Racconto di fantasia L'idoneità sportiva

Alex666

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“Avanti!”, disse il dottor Sandri rimanendo seduto alla scrivania.
La porta si aprì ed entrò una ragazza bionda vestita con la tuta di una società sportiva.
“Venga avanti, non sia timida!”, le disse quando vide che era rimasta sulla soglia.
Intanto che la ragazza avanzava prese la sua cartella medica, dalla quale apprese che era stata fermata alla visita per l'idoneità agonistica in attesa di “esami più approfonditi”.
Mise l’incartamento di lato e si rivolse alla ragazza, che era rimasta in piedi di fronte a lui.
“Allora, come si chiama, signorina?”, le chiese.
“Vittoria”.
“Bel nome. Quanti anni ha?”.
“Diciotto”.
Il dottor Sandri, dall’alto dei suoi settant’anni, non potè non invidiare la giovane età della fanciulla davanti a lui.
“Diciotto anni - rimarcò - Ha già la patente? Come è venuta qui?”.
“La sto prendendo, mi ha accompagnata mia mamma che è fuori ad aspettarmi”.
Il dottore annuì.
“Bene, Vittoria, che sport pratica? O meglio, che sport vorrebbe praticare?”.
“Pallavolo. Perché dice vorrebbe?”.
“Perchè, come sicuramente sa, il dottore che mi ha preceduto ha ritenuto che lei non fosse fisicamente idonea e siamo qui per fare degli esami più approfonditi. Però a me interessa sapere anche quanto lei sia motivata, se la pallavolo sia per lei un passatempo momentaneo o ritiene che la sua vita non potrebbe proseguire senza”.
Vittoria non capiva il senso di quella domanda, ma non ebbe esitazione nel rispondere.
“No, dottore, la pallavolo è la mia vita. Soprattutto adesso che mi hanno aggregata alla prima squadra e ho la possibilità di farla diventare una carriera”.
“Certo, è un momento cruciale: se regge l’urto con le professioniste la sua vita potrebbe avere una svolta mica da poco. Però l’importante è passare la visita”.
Diede ancora un’occhiata alla cartella, poi guardò verso la ragazza.
“Si spogli, signorina”.
Vittoria si guardò attorno, cercando un paravento dietro il quale celarsi.
“Non sia timida, potrei essere suo nonno. Si tolga i vestiti e li appoggi alla sedia davanti a me”.
Il dottore non fece neppure finta di distogliere lo sguardo, con il quale invece seguì tutti i movimenti della ragazza.
Vittoria si tolse le scarpe da ginnastica, si liberò della tuta e della maglietta di cotone, rimanendo in biancheria intima.
Vittoria non era alta per lo sport che praticava, limite che però sopperiva con un’ottima elevazione, anche grazie alle gambe muscolose che il dottor Sandri stava guardando proprio in quel momento.
Il medico si alzò e si portò alle spalle della ragazza.
“Rimanga eretta, signorina”.
Le appoggiò lo stetoscopio sulle scapole e la auscultò a lungo, posando la mano libera sul fianco nudo della ragazza.
Lo strumento era freddo e la ragazza rabbrividì, non potendo evitare di provare un po’ di fastidio per quella mano appoggiata sulla pelle e che trovava inopportuna.
Il dottore spostò lo stetoscopio su diversi punti della schiena di Vittoria causandole ogni volta un leggero sobbalzo, poi le disse: “Si tolga il reggiseno, per cortesia”.
Il reggiseno? E per quale motivo?
Vittoria esitò e il dottore le rispose senza che lei formulasse alcuna domanda.
“Se devo ascoltarle il cuore sarà bene che non ci sia nulla tra lo stetoscopio e la sua cassa toracica a fare interferenza, non trova?”.
Era la prima volta che le veniva chiesto di togliersi il reggiseno per farsi ascoltare il cuore, ma era altrettanto vero che era la prima volta che le veniva chiesto un esame più approfondito, e il dottor Sandri le era stato presentato come un luminare.
Sganciò la chiusura del reggiseno e lo mandò a fare compagnia agli altri indumenti.
“Bene, ora dritta con la schiena per cortesia”.
Il dottore appoggiò lo stetoscopio appena sotto al seno di Vittoria, sfiorandone con le dita la base.
La ragazza, contrariamente alle sue compagne di squadre e alle pallavoliste in generale, aveva un bel seno, una terza abbondante che l’estate appena passata le aveva fatto vincere il titolo di Miss Bikini al villaggio turistico in cui aveva passato le vacanze.
Il dottore indugiò un paio di minuti, poi tornò alla sua scrivania.
“Secondo il collega che non le ha dato l’idoneità si tratta di un problema cardiaco, ed effettivamente qualcosa si sente”, sentenziò greve.
Vittoria si sentì morire.
“Come un problema cardiaco? E adesso?”.
Il medico sorrise.
“Niente, bisogna fare l’esame a riposo e sotto sforzo, cosa che avremmo comunque dovuto fare”.
Si alzò nuovamente e indicò con la mano un lettino posto a ridosso del muro.
“Si sdrai lì, per cortesia”.
Vittoria salì sul lettino e si sdraiò supina.
Era agitata, sia per l’esito dell’esame sia per l’atteggiamento del medico, che le sembrava un po’ fuori dal comune.
Il dottore si accostò a lei e le applicò al corpo delle piastrine adesive alle quali sarebbero stati collegati i cavi dell’apparecchio per l’elettrocardiogramma,
Ne applicò due su ogni fianco, appena sotto ai seni, e uno sulla scapola.
“Signorina, le devo chiedere la cortesia di togliersi le mutandine”.
Questa volta Vittoria non riuscì a non opporsi.
“Le mutandine? E perchè, di grazia? Non capisco cosa c’entrino con l'elettrocardiogramma”.
“Devo metterle due sensori sull’inguine”, rispose calmo il dottore.
“Sull’inguine? Non mi è mai capitato nelle altre visite”.
“Non le era nemmeno mai capitato di essere giudicata non idonea, se non sbaglio - rispose lapidario il dottore - Mi pare evidente che non posso farle l’esame standard, perchè darebbe gli stessi risultati”.
Aveva una sua logica.
Vittoria inarcò la schiena e si sfilò le mutandine, rivelando un pube coperto da una rada peluria.
Istintivamente si coprì con una mano.
Era qualche mese che avrebbe voluto rasarsi completamente come parecchie sue compagne di squadra però non aveva mai trovato il coraggio di farlo.
“Signorina, si comporti da adulta per cortesia, e tolga quella mano”, la redarguì il medico.
Tolse la mano, e il medico applicò altri due sensori accanto al monte di Venere.
Il dottore accostò al lettino un carrello sul quale era appoggiata la macchina per l’elettrocardiogramma dal quale fuoriuscivano diversi cavi elettrici, che con movimento esperto collegò agli elettrodi applicati al corpo di Vittoria.
Accese la macchina, che reagì con un suono elettronico.
“Bene, ora dobbiamo rilevare il suo battito cardiaco in condizione di riposo più assoluto - spiegò - per cui le chiedo la cortesia di rimanere perfettamente immobile. Anzi, le consiglio di chiudere gli occhi e pensare a cose piacevoli per rendere il tracciato più veritiero possibile”.
Vittoria eseguì.
A cosa poteva pensare di piacevole?
La macchina accanto a lei prese ad emettere un bip regolare.
La sua mente andò naturalmente verso Ludovica, la sua compagna di squadra.
Aveva venticinque anni, era stata acquistata l’estate precedente e si erano trovate a dividere la stanza di albergo in occasione di un torneo precampionato a Trento in quanto per entrambe si trattava della prima trasferta con la squadra.
Era stato un bel torneo, Vittoria aveva giocato poco - ma se lo aspettava - Ludovica era stata invece protagonista di un’ottima prestazione ed era stata lodata pubblicamente dall’allenatore.
Così quando erano rientrare in camera per rilassarsi in attesa della cena erano entrambe di ottimo umore, ognuna per i suoi motivi.
Ludovica le aveva fatto i complimenti, lei aveva ricambiato, dicendole che avrebbe voluto essere già brava come lei.
“Lo diventerai sicuramente, ci scommetto”, le aveva risposto Ludovica.
Si era posta davanti a lei e l'aveva circondata con le braccia.
“Una con un culetto come il tuo non può non aver successo”, aveva ribadito.
Si erano baciate.

“Signorina, il suo battito cardiaco sta accelerando! - la sgridò il dottor Sandri - A cosa sta pensando?”.
“Scusi”, mormorò Vittoria, e senza aprire gli occhi pensò allo schiaffo che le aveva affibbiato suo padre quando aveva letto un messaggio di Ludovica con il quale le diceva che non vedeva l’ora di leccargliela.
“Bene, ora meglio - commentò il dottore seguendo il tracciato - Resti immobile per un minuto e non apra gli occhi”.
Tirò fuori il telefonino e scattò una mezza dozzina di foto a Vittoria, poi lo ripose in silenzio.
“Continui a tenere gli occhi chiusi - disse alzandosi - Ora dobbiamo testare come reagisce il suo cuore a sollecitazioni esterne, per cui io la toccherò. È importante che non si agiti e che lasci che il suo muscolo cardiaco reagisca spontaneamente”.
Le passà due dita sulla pancia.
Vittoria ebbe un brivido.
Era stato un tocco imprevisto ma piacevole, il vecchio era ripugnante ma aveva delle belle mani.
La mano del dottore corse lungo la coscia.
“Ecco, brava, rimanga immobile”, le disse mentre eseguiva nuovamente il movimento.
Vittoria mantenne gli occhi chiusi mentre quell’uomo le passava le mani addosso.
Lui le faceva schifo come persona e come uomo, ma la sensazione che provava era piacevole.
Molto meglio dei tocchi che le aveva elargito il suo professore di matematica per non rimandarla a settembre.
La mano del dottor Sandri si posò sul suo seno destro, sempre con delicatezza.
Il primo uomo che glielo aveva toccato era stato suo nonno, poi il suo allenatore delle giovanili e suo fratello mentre lei fingeva di dormire.
Come faceva suo padre a stupirsi che fosse diventata lesbica?
Che poi non era neppure vero che fosse lesbica, a lei gli uomini continuavano a piacere, però ora stava bene con Ludovica e non voleva rinunciarvi.
Anche per questo era importante che ottenesse l’idoneità sportiva, le avrebbe permesso di starle più vicina.
Il dottore le palpò entrambi i seni per un paio di minuti, poi tornò a sedersi davanti alla macchina.
“Direi che fino ad ora va tutto bene, ora dobbiamo effettuare la prova sotto sforzo”.
Vittoria fece per alzarsi dal lettino.
“Dove sta andando?”.
“Non devo fare la prova sotto sforzo?”.
“E quindi?”.
“Pensavo di dover pedalare su una cyclette o qualcosa del genere”.
Il dottore ridacchiò.
“Quelle sono tecniche desuete, anche se tristemente ancora molto diffuse. La cyclette testa solo quanto lei sia allenata ad andare in bicicletta, nulla di più, e considerando lo sport che fa potrebbe anche penalizzarla”.
Si alzò e tornò accanto alla ragazza.
“Giocando a pallavolo il suo cuore è sottoposto a sforzi intensi e brevi - come quando salta per schiacciare - e a sforzi leggeri e prolungati, come durante il resto della partita. Per questo la cyclette non serve a nulla. Si sdrai per piacere”.
Vittoria tornò a coricarsi sul lettino.
Il dottore si avvicinò ai suoi piedi e, senza avvisarla, passò un dito sotto alla pianta.
Vittoria rise e ritrasse il piede.
“Signorina, deve stare ferma!”, la sgridò.
“Perché l’ha fatto? - chiese Vittoria - Perchè mi ha fatto il solletico?”.
“Perchè il solletico provoca sul cuore una reazione che è assimilabile a quella di uno sforzo improvviso, esattamente come un balzo. Riporti immediatamente qui il piede”.
“Mi scusi”, rispose Vittoria riportando il piede nella posizione iniziale.
Il dottore la solleticò di nuovo, provocando la medesima reazione.
“Se continua a muoversi non arriveremo a nulla!”, la riprese nuovamente.
“Lo so, ma non posso farci nulla, è istintivo”, spiegò Vittoria.
“Ne sono certo, per fortuna c’è un rimedio”.
Allungò le mani sotto al lettino e fece sporgere due spesse corde, con le quali le legò le caviglie.
“Ecco, così non si muoverà più”.
Si spostò verso la parte opposta del lettino.
“I polsi, per piacere”, le ordinò.
Vittoria eseguì e il dottore le fissò anche i polsi.
Ora era completamente immobilizzata.
“Ecco, così non si muoverà certamente. Le farò cinque minuti di solletico, pensa di riuscire a non ridere?”.
Vittoria scosse la testa.
“Non credo. Perchè?”.
“Fuori ci sono sua mamma e altri pazienti, non vorrei si facessero delle strane idee su quanto sta succedendo qui”.
“Posso provarci, ma non garatisco nulla”, rispose Vittoria.
“Meglio prevenire, allora”.
Il dottore aprì un cassette dal quale estrasse un rotolo di nastro americano, ne tagliò un lembo e lo applicò sulle labbra di Vittoria.
La ragazza si domandò se non si fosse cacciata in un guaio.
Era nuda, legata e imbavagliata nelle mani di un uomo il cui comportamento sembrava un tantino sopra le righe: è vero che era un dottore, ma di svitati era pieno il mondo e obiettivamente le sue tecniche sembravano un po’ troppo estemporanee.
I suoi pensieri vennero interrotti dal tocco delle dita del medico sotto ai suoi piedi.
Vittoria contrasse istintivamente i muscoli delle gambe per sottrarsi al tocco, ma le corde la mantennero immobilizzata.
Si divincolò in una risata muta, mentre le dita del dottore le tormentavano le piante.
Subì passivamente il supplizio per circa un paio di minuti - avendo conferma della teoria della relatività secondo la quale due minuti sono niente quando ti stai annoiando e sono eterni in altre situazioni - poi il dottore finalmente smise.
Vittoria era affannata e il nastro adesivo sulla bocca rendeva il suo respiro ancora più pesante.
Fece solo in tempo a regolarizzare la respirazione che le mani del dottore attaccarono le sue ascelle.
Le mancò nuovamente il fiato, mentre si contorceva per sottrarsi al tocco del dottore.
Le dita di lui scorrevano lungo il suo corpo, sollecitando le ascelle, i fianchi, la pancia e i seni.
Si dimenava furiosamente senza ottenere nessun risultato se non quello di sfiancarsi ulteriormente.
Lacrime scendevano dagli occhi e il corpo si copriva di sudore, forse suffragando la teoria secondo la quale il solletico sarebbe stato assimilabile ad una prestazione sportiva.
Furono i tre minuti più lunghi della sua vita, terminati i quali il dottore tornò imperturbabile alla sua postazione.
Studiò il tracciato per qualche istante mentre il respiro di Vittoria si normalizzava.
“Direi che la prova l’abbiamo superata, signorina - disse scarabocchiando un segno sul rotolo di carta - Ora ci resta solo un ultimo test”.
Si accostò nuovamente alla ragazza e - senza preavviso - le strappò il nastro adesivo dalle labbra.
Vittoria emise un urletto, più di sorpresa che di dolore, poi aprì la bocca per immagazzinare più aria.
Il dottore le fece una carezza sul volto.

“Sei stata brava”, disse.
Vittoria sorrise e ricevette una nuova carezza.
“Sei molto bella, sai?”, aggiunse il dottore.
Lei non rispose e si limitò ad abbassare lo sguardo.
Il dottore si allontanò, facendo scivolare, quasi distrattamente, la mano sul corpo di lei.
Le passò sul seno, sul ventre e le sfiorò i peli pubici.
“Ora abbiamo solo un’ultima prova da superare, che come le accennavo prima dovrà riprodurre i momenti meno dinamici di una partita”.
Armeggiò accanto al macchinario ed estrasse tre lunghi cavetti metallici, all'estremità di ciascuno dei quali era fissato un piccolo morsetto.
“Cosa sta per farmi?”, chiese Vittoria.
“C’è solo una maniera per sottoporre il cuore ad uno stress leggero ma costante, ed è l’orgasmo”.
Vittoria spalancò gli occhi e si agitò nei suoi legami.
“Non si preoccupi signorina, non sto per farle nulla di sconveniente - spiegò il medico con un sorriso - indurremo l’orgasmo attraverso questi elettrodi”.
Con due dita prese in mano un capezzolo e lo massaggiò fino ad inturgidirlo, e una volta duro vi serrò sopra un morsetto.
Vittoria emise un piccolo urletto più per la sorpresa che per il dolore, senza tuttavia frenare il dottore che compì la medesima operazione anche sull’altro capezzolo, poi si avvicinò al pube della ragazzza.
“Mi duole darle una cattiva notizia, ma temo che dovrò rasarle l’inguine”.
Non attese risposta da parte di Vittoria, prese un regolabarba e in pochi passaggi la privò della lanugine che le copriva il sesso.
“Magari le consiglio un passaggio da un’estetista dopo che sarà uscita di qui, non ho fatto un lavoro impeccabile - le disse passandole una mano sulla figa - Però direi che esteticamente sta meglio ora”.
Le introdusse un dito tra le grandi labbra.
“Dottore, la prego…”, protestò Vittoria con la voce invero un po’ rotta.
“Non si faccia pensieri sbagliati, sto solo cercando di portare in evidenza il suo clitoride”, spiegò il dottor Sandri.
In qualche secondo si trovò a massaggiare la piccola sporgenza di carne della ragazza e lì vi applicò l’ultimo morsetto.
Vittoria sospirò quando anche il suo clito venne pinzato.
“Ora, attraverso il passaggio di corrente elettrica a basso voltaggio, le darò la sensazione che i suoi capezzoli e il suo clito vengano sollecitati, come se qualcuno la stesse accarezzando”.
Spostò un selettore e subito Vittoria sentì un leggero sfrigolio dove i morsetti erano stati stretti.
Era una sensazione strana ma piacevole.
“Chiuda gli occhi, la aiuterà a sentire meglio”, le consigliò il medico.
La ragazza seguì il consiglio e sentì subito come se tre abili mani le stessero stimolando le zone erogene.
Aprì la bocca e cominciò a mugolare, mentre il dottore - non visto - estraeva il telefonino e la filmava.
Nessun ragazzo e neppure Ludovica erano mai riuscita a farla stare così bene solo con un tocco.
Si dimenò per qualche minuto, pur con il vincolo di essere legata, fino a quando non venne.
L’orgasmo arrivò improvviso e solo il pensiero che sua madre l’avrebbe sentita le impedì di urlare.
Aprì gli occhi e guardò verso il dottore, che stava guardando verso la macchina con sguardo concentrato.
“E’ venuta, vero?”, chiese conferma senza guardarla.
“Sì”.
“Si vede dal tracciato”, confermò.
“Abbiamo finito?”, chiese Vittoria. Non riuscì a far sì che il suo tono di voce tradisse il rammarico.
“Neanche per idea: la rilevazione prevede quattro orgasmi per essere attendibile, ognuno dei quali deve essere più intenso del precedente”.
Il dottore aprì un nuovo cassetto ed estrasse un oggetto lungo ed affusolato, anche questo collegato al macchinario con un cavo elettrico.
“Non mi giudichi impertinente, ma le devo fare una domanda personale, signorina”.
Era nuda, legata, il dottore l’aveva toccata ovunque ed era appena venuta di fronte a lui, come avrebbe potuto temere una domanda personale?
“Chieda pure”.
“Lei non è vergine, vero?”.
Vittoria scosse la testa.
“Meglio, sarebbe stato complicato andare oltre se lo fosse stata”.
Mentre Veronica si domandava il significato di quelle parole il dottore si accostò a lei con quell’oggetto in mano e le introdusse un dito nella vagina.
“Vedo che non ha bisogno di lubrificazione”, osservò.
Prese l’oggetto e con delicatezza lo spinse nella vagina della ragazza, che lo accolse fino in fondo come fosse un Tampax.
“Ricominciamo la giostra”, annunciò.
Questa volta Vittoria, oltre alla stimolazione dei capezzoli e del citoride, sentì anche una leggera ma efficace vibrazione dentro di lei.
Cominciò ad ansimare subito, già su di giri per la sessione appena conclusa.
L’azione combinata dei quattro dispositivi generava su di lei un turbinio di sensazioni ed emozioni, acuite dal senso di impotenza provocato dall’essere legata.
Si sentiva come oggetto di un esperimento, e la cosa la eccitava.
Sentì l’orgasmo prossimo ad arrivare.
“Si ricordi di avvisarmi quando viene, signorina”, sentì dire il dottore, che lei sentì quasi fosse una voce fuori campo.
Venne subito dopo, questa volta meno silenziosamente di prima.
“Bene, ora aumentiamo un attimo”, le annunciò il dottor Sandri.
La vibrazione dentro di lei aumentò ulteriormente.
Sentì i brividi attraversarle la spina dorsale e risalirle lungo il torso.
Mai aveva provato delle simili sensazioni, neppure quando assieme a Ludovica avevano provato un vibratore doppio.
“Liberami, ti prego”, disse con un fil di voce tenendo gli occhi chiusi.
Il dottore la scrutò con sguardo sospetto, quasi temesse che volesse scappare, poi silenziosamente sciolse le corde che la legavano.
Non appena ebbe le mani libere le portò sul suo corpo, accarezzandosi i seni e tra le gambe nonostante la presenza degli elettrodi destinati a rilevare il battito cardiaco.
Prese a contorcersi sul lettino, talmente concentrata sul turbinio di sensazioni che la attraversava da non registrare il fatto che il medico la stava riprendendo con il telefonino.
Venne ancora, rannicchiandosi in posizione fetale per assorbire meglio lo sconquasso emotivo che la attraversava.
“Basta, la prego”, disse quando l’orgasmo ebbe terminato di percorrere il suo corpo.
“Abbiamo ancora un ultimo step, si faccia coraggio - rispose invece il dottore - Si volti, per cortesia”.
Vittoria si girò prona, esponendo le natiche al medico.
“Allarghi le gambe”.
Questa volta aveva in mano un oggetto metallico più piccolo fatto a forma di uovo, anch’esso cablato con la macchina.
Il dottore lo coprì con una sostanza lubrificante e lo accostò all’ano di Vittoria.
“Si rilassi, non le farà male”, disse un attimo prima di spingerglielo dentro.
L’oggetto penetrò nel corpo della ragazza e sparì.
“Ancora un ultimo sforzo”, disse il medico, e azionò anche il pug anale.
Ora Vittoria riceveva stimolazioni sui capezzoli, sul clitoride, nella vagina e analmente.
Non riusciva a controllare il suo corpo, che si divincolava come in preda alle convulsioni.
Il medico si accostò al lettino per controllare che stesse bene.
“Toccami!”, disse lei ad occhi chiusi.
“Io non credo che sia una buona idea, potrebbe alterare i dati…”.
Veronica allungò una mano e afferrò quella del medico, portandosela sul seno.
“Toccami e stai zitto!”, gli disse, con una perentorietà di cui lei stessa di meravigliò.
Il dottore portò anche l’altra mano sul corpo della ragazza e cominciò a toccarla ovunque, facendo solo attenzione a non scollegare gli elettrodi ai quali era ancora attaccata.
Vittoria non riusciva a controllarsi, voleva venire e voleva farlo subito.
Non mancava molto.
Prese due dita del dottore e le infilò in bocca, cominciando a leccarle con la lingua come fosse un pene.
Il medico con la mano libera la accarezzava ovunque, indugiando soprattutto sulle grandi labbra.
Tre minuti dopo Vittoria venne, dell’orgasmo più potente e più sconquassante della sua vita.
Sentì il corpo vibrare come se fosse su una giostra, mentre un fluido caldo fuoriusciva dalla sua vagina.
Si rannicchiò in posizione fetale sul lettino, aspettando che il suo corpo smettesse di fremere per il piacere, mentre il dottore si accostava al macchinario e, come se niente fosse, premeva qualche pulsante.
“Dire che la prova è superata, signorina”, disse.
Tornò vicino alla ragazza e iniziò a scollegarla dalla macchina, procedendo in ordine inverso.
Prima le estrasse il plug anale, poi il dildo vaginale, infine le staccò i morsetti dai capezzoli e dal clitoride, in ultimo vennero rimossi i cavi per il tracciamento del battito cardiaco.
“Si metta a sedere, le tolgo le placche adesive”, le disse il medico.
Vittoria si tirò su e portò le mani dietro alla nuca per agevolare il medico, ormai priva di qualunque pudore nei suoi confronti.
L’uomo armeggiò con i polpastrelli sul suo corpo per toglierle le placche adesive.
“Direi che la prova è superata, potrà continuare a giocare a pallavolo”, disse.
Vittoria annuì.
Era il motivo per cui si era recata dal medico, ma in quel momento la sua mente era altrove.
“Non ero mai venuta così forte”, disse.
“Bene, mi fa piacere”.
Lei allungò la mano e la posò sul cavallo del dottore.
“Cosa fa, signorina?”.
“Volevo capire se anche a lei era piaciuto, e da quanto sento direi di sì”.
Scese dal lettino.
“Come le ho detto prima, lei è molto bella”.
Vittoria si inginocchiò davanti al medico.
“Cosa sta facendo?”, le chiese mentre la ragazza gli abbassava la zip.
“Sono stata molto bene e voglio ringraziarla”.
Il pene dell’uomo era duro come il marmo.

“Io credo che sia stata un’errata rilevazione del mio collega, talvolta capita”, disse il dottor Sandri.
Davanti a lui sedevano Vittoria - ora nuovamente vestita - e sua madre, ed era quest’ultima che si stava rivolgendo.
“Abbiamo fatto la visita dal dottor Rinaldo, ce l’ha consigliato la società sportiva”, spiegò la madre.
“E’ un bravo medico, lo conosco, ma purtroppo i medici giovani sono spesso timorosi e preferiscono cautelarsi, non li posso neppure biasimare visti i tempi. L’importante è che ora sia tutto a posto”.
“Lei ritiene che si debba fare un’altra visita prima del prossimo anno? Giusto per essere tranquilli?”.
Il medico spostò lo sguardo su Vittoria, la quale ricambiò guardandolo negli occhi.
“Magari fra sei mesi?”, disse la ragazza.
“Mi pare sensato”, rispose il medico, aprendo l’agenda e fissando il nuovo appuntamento.
“Mi stavo chiedendo - disse a quel punto la madre - se non dovrei fare un controllo anche io”.
“Quanti anni ha, signora?”.
“Trentanove - disse, e poi aggiunse subito - Ho avuto Vittoria da giovane”, quasi a giustificarsi.
“Be’, la prevenzione non fa mai male”, rispose il dottore.
Ora il suo sguardo indugiava sul corpo della donna, apparentemente più formosa della figlia e bruna di capelli.
“La prossima settimana c’è posto?”.
Il medico consultò ancora l’agenda.
“Giovedì alle tre del pomeriggio”.
“Per me va benissimo”.
Si alzarono tutti e si strinsero la mano.
“Con lei signora ci vediamo giovedì prossimo, con la signorina Vittoria tra sei mesi. Mi raccomando, la voglio vedere in squadra!”.
La ragazza gli porse la mano.
“Grazie dottore, è stato un vero piacere”.
Diede una leggera enfasi all’ultima parola, segno che non era stata scelta a caso.
Le due donne uscirono e il dottore tornò a sedersi, poi prese il telefonino.
“Rinaldo? Sono Sandri, puoi parlare?”.
Una pausa.
“Volevo dirti che è appena andata via la ragazzetta che mi hai mandato tu, avevi ragione, è veramente una troietta”.
Una risata.
“Senti, ora devo ricambiare il favore - disse consultando nuovamente l’agenda - Tra poco ho una cestista cubana di ventidue anni, ti va?”.
Un’altra pausa.
“Le dico che serve un approfondimento e la mando da te, stai tranquillo. Grazie ancora, e buon lavoro!”.












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Pape

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racconto interessante, di pura fantasia, scritto correttamente, anche da un punto di vista grammaticale. Molto leggibile

Riguardo il tema, sicuramente affronta qualcosa di particolare, quello del rapporto deontologico tra dottori e pazienti.
Penso che la realtà sia un po' diversa e molto prevenuta nei confronti dei dottori uomini. Mi è capitato di assistere ai dialoghi di alcune mie colleghe dopo le visite mediche aziendali e fin quando la ditta non ha cambiato dottore (passando ad una donna) pareva fossero stuprate ad ogni visita, da notare che alcune di loro prendevano cazzi diversi ad ogni fine settimana. Immagino che la professione medica che prevede di maneggiare corpi nudi e parti delicate, necessiti di una fiducia massima tra medici e pazienti di diverso sesso.
Non so quanto possa essere verosimile, ma è certamente un'immaginario eccitante. 👏
 

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Le giovane fighette che si fanno visitare dai dottori sono dei racconti che preferisco questo racconto è bellissimo
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Riguardo il tema, sicuramente affronta qualcosa di particolare, quello del rapporto deontologico tra dottori e pazienti.
Penso che la realtà sia un po' diversa e molto prevenuta nei confronti dei dottori uomini. Mi è capitato di assistere ai dialoghi di alcune mie colleghe dopo le visite mediche aziendali e fin quando la ditta non ha cambiato dottore (passando ad una donna) pareva fossero stuprate ad ogni visita, da notare che alcune di loro prendevano cazzi diversi ad ogni fine settimana. Immagino che la professione medica che prevede di maneggiare corpi nudi e parti delicate, necessiti di una fiducia massima tra medici e pazienti di diverso sesso.
Non so quanto possa essere verosimile, ma è certamente un'immaginario eccitante. 👏
Ti dirò, una volta da bambino ero andato a fare una visita (non ricordo per cosa), e ad un certo punto il dottore ha alzato un po' l'elastico dei miei pantaloni e ha dato una rapida occhiata (non mi ha tirato giù i pantaloni, ha davvero solo dato un'occhiata). I miei genitori erano presenti ma a me la cosa non ha fatto per nulla piacere, tanto più che non mi aveva avvertito. Sul momento me la sono vissuta male, poi non ci ho più pensato.
 

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