Esperienza reale L'amica di mia sorella

gerryizzo

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Le comitive di amici, si sa, tendono ad allargarsi, soprattutto perché con il tempo si aggiungono tante altre persone, di solito conoscenti, familiari, parenti di chi già ne fa parte.
Fu in questo modo che la comitiva che frequentavo in quegli anni, inizialmente formata da me e da un paio di amici, divenne presto numerosa.
Tra le persone che si erano inserite grazie a me, si vedeva ogni tanto mia sorella, soprattutto dietro insistenza dei miei genitori che non volevano restasse a casa da sola.

La nostra era una comitiva piuttosto variegata: si andava da chi aveva quasi 30 anni a chi, come me, ne aveva poco più di 20. Mia sorella (all’epoca diciottenne) risultava così tra i più giovani e, nonostante andasse d’accordo con tutti, per non sentirsi da sola ed in imbarazzo portava spesso con sé una sua coetanea, E., che, in quel periodo, era la sua migliore amica.
Pur non essendo una ragazza fisicamente ordinaria e non particolarmente attraente (bruna, carnagione chiara, di media statura, non magra ma neanche grassa, con un seno nella norma, non particolarmente formosa) e nemmeno chissà quanto brillante o intelligente, E. riusciva comunque ad attirare gli sguardi di chi le stava attorno. Amava indossare, infatti, abiti particolarmente succinti e provocanti, che lasciavano ben poco all’immaginazione, e provocare con battutine e sguardi.

Quel che subito colpiva di E. erano le sue labbra carnose e pronunciate, che lei sapeva mettere in risalto con il trucco ed il rossetto.
Quelle labbra, da subito, erano stato l’oggetto dei commenti e delle attenzioni di tutti noi i maschi, tanto che, nei soliti discorsi da uomini, ci chiedevamo spesso come sarebbe stato ricevere un pompino da E. e se lei fosse già abbastanza esperta. Ogni tanto, in verità, avevo colto qualche dialogo tra mia sorella e altre sue amiche che parlavano di E. come di una un po’ “vivace” con gli uomini, ma avevo sempre pensato fossero semplici pettegolezzi tra ragazze.
Ben presto, però, quelle vaghe dicerie cominciarono a trovare qualche vaga conferma nei racconti e nelle allusioni di chi, all’interno del gruppo, aveva avuto qualche flirt con lei. Insomma, da quel che si diceva, E. sapeva tramutarsi in una vera maiala.

Con il passare del tempo, mia sorella ed E. divennero una presenza fissa della nostra comitiva. Venivano sempre avvisate di ogni uscita del nostro gruppo, che si riuniva praticamente ogni sera, nel nostro bar di fiducia, dove passavamo ore ed ore seduti a bere, scherzare ed a chiacchierare del più e del meno.
Erano veramente pochi i giorni in cui almeno nessuno di noi fosse in quel bar, ma, di norma, le nostre uscite si interrompevano (o comunque si diradavano) durante le festività natalizie. Nella nostra città, infatti, è molto sentita la tradizione di trascorrere questi giorni con le proprie famiglie, per cui la quasi nessuno della comitiva era disponibile. Dico “quasi nessuno” perché io rappresentavo un’eccezione, dal momento che spesso e volentieri i miei genitori partivano o andavano a trovare i familiari fuori città per qualche giorno. Ed è per questo motivo che non mi sono mai particolarmente piaciute le feste natalizie: mi capitava, infatti, di restare da solo, senza famiglia, senza amici, senza nulla da fare.

La sera del 24 dicembre di quell’anno, però, prima di rassegnarmi ad una serata malinconica davanti alla tv o con un libro, decisi di mandare comunque qualche messaggio ai ragazzi del gruppo nella speranza che qualcuno fosse disponibile. Con un po’ di sorpresa, tra i tanti “non posso”, “sono a casa con i miei”, “ma dai, è Natale non posso mollare mia nonna” e roba varia, trovai un messaggio di E.: anche lei era destinata a trascorrere la serata in casa per cui sarebbe uscita più che volentieri. Dal momento che, pur andando d’accordo ed avendo una discreta confidenza, l’idea di uscire da solo con lei mi appariva un po’ “strana”, mi sembrò opportuno puntualizzare che saremmo stati solo noi due. Rispose subito con un “E quindi? È un problema? A che ora mi passi a prendere?” al quale seguì il mio “ok, alle 21.00 da te, a dopo”.

All’orario concordato mi feci trovare sotto casa sua e, dopo un po’, E. uscì dal cancello. Nonostante fossi ormai abituato ai suoi vestitini succinti e seducenti, era evidente che quella sera E. avesse deciso di dare il meglio di sé. Era impossibile non guardarla agghindata in quel modo: vestitino rosso scollatissimo e cortissimo, coperto soltanto da una giacchettina in pelle, che lasciava intravedere un seno piccolino ma sostenuto e metteva totalmente in mostra le sue cosce avvolte da un paio di collant neri velatissimi, scarpe rosse con tacco 12, trucco curato in ogni dettaglio. Ho già detto che E. non era particolarmente attraente, ma quella visione avrebbe fatto drizzare il cazzo anche ai morti.
E. si accorse del mio stupore e della mia sorpresa nel vederla così, fece una risatina accennata e si accomodò sul sedile dell’auto, senza curarsi del vestitino che saliva vertiginosamente mettendo in mostra le sue gambe. Una visione così eccitante che il solo pensiero ancora oggi mi fa venire il cazzo duro.
Cercai di uscire subito dall’imbarazzo della situazione dicendole “Meno male che almeno a te andava di uscire, non puoi capire quanto mi annoio durante questi giorni di feste da solo senza fare niente!”

La nostra uscita risultò molto tranquilla: un paio di birre al solito bar, chiacchiere, risate e una breve passeggiata per le vie del centro. Le strade erano praticamente deserte e la maggior parte dei locali chiusi. Mentre camminavo accanto ad E. mi accorgevo delle occhiate fameliche che gli altri uomini lanciavano su di lei e degli sguardi invidiosi nei miei confronti. Ogni tanto mi distraevo ammirando le sue cosce messe in mostra dal quel vestitino minuscolo, provando una fortissima eccitazione e sentendo che il cazzo diventava sempre più duro. Più guardavo E., più stavo accanto a lei, più la desideravo.
Le strade quasi deserte e la maggior parte dei locali chiusi ci suggerirono di tornare a casa. In auto, con la coda dell’occhio non facevo altro che guardare la scollatura e le gambe di E., eccitandomi sempre di più. Pensavo a cosa avrei potuto fare per provarci con lei, ma poi mi dicevo di lasciar perdere e che sicuramente mi avrebbe respinto. Nonostante ci sapessi fare generalmente con le ragazze, tuttavia alcune esperienze negative mi bloccavano sempre e avevo paura dei rifiuti, per cui evitavo sempre di espormi se non ero sicurissimo. “Vabbè” pensai “ vorrà dire che quando arrivo a casa mi faccio una sega”.

Arrivati sotto casa di E. dissi “Ok, ci siamo… allora buona notte e grazie per la serata, se non fosse stato per te sarei rimasto a rompermi a casa!”
E. mi rispose “Beh non dirlo a me!” e aprì la portiera per uscire dall’auto. Prima di chiudere e andare, restò ferma un secondo, poi mi disse “Senti, ma tu hai fretta? Sai, tua sorella mi ha prestato alcuni libri ma me li ha chiesti indietro… ti scoccia se approfitto di te che sei qua? Sali da me e li prendi, non saprei quando darglieli!”
“Ehm, si certo… dammi solo il tempo di parcheggiare”.
Quella richiesta inaspettata mi eccitò ancora di più. Approfittai del tragitto per salire a casa di E. per godermela ancora conciata in quel modo così provocante.

Arrivati al piano, E. aprì la porta e mi fece accomodare sul grande divano del salotto dicendomi di aspettarla. Tornò dopo poco con un sacchetto che poggiò su un tavolino, poi sedette accanto a me.
Feci per alzarmi e prenderlo dicendo “Ok, bene, allora io vad…”
E. mi bloccò subito prendendomi per il braccio e ridendo “Hai tutta questa fretta? Ti sei già stancato di me?”
Preso alla sprovvista riuscii solo a farfugliare qualcosa tipo “Ehm… no… ma ti pare… solo che… insomma vista l’ora pensavo che magari… insomma… non volevo disturbare…”
E. rise ancora, avvicinandosi di più “Credi che non mi sono accorta come mi hai guardato tutta la sera?”
Restai in silenzio, sentendomi avvampare dalla vergogna: già pensavo cosa avrebbe potuto dire a mia sorella o a tutti gli altri!
E. continuò “Guarda che non mi offendo, eh? Anzi, devo dirti che quando mi hai proposto di uscire avevo già pensato a come concludere la serata…” Quindi, senza darmi neanche il tempo di rispondere, iniziò subito ad accarezzarmi e baciarmi sul collo.

Quello che stava succedendo non mi sembrava neanche vero. Restai immobile, quasi stordito, per un paio di secondi, dopo di che mi lasciai andare cominciando a toccarla ovunque. Senza neanche rendermene conto, dopo pochissimo eravamo già entrambi nudi sul divano. Restai qualche secondo a contemplare il suo corpo nudo, poi mi gettai su di lei alternando le mie mani sul suo seno, il suo culo e tra le sue gambe.
E. mi strattonò vigorosamente mettendomi a sedere, poi iniziò a leccarmi i capezzoli mentre mi prendeva il cazzo tra le mani. Piano piano andò sempre più giù con la lingua, fin quando arrivò al cazzo cominciando a leccarlo per poi prenderlo con decisione in bocca. Finalmente provavo quelle labbra che tanto mi avevano fatto fantasticare. E. era davvero bravissima, riusciva a prenderlo tutto in bocca, sentivo il mio cazzo crescere dentro di lei. Ormai erano saltate tutte le mie inibizioni, le presi la testa con le mani spingendola sempre più forte. Mi venne naturale dirle “Oh cazzo… lo immaginavo che con quella bocca avresti succhiato così!” Ogni tanto E. alzava gli occhi per guardarmi: vederla con il mio cazzo in bocca mi stava facendo impazzire.

E. andò avanti per un po’ fino a quando mi fece stendere. Mentre continuava a succhiarmi il cazzo, si girò facendomi capire che anche lei voleva godere. “Dai, adesso tocca un po’ anche a te…” disse mentre mi sbatteva la sua figa in faccia. Iniziammo così un 69 da paura, sentivo la sua figa aprirsi sotto i colpi della mia lingua. “Mettimi dentro due dita” mi disse mentre gemeva per il piacere. Come potevo non obbedirle? Sentire la figa bagnata tra le mani mi fece eccitare ancora di più, così presi a leccarla sempre più velocemente.

Continuammo ancora per un po’ fin quando E. mi disse “Dai, ti prego, lo voglio dentro!” Con un movimento velocissimo si mise sopra di me indirizzando il cazzo versa la sua figa con le mani. Provai una sensazione di estremo piacere una volta dentro di lei.
“Cazzo E., il preservativo!”
“Non preoccuparti… per ora sto prendendo la pillola…”
E. saltava sul mio cazzo sempre più velocemente gemendo di piacere, mentre nel frattempo io le toccavo le cosce e le leccavo le tette. Dopo un po’ avrei voluto cambiare posizione ma vederla godere in quel modo era troppo eccitante, non volevo farla smettere, fino a quando la sentii bloccarsi per godersi l’orgasmo. “Oh si vengo… sì!”
Continuò a muoversi lentamente per godersi ancora un poco il mio cazzo duro. Ma io ero ancora carico, con una voglia incredibile di possederla a mio piacimento.

E. mi guardò, fece un breve sospiro e mi sorrise. “Non preoccuparti… non mi dimentico di te!” e togliendosi dal mio cazzo dritto e durissimo si allontanò, si poggiò su un bracciolo del divano mettendosi a pecorina e toccandosi la figa. In preda alla massima eccitazione, mi fiondai su di lei per leccarla ancora tra le gambe prima di penetrarla, ma appena iniziai mi sollevò la testa. “Vai più su…”: voleva essere leccata nel buco del culo.
Non riuscivo a crederci: quella scopata si stava trasformando in qualcosa di memorabile. Non appena pensavo di aver raggiunto l’apice del piacere, infatti, più continuavamo e più scoprivo che la mia eccitazione andava oltre.
Cominciai a leccarle l’ano con cura, prima stuzzicandolo con la sola punta della lingua e poi insalvandolo per bene e allargandolo con le dita. Quando capii che non resistevo più, mi alzai e con un colpo secco e deciso le entrai senza tante difficoltà dentro il culo. E. fece un breve sobbalzo e un gemito di piacere.
Al massimo della mia eccitazione spingevo sempre più forte, cercando di andare più in fondo possibile e godendomi i gemiti di E.
“Non pensavo che lo avessi così aperto…”
“Prenderlo in culo mi fa impazzire… ogni volta che scopo lo voglio dentro lì dentro! Dai, continua!”
Non avevo mai provato un'eccitazione del genere. Mi muovevo più velocemente possibile, sentivo le mie palle che sbattevano sulle sue natiche.
“Cazzo E. ma sei una vera troia! Non resisto più, devo sborrare!”
“Oh sì dai vienimi dentro!”
Non me lo feci dire due volte: diedi un paio di colpi più profondi fino a quando raggiunsi l’apice del piacere inondandola nel culo.
Tirai fuori il cazzo e rimasi a guardare E. messa ancora a pecorina che si toccava mentre lo sperma le usciva dall’ano. Quindi si alzò, mi diede un bacio e mentre usciva dalla stanza disse con la sua solita risatina “Almeno per questa vigilia potrai dire di non esserti annoiato…”

Mi vestii, quindi E. tornò da me: si era andata a cambiare e mettere qualcosa di comodo. Restammo a parlare un po’ ancora del più e del meno, bevendo un bicchiere di vino, come se non fosse successo nulla. Dopo di che la salutai e feci per tornare a casa. Davanti la porta, mi feci coraggio e le dissi “Beh, se ti va, qualche volta potremmo anche rifarlo…” E. sorrise e disse “Beh… vediamo… perché no?”

Nonostante qualche altro mio approccio nei giorni e nelle settimane successive, però, quella scopata rimase l’unica, dal momento che non ci furono più altre occasioni. In più, poco dopo, E. iniziò a frequentarsi con un ragazzo, che divenne poi il suo fidanzato, e un po’ alla volta si defilò sempre più dalla nostra comitiva, fino a quando smettemmo del tutto di frequentarci.
E così, mi rimase soltanto il ricordo e l’eccitazione di quella diversa e particolare vigilia di Natale.
 

sormarco

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Le comitive di amici, si sa, tendono ad allargarsi, soprattutto perché con il tempo si aggiungono tante altre persone, di solito conoscenti, familiari, parenti di chi già ne fa parte.
Fu in questo modo che la comitiva che frequentavo in quegli anni, inizialmente formata da me e da un paio di amici, divenne presto numerosa.
Tra le persone che si erano inserite grazie a me, si vedeva ogni tanto mia sorella, soprattutto dietro insistenza dei miei genitori che non volevano restasse a casa da sola.

La nostra era una comitiva piuttosto variegata: si andava da chi aveva quasi 30 anni a chi, come me, ne aveva poco più di 20. Mia sorella (all’epoca diciottenne) risultava così tra i più giovani e, nonostante andasse d’accordo con tutti, per non sentirsi da sola ed in imbarazzo portava spesso con sé una sua coetanea, E., che, in quel periodo, era la sua migliore amica.
Pur non essendo una ragazza fisicamente ordinaria e non particolarmente attraente (bruna, carnagione chiara, di media statura, non magra ma neanche grassa, con un seno nella norma, non particolarmente formosa) e nemmeno chissà quanto brillante o intelligente, E. riusciva comunque ad attirare gli sguardi di chi le stava attorno. Amava indossare, infatti, abiti particolarmente succinti e provocanti, che lasciavano ben poco all’immaginazione, e provocare con battutine e sguardi.

Quel che subito colpiva di E. erano le sue labbra carnose e pronunciate, che lei sapeva mettere in risalto con il trucco ed il rossetto.
Quelle labbra, da subito, erano stato l’oggetto dei commenti e delle attenzioni di tutti noi i maschi, tanto che, nei soliti discorsi da uomini, ci chiedevamo spesso come sarebbe stato ricevere un pompino da E. e se lei fosse già abbastanza esperta. Ogni tanto, in verità, avevo colto qualche dialogo tra mia sorella e altre sue amiche che parlavano di E. come di una un po’ “vivace” con gli uomini, ma avevo sempre pensato fossero semplici pettegolezzi tra ragazze.
Ben presto, però, quelle vaghe dicerie cominciarono a trovare qualche vaga conferma nei racconti e nelle allusioni di chi, all’interno del gruppo, aveva avuto qualche flirt con lei. Insomma, da quel che si diceva, E. sapeva tramutarsi in una vera maiala.

Con il passare del tempo, mia sorella ed E. divennero una presenza fissa della nostra comitiva. Venivano sempre avvisate di ogni uscita del nostro gruppo, che si riuniva praticamente ogni sera, nel nostro bar di fiducia, dove passavamo ore ed ore seduti a bere, scherzare ed a chiacchierare del più e del meno.
Erano veramente pochi i giorni in cui almeno nessuno di noi fosse in quel bar, ma, di norma, le nostre uscite si interrompevano (o comunque si diradavano) durante le festività natalizie. Nella nostra città, infatti, è molto sentita la tradizione di trascorrere questi giorni con le proprie famiglie, per cui la quasi nessuno della comitiva era disponibile. Dico “quasi nessuno” perché io rappresentavo un’eccezione, dal momento che spesso e volentieri i miei genitori partivano o andavano a trovare i familiari fuori città per qualche giorno. Ed è per questo motivo che non mi sono mai particolarmente piaciute le feste natalizie: mi capitava, infatti, di restare da solo, senza famiglia, senza amici, senza nulla da fare.

La sera del 24 dicembre di quell’anno, però, prima di rassegnarmi ad una serata malinconica davanti alla tv o con un libro, decisi di mandare comunque qualche messaggio ai ragazzi del gruppo nella speranza che qualcuno fosse disponibile. Con un po’ di sorpresa, tra i tanti “non posso”, “sono a casa con i miei”, “ma dai, è Natale non posso mollare mia nonna” e roba varia, trovai un messaggio di E.: anche lei era destinata a trascorrere la serata in casa per cui sarebbe uscita più che volentieri. Dal momento che, pur andando d’accordo ed avendo una discreta confidenza, l’idea di uscire da solo con lei mi appariva un po’ “strana”, mi sembrò opportuno puntualizzare che saremmo stati solo noi due. Rispose subito con un “E quindi? È un problema? A che ora mi passi a prendere?” al quale seguì il mio “ok, alle 21.00 da te, a dopo”.

All’orario concordato mi feci trovare sotto casa sua e, dopo un po’, E. uscì dal cancello. Nonostante fossi ormai abituato ai suoi vestitini succinti e seducenti, era evidente che quella sera E. avesse deciso di dare il meglio di sé. Era impossibile non guardarla agghindata in quel modo: vestitino rosso scollatissimo e cortissimo, coperto soltanto da una giacchettina in pelle, che lasciava intravedere un seno piccolino ma sostenuto e metteva totalmente in mostra le sue cosce avvolte da un paio di collant neri velatissimi, scarpe rosse con tacco 12, trucco curato in ogni dettaglio. Ho già detto che E. non era particolarmente attraente, ma quella visione avrebbe fatto drizzare il cazzo anche ai morti.
E. si accorse del mio stupore e della mia sorpresa nel vederla così, fece una risatina accennata e si accomodò sul sedile dell’auto, senza curarsi del vestitino che saliva vertiginosamente mettendo in mostra le sue gambe. Una visione così eccitante che il solo pensiero ancora oggi mi fa venire il cazzo duro.
Cercai di uscire subito dall’imbarazzo della situazione dicendole “Meno male che almeno a te andava di uscire, non puoi capire quanto mi annoio durante questi giorni di feste da solo senza fare niente!”

La nostra uscita risultò molto tranquilla: un paio di birre al solito bar, chiacchiere, risate e una breve passeggiata per le vie del centro. Le strade erano praticamente deserte e la maggior parte dei locali chiusi. Mentre camminavo accanto ad E. mi accorgevo delle occhiate fameliche che gli altri uomini lanciavano su di lei e degli sguardi invidiosi nei miei confronti. Ogni tanto mi distraevo ammirando le sue cosce messe in mostra dal quel vestitino minuscolo, provando una fortissima eccitazione e sentendo che il cazzo diventava sempre più duro. Più guardavo E., più stavo accanto a lei, più la desideravo.
Le strade quasi deserte e la maggior parte dei locali chiusi ci suggerirono di tornare a casa. In auto, con la coda dell’occhio non facevo altro che guardare la scollatura e le gambe di E., eccitandomi sempre di più. Pensavo a cosa avrei potuto fare per provarci con lei, ma poi mi dicevo di lasciar perdere e che sicuramente mi avrebbe respinto. Nonostante ci sapessi fare generalmente con le ragazze, tuttavia alcune esperienze negative mi bloccavano sempre e avevo paura dei rifiuti, per cui evitavo sempre di espormi se non ero sicurissimo. “Vabbè” pensai “ vorrà dire che quando arrivo a casa mi faccio una sega”.

Arrivati sotto casa di E. dissi “Ok, ci siamo… allora buona notte e grazie per la serata, se non fosse stato per te sarei rimasto a rompermi a casa!”
E. mi rispose “Beh non dirlo a me!” e aprì la portiera per uscire dall’auto. Prima di chiudere e andare, restò ferma un secondo, poi mi disse “Senti, ma tu hai fretta? Sai, tua sorella mi ha prestato alcuni libri ma me li ha chiesti indietro… ti scoccia se approfitto di te che sei qua? Sali da me e li prendi, non saprei quando darglieli!”
“Ehm, si certo… dammi solo il tempo di parcheggiare”.
Quella richiesta inaspettata mi eccitò ancora di più. Approfittai del tragitto per salire a casa di E. per godermela ancora conciata in quel modo così provocante.

Arrivati al piano, E. aprì la porta e mi fece accomodare sul grande divano del salotto dicendomi di aspettarla. Tornò dopo poco con un sacchetto che poggiò su un tavolino, poi sedette accanto a me.
Feci per alzarmi e prenderlo dicendo “Ok, bene, allora io vad…”
E. mi bloccò subito prendendomi per il braccio e ridendo “Hai tutta questa fretta? Ti sei già stancato di me?”
Preso alla sprovvista riuscii solo a farfugliare qualcosa tipo “Ehm… no… ma ti pare… solo che… insomma vista l’ora pensavo che magari… insomma… non volevo disturbare…”
E. rise ancora, avvicinandosi di più “Credi che non mi sono accorta come mi hai guardato tutta la sera?”
Restai in silenzio, sentendomi avvampare dalla vergogna: già pensavo cosa avrebbe potuto dire a mia sorella o a tutti gli altri!
E. continuò “Guarda che non mi offendo, eh? Anzi, devo dirti che quando mi hai proposto di uscire avevo già pensato a come concludere la serata…” Quindi, senza darmi neanche il tempo di rispondere, iniziò subito ad accarezzarmi e baciarmi sul collo.

Quello che stava succedendo non mi sembrava neanche vero. Restai immobile, quasi stordito, per un paio di secondi, dopo di che mi lasciai andare cominciando a toccarla ovunque. Senza neanche rendermene conto, dopo pochissimo eravamo già entrambi nudi sul divano. Restai qualche secondo a contemplare il suo corpo nudo, poi mi gettai su di lei alternando le mie mani sul suo seno, il suo culo e tra le sue gambe.
E. mi strattonò vigorosamente mettendomi a sedere, poi iniziò a leccarmi i capezzoli mentre mi prendeva il cazzo tra le mani. Piano piano andò sempre più giù con la lingua, fin quando arrivò al cazzo cominciando a leccarlo per poi prenderlo con decisione in bocca. Finalmente provavo quelle labbra che tanto mi avevano fatto fantasticare. E. era davvero bravissima, riusciva a prenderlo tutto in bocca, sentivo il mio cazzo crescere dentro di lei. Ormai erano saltate tutte le mie inibizioni, le presi la testa con le mani spingendola sempre più forte. Mi venne naturale dirle “Oh cazzo… lo immaginavo che con quella bocca avresti succhiato così!” Ogni tanto E. alzava gli occhi per guardarmi: vederla con il mio cazzo in bocca mi stava facendo impazzire.

E. andò avanti per un po’ fino a quando mi fece stendere. Mentre continuava a succhiarmi il cazzo, si girò facendomi capire che anche lei voleva godere. “Dai, adesso tocca un po’ anche a te…” disse mentre mi sbatteva la sua figa in faccia. Iniziammo così un 69 da paura, sentivo la sua figa aprirsi sotto i colpi della mia lingua. “Mettimi dentro due dita” mi disse mentre gemeva per il piacere. Come potevo non obbedirle? Sentire la figa bagnata tra le mani mi fece eccitare ancora di più, così presi a leccarla sempre più velocemente.

Continuammo ancora per un po’ fin quando E. mi disse “Dai, ti prego, lo voglio dentro!” Con un movimento velocissimo si mise sopra di me indirizzando il cazzo versa la sua figa con le mani. Provai una sensazione di estremo piacere una volta dentro di lei.
“Cazzo E., il preservativo!”
“Non preoccuparti… per ora sto prendendo la pillola…”
E. saltava sul mio cazzo sempre più velocemente gemendo di piacere, mentre nel frattempo io le toccavo le cosce e le leccavo le tette. Dopo un po’ avrei voluto cambiare posizione ma vederla godere in quel modo era troppo eccitante, non volevo farla smettere, fino a quando la sentii bloccarsi per godersi l’orgasmo. “Oh si vengo… sì!”
Continuò a muoversi lentamente per godersi ancora un poco il mio cazzo duro. Ma io ero ancora carico, con una voglia incredibile di possederla a mio piacimento.

E. mi guardò, fece un breve sospiro e mi sorrise. “Non preoccuparti… non mi dimentico di te!” e togliendosi dal mio cazzo dritto e durissimo si allontanò, si poggiò su un bracciolo del divano mettendosi a pecorina e toccandosi la figa. In preda alla massima eccitazione, mi fiondai su di lei per leccarla ancora tra le gambe prima di penetrarla, ma appena iniziai mi sollevò la testa. “Vai più su…”: voleva essere leccata nel buco del culo.
Non riuscivo a crederci: quella scopata si stava trasformando in qualcosa di memorabile. Non appena pensavo di aver raggiunto l’apice del piacere, infatti, più continuavamo e più scoprivo che la mia eccitazione andava oltre.
Cominciai a leccarle l’ano con cura, prima stuzzicandolo con la sola punta della lingua e poi insalvandolo per bene e allargandolo con le dita. Quando capii che non resistevo più, mi alzai e con un colpo secco e deciso le entrai senza tante difficoltà dentro il culo. E. fece un breve sobbalzo e un gemito di piacere.
Al massimo della mia eccitazione spingevo sempre più forte, cercando di andare più in fondo possibile e godendomi i gemiti di E.
“Non pensavo che lo avessi così aperto…”
“Prenderlo in culo mi fa impazzire… ogni volta che scopo lo voglio dentro lì dentro! Dai, continua!”
Non avevo mai provato un'eccitazione del genere. Mi muovevo più velocemente possibile, sentivo le mie palle che sbattevano sulle sue natiche.
“Cazzo E. ma sei una vera troia! Non resisto più, devo sborrare!”
“Oh sì dai vienimi dentro!”
Non me lo feci dire due volte: diedi un paio di colpi più profondi fino a quando raggiunsi l’apice del piacere inondandola nel culo.
Tirai fuori il cazzo e rimasi a guardare E. messa ancora a pecorina che si toccava mentre lo sperma le usciva dall’ano. Quindi si alzò, mi diede un bacio e mentre usciva dalla stanza disse con la sua solita risatina “Almeno per questa vigilia potrai dire di non esserti annoiato…”

Mi vestii, quindi E. tornò da me: si era andata a cambiare e mettere qualcosa di comodo. Restammo a parlare un po’ ancora del più e del meno, bevendo un bicchiere di vino, come se non fosse successo nulla. Dopo di che la salutai e feci per tornare a casa. Davanti la porta, mi feci coraggio e le dissi “Beh, se ti va, qualche volta potremmo anche rifarlo…” E. sorrise e disse “Beh… vediamo… perché no?”

Nonostante qualche altro mio approccio nei giorni e nelle settimane successive, però, quella scopata rimase l’unica, dal momento che non ci furono più altre occasioni. In più, poco dopo, E. iniziò a frequentarsi con un ragazzo, che divenne poi il suo fidanzato, e un po’ alla volta si defilò sempre più dalla nostra comitiva, fino a quando smettemmo del tutto di frequentarci.
E così, mi rimase soltanto il ricordo e l’eccitazione di quella diversa e particolare vigilia di Natale.
Il suo numero lo hai sempre, visto il tipo non potrebbe essere una scopamica. Che puoi sapere magari le va,
 

Grandel

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Le comitive di amici, si sa, tendono ad allargarsi, soprattutto perché con il tempo si aggiungono tante altre persone, di solito conoscenti, familiari, parenti di chi già ne fa parte.
Fu in questo modo che la comitiva che frequentavo in quegli anni, inizialmente formata da me e da un paio di amici, divenne presto numerosa.
Tra le persone che si erano inserite grazie a me, si vedeva ogni tanto mia sorella, soprattutto dietro insistenza dei miei genitori che non volevano restasse a casa da sola.

La nostra era una comitiva piuttosto variegata: si andava da chi aveva quasi 30 anni a chi, come me, ne aveva poco più di 20. Mia sorella (all’epoca diciottenne) risultava così tra i più giovani e, nonostante andasse d’accordo con tutti, per non sentirsi da sola ed in imbarazzo portava spesso con sé una sua coetanea, E., che, in quel periodo, era la sua migliore amica.
Pur non essendo una ragazza fisicamente ordinaria e non particolarmente attraente (bruna, carnagione chiara, di media statura, non magra ma neanche grassa, con un seno nella norma, non particolarmente formosa) e nemmeno chissà quanto brillante o intelligente, E. riusciva comunque ad attirare gli sguardi di chi le stava attorno. Amava indossare, infatti, abiti particolarmente succinti e provocanti, che lasciavano ben poco all’immaginazione, e provocare con battutine e sguardi.

Quel che subito colpiva di E. erano le sue labbra carnose e pronunciate, che lei sapeva mettere in risalto con il trucco ed il rossetto.
Quelle labbra, da subito, erano stato l’oggetto dei commenti e delle attenzioni di tutti noi i maschi, tanto che, nei soliti discorsi da uomini, ci chiedevamo spesso come sarebbe stato ricevere un pompino da E. e se lei fosse già abbastanza esperta. Ogni tanto, in verità, avevo colto qualche dialogo tra mia sorella e altre sue amiche che parlavano di E. come di una un po’ “vivace” con gli uomini, ma avevo sempre pensato fossero semplici pettegolezzi tra ragazze.
Ben presto, però, quelle vaghe dicerie cominciarono a trovare qualche vaga conferma nei racconti e nelle allusioni di chi, all’interno del gruppo, aveva avuto qualche flirt con lei. Insomma, da quel che si diceva, E. sapeva tramutarsi in una vera maiala.

Con il passare del tempo, mia sorella ed E. divennero una presenza fissa della nostra comitiva. Venivano sempre avvisate di ogni uscita del nostro gruppo, che si riuniva praticamente ogni sera, nel nostro bar di fiducia, dove passavamo ore ed ore seduti a bere, scherzare ed a chiacchierare del più e del meno.
Erano veramente pochi i giorni in cui almeno nessuno di noi fosse in quel bar, ma, di norma, le nostre uscite si interrompevano (o comunque si diradavano) durante le festività natalizie. Nella nostra città, infatti, è molto sentita la tradizione di trascorrere questi giorni con le proprie famiglie, per cui la quasi nessuno della comitiva era disponibile. Dico “quasi nessuno” perché io rappresentavo un’eccezione, dal momento che spesso e volentieri i miei genitori partivano o andavano a trovare i familiari fuori città per qualche giorno. Ed è per questo motivo che non mi sono mai particolarmente piaciute le feste natalizie: mi capitava, infatti, di restare da solo, senza famiglia, senza amici, senza nulla da fare.

La sera del 24 dicembre di quell’anno, però, prima di rassegnarmi ad una serata malinconica davanti alla tv o con un libro, decisi di mandare comunque qualche messaggio ai ragazzi del gruppo nella speranza che qualcuno fosse disponibile. Con un po’ di sorpresa, tra i tanti “non posso”, “sono a casa con i miei”, “ma dai, è Natale non posso mollare mia nonna” e roba varia, trovai un messaggio di E.: anche lei era destinata a trascorrere la serata in casa per cui sarebbe uscita più che volentieri. Dal momento che, pur andando d’accordo ed avendo una discreta confidenza, l’idea di uscire da solo con lei mi appariva un po’ “strana”, mi sembrò opportuno puntualizzare che saremmo stati solo noi due. Rispose subito con un “E quindi? È un problema? A che ora mi passi a prendere?” al quale seguì il mio “ok, alle 21.00 da te, a dopo”.

All’orario concordato mi feci trovare sotto casa sua e, dopo un po’, E. uscì dal cancello. Nonostante fossi ormai abituato ai suoi vestitini succinti e seducenti, era evidente che quella sera E. avesse deciso di dare il meglio di sé. Era impossibile non guardarla agghindata in quel modo: vestitino rosso scollatissimo e cortissimo, coperto soltanto da una giacchettina in pelle, che lasciava intravedere un seno piccolino ma sostenuto e metteva totalmente in mostra le sue cosce avvolte da un paio di collant neri velatissimi, scarpe rosse con tacco 12, trucco curato in ogni dettaglio. Ho già detto che E. non era particolarmente attraente, ma quella visione avrebbe fatto drizzare il cazzo anche ai morti.
E. si accorse del mio stupore e della mia sorpresa nel vederla così, fece una risatina accennata e si accomodò sul sedile dell’auto, senza curarsi del vestitino che saliva vertiginosamente mettendo in mostra le sue gambe. Una visione così eccitante che il solo pensiero ancora oggi mi fa venire il cazzo duro.
Cercai di uscire subito dall’imbarazzo della situazione dicendole “Meno male che almeno a te andava di uscire, non puoi capire quanto mi annoio durante questi giorni di feste da solo senza fare niente!”

La nostra uscita risultò molto tranquilla: un paio di birre al solito bar, chiacchiere, risate e una breve passeggiata per le vie del centro. Le strade erano praticamente deserte e la maggior parte dei locali chiusi. Mentre camminavo accanto ad E. mi accorgevo delle occhiate fameliche che gli altri uomini lanciavano su di lei e degli sguardi invidiosi nei miei confronti. Ogni tanto mi distraevo ammirando le sue cosce messe in mostra dal quel vestitino minuscolo, provando una fortissima eccitazione e sentendo che il cazzo diventava sempre più duro. Più guardavo E., più stavo accanto a lei, più la desideravo.
Le strade quasi deserte e la maggior parte dei locali chiusi ci suggerirono di tornare a casa. In auto, con la coda dell’occhio non facevo altro che guardare la scollatura e le gambe di E., eccitandomi sempre di più. Pensavo a cosa avrei potuto fare per provarci con lei, ma poi mi dicevo di lasciar perdere e che sicuramente mi avrebbe respinto. Nonostante ci sapessi fare generalmente con le ragazze, tuttavia alcune esperienze negative mi bloccavano sempre e avevo paura dei rifiuti, per cui evitavo sempre di espormi se non ero sicurissimo. “Vabbè” pensai “ vorrà dire che quando arrivo a casa mi faccio una sega”.

Arrivati sotto casa di E. dissi “Ok, ci siamo… allora buona notte e grazie per la serata, se non fosse stato per te sarei rimasto a rompermi a casa!”
E. mi rispose “Beh non dirlo a me!” e aprì la portiera per uscire dall’auto. Prima di chiudere e andare, restò ferma un secondo, poi mi disse “Senti, ma tu hai fretta? Sai, tua sorella mi ha prestato alcuni libri ma me li ha chiesti indietro… ti scoccia se approfitto di te che sei qua? Sali da me e li prendi, non saprei quando darglieli!”
“Ehm, si certo… dammi solo il tempo di parcheggiare”.
Quella richiesta inaspettata mi eccitò ancora di più. Approfittai del tragitto per salire a casa di E. per godermela ancora conciata in quel modo così provocante.

Arrivati al piano, E. aprì la porta e mi fece accomodare sul grande divano del salotto dicendomi di aspettarla. Tornò dopo poco con un sacchetto che poggiò su un tavolino, poi sedette accanto a me.
Feci per alzarmi e prenderlo dicendo “Ok, bene, allora io vad…”
E. mi bloccò subito prendendomi per il braccio e ridendo “Hai tutta questa fretta? Ti sei già stancato di me?”
Preso alla sprovvista riuscii solo a farfugliare qualcosa tipo “Ehm… no… ma ti pare… solo che… insomma vista l’ora pensavo che magari… insomma… non volevo disturbare…”
E. rise ancora, avvicinandosi di più “Credi che non mi sono accorta come mi hai guardato tutta la sera?”
Restai in silenzio, sentendomi avvampare dalla vergogna: già pensavo cosa avrebbe potuto dire a mia sorella o a tutti gli altri!
E. continuò “Guarda che non mi offendo, eh? Anzi, devo dirti che quando mi hai proposto di uscire avevo già pensato a come concludere la serata…” Quindi, senza darmi neanche il tempo di rispondere, iniziò subito ad accarezzarmi e baciarmi sul collo.

Quello che stava succedendo non mi sembrava neanche vero. Restai immobile, quasi stordito, per un paio di secondi, dopo di che mi lasciai andare cominciando a toccarla ovunque. Senza neanche rendermene conto, dopo pochissimo eravamo già entrambi nudi sul divano. Restai qualche secondo a contemplare il suo corpo nudo, poi mi gettai su di lei alternando le mie mani sul suo seno, il suo culo e tra le sue gambe.
E. mi strattonò vigorosamente mettendomi a sedere, poi iniziò a leccarmi i capezzoli mentre mi prendeva il cazzo tra le mani. Piano piano andò sempre più giù con la lingua, fin quando arrivò al cazzo cominciando a leccarlo per poi prenderlo con decisione in bocca. Finalmente provavo quelle labbra che tanto mi avevano fatto fantasticare. E. era davvero bravissima, riusciva a prenderlo tutto in bocca, sentivo il mio cazzo crescere dentro di lei. Ormai erano saltate tutte le mie inibizioni, le presi la testa con le mani spingendola sempre più forte. Mi venne naturale dirle “Oh cazzo… lo immaginavo che con quella bocca avresti succhiato così!” Ogni tanto E. alzava gli occhi per guardarmi: vederla con il mio cazzo in bocca mi stava facendo impazzire.

E. andò avanti per un po’ fino a quando mi fece stendere. Mentre continuava a succhiarmi il cazzo, si girò facendomi capire che anche lei voleva godere. “Dai, adesso tocca un po’ anche a te…” disse mentre mi sbatteva la sua figa in faccia. Iniziammo così un 69 da paura, sentivo la sua figa aprirsi sotto i colpi della mia lingua. “Mettimi dentro due dita” mi disse mentre gemeva per il piacere. Come potevo non obbedirle? Sentire la figa bagnata tra le mani mi fece eccitare ancora di più, così presi a leccarla sempre più velocemente.

Continuammo ancora per un po’ fin quando E. mi disse “Dai, ti prego, lo voglio dentro!” Con un movimento velocissimo si mise sopra di me indirizzando il cazzo versa la sua figa con le mani. Provai una sensazione di estremo piacere una volta dentro di lei.
“Cazzo E., il preservativo!”
“Non preoccuparti… per ora sto prendendo la pillola…”
E. saltava sul mio cazzo sempre più velocemente gemendo di piacere, mentre nel frattempo io le toccavo le cosce e le leccavo le tette. Dopo un po’ avrei voluto cambiare posizione ma vederla godere in quel modo era troppo eccitante, non volevo farla smettere, fino a quando la sentii bloccarsi per godersi l’orgasmo. “Oh si vengo… sì!”
Continuò a muoversi lentamente per godersi ancora un poco il mio cazzo duro. Ma io ero ancora carico, con una voglia incredibile di possederla a mio piacimento.

E. mi guardò, fece un breve sospiro e mi sorrise. “Non preoccuparti… non mi dimentico di te!” e togliendosi dal mio cazzo dritto e durissimo si allontanò, si poggiò su un bracciolo del divano mettendosi a pecorina e toccandosi la figa. In preda alla massima eccitazione, mi fiondai su di lei per leccarla ancora tra le gambe prima di penetrarla, ma appena iniziai mi sollevò la testa. “Vai più su…”: voleva essere leccata nel buco del culo.
Non riuscivo a crederci: quella scopata si stava trasformando in qualcosa di memorabile. Non appena pensavo di aver raggiunto l’apice del piacere, infatti, più continuavamo e più scoprivo che la mia eccitazione andava oltre.
Cominciai a leccarle l’ano con cura, prima stuzzicandolo con la sola punta della lingua e poi insalvandolo per bene e allargandolo con le dita. Quando capii che non resistevo più, mi alzai e con un colpo secco e deciso le entrai senza tante difficoltà dentro il culo. E. fece un breve sobbalzo e un gemito di piacere.
Al massimo della mia eccitazione spingevo sempre più forte, cercando di andare più in fondo possibile e godendomi i gemiti di E.
“Non pensavo che lo avessi così aperto…”
“Prenderlo in culo mi fa impazzire… ogni volta che scopo lo voglio dentro lì dentro! Dai, continua!”
Non avevo mai provato un'eccitazione del genere. Mi muovevo più velocemente possibile, sentivo le mie palle che sbattevano sulle sue natiche.
“Cazzo E. ma sei una vera troia! Non resisto più, devo sborrare!”
“Oh sì dai vienimi dentro!”
Non me lo feci dire due volte: diedi un paio di colpi più profondi fino a quando raggiunsi l’apice del piacere inondandola nel culo.
Tirai fuori il cazzo e rimasi a guardare E. messa ancora a pecorina che si toccava mentre lo sperma le usciva dall’ano. Quindi si alzò, mi diede un bacio e mentre usciva dalla stanza disse con la sua solita risatina “Almeno per questa vigilia potrai dire di non esserti annoiato…”

Mi vestii, quindi E. tornò da me: si era andata a cambiare e mettere qualcosa di comodo. Restammo a parlare un po’ ancora del più e del meno, bevendo un bicchiere di vino, come se non fosse successo nulla. Dopo di che la salutai e feci per tornare a casa. Davanti la porta, mi feci coraggio e le dissi “Beh, se ti va, qualche volta potremmo anche rifarlo…” E. sorrise e disse “Beh… vediamo… perché no?”

Nonostante qualche altro mio approccio nei giorni e nelle settimane successive, però, quella scopata rimase l’unica, dal momento che non ci furono più altre occasioni. In più, poco dopo, E. iniziò a frequentarsi con un ragazzo, che divenne poi il suo fidanzato, e un po’ alla volta si defilò sempre più dalla nostra comitiva, fino a quando smettemmo del tutto di frequentarci.
E così, mi rimase soltanto il ricordo e l’eccitazione di quella diversa e particolare vigilia di Natale.
Bella storia. È stato il suo regalo di Natale
 

nini1981

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Che fortuna i tuoi genitori e tua sorella se ne vanno la vigilia di natale dai parenti lasciandoti da solo a casa a 20 anni, perchè se non avessero portato anche tua sorella presumo sarebbe uscita con voi essendo lei amica sua, la casa di lei vuota tanto da scopare tranquillamente sul divano...quante fortune in una vigilia sola, complimenti.
 

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