Esperienza reale Mia suocera mi tormenta

OP
L

lunapop

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Verace la stanchezza aggredi i nostri corpi, il film non aiutava era un pesantissimo film che parlava delle guerre puniche, andammo a dormire, ognuno di noi spedito verso il proprio letto, io sul divano....
Quella sera mi misi nel preciso punto in cui sei stata sdraiata tu, chiudevo gli occhi e immaginavo le tue gambe lucenti illuminate dai toni del televisore, rannicchiate ed io viaggiavo di brutto con l'immaginazione.
Con te in mente e le mie fantasie in quel momento ho dovuto proprio abbassarmi il boxer e carezzare il mio membro, con gli occhi chiusi riuscivo facilmente a scambiare le mie mani con le tue mentre la tua bocca corteggiava la mia in una unione bagnata.
Era duro il mio sesso e ti dicevo tante cose ma in realtà ero solo nella tua sala steso su quel divano a pensare, finsi di andare in bagno, sapevo che per andare in bagno dovevo passare per la porta della camera tua, ti vidi che dormivi, il tuo viso illuminato dalla televisione accesa, pessimo vizio che hai propinato anche a tua figlia, tornai e ti vidi nella medesima posizione, mi rassegnai cercai di addormentarmi.

Le notifiche del telefono iniziarono a farsi coraggio e il led intermittente del telefono attirava la mia attenzione, chi poteva essere alle 2 di notte?
"annamaria D." lessi sul display e pensai accade che quando fai il medico gli amici piu stretti si sentono in diritto di scriverti a qualsiasi ora per qualsiasi sciocchezza. "Ho la bambina che sta vomitando non è che puoi venire?" "non sono in città, chiama la guardia medica a questo numero" la risposi freddamente... poi nel riporre il telefono sul pavimento le riscrivo "stai tranquilla non è niente, scivimi solo se peggiora o non si toglie" annamaria mi liquido con un freddo "ok"

"perchè sei on line a quest ora, con chi parli? Tradisci mia figlia?"
intontito non sapevo cosa dire.... era un tuo messaggio, scritto in quel preciso momento, non sapevo, credimi cosa risponderti come risponderti.... contrariamente alle spunte blu non mi andava di risponderti.
 
OP
L

lunapop

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La rabbia mi costrinse ad alzarmi durante quella notte, aprire l'imposta del balcone e fumarmi una sigaretta, ne presi una dal tuo pacchetto che stava poggiato sul tavolo, dopo il primo tiro pensai "ma come fai a fumarti questo schifo?"
mi innervosivo non capivo quel messaggio che significava? intontito entro il sala e ne prendo un altra..."due sigarette l'una dietro l'altra" pensai " mamma e figlia mi condannano al manicomio".
Quando rientrai ti trovai in piedi, scalza, a piedi nudi che osservavi me a dorso nudo che fuori al tuo balcone fumavo, me lo dicesti appena entrai e ti vidi. Sta volta non eri timida, mi guardasti dritto negli occhi, le luci della ferrovia di sotto facevano brillare quel verde tenue delle tue iridi....mi guardavi e mi chiamavi per nome..... io anche ti guardavo ma non ti parlavo ne ti chiamavo.....
 
OP
L

lunapop

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Un impeto tumultuoso mi infrange verso il tuo corpo, lo afferro con le mie grandi mani, i tuoi fianchi, snelli, li scaravento sul mio corpo....
Inizio a corteggiarti con dei dolci baci, piccoli ma intensi lungo il tuo collo, ci stai e anzi mi fai strada spostando la testa.....da baci si trasformano quindi in qualche cosa di piu passionale, che scivola facendosi strada con la lingua sin sotto al mento.
Il tuo respiro man mano che mi avvicinavo alla tua bocca si faceva intenso e le tue mani cercavano di accarezzarmi.....
ti sentivo sussurare un timido "oh.... oh.." mentre il tuo respiro amplificava gli affanni, ti tolsi gli occhiali, ricordo di averli poggiati su uno sgabello...
lasciavo che la mia saliva scorreva lungo il tuo corpo con le mani mi limitavo a carezzarti i fianchi al di sopra del vestito, no non volevo fare altro, non volevo andare oltre.....

Arrivai infine alla tua bocca, come premio finale, la penetrai con la lingua e alla fine leccai le tue labbra.... eri completamente eccitata.... lecco la tua lingua lecco le tue labbra, lascio che la mia saliva scorra nella tua bocca e con voce autoritaria ti dico "ingoia" "ingoiala".
Questo tuo ingoiare spezza ogni forma di inibizione che ti potesse riguardare, con le mani esplori le mie spalle e poi scendi giu sino a toccare l'elastico del boxer...
"ah si esplorami non spaventarti" la convinsi sussurrandoglielo nell'orecchio a voce bassa, "si non aver paura esplorami" continuai leccandole il lobo dello stesso orecchio.
Leccai il tuo orecchio lo succhiai per bene, sino al punto di penetrarlo con la lingua, avevo trovato il tuo punto di accesso, in quel momento non eri semplicemente eccitata, alzasti la tua coscia destra e mi avvolgesti, facesti sbattere il mio bacino sul tuo in quel momento percepii il tuo mistero e realizzai che eri senza mutandine.....
 
OP
L

lunapop

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Lo sentivi, sentivi il mio membro scivolare su quella peluria che nasconde il tuo mistero, mentre scivolava tu godevi e con la coscia mi avvinghiavi, e mi scaraventavi sempre di piu lì dove finiscono le tue gambe e la disparità vince sulla parità, sentivo la tua voce evanescente nel tuo respiro profondo, accennavi ad un "dai si dai..." e mi sbattevi contro di te...
La mia lingua stanca di scavare nel tuo orecchio le mie mani inutili sopra ai tuoi fianchi.....
Ti sfilai il vestitino da notte, eri senza intimo....
i tuoi seni finalmente liberi, duri, i tuoi seni turgidi raschiavano sul mio petto e cercavano la mia bocca.. " voglio succhiarti i capezzoli ti dissi" con le mani ne prendesti uno e me lo imboccasti... Lo succhiai, ricordo era il seno destro, ansimavi e gemevi non avevi piu limiti.....
 
OP
L

lunapop

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"Ah si sbattimi piu forte" mi dicesti, non ti ascoltai, si faceva troppo rumore.....
mentre succhiavo il suo capezzolo per un attimo mi alzai e lasciai che i due seni venissero compressi dal mio petto, poi decisi di farli scivolare al di sopra e al di di sotto, mentre godevi,come una matta.
"sbattimi ha...sbattimi.." pretendevi questo contatto cosi strano che mi faceva ricordare i tempi del liceo e il "petting" (si chiama cosi?) nelle macchine.....
Staccai il mio petto dai tuoi seni, presi le tue mani e le accompagnai sull'elastico del mio boxer, nell'orecchio ti dissi " mi devi far capire quanto sei porca"...
Abbassasti il pantaloncino insieme al boxer, come una molla usci fuori il mio membro caldo, lo vedesti e timidamente cercavi di afferrarlo con le mani.
"Inginocchiati...." lo facesti mentre mi tenevi per mano
"succhia" staccai le tue mani dalle mie e le appoggiai ai miei fianchi poi con le mie veicolai il mio pene all'indirizzo dellal tua bocca
ti rifiutasti di saggiare quel pasto, avevi altre idee, iniziasti ad annusare i miei peli pubici e a baciarli, poi scendere giu e far scivolare le tue labbra con i miei testicoli, le tue mani incollate sopra ai miei fianchi la tua bocca esploratrice.
Di tanto in tanto staccavo il tuo operare sul mio pube e osservavo le tue cosce piegate e rigide e il tuo sedere in evidenza, eri nuda inginocchiata dinanzi a me e adoravi il mio membro.

Mentre annusavi e timidamente baciavi il mio scroto annuivi e dicevi "oh si allora ho capito tutto"
Ti accarezzavo i seni e percepivo i loro brividi poichè i tuoi capezzoli erano duri, sentivo che ti piaceva questo mio contatto, le mie pesanti mani sui due capezzoli..
ti disinibisti ancora di più e mi dicesti "sei venuto nelle mie mutande dì la verità?" le dissi un secco sì e le dissi pure che volevo venire anche su altre mutande e lei mi disse " perchè non lo hai fatto?"
"quando l'ho scoperto sono stata tutto il tempo ad annnusarle a leccarle in corrispondenza delle tue macchie"
"sapevo fossi tu"
"quel loro sapore mi ha letteralmente intontito, le ho portate in borsa a lavoro durante la pausa andavo in bagno per annusarle"
"mi sono chiesta perchè ti sei limitato a fare solamente quelle"
"un giorno a lavoro durante la pausa pranzo sono andata in bagno e le ho indossate togliendo quelle che avevo messo la mattina"
"Mi sentivo eccitata, molto eccitata, lo spacco sarebbe finito massimo tra un quarto d'ora"
"Andai in bagno nuovamente e toccai le mie labbra attraverso quel tessuto intriso della tua vita"
"sentii la differenza era come indurita la parte eiaculata"
"la veicolai all'interno del mio mistero superando i peli"
"arrivai finalmente a sfiorare il clitoride"
"furono solo due massimo tre le carezze"
"provai un orgasmo cosi forte che mi dovetti sedere sul water"
"rimasi inerme non so per quanto tempo"
"ti chiesi ancora una volta perchè sei venuto solo su quelle mutandine"
 
OP
L

lunapop

Guest
Ti ascoltai e questo tuo parlare costrinse i miei testicoli a spremersi, ero lì lì per eiaculare, con la mano alzai la canna e ti dissi di prendere in bocca tutti e due i testicoli.
Ti chiesi scusa e ti dissi che a breve avresti percepito direttamente in bocca il sapore del mio sperma ma prima volevo sentirti ancora leccare.
Ti chiesi di leccarmi l'ano, lo facesti, eri sotto il mio controllo, ti sdraiai per terra, mi inginocchiai e feci coincidere il mio sfintere anale con la tua bocca.
Ti piacque e anche tanto, con la lingua quasi volevi penetrarlo ma ti dissi che dovevi solo leccare non penetrare
Mentre eri intenta a leccarmi il sedere poggiai le ginocchia sul pavimento, coi piedi stringevo la tua testa e con i seni avvinghiavo il mio membro
Apristi le cosce forse volevi che con la lingua desiderassi il tuo sesso forse volevi che ti penetrassi non sei stata troppo chiara, avevi il mio sedere in bocca e forse ti bastava.
Con le mani aprivi i miei glutei per farti strada nel mio ano, io con le mani tenevo avvolti i tuoi seni lungo il mio pene, le tue cosce aperte e la mia lingua che accarezzava quei capellini cosi curati.
Con una mano mi aprivi il sedere con l'altra pure e la lingua che leccava il sedere, le tue cosce piegate rigide forse guardavano invidiose il tuo sesso che veniva esplorato dalla lingua, mi dilungai e andai a consolare anche loro, gli piacque...
 
OP
L

lunapop

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Sentivo il mio coito sbattere alle porte del mio glande era il momento di eiaculare me lo sentivo.
Restasti sdraiata per terra, mi alzai, diedi uno schiaffo alle tue cosce e dissi "che meraviglia che sei"
cercasti di alzarti ma ti dissi di rimanere cosi, alla fine ti sei rimessa in ginocchio.
Con le mani finalmente avevi fatto amicizia con il mio pene,
"è troppo tardi ormai le mani continuale a utilizzarle dove hai preso confidenza"
Continuò a massaggiare e cercare di aprirmi i glutei.
ti afferrai per il capo e ti dissi di aprire la bocca,
obbedisti.
Finalmente penetrai la tua bocca, le lingua scivolava lungo la base del mio sesso
le labbra lo lubrificavano con la tua saliva, copiosa, scorreva sul mio pene e continuava a bagnare i tuoi seni.
Faccio andare avanti e dietro il tuo viso, sto facendo l'amore con la tua bocca
tu schiava non dici niente
solo quando aumento la forza di penetrazione lungo la tua ugola, un lieve colpetto lungo il dorso mi sta facendo capire che sto esagerando.
Non mi fermo e continuo, di tanto in tanto stacco le mani dalla tua testa lasciando che sia tu a farlo entrare ed uscire in maniera sincrona col mio bacino, per cospargere i tuoi seni con quegli umori, orali, che scorrevano impietosamente dalla tua bocca.

Un violento, un violentissimo orgasmo si liberò nel suo palato, negli istanti, quelli che precedono l'eiaculazione ricordo che presi la testa e cercai di spingerla quanto piu è possibile in modo di farci entrare tutto quanto il mio pisello.
Quando quel tripudio di vita abbandono per sempre le mie gonadi e si deposito nella tua bocca io volevo urlare di un piacere estremo, e forse anche tu, subito dopo ti presi per le ascelle e ti alzai,
ti sollevai, ti guardai negli occhi e ti baciai sulle labbra
ti dissi "Ti amo"
mi piegai
ti girai
un ultimo bacio sul tuo sedere.
Andasti via da me.
 
OP
L

lunapop

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Scorreva l'acqua sulla tua pelle, la sentivo ero in sala disteso sul divano,
la sentivo allontanare dal tuo corpo i segni del nostro intrigo. PIano muovevi e con delicatezza gli utensili per non svegliare tua figlia che riposava nella stanza adiacente.
Quella delicatezza a tratti coperta dallo sferragliare della ferrovia mi faceva addormentare. Ti vidi per l'ultima volta quel giorno, dopo che ti dissi "ti amo" col dito spostasti quel filo di rugiada che pendeva dall'angolo destro della tua bocca.

L'orlo del tuo bicchiere, quello con cui la mattina fai colazione, quel tiepido latte di soia bagnato con quelle barrette, recita, timidamente, il tuo nome.
Sul precipizio perdono di senso i solchi che definiscono le tue labbra, anche stanotte hanno perso il senso altrove, pensai.
Un caffè, lasciai la tazzina sporca nel lavello, in mano le scarpe, sono le 5 e 15, con le scarpe in mano scappo via come un fuggiasco.... un altro giorno mi aspetta.

Un biglietto veloce e nel sottopasso i finanzieri, lieti, che controllano i passeggeri mi salutano, sanno che vengo da casa tua, ti conoscono conoscono tuo marito.
Sulla banchina numero 4 è ancora buio, abbottono il pullover che mi ha dato tua figlia,
il pulsante dell'accendino scocca il suo primo arco della giornata, il mio primo tiro di sigaretta, non ho niente da pensare.
Una combinazione di numeri annuncia il regionale, il solito.
Mentre ci amavamo sentivo urlare i treni, capii che il tutto era stato ripristinato.
"non ci sta serena stamattina?" Chiesi all'anziano capotreno che scese dal vestibolo per consolarsi anche lui con una sigaretta.
"oggi pomeriggio ma non su questa tratta" rispose.

Avevo bisogno di raccontarti ma bene o male ti conoscevano tutti, era una cosa piu forte di me, non si trattava di un segreto,
Sono sempre stato del parere che quando vivi una cosa bella devi condividerla, devi trovare dei partecipanti,
ho sempre pensato che le cose brutte non le devi raccontare.
Non potevo parlare di te al Foca, mi avrebbe rimproverato "DENTOLOGICAMENTE SCORRETTO" se sei milanese e ami il tuo lavoro queste sono le conclusioni.
Mi stavo forse soffermando troppo a noi due dimenticando che sei la mamma della mia ragazza, dimenticando ciò che sei nella vita reale. Potrei chiedermi come farai domani a guardare negli occhi tua figlia, potrei chiedermelo anche io, probabilmente non ce lo chiederemo mai e sarà solamente un sogno.

"FOCA" recita lo schermo del telefono, quello delle emergenze, il piccolo nokia indistruttibile
"ti stavo pensando ma non mi aspettavo mi chiamassi sul numero interno, di che si tratta?"
" La donna in rianimazione sta per finire, le togliamo la morfina perchè è in coma è un eccesso potrebbe anticipare il decesso, il che è deontologicamente scorretto"
"procedi pure, hai il mio consenso"

Non avevo mai lavorato con uno come te Foca ti giuro, il tuo pregio è quello di applicare i protocolli rispettando ogni virgola del manuale, nella vita dovevi fare il legislatore o peggio ancora il vigile, lo penso ma lo penso per scherzare, sì perchè ho capito che quando tutto va male, uno l'ironia la deve estrapolare da se stesso senza aspettare l'incontro con quella persona bizzarra, penso che ognuno di noi debba essere bizzarro di suo.

Volevi andare via da noi non lo hai mai detto e anzi al compleanno di Fabrizia a cena avevi detto che in questa città volevi morire,
non sono fesso, tu volevi andare via perchè avevi capito che qui non potevi diventare primario, era il tuo sogno volevi fare il primario a casa tua.
Lo dicesti ingenuamente il primo giorno che ci conoscemmo, ti venni a prendere alla stazione centrale mentre scendevi dal treno eri anonimo e avevi una pipa in bocca, qualcuno infatti senza trattenersi troppo, ti guardava e sorrideva, osservando quel comignolo che spuntava dalla tua bocca.

"Sai stanotte io e .... ci siamo toccati e.... e poi lei... ed io...."
No non potevo mai dirti quella situazione, non mi avresti capito.. Tu e i tuoi modi milanesi non so come mi avrebbero descritto e chissàa lavoro che tipo di ripercussioni.
 
OP
L

lunapop

Guest
I giorni passarono dritti come un dardo, precisi, inesorabile la freccia del tempo che in alcuni momenti faceva sentire la sua essenza piu lancinante,
Tua figlia mi racconta di te, ingenua lei, non può mai aspettarsi che entrambe conoscete il sapore del mio sesso.
Il bar dell'istituto in cui io lavoro è un viavai di camici bianchi, di personale, ma spesso anche di persone, un misto tra pigiami, staffe che mantengono bottiglie di fisiologica rovesciate e ogni tanto anche qualche persona ben vestita.

Durante le mie pause vengo qui a prendere una tazzina di caffè, la barista Eleonora mostra sempre orgogliosa i disegnini sulle sue unghie, per me sono disgustose, ma una donna che dedica tutto questo tempo alle proprie unghie merita un complimento.
" Per favore il solito e mi dai anche questa conchiglia, c'è il cioccolato dentro?"
Annuì con quel viso grande abbassandolo verso i suoi seni prosperosi
Era felice quando qualcuno le dava importanze, viveva quelle credenze popolari e ignorantesche secondo le quali la figura del medico deve essere rispettata, volevo farle capire che io prima di fare il medico bevo il caffè e se non bevo il caffè non posso fare il medico, "sei piu importante tu Eleonò ma non lo vuoi capire" pensai.
Uscii fuori quel giorno, era una bella giornata, lungo i miei visceri quel caffè scorreva quasi come un principio di purificazione mentre i miei occhi cercavano la libertà in quei prati di finto verde che arricchivano l'istituto.

"Per me si va per la città dolente"
Dante qui dovevi venire.

Le linee di fumo originavano dall'estremità accesa della sigaretta, mi lasciai consolare da questa visione alla fine, mentre il sole mi riscaldava.
la plastica del mio tesserino appeso rifletteva i raggi, le penne e lo stetoscopio soffrivano quel calore.
"numero privato" , è qualcuno che mi conosce pensai, mi stanno chiamando mentre sono in pausa
Sapevi che in quell'ora mi assentavo dal reparto ma non potevo mai pensare fossi tu,

Aprii la chiamata dicendo "dica" mi accogliesti col silenzio, eri tu, conoscevo quel silenzio...
Ti riconoscevo dal respiro, quel respiro che l'apparato telefonico non ritraeva in maniera impeccabile. Sentivo il tuo respiro profondo, sentivo il tuo mistero gemente di liquido.

Non parlavi e io non ti incoraggiavo a farlo, quasi mi soddisfava la semplice ascultazione del tuoi respiri, respiravo insieme a te.
Sentivo inconsciamente che dentro di te una parte voleva dirmi di no ma il tuo respiro era piu forte, non era come quello dell'altra notte in sala.
Un minuto e 33 secondi precisi dopo il vuoto il silenzio.
Mi lasciasti cosi, la sigaretta mi cadde a terra e io trovai sostegno sulle panchine adiacenti all'ingresso.

Restai lì oltrepassando il limite dei miei minuti di ripresa,
allo scoccare del terzo minuto di ritardo incombono i tre sms del dottor Foca "sbrigati" "dove sei" " datti una mossa" "quante sigarette stai fumando"
 
OP
L

lunapop

Guest
Nei momenti più improponibili era solito mandarmi dei messaggi, messaggi strani, voleva che io e lui condividessimo una cena, un ristorante una pizzeria, solitamente nei momenti meno affollati, i lunedì erano i suoi preferiti.
Foca non riusci mai ad adattarsi nella mia città, il suo istinto settentrionale, da milanese lo proiettava verso gli organigrammi ferrei, le agende rigorose, l'ordine e la perfezione di una grande città europea, questi messaggi infatti mi arrivavano, alcune volte anche dieci giorni prima, tanto è vero che scrivevo il suo nome sul calendario, una F. puntata col pennarello rosso.

Era un uomo riservato, mentre noi persone del sud non ci mettiamo tanto ad aprirci, come se fosse uno spirito di fratellanza, lui, del nord a malapena ti diceva quello che pensava sulla cartella clinica di un paziente, sia chiaro la cena era solo per riflettere, nei momenti in cui la sua vocazione da "vicario" veniva meno, si confrontava con me, ma non voleva attingere dalle mie conoscenze sia chiaro, parlare con una persona gli apriva la mente, potevo essere il suo alfiere o il suo cavallo ma mai il suo re.

Non molto tempo dopo tua figlia mi chiamò, mi disse che Ettore, il suo caro amico tornava in paese e avrebbe tenuto una conferenza. Era stato in patagonia con due ricercatori americani, li aveva portati con se alla conferenza e tu avresti fatto da interprete a questi due ragazzi. Era la biologia marina l'argomento di discussione, ricerca di nuove specie, caccia di nuovi metaboliti, cose di questo genere. Non potevo dirti di no, quella sera sarei rimasto sicuramente a dormire da te e tu sicuramente mi avesti aspettato, lo sentivo, lo percepivo.

"Foca ho impegno, la pizza la dobbiamo spostare, mi dispiace tanto"
non mi rispose il Foca, il giorno dopo a lavoro non mi parlò e non lo fece nemmeno per i tre giorni successivi. Non bisogna mai alterare le agende e gli organigrammi severi di un milanese, lo imparai in quel momento.

Risolvemmo perchè nei giorni seguenti mi chiamò voleva ritrattare la data "ma che non si verifichi piu una cosa del genere"
 
OP
L

lunapop

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Salimmo su quel veliero, era lì che si teneva la conferenza, noi quattro, tua figlia accanto a me e tuo marito insieme all'altro tuo figlio. Eravamo tirati a lusso sembrava che dovessimo andare ad un matrimonio. I nostri posti riservati in prima fila accanto al sindaco, assessori ed altre onoranze del tuo paese con ben in mostra i loro gradi, la loro gerarchia.

Un signore dalla voce rauca e una barba bianca si avvicina a noi, aveva pochi capelli in testa, una giacca nera con sotto una camicia bianca che faceva fatica ad avvolgere il suo pancione, sul lato sinistro osservai le sue iniziali puntate a caratteri eleganti. Mi ricordo i miei primi giorni di specializzazione, toglievo i braccialetti ai pazienti, non so se avete presente i braccialetti che si mettono alle persone ricoverate in ospedale, "signora non siamo in un campo di concentramento e se non ci ricordiamo come vi chiamate allora è un problema nostro dovremmo autosospenderci o cercare di recuperare la memoria, come può un medico memorizzare tutta la farmacologia e dimenticare il nome di un paziente? è piu facile ricordare Mario Esposito o Pentadodecil-Dodecanol-Sulfidril-Fosfato?"

Eri già seduta al tuo posto lanciasti uno sguardo affettuoso a tuo marito e a tua figlia salutasti anche me e tuo figlio che stavamo vicini, l'iniziale del tuo nome e il tuo cognome componevano la borchia posta dinanzi al tuo microfono sulla cattedra, eri seduta accanto al capo spedizione, dall'altro lato e dal suo lato i due ragazzi ricercatori, sembravate due sposini con a lato i due figlioletti.

Non ti alzasti non riuscii a capire come avevi costernato quelle meravigliose gambe che la natura ti ha donato, ero curioso di capire anche che mutandine avevi indosso, restai col dubbio, mi perseguitò per tutta la durata della conferenza.
"la preferisco liscia" approcciasti al garzone del bar che aveva portato una cassa di bottiglie di vetro con i relativi bicchieri
Mentre aspettavi che il tuo amico faceva i saluti di rito afferrasti il collo del calice che ti avevano fornito per bere e mi puntavi con la coda dell'occhio.
Lo facevi ruotare , incastrato tra il pollice e l'indice e mi osservavi
"non lo fare, sto con la tua famiglia, ci sta tua figlia che stasera vuole fare l'amore, non lo fare"
Il garzone venne, ti chiamò professoressa, componesti un semplice sorriso con quella bocca tinta dello stesso colore dei tuoi capelli e un pò di lucentezza.

Rifiutai il tuo approccio, non mi andava di sentire quel corteggiamento dinanzi a tuo marito.
Volevo altro di te, e lo sai, non mi va di sottomettermi e non mi va che questo gioco lo conduci tu sotto ai riflettori dei tuoi famigliari.

Ribaltai il gioco, ma non fuggii, non sono un coniglio
Dalla tasca del giaccone cacciai fuori una bustina di tabacco trinciato, dall'altra una scatola con all'interno delle cartine e dei filtri.
Lottai contro l'attesa e gli ossequi costruendo una sigaretta, il trinciato era per me uno strumento per allentare un pò il vizio del fumo nei giorni successivi a quelli in cui fumavo troppo. La procedura è semplice bisogna avere manualità.
Apri la cartina, due tre quattro cinque pizzichini di tabacco, poi metti il filtro, dai concavità alla cartina facendola ruotare tra l'indice e il pollice di entrambe le mani, un pò come facevi tu con quel calice nei momenti precedenti.
Catturo la tua attenzione, incuriosita dalla costruzione di quel manufatto mi segui con gli occhi, tuo marito parla con il graduato che ha affianco, tua figlia sta chattando con quella amica antipatica, quella alla quale ti confidai che non le rivolgo piu la parola, tuo figlio è un anima in pena, sta fissando il sedere di quella donna da quando siamo entrati.
Ti vedo ipnotizzata da questa pseudosigaretta che scorre fra le mie dita, "cosa c'è non l'hai mai vista fare una cosa così?" pensai tra me
mentre catturai la tua attenzione, nella feritoia determinata dalle mie labbra uscii la mia lingua umidiccia di saliva, carezzai la componente adesiva della cartina, la carezzai dolcemente, vedevo che mi osservavi, la facevo scorrere avanti e dietro, sentivo che la tua attenzione verso quella visione accelerava in maniera impetuosa.
"Quanto vorrei la tua bocca al posto di questa cartina"
Pensai e ti guardai, mi seguisti.
Signore mi scusi io mi assento esco fuori a fumarmi questa sigaretta, "dissi a tuo marito mentre congiungevo la parte bagnata con il resto della cartina.
Una carezza sulla coscia di tua figlia fu il mio saluto, uscii.

Arrivai sulla terra ferma attraversando un rudimentale ponticello, superatolo, volgo le spalle al veliero e osservo il tuo paese,
pensai "ci puoi vivere tre quattro giorni massimo poi te ne devi andare"
Il ponticello amplificò il rumore dei passi, avevo un presentimento ma lo esiliai.
Con voce lamentosa mi parlasti mentre io ero di spalle e mi dicesti che non ti andava di fare questa cosa.
Era la prima volta che parlavamo dopo quel momento, ti trovai dinanzi per intera finalmente, mi parlavi dandomi del tu
io sempre del lei.
Sfilasti dalla borsetta che accarezzava la tua spalla, la stessa spalla che quella notte iniziai a leccare e cacciasti fuori il tuo amato pacchetto di MS te ne accendesti una, mi chiedesti perchè ero passato al trinciato.
"non lo so ti risposi"
Te la divorasti quella sigaretta, nervosa facesti dieci passi smarrendoti fra le ombre delle auto lussuose delle persone che vivono al porto.
Finalmente avevo piena visione di quella che eri di come eri
I tuoi prominenti polpacci uscivano fuori da quegli stivaletti, li avevi coperti con un paio di calze non molto scure, anzi, ti eri spinta oltre questa sera con l'abbigliamento.
Il tuo vestito iniziava con una piccola scollatura che lasciava intravedere il solco delimitato dai tuoi seni, le bretelline del tuo reggiseno erano coperte dal tuo abito, forse premevano forse non so, ma sulle spalle lasciavano dei solchi che riuscivo a percepire anche oltre al vestito.
Scendeva attillato sui fianchi ma morbido sul sedere, il tuo sesso, era lui che volevo sentire, in quel momento, volevo scorgere quei capelli color rame, color ruggine che proteggevano le grandi labbra, l'ultima volta li ho baciati e ho donato loro i conati della mia saliva. L'odore del tuo sesso non è come quello di tua figlia.
Superato il bacino il vestito torna a restringersi formando una circonferenza piu o meno stretta intorno alle ginocchia.
Ti sentii, muovevi quegli stivaletti a ritmo di una marcia, le tue forme si ricomposero in quella sera, mi chiamasti per nome, formale, "che dici rientriamo?"
Dove era andata? le chiesi
" a gettare il mozzicone, non si possono buttare per terra"
Ti feci salire su quel ponte rudimentale, vidi i tuoi glutei muoversi e comporre dei passi piu o meno inconsapevoli, aspettavo che si allungaassero per capire come eri veramente. Non mi aiutasti nel dubbio, passai oltre, dissetai la mia sete di piacere guardando i tuoi polpacci.

Erano duri, forti di cammino, avvolti da quel nylon che forse li restringeva ancora di piu, li muovevi con velocità, avevi l'ansia che ti stavano aspettando, te lo giuro volevo leccarli, volevo stendermi su quel ponticello e leccarli con tutto il nylon avvolto.

Il ponticello collegava nella hall di questo veliero, era buia, oscura, tutti quanti erano intenti a consumare cibo a parlare, tutti in trepidante attesa della conferenza.

Ti diedi una pacca sul gluteo destro, ti eccitasti lo sentii, nel buio ti girasti per cercare di ammonirmi, ma nel mentre che ti sei girata, timbrai un bacio sulla tua bocca e ti dissi "vai e fatti onore"
ti accontentasti, era la sottomissione quella che ti faceva impazzire, tuo marito ti ha offerto la sua, dovevi essere tu sottomessa non lui sottomesso a te.
 
OP
L

lunapop

Guest
Le tue natiche rigonfiavano il vestitino che indossavi quella sera, erano solide al punto giusto le avevo controllate due ore prima, in quell'ambiente buio che collegava la sala della conferenza con il pontile.
Ricevevi complimenti e felicitazioni, avevi raggiunto il tuo scopo eri la regginetta della serata, quanto eri antipatica e quante arie ti davi. io con tua figlia cercavo di parlare di altro, mi interessavano gli ormeggi, le navi che contornavano il nostro veliero, ma era una partita persa.
Era la madonna e noi tutti dietro a fare la processione, che squallore, pensavo.
Quanto tempo perso.
La borsa pendeva dalla tua spalla in questo caso avvolta e protetta da un caldo piumino color vernice lucida che copriva e consolava il tuo busto, il solco dei tuoi seni ormai non si vedeva piu, un cappello con una pallina all'esstremità copriva la tua criniera e lasciava che solo i capelli piu lunghi potessero vedersi, quante fantasie quei capelli.

Ci staccammo dal gruppo, volevi mangiare in pizzeria con solo noi 5, ti accontentammo, andammo a piedi non lontano dal molo, era un giorno atipico per una pizza, lo stesso giorno atipico scelto da Foca, molte pizzerie erano chiuse, altre erano aperte ma col forno quasi spento.
Mentre camminavamo salutai una ragazza, una mia coetanea conosciuta all'ultimo anno di corso prima di laurearmi,
scelsi di fare l'internato in farmacologia e fui affidato ad un tutor che faceva sperimentazione animale, collaborammo insieme con questa ragazza, ricordo che entravamo in laboratorio alle 8 del mattino e uscivamo alle 8 di sera. Era stressante assai, per non parlare dell'odore che quei poveri roditori emanavano, all'epoca non ti conoscevo, ma leggevo solo i messaggi che ti scambiavi con tua figlia su whatsapp, ti teneva memorizzata con "mamma" e accanto un fiore leggevo i messaggi che le mandavi, in quel periodo avevi come immagine di whatsapp la foto di una madonna.
Tua figlia non era gelosa affatto di maddalena, anzi era felice che io e lei lavorassimo insieme, non molto tempo dopo la fine dell'internato mi confesso che non potevo mai tradirla con questa donna, ma non mi ha mai detto il perchè.

Lavoravamo 8 ore su 8 certe volte non ci davano nemmeno il tempo per mangiare il panino, ricordo che l'ultimo esame che preparai lo preparai in quel laboratorio, non potevo parlare di sacrificio, il sacrificio all'epoca lo facevano i topini.

Il rumore dei tuoi passi quasi iniziava a toccare i nervi, lo facevi in maniera nervosa, antipatica, "non potremmo mai vivere insieme" pensai, aggiunsi "non vivrò mai insieme con te", passivamente vi segui sceglieste una pizzeria, entrammo, ci andammo a lavare le mani, tua figlia fece il suo solito rituale, andammo a lavarci le mani insieme, lei poi entrò nel bagno delle donne, si sfilò la mutandina e me la diede, la misi nel mio boxer. Non devi giudicare tua figlia, i genitori non devono mai giudicare i figli.

Lavammo le mani ci sedemmo a tavola, indicai a tuo marito il miglior vino secondo me, mi ascoltò, "poverino" pensai "non riesce nemmeno a scegliere un buon vino" venne il cameriere lo stappò vicino a noi, battemmo le mani dopo il botto, tua figlia mi tocco all'inguine "sei duro" mi disse sotto voce guardandomi negli occhi mentre battevamo le mani.

Non la risposi, non me ne ero nemmeno accorto piu.
 

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