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<blockquote data-quote="Minestra" data-source="post: 18359000" data-attributes="member: 392827"><p>V</p><p></p><p>Lasciato alle spalle l’androne grigio e scrostato del palazzo, camminai senza fretta e senza voltarmi.</p><p>Mi ritornava la frase: “forse ci vedremo ancora, forse no” la quale mi sortiva emozioni contrastanti.</p><p>La consueta domanda: “PERCHÉ?” si faceva molto meno assillante.</p><p>Il punto di domanda sopra la mia testa era piccino, invisibile.</p><p>Il non rivederla mi metteva angoscia, ma anche un senso di liberazione.</p><p>La previsione ipotetica di vederla di nuovo, mi solleticava e nello stesso tempo mi incuteva paura.</p><p>Per le possibili conseguenze sia per le situazioni pericolose in cui ci saremmo potuti cacciare; trai i due ero quello che aveva di più da perdere.</p><p>Uno squillo del cellulare mi riportò alla realtà.</p><p>Si trattava di un cliente che sollecitava la consegna di una partita di merce, peraltro già in ritardo.</p><p></p><p>Da quella telefonata e per i giorni successivi venni assorbito completamente dal lavoro.</p><p>Nei momenti liberi pensavo con rinato vigore a mia moglie.</p><p>Avevo voglia di stare con lei 24 ore al giorno, di stringerla, di amarla.</p><p>La chiamai e le proposi una breve vacanza in un albergo con spa nel sud del Tirolo.</p><p>Detto fatto, pochi giorni ed eravamo in viaggio per un rilassante ed intenso periodo di riposo.</p><p>Le cose belle finiscono presto e in meno che non si dica, mi ritrovai al lavoro, alla quotidianità .</p><p></p><p>Sull’altro fronte, io non la cercai più e lei non cercò più me.</p><p>Nessun contatto.</p><p>Cosa avrei potuto dirle o scriverle?</p><p>Solo messaggini estremamente banali del tipo,” buongiorno” o “buona notte”?</p><p>No. Queste cose non fanno per me. Roba da quindicenni.</p><p>E la assoluta mancanza di contatti, mi confermava nella convinzione che quanto vissuto era stato effimero e che non si sarebbe ripetuto mai più.</p><p>Bene così.</p><p></p><p>E invece no!</p><p>Uno dei tanti squilli al cellulare di una giornata lavorativa.</p><p>La dicitura sullo schermo recava il vocabolo “Ditta” seguito dal cognome inventato, inesistente.</p><p>Ma non si trattava di una ditta!</p><p>La conversazione fu molto diretta, senza fronzoli.</p><p>-Ciao.</p><p>-Ciao, tutto bene?</p><p>-Si, benissimo. Sarai per caso in Liguria la settimana prossima?</p><p>-Potrebbe essere, perché?</p><p>-Vorrei invitarti a una festa…</p><p>-A una festa? Noi? Io e te? Ma quando? Dove? Evidentemente con queste domande assunsi un tono inquieto.</p><p>Dall’altra parte una delle sue solite risate: ilare, contagiosa.</p><p>-Preoccupato?</p><p>-È che non mi ci vedo ad una festa, noi due, con persone sconosciute …</p><p>-Ma no, dai! Una delle mie amiche compirà gli anni. Ci saranno pochissimi e fidati intimi. Una cena a casa. Solo che non mi va di andarci sola. Mi accompagni?</p><p>-Quando e a che ora?</p><p>-Mercoledì prossimo, potresti venire da me in tarda mattinata? Chiedo troppo? Così andremmo da lei nel pomeriggio e potrei darle una mano a cucinare.</p><p>-Vedo cosa posso fare… magari quando sarò da te mi spiegherai meglio questa cosa!</p><p>-Va bene… risata come prima –Come sei sospettoso! Ti rispiegherò tutto!</p><p></p><p>Uno dei pochi privilegi della mia professione è quella di potere gestire autonomamente il tempo.</p><p>Ci sono periodi molto intensi, nei quali si possono ricavare momenti liberi, senza peraltro dovere rispondere sulla singola giornata.</p><p>Salvo poi portare robusti risultati, frutto del lavoro dell’intero anno.</p><p></p><p>Quel mercoledì arrivò.</p><p>Non nego che il mio stato d’animo era tra l’inquieto ed il nervoso.</p><p>E con questo stato d’animo, diverso dalla volta precedente, entrai per la seconda volta in quel monolocale.</p><p>Mi accolse con un vestitino rosso fuoco, stretto in vita, senza maniche, corto ben sopra il ginocchio.</p><p>Generosa scollatura a “V” al centro della quale era evidente la riga formata dai seni accostati.</p><p>Scalza, con labbra, unghie di mani e piedi dello stesso colore del vestito.</p><p></p><p>Mi diede un bacio.</p><p>Avvertì il disagio. Le feste non mi sono mai piaciute, specie se con persone sconosciute.</p><p>-Che hai?</p><p>-Niente, va tutto bene.</p><p>Ero scontento di me, troppo scorbutico.</p><p>Ma non me lo fece pesare.</p><p>In piedi vicino alla porta chiusa dell’alloggio.</p><p>Sciolse la cintura dei pantaloni, estrasse il membro il quale stava diventando turgido.</p><p>Massaggiò con la mano destra, lentamente.</p><p>Si accovacciò e lo infilò in bocca.</p><p>Con movimenti lenti, cadenzati, lunghissimi attimi.</p><p></p><p>Si rialzò, sentivo il suo petto premere contro di me, un bacio.</p><p>-Va meglio ora?</p><p>-Decisamente.</p><p>-Andiamo?</p><p>-Immediatamente?</p><p>-Si.</p><p>-Mi dai qualche particolare in più? Dove stiamo andando?</p><p>Non rispose. Andò in bagno, questa volta chiudendo la porta.</p><p>Ritornò dopo pochi secondi e incrociando il mio sguardo interrogativo:</p><p>-Uff, che ansia. Hai avuto un buon antipasto, poco fa. Non ti pare? Non sei rilassato a sufficienza? Tra poco saliremo in auto e ti spiegherò.</p><p></p><p>Continua…</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Minestra, post: 18359000, member: 392827"] V Lasciato alle spalle l’androne grigio e scrostato del palazzo, camminai senza fretta e senza voltarmi. Mi ritornava la frase: “forse ci vedremo ancora, forse no” la quale mi sortiva emozioni contrastanti. La consueta domanda: “PERCHÉ?” si faceva molto meno assillante. Il punto di domanda sopra la mia testa era piccino, invisibile. Il non rivederla mi metteva angoscia, ma anche un senso di liberazione. La previsione ipotetica di vederla di nuovo, mi solleticava e nello stesso tempo mi incuteva paura. Per le possibili conseguenze sia per le situazioni pericolose in cui ci saremmo potuti cacciare; trai i due ero quello che aveva di più da perdere. Uno squillo del cellulare mi riportò alla realtà. Si trattava di un cliente che sollecitava la consegna di una partita di merce, peraltro già in ritardo. Da quella telefonata e per i giorni successivi venni assorbito completamente dal lavoro. Nei momenti liberi pensavo con rinato vigore a mia moglie. Avevo voglia di stare con lei 24 ore al giorno, di stringerla, di amarla. La chiamai e le proposi una breve vacanza in un albergo con spa nel sud del Tirolo. Detto fatto, pochi giorni ed eravamo in viaggio per un rilassante ed intenso periodo di riposo. Le cose belle finiscono presto e in meno che non si dica, mi ritrovai al lavoro, alla quotidianità . Sull’altro fronte, io non la cercai più e lei non cercò più me. Nessun contatto. Cosa avrei potuto dirle o scriverle? Solo messaggini estremamente banali del tipo,” buongiorno” o “buona notte”? No. Queste cose non fanno per me. Roba da quindicenni. E la assoluta mancanza di contatti, mi confermava nella convinzione che quanto vissuto era stato effimero e che non si sarebbe ripetuto mai più. Bene così. E invece no! Uno dei tanti squilli al cellulare di una giornata lavorativa. La dicitura sullo schermo recava il vocabolo “Ditta” seguito dal cognome inventato, inesistente. Ma non si trattava di una ditta! La conversazione fu molto diretta, senza fronzoli. -Ciao. -Ciao, tutto bene? -Si, benissimo. Sarai per caso in Liguria la settimana prossima? -Potrebbe essere, perché? -Vorrei invitarti a una festa… -A una festa? Noi? Io e te? Ma quando? Dove? Evidentemente con queste domande assunsi un tono inquieto. Dall’altra parte una delle sue solite risate: ilare, contagiosa. -Preoccupato? -È che non mi ci vedo ad una festa, noi due, con persone sconosciute … -Ma no, dai! Una delle mie amiche compirà gli anni. Ci saranno pochissimi e fidati intimi. Una cena a casa. Solo che non mi va di andarci sola. Mi accompagni? -Quando e a che ora? -Mercoledì prossimo, potresti venire da me in tarda mattinata? Chiedo troppo? Così andremmo da lei nel pomeriggio e potrei darle una mano a cucinare. -Vedo cosa posso fare… magari quando sarò da te mi spiegherai meglio questa cosa! -Va bene… risata come prima –Come sei sospettoso! Ti rispiegherò tutto! Uno dei pochi privilegi della mia professione è quella di potere gestire autonomamente il tempo. Ci sono periodi molto intensi, nei quali si possono ricavare momenti liberi, senza peraltro dovere rispondere sulla singola giornata. Salvo poi portare robusti risultati, frutto del lavoro dell’intero anno. Quel mercoledì arrivò. Non nego che il mio stato d’animo era tra l’inquieto ed il nervoso. E con questo stato d’animo, diverso dalla volta precedente, entrai per la seconda volta in quel monolocale. Mi accolse con un vestitino rosso fuoco, stretto in vita, senza maniche, corto ben sopra il ginocchio. Generosa scollatura a “V” al centro della quale era evidente la riga formata dai seni accostati. Scalza, con labbra, unghie di mani e piedi dello stesso colore del vestito. Mi diede un bacio. Avvertì il disagio. Le feste non mi sono mai piaciute, specie se con persone sconosciute. -Che hai? -Niente, va tutto bene. Ero scontento di me, troppo scorbutico. Ma non me lo fece pesare. In piedi vicino alla porta chiusa dell’alloggio. Sciolse la cintura dei pantaloni, estrasse il membro il quale stava diventando turgido. Massaggiò con la mano destra, lentamente. Si accovacciò e lo infilò in bocca. Con movimenti lenti, cadenzati, lunghissimi attimi. Si rialzò, sentivo il suo petto premere contro di me, un bacio. -Va meglio ora? -Decisamente. -Andiamo? -Immediatamente? -Si. -Mi dai qualche particolare in più? Dove stiamo andando? Non rispose. Andò in bagno, questa volta chiudendo la porta. Ritornò dopo pochi secondi e incrociando il mio sguardo interrogativo: -Uff, che ansia. Hai avuto un buon antipasto, poco fa. Non ti pare? Non sei rilassato a sufficienza? Tra poco saliremo in auto e ti spiegherò. Continua… [/QUOTE]
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