...e se tornassimo a vedere cosa si muove tra le onde del mare?
Vai con la terza parte!
...
Io non sapevo proprio che pesci prendere (eravamo al mare!) e iniziai
ad accarezzarle le cosce, poi salii fino ai fianchi che sentivo muoversi
dolci e sensuali sotto le mie mani. Dai fianchi passai con delicatezza
all’addome, giocherellai un po’ con l’ombellico e Vanessa sembrava
gradire le mie carezze, perché continuava a muoversi con sempre
maggior vigore.
Ogni tanto la corrente ci sbilanciava, ma con qualche passettino
laterale riprendevamo subito l’equilibrio.
Mi feci più audace e dall’ombellico cercai di risalire verso i seni.
Vanessa non si scompose: ci stava e le piaceva.
Iniziai a palparle i seni da sopra la stoffa, con movimenti delicati dal
basso verso l’alto, poi con la mano aperta ne tastai la consistenza.
Sentivo le punte dei capezzoli solleticarmi il palmo delle mani.
Vanessa si tirò un po’ su, lasciandomi i fianchi e portò le sue mani
sopra le mie, sopra i suoi seni. Prese a guidarmi sul suo corpo e la
lasciai fare, tenendo le mie mani morbide sotto le sue.
Mi faceva scendere sul ventre fino sotto l’ombellico e poi risalire, con
entrambe le mani fino al suo petto. Una, due volte, poi, prima di
risalire al petto per la terza volta, liberò una mano e con movimento
rapido si tirò su il bikini prima da una parte poi dall’altra e tornò di
nuovo a guidare le mie mani si sui seni nudi, liberi di essere palpati
dalle mie mani. Mi fece sfiorare i capezzoli con le dita. Anche le aureole
erano gonfie e sporgenti, poi mi spinse la mano destra giù sul suo
ventre, lasciando la sinistra a giocherellare con quelle morbide
sporgenze femminili.
Iniziò ad ansimare, aveva il corpo completamente a contatto del mio e
la testa piegata all’indietro. Mi offriva la sua guancia, il suo orecchio, il
suo collo e la sua spalla. Sfioravo la sua pelle morbida e bagnata con
le labbra, leccavo dolcemente il sale che si era seccato sulla sua pelle.
Dalla spalla salivo fino all’orecchio, poi scendevo, le baciavo la pelle, le
respiravo sul collo e poi tornavo a leccare, lentamente, come un gelato
che non si scioglie e che quindi vale la pena gustarlo con calma.
Lei intanto aveva spinto la mia mano destra verso la sua femminilità
più nascosta. Con il palmo appoggiato sul suo Monte di Venere da
sopra il costume le accarezzavo il sesso. Sentivo sotto quel sottile
strato di stoffa i suoi peli arricciolati che premevano e volevano essere
liberati. Più sotto, le grandi labbra, le sentivo morbide e calde sotto la
stoffa bagnata.
Oramai Vanessa stava appoggiata a me con tutto il peso. Il sole era
tramontato e il cielo da rosso era diventato viola. Le onde si erano
placate e un silenzio surreale ci avvolgeva. Lei si muoveva lentamente
su e giù sul mio corpo, poi portò di nuovo le sue mani sui miei fianchi
lasciandomi piena libertà di esplorarla e di accarezzarla dove più mi
piaceva.
Feci risalire la mano e mi misi a giocherellare con i suoi seni; mentre le
baciavo il collo andai alla ricerca dei capezzoli, turgidi e pronunciati. Li
accarezzavo delicatamente con il palmo delle mani e poi me li facevo
scorrere tra le dita. Lei ansimava e aveva ripreso a ondeggiare il
culetto sul mio basso ventre. Il mio pene le si era insinuato tra le
natiche ed era arrivato sotto la vulva.
Scesi di nuovo con entrambe le mani e fermai la sinistra sotto
l’ombellico, ad assecondare i movimenti del suo ventre. Feci scivolare
la destra ancora più in basso e Vanessa accolse quella mia carezza
divaricando un po’ le gambe. Sfiorai il monte di venere e mi fermai sul
clitoride, gonfio sotto stoffa. Proseguii accarezzandole l’interno coscia,
poi girai all’esterno e risalii. Insinuai la mia mano tra i nostri due corpi
e mentre le mordicchiavo l’orecchio palpai la natica, poi scesi con
decisione a metà coscia e la spinsi in avanti, a fargliela tirar su.
Vanessa mi assecondò nel movimento e alzò la gamba, appoggiandosi
più che mai al mio corpo.
Scivolai con la mano sinistra sul suo monte di venere, accarezzando
ed esplorando ogni centimetro di pelle che scorreva sotto, con la
destra invece le massaggiavo delicatamente tutta la coscia, prima
sopra, poi il fianco e infine sotto, poi risalii di nuovo fin sotto la natica.
Il contatto con quel muscolo sodo mi faceva eccitare all’inverosimile e
Vanessa sentiva la mia eccitazione crescere tra le sue cosce e
sbatterle sotto la vulva.
Accarezzai il suo culetto e mi spinsi verso l’interno, a cercare qualcosa
di caldo, di invitante, di proibito.
Scivolai sulla sua pelle fino a trovare la sottile stoffa del costume, ne
seguii l’orlo fin sotto la vulva e provai piacere nello sfiorarmi io stesso
il pene. Accarezzai la stoffa con le dita, poi giocherellai con un ciuffetto
di peli che fuoriusciva.
Vanessa stava ansimando. Godeva delle mie carezze.
Feci scivolare la mano sinistra dentro il costume e percorsi lentamente
tutto il monte di venere, attento a non tirarle i morbidi peli che sentivo
scorrere tra le mie dita. Mi fermai con le dita sul clitoride, gonfio che
faceva ormai capolino tra le grandi labbra.
Intanto con le dita dell’altra mano accarezzavano la stoffa sotto la
vulva, spostandola un po’ di lato ad ogni passaggio.
Vanessa aveva perso il controllo. Ansimava e mi sculettava addosso
come un’indemoniata. Non era facile tenere l’equilibrio con lei che si
muoveva su una gamba sola, tenendosi per i miei fianchi,
completamente appoggiata al mio corpo e la sabbia sotto i piedi che a
volte affondava e dovevo saltellare per ritrovare l’appoggio.
Sotto era un lago: sentivo i suoi umori caldi e viscosi che le uscivano
dalla vagina e si mescolavano con l’acqua del mare. Con l’aiuto
dell’altra mano le spostai la stoffa del costume di lato e scivolai con le
dita tra le grandi labbra, che tenni scostate. L’altra mano aveva ora
libero accesso al suo sesso. La percorsi delicatamente dentro con un
polpastrello, separandole le piccole labbra, morbide e indifese, fino a
sfiorarle l’ammasso carnoso del clitoride. Poi tornai sotto, lentamente,
scivolando sugli umori caldi che ricoprivano la pelle delicata del suo
sesso e si disperdevano nell’acqua salata.
Vanessa era al culmine, la sentivo fremere, tremare, ansimare e
contorcersi, abbassava ventre quasi a cercare il contatto, la
penetrazione delle mie dita, forse anche del mio pene.
Fu presto accontentata: mentre con il polso la sorreggevo sotto la
natica destra, appoggiai le punte del dito medio e dell’anulare
all’ingresso della vagina, calda e scivolosa, intrisa di piacere. Spinsi la
mano un po’ più sotto e le dita entrarono. Le sentii avvolgere, quasi
risucchiare dalle pareti calde e gelatinose. Iniziai a muoverle dentro, in
senso circolare, poi dentro e fuori.
Vanessa aveva gli occhi strinti, si mordeva il labbro per non urlare,
tremava e non riusciva più a coordinarsi con i movimenti. Le appoggiai
il mento sul collo e iniziai a mordicchiarle l’orecchio.
Le sue mani si muovevano sui miei fianchi, sembrava cercassero prima
i miei glutei, poi il mio sesso, poi di nuovo i miei glutei… non sapeva
nemmeno lei cosa volesse toccare.
Le sentii l’interno della vagina contrarsi, una, due, tre volte contro le
mie dita, Vanessa ebbe qualche tremito, mi affondò le unghie sui
fianchi tanto da farmi male. Quando fu rilassata sfilai delicatamente le
dita dal suo sesso e tra le sue gambe si diffuse il suo nettare caldo e
incolore, che andò a mescolarsi con l’acqua del mare. Mi portai
le dita al naso e respirai profondamente il profumo del piacere femminile.
Vanessa abbassò la gamba, io la lasciai e fece uno sbarellone che
quasi cadde sott’acqua.
Si voltò guardandomi con la faccia stravoltissima e mi abbracciò, ma fu
un abbraccio freddo, sembrava che avesse più bisogno di essere
sorretta che abbracciata. Il cielo ormai tendeva al blu scuro e sulla
superficie dell’acqua, piatta come uno specchio, si riflettevano già le
luci del paese. Anche l’ultimo pescatore se ne era andato.
Vanessa si rimise a posto il costume, sia sopra che sotto e fece per
uscire dall’acqua senza degnarmi di un solo sguardo.
Io la chiamai:
- “Vany!...”
-“Che c’è ancora, sarà tardissimo, abbiamo la pelle vizza… non credi
che sia ora di uscire?” - rispose lei voltandosi a testa bassa, come fosse
imbarazzata per quello che era accaduto.
- “si, infatti… vorrei riavere il mio costume!”
Improvvisamente sgranò gli occhi e scoppiò a ridere.
- “Cosa? Il tuo che?”
Per fortuna era tardi e la spiaggia era vuota. Dovetti uscire nudo,
eccitato e tornare a casa con l’asciugamano legato alla vita e niente
sotto. Eravamo pure in bicicletta!
Mentre pedalavo i testicoli gonfi mi facevano male.
Quella notte Vanessa ebbe molte cose da farsi perdonare…
[FINE]