranquilla, non voglio disturbarla.>>

<<Come preferisci.>> mi rispose, troncando la conversazione. Forse ero stato troppo tagliente, ma non sarebbe stato corretto farla dormire per terra. Sentii scorrere l'acqua della doccia, mentre smanettavo sui vari social con il telefono. Vedevo gli altri ragazzi della gita divertirsi e fare serata, mentre io ero su un tappeto puzzolente e polveroso. La prof uscì dal bagno, rimasi esterrefatto. Indossava una vestaglia rosa, con rifiniture di colore fucsia, che svelava un reggiseno nero a balconcino esagerato. Il suo seno era compresso contro il petto, ad ogni minuscolo movimento sballonzolava da una parte all'altra in una danza frenetica. Sembrava che quelle tettone stessero per esplodere e strabordare da un momento all'altro. Si fermò per parlarmi, mentre io rimasi a bocca aperta, stregato dalla sua abbondanza.

<<Buonanotte Mark, per qualsiasi cosa non esitare a bussare.>> Detto ciò si voltò per rifugiarsi in camera da letto. Non avendo più alla mercé dei miei occhi il seno, posai la mia attenzione sulle sue gambe perfette e sul suo sedere. Era grosso, inspiegabile come potesse essere sorretto da gambe così toniche e sottili. Ad ogni passo che faceva le chiappone cadevano da una parte e dall'altra, ero completamente assuefatto. Si intravedevano, al di sotto della vestaglia, le mutandine nere, che guarnivano alla perfezione quel quadro erotico, prima di scomparire tra le due chiappe. Al di sotto della vestaglia era perfettamente visibile la forma di quel bel culo. Mi accorsi di essere eccitato, misi una mano nelle mutande e constatai di avere il pisello di marmo. Non avevo mai visto nulla del genere in tutta la mia vita.

Provai a prendere sonno, a riposarmi per la giornata dura che avevo affrontato. Era inutile, su quel tappeto scomodo sarebbe stato impossibile a chiunque addormentarsi, persino alla persona più narcotizzata del pianeta. Decisi, dunque, di andare a chiedere alla Terlizzi se avessi potuto dormire con lei, anche eccitato da ciò che avrei potuto vedere. Magari era senza reggiseno, bramavo all'idea di poter posare gli occhi su quelle bocce nude. Non avevo mai visto un paio di tette dal vivo, l'idea di vederle a quella prof mi faceva andare fuori di testa. Mi dovetti calmare qualche secondo. Ripensai alle disgrazie accadutemi in giornata, perché il solo pensiero delle tette della Terlizzi mi aveva procurato un'erezione. Attesi qualche secondo che il mio ormone si placasse, così finalmente presi coraggio. Nonostante montasse in me una certa ansia, mi diressi verso la porta e bussai due volte. Udii il letto cigolare, l'interruttore della luce premuto e lo scatto della maniglia della porta. Mi si parò davanti in tutta la sua bellezza, mi colpirono le sue labbra, private del rossetto. Erano di un rosa delicato, senz'altro meno appariscenti, ma più genuine. Capii in quel momento perché avesse chiesto un pigiama alle colleghe. La vestaglia rosa era aperta, messa di fretta. Oltre a quella, indossava un vestitino intimo da notte che copriva soltanto da metà coscia in sù, di tessuto nero. All'altezza dell'ombelico il tessuto nero coprente lasciava spazio ad un ricamo floreale in pizzo, che si diramava sulla parte alta unicamente sui seni, permettendo di vedere persino i capezzoli, nascosti appena da quei ricami sul tessuto trasparente. Le spalline erano unite al resto della camicia da alcuni strass. Rimasi senza parole, a bocca aperta, non potei fare a meno di squadrarla da cima a fondo, era bellissima. Poi, si accorse dei miei sguardi e chiuse la vestaglia rosa.

<<Mi scusi prof... Non riesco a prendere sonno>>

Lei rimase in silenzio per qualche secondo, mi guardava intensamente, sentivo il suo sguardo bucare i miei occhi e penetrarmi. Ero assolutamente perso, pensai di essermi innamorato, ero stato folgorato da quella visione.

Chissà che faccia avevo in quel momento, le sarò sembrato un ragazzino titubante ed impaurito. Fu lei a rompere il silenzio ed il mio incanto: <<Vieni, ho portato della camomilla.>>, dette queste parole andò verso l'angolo cottura, prese da uno scaffale la camomilla e dopo aver riempito due tazze, mise l'acqua nel microonde. <<Prof vuole che la prepari io?>> tentai di essere cordiale.

<<Tranquillo Mark, siediti pure che ora te la porto.>>

Mi accomodai su una delle sedie, seguivo con lo sguardo ogni suo movimento. Mi raggiunse, porgendomi la tazza. Si sedette al mio fianco, in quella cucina c'era soltanto un bancone ed una serie di sedie l'una accanto all'altra.

<<Allora? Com'è dormire per terra?>> mi domandò ridendo.

<<Impossibile... Le giuro che quel tappeto è marcio.>>

Continuò a ridere, ad ogni sua risata la vestaglia rosa si apriva, mettendo in mostra i suoi seni, coperti soltanto dal ricamo trasparente. Non potevo evitare che l'occhio andasse a guardare, cercavo di farlo senza essere beccato.

<<Non è male questa camomilla vero?>>

<<Molto buona prof, la ringrazio molto.>>

<<Non serve che mi ringrazi, nemmeno io stavo riuscendo a prendere sonno. Eppure domani dobbiamo alzarci presto.>>

Proseguimmo per qualche minuto a parlare del più e del meno, feci qualche domanda sulla città e sulla sua storia per ingraziarmela e poter continuare a sbirciare le sue rotondità il più a lungo possibile, finché, ad un certo punto , mi soffermai troppo a lungo a guardarla.

<<Mark>> mi redarguì. Abbassando il tono della voce bisbigliò: <<La devi finire di guardarmi il seno.>> Non sembrava arrabbiata, aveva un sorriso sul volto, non saprei dire se compiaciuto o compassionevole. Io arrossii completamente, mi stavo vergognando per la figuraccia appena fatta.

<<Quando una donna parla bisogna guardarla negli occhi, non in mezzo alle tette.>> Detto questo, si mise a ridere di gusto, mi posò una mano sul braccio e continuò: <<È una cosa normale, poi sono anche in tenuta da notte e può essere che attiri la tua attenzione.>>

<<Mi scusi prof>> soggiunsi, vergognandomi un po'.

<<Non preoccuparti>> mi disse <<Andiamo a letto.>>

Posammo le tazze nel lavandino e mi incamminai verso il mio spazio nel tappeto, ma la Terlizzi mi fermò: <<Vieni in camera, altrimenti lì non dormi nulla.>>

<<E' sicura prof?>> le chiesi, lei annuì con la testa.

Questa volta non me lo feci ripetere. Entrammo nella sua stanza, si sfilò la vestaglia e finalmente potevo vedere anche il dietro della camicetta da notte. Copriva a malapena il suo bel culone, qualche centimetro

delle chiappe spuntava dall'intimo, sfuggendo alla sua morsa e strabordando. Si mise sotto le coperte ed io feci lo stesso, mettendomi dall'altro lato. Mi faceva stranissimo essere nello stesso letto con una professoressa, mi eccitava a mille e contemporaneamente mi dava un pochino d'ansia. Dopo aver spento la luce, nella mia testa riecheggiavano le sue parole e l'immagine del suo seno sballottato da una parte all'altra, appena contenuto da quella camicetta. Ripensavo continuamente alla sagoma dei capezzoli che ero appena riuscito ad intravedere, ero arrapato ed eccitato. Il respiro di una donna nel mio stesso letto era qualcosa che non avevo mai provato.

<<Scusa, Mark>>. Sobbalzai, ero perso tra i miei pensieri nel buio della notte e la sua voce mi aveva scosso.

<<Si? Mi dica>>

<<Puoi farmi un favore? Ho dimenticato di caricare il telefono, puoi prendermi il caricabatterie in valigia?>>

Dicendo ciò aveva acceso la luce, io neppure risposi, mi alzai e mi avviai verso la sua valigia, che era esattamente ai piedi del letto. Avevo l'uccello in tiro che spingeva dai pantaloni e cercavo di non farglielo vedere per evitare l'ennesima figuraccia. <<È nella tasca laterale>> mi disse, trattenendo le risate, poi scoppiò a ridere. Io arrossii ancora di più, presi il dispositivo di cui aveva bisogno e glielo portai, dalla sua parte del letto. Cercai di mantenere il più possibile la distanza, ma praticamente avevo il mio pisello in erezione a mezzo metro da lei. Rise di gusto, poi mi disse: <<Quello che ti ho detto prima non è servito a nulla eh? Anzi, mi pare abbia peggiorato la situazione.>>

Mi sarei volentieri sotterrato in quel momento, ero imbarazzatissimo.

<<Mi scusi... Non volevo. Torno in salotto>>

<<Non preoccuparti Mark, certo che... >> Si prese qualche istante, con lo sguardo sul mio cazzo duro, che i pantaloncini non nascondevano minimamente. Io ero in tensione, preoccupato, la prof invece, strinse per un istante il mio uccello da fuori i pantaloni. Immediatamente io trasalii, per la prima volta un'altra mano si posava sul mio sesso. Sentivo il sangue fluire e il membro irrigidirsi.

<<Non è normale che sia così duro... Ma sono io che ti faccio questo effetto? Voi studenti siete tutti uguali, ma quanti anni dovrò compiere per non attirare i vostri desideri?>> disse ridendo. Scosse la testa ironicamente, poi prosegui senza darmi l'occasione di rispondere.

<<È tutto il giorno che mi guardi il seno. Ma le hai mai viste un paio di tette dal vivo? >>

Mi stava mettendo in grande imbarazzo, una vampata di calore mi prese il viso, dovetti essere rosso come un peperone in quel momento, i suoi occhi sui miei erano pesantissimi, non riuscivo a reggerli. Non ebbi neppure la forza di parlare, abbassi lo sguardo e scossi la testa. <<Dai, vieni>>. Immediatamente alzai il capo, la prof si sistemò sul letto, mettendosi seduta, prese lentamente una spallina e se la portò poco sopra il gomito. Fece lo stesso con l'altra. In un istante che mi parve un'eternità, rimase in attesa, probabilmente divertita dal mio sguardo da pesce lesso. Avevo gli occhi puntati sulle sue tette, la bocca spalancata e l'uccello che premeva contro i pantaloncini. Con un gesto deciso abbassò il tessuto e scoprì le tettone. <<Sei contento ora Mark?>> mi disse, mentre mi osservava con aria divertita e compiaciuta. Appena scoperte le tettone erano dondolate, non più nascoste dall'intimo, oscillavano ad ogni suo respiro tanto erano grosse. Io mi avvicinai timidamente al suo seno, era perfetto. Le tettone erano tonde, piene ed ampie. I suoi grossi seni erano nudi davanti a me, potevo vedere ogni millimetro di quelle favolose tette. Dal colore acceso della sua carnagione le mammelle diventavano via via leggermente più chiare all'altezza delle coppe del reggiseno, dove delle areole perfettamente rotonde e di un rosa acceso circondavano i grossi capezzoli turgidi, di un colore rosso vivo.

Dopo aver ammirato estasiato alzai lo sguardo, la prof aveva un'espressione arrapantissima sul viso. Mi fissava con i suoi grossi e profondi occhi neri ed un mezzo sorriso malizioso, non ho piu visto nella mia vita uno sguardo così provocante!

<<Vieni, su, goditele un po', tocca pure.>>

Per me, quello fu un invito a nozze.

Appoggiai le mani su quelle tette, timidamente. Erano incredibilmente morbide. Le palpai con entrambe le mani, la timidezza aveva lasciato spazio al desiderio, ora gliele toccavo vigorosamente, era una sensazione bellissima, che non avevo mai provato prima.

<<Piano, piano Mark! Mi fai male, sono naturali eh!>> Disse lei, rimproverandomi per la mia foga. Sentivo il cazzo che stava per esplodere nelle mutande. Presi tra le dita un suo capezzolo e iniziai a stuzzicarlo, era davvero duro. Impastavo le sue tettone senza alcun ritegno, era come vivere un sogno. Presi coraggio, avvicinai la testa e presi in bocca un capezzolo, quello era il mio desiderio più focoso. Sentire il suo capezzolo in bocca con tutta la faccia e le mani sul seno è stato magnifico, ma purtroppo durato molto poco.

<<Che fai Mark? Questo no eh!>> Mi richiamò con un certo vigore, io subito mi staccai e allora lei si ricoprì. <<Ancora un secondo la prego... >> Quella frase mi uscì dalla bocca senza che lo volessi. In quel momento era il mio pene che parlava, infatti subito mi parve una frase da sfigato.

<<No, no, è finito il parco giochi, caro.>> mi disse, sorridendo. Spense la luce e mi diede la buonanotte. Io, ancora in piedi, le risposi dicendo: <<Scusi ma devo andare in bagno... >>, ma fui subito fulminato: <<No. Vieni qua e mettiti a letto.>> <<Ma prof...>>

<<Non se ne parla, mettiti a letto, su...>>

Obbedii ai suoi ordini. Mi misi sotto le coperte, con l'uccello che mi esplodeva. La prof mi dava le spalle, la sentii muoversi e ad un certo punto fui toccato. Era il suo bel culone, che aveva appena poggiato sul mio fianco. Sentivo il suo sedere caldo addosso, ero completamente eccitato. Decisi che sarei andato avanti pur senza rischiare troppo, non potevo sapere se il suo fosse stato un invito o meno, pertanto feci la cosiddetta “mano morta” e la poggiai sulla sua chiappa. Mi accorsi che il vestitino intimo era alzato, perciò aveva il culone scoperto, con solo le mutandine.

Il contatto con quel bel culo mi dava l'impressione che fosse morbido ma anche sodo, non eccessivamente cadente. Spostai la mia mano morta il più possibile in mezzo alle chiappe, così da toccarle entrambe col dorso delle dita.

Non potevo più resistere: furtivamente e cercando di fare meno rumore possibile mi abbassai mutande e pantaloncini ed iniziai a masturbarmi. Sentivo l'uccello durissimo ed ogni secondo che passava godevo di più, tanta era l'eccitazione che stavo accumulando. Ad un tratto, mentre ero entrato nel vivo della mia performance sono gelato, udii la prof sbuffare.

Dopo aver sbuffato si mosse, spostando il suo culo ancora più verso di me. A quel punto nonostante i dubbi, volevo osare. Ruotai il bacino quel tanto che bastò a fare sì che avessi appoggiato il cazzo su quel bel culo. La mia mano morta divenne vivissima, strizzavo le sue chiappe mentre strofinavo l'uccello tra le sue chiappe. Sentivo la cappella strofinarle le chiappone e le mutandine, avevo tutta l'asta accolta tra quelle belle grosse natiche che stringevo tra le mani. La professoressa lasciava che io strusciassi il cazzo sul suo culone, questo mi faceva impazzire!

Iniziai a strusciarmi sempre più rapidamente. Era incredibile, una sensazione fantastica, mai provata. Stavo sudando, ero all'apice del godimento. Sporsi la testa e sentii il profumo dei suoi capelli, strinsi con più forza la sua chiappa e affondai il cazzo sulle sue mutande. La sentii fare un piccolo gemito, che mi fece andare in estasi. Una donna di quell'età che gemeva per me era un'idea che mi fece completamente godere. Lei mi appoggiò la mano sui capelli, ma io iniziai a gemere, sentivo lo sperma che risaliva lungo il cazzo, le gambe mi tremavano sempre di più ed il mio respiro era sempre più affannato. La prof si voltò il più possibile per non spostare il culo e dopo un piccolo gemito mi disse dolcemente: <<Mmh, vieni qui>>. Quello fu il colpo di grazia che mi fece esplodere, una scossa mi risalì lungo tutto il corpo. Tre, quattro brividi mi percorsero la schiena. Mi avvicinai al suo volto e poggiai le labbra sulla sua guancia, mormorando: <<...Vengo...>> Spruzzai fiotti del mio seme sul culone della Terlizzi. Lei fece una risatina, mentre allentavo la stretta sulle sue chiappe.

Avevo goduto come un maiale, era la sensazione più bella della mia vita fino a quel momento. La prof fece un sospiro, si pulì le chiappe con il lenzuolo e si abbassò la camicia da notte sino alle cosce. Io, rimasi per qualche minuto con il fiatone, a guardare il soffitto e la donna che avevo nel letto al mio fianco. Non riuscivo a crederci, avevo paura di svegliarmi in un sogno, invece, era tutto vero.


Tratto dal mio primo libro "Godimento Primo - L'origine della lussuria", Lo trovi QUI!
 

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