Racconto di fantasia UNA MOGLIE PERBENE: QUANDO LA VERGOGNA DIVENTA GODIMENTO (2)

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Dave35

Guest
L'erotismo non è più tale se l'atto sessuale viene descritto in maniera meccanica fine a se stesso, perché perderebbe quella dimensione di profondità, complessità e connessione che lo caratterizza. Questo perché una tale rappresentazione spoglia l'atto di quella profondità, intrico emozionale e legame distintivo che lo definisce. Per preservare la sua qualità erotica, ho scelto con cura di ambientare il racconto in un contesto emozionale che esalti l'atto sessuale, dotandolo di una potente carica simbolica, emotiva e sensuale.

PS: L'immagine qui allegata è puramente illustrativa e non intende rappresentare alcuna persona specificatamente, ma è utilizzata soltanto per aiutare a visualizzare il contesto generale della narrazione.
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In questa seconda parte del racconto, si descrive lo smarrimento e la vergognosa eccitazione che sta prendendo Valentina in quella che ormai è la sua discesa verso un abisso di perdizione. Vediamo come si svolge il seguito.​
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Ci stavamo preparando per uscire dopo cena: io mi stavo rifacendo il trucco davanti allo specchio. Mi legai i capelli per mettere in evidenza un paio di orecchini pendenti, piccoli accorgimenti che mila facevano sembrare ancora più sexy. Mi feci scivolare il sobrio tubino che indossavo e lasciai Leonardo a bocca aperta. Ero completamente nuda, indossavo soltanto calze nere e reggicalze.

“Ho girato così tutto il giorno e non te ne sei neppure accorto - gli dissi con un filo di voce accoccolandomi tra le sue braccia - Ieri sera mi hai eccitata tantissimo. Avevi ragione avrei dovuto darti retta da tempo. Mi sono sentita la tua puttana e mi è piaciuto.”

Lui mi sorrise mi girò verso lo specchio. Ci guardammo, lui scivolò con una mano sulla mia fighetta ed iniziò ad accarezzarmela, mentre mi faceva sentire quanto fosse di nuovo eccitato.

“Mi sono vergognata con quegli abiti indecenti, seminuda, e quel signore che mi ha vista avrà proprio pensato che fossi una battona.”

“Non c’è che dire, gli hai offerto un bello spettacolo e magari lo rifaresti – sorrise lui continuando ad accarezzarmi - e... – continuò provocatoriamente – sono sicuro che ti è piaciuto.”

Mi sollevò una tetta ammirando il mio capezzolo tendersi, ma accorgendosi della mia reazione, quasi per pudore mi irrigidì e con un lampo di stizza mi staccai sedendomi sul letto, abbracciandomi le tette.

“Ma come puoi pensare una cosa del genere, sei pazzo, quello che ho fatto l’ho fatto solo per te.”

“E per me ti rivestiresti come ieri sera?”

Mi alzai in silenzio, aprii un cassetto e tolsi l’abito della sera prima, lo indossai, mentre lui mi aiutò ad allacciare il nodo dietro al collo. Stavo per rimettermi un paio di mutandine, ma mi fermai.

“Mi vuoi proprio come una troia.” Dissi quasi seccata.

Mi calzai i sandali con i tacchi e mi specchiai allo specchio: il cinturino alla caviglia mi stava alla perfezione. “Penso che se devo essere la sua troia tanto vale accentuare ancora di più il trucco.”

Mi specchiai brevemente, valutando il mio riflesso con un senso di risolutezza. C'era qualcosa che volevo esprimere, un lato di me che aveva atteso troppo a lungo nell'ombra. Sfoderai dal profondo della mia pochette un rossetto che non avevo mai avuto il coraggio di indossare in pubblico, un rosso vermiglio che gridava audacia da ogni angolazione. Con un sorriso malizioso a me stessa, ne tracciai il contorno sulle mie labbra, sentendo la trasformazione che iniziava non solo sul mio viso, ma dentro di me.

Osservai come il colore intenso si fondeva con la mia pelle, come se fosse stato sempre destinato a essere parte di me. Quindi, con la stessa intenzionalità, afferrai l'ombretto, optando per toni che sapevo avrebbero esaltato i miei occhi, e li applicai con un tocco deciso e senza esitazioni. Infine, con il mascara aggiunsi volume e profondità al mio sguardo, concedendo ad ogni ciglio la possibilità di danzare drammaticamente ad ogni battito di palpebre.

Ogni tocco di trucco era un'affermazione, ogni gesto rifletteva la sicurezza che stavo costruendo dentro. E mentre mi osservavo diventare la versione di me, un sorriso di puro erotismo si disegnò sulle mie labbra ora audacemente rosse. Ero pronta a mostrare un nuovo aspetto, truccata così pesantemente sembravo veramente una puttana d’alto bordo.

Lui mi sorrise dicendomi che si eccitava molto vedermi così e che sarebbe stata perfetta per l’appuntamento con lo sconosciuto della sera prima.

Chiesi a lui, con un tono intriso di una consapevole risolutezza: “Hai davvero intenzione di condurmi al suo cospetto?” Ero pienamente consapevole del gioco a cui stavo partecipando; sfilare per lui in quelle vesti era già un esercizio di audacia che sollecitava i miei limiti, mentre il brivido di pudore mi avvolgeva ogni volta che immaginavo gli sguardi indiscreti dei passanti mentre attraversavo la città così inadeguatamente adornata. Ma l'idea di ripresentarmi davanti a quell'uomo, un tipo tanto inquietante, travestita in quel modo come una zoccola era un'idea che incendiava l'immaginazione e sfidava il mio senso di decoro, giocando con il confine tra l'eccitazione e l'imbarazzo."

“Non sappiamo neppure chi è, mi mette i brividi.”, dissi.

Mi abbracciò. “Ma ti piace farti trattare come una puttana?”

“Sono già la tua puttana, ma sono anche tua moglie, non puoi chiedermi di accettare di andare ad un appuntamento con uno sconosciuto vestita da troia.”

“Non ti mangia, sai, e poi sei con me, non ti può accadere nulla.”

Quando lui spalancò l'ingresso, rimasi in silenzio, mentre i contorni dei miei capezzoli si delineavano evidenti sotto il tessuto leggero del mio vestitino. Mi prese delicatamente la mano e, senza esitare, lo seguii. Quel look mi faceva sentire assolutamente irresistibile, sexy.

Uscendo dall’ascensore mio marito mi prese per mano e gliela strinsi forte attaccandomi di più a lui, un gesto istintivo, come se in quel modo potessi nascondermi agli occhi dei presenti.

Abbassai lo sguardo e chinai il capo come se anche questo ingenuo movimento potesse quasi rendermi invisibile.

E poi queste scarpe coi tacchi tanto alti! Non riuscivo tenere un passo normale, mi accorsi invece che ancheggiavo tantissimo, cosa che mi fece avvampare e ebbi paura di diventare rossa dalla vergogna.

Non so quante persone ci fossero nella hall, forse dieci o addirittura una, ma a me sembrava che fossero tantissime e che ognuna di loro mi guardasse e mi giudicasse.

L’uscita mi sembrava lontanissima e la luce della hall era come cento riflettori puntati su di me.

Sentivo il mio viso avvampare di vergogna e cercai di aumentare il passo per uscire da lì il più in fretta possibile, anche se Leonardo camminava lentamente.

Uscimmo dall’albergo e tirai quasi un sospiro di sollievo, anche se sapevo che per strada avremmo incontrato altre persone, ma contavo molto sulla penombra dovuta alla sera e alle poche, flebili luci della strada.

Anche fuori fu molto difficile per me, visto che il taxi non c’era ancora e la strada iniziava a trafficarsi di auto, ma anche di gente lungo il marciapiede.

Mi sentivo quasi in vetrina, sentivo gli sguardi dei passanti che penetravano anche attraverso quel poco di vestito che a stento mi copriva.

Dissi a Leonardo che mi sentivo a disagio, che volevo ritornare in camera a cambiarmi.

Lui mi guardò con un sorriso e mi disse di restare tranquilla, che sarebbe stata una serata meravigliosa e che ci saremmo sicuramente divertiti.

Gli dissi che mi sentivo osservata da tutti me lui si mise quasi a ridere dicendomi che a Parigi non sarebbe stato difficile incontrare una donna vestita come me e che nessuno ci avrebbe mai fatto caso.

In effetti molti passavano senza nemmeno accorgersi della mia esistenza, ma qualcuno mi guardava, qualcuno addirittura mi strizzava l’occhio incurante che fossi con mio marito.

L’attesa del taxi diventava sempre più snervante, poi, finalmente, uno si fermò davanti a noi e potemmo salirci.

Nel sedermi la gonna salì ancora un pò scoprendo la fine delle calze e anche un poco più su. Cercai di coprirmi, e, non riuscendoci, cercai di coprire le cosce con quella borsetta così piccola che avevo con me.

Guardai gli occhi del tassista attraverso lo specchietto e mi spaventai, pensai che potesse vedermi tutta e mi vergognai tantissimo. Non sapevo che fare, come mettermi.

Ma ci fu una scintilla, pensai che in fondo non c’era nulla di male, che mi guardasse pure le gambe, era un tassista, chissà quante donne avrà mai visto salire sulla sua macchina, quante gambe scoperte e forse anche qualcosa di più.

Lasciai stare quindi la gonna e appoggiai la testa sulla spalla di mio marito.

Di tanto in tanto guardavo nello specchietto gli occhi del tassista che erano spesso diretti verso di me. Il tassista non smetteva di spiarmi le cosce dal retrovisore . In modo impertinente sistemò lo specchietto per avere una visuale migliore. Sentii un forte calore, qualcosa che si scioglieva, qualcosa che mi faceva pensare. Era strano, ma quello sguardo penetrante mi piaceva e mi dava eccitazione.

Arrivati a destinazione, scendendo dalla macchina non feci nulla per coprirmi, anzi cercai lo sguardo del tassista che continuava a fissare le mie gambe.

Mi meravigliai nel sentirmi lusingata nell’essere guardata così, forse ero davvero attraente.

Sentivo crollare le mie resistenze e, quasi senza volerlo, mi ritrovai a calarmi nel ruolo di una sconosciuta poco rispettabile. Se era questo il gioco, allora giocavo: Leonardo cosi’ mi appoggiò delicatamente una mano sulla mia coscia, alzando di slancio il bordo della gonna. Non ero sicura se il tassista si fosse accorto del suo gesto o se aveva scelto di ignorarlo, ma di certo lui gli stava offrendo una vista piuttosto sfacciata. Scendendo dall'auto, non feci nulla per riordinare il vestito, che rimase audacemente corto. Mentre lui pagava il tassista, estraendo le banconote dal portafoglio, notai che il tassista aveva lo sguardo fisso su di me.

Ci avvicinavamo al ristorante dove avevamo passato una serata terribile. Io, stringendogli la mano, ripetetti che mi vergognavo e che non avremmo dovuto tornarci. Stavamo per varcare la soglia quando Bernard, all'improvviso, ci bloccò, facendoci sobbalzare.

Si complimentò per il mio abbigliamneto facendo delle sottili allusioni al corpo da favola e sul fatto che era giusto valorizzarlo in tutti i modi, poi ci indicò la sua auto invitandoci a salire per raggiungere un altro locale che aveva scelto per la serata. Con qualche titubanza accettammo. Bernard mi invitò a sedere davanti dalla parte del passeggero. Leonardo mi fece un cenno di assenso. La gonna era diventata indecentemente corta. Io mi sedetti al suo fianco con qualche titubanza. Seduta al suo fianco per tutto il viaggio cercai di stirarmi l’orlo per coprirmi le gambe più che potevo.

Leonardo ha accettato il fatto che mi sedessi sul sedile davanti insieme a quello strano personaggio di nome Bernard.

Non so perché, ma già il suo nome e quei suoi sorrisetti mi facevano paura. Avevo una strana sensazione, come se avessimo incontrato il diavolo in persona.

Cosa avevamo fatto? Dopo i complimenti, piacevoli ma imbarazzanti, eccomi seduta vicino ad un estraneo. Mi chiesi cosa ci facessimo su quell’auto e dove ci avrebbe portato. Seduta mi accorgo che la mia gonna non copre quasi nulla delle mie cosce, la tiro più che posso verso il basso senza ottenere nessun vantaggio. Bernard guida e lancia delle occhiate alle mie cosce compiaciuto o, almeno, era questa la mia impressione e mio marito dietro di me resta apparentemente indifferente a quegli sguardi.

A differenza di quanto avessi provato sul taxi, sono imbarazzata anche se la vergogna di quell’esibizione si mescola al piacere di essere ammirata.

Cercai di essere indifferente, di non mostrare il mio imbarazzo, forse, in questo modo, avrebbe smesso di guardarmi e di farmi sentire una … una di quelle.

Ecco, appunto, una di quelle.

Guardando fuori dal finestrino vidi che stavamo percorrendo una strada periferica e solitaria, ai bordi di questa diversi falò con diverse ragazze di diversa etnia e vestite più o meno come me. Qualcuna forse anche meno vestita di me.

Ebbi paura, dove mi stava portando? Quale posto era mai questo?

Girandomi verso il sedile posteriore cercai lo sguardo di Leonardo, ma anche lui guardava fuori, forse anche lui preoccupato. Quando i nostri occhi si incontrarono gli feci capire, con l’espressione del viso, la mia preoccupazione. Lui mi sorrise e mi sussurrò “tranquilla”.

Restai in silenzio per tutto il viaggio, cercando di non guardare fuori, di non pensare a quel luogo che immaginavo molto mal frequentato.

Alla fine Bernard girò in una traversa e si accostò a un locale con luci molto tenui che illuminavano a mala pena il marciapiede.

Fui quasi sollevata dal fatto di essere finalmente arrivati a destinazione.

Ma la mia attenzione venne anche attratta dalla strada che stavamo percorrendo, isolata e frequentata da prostitute. Anche più mi accorgevo del percorso più diventavo irrequieta.

Dopo alcuni minuti, prendemmo la via verso il centro, arrivando in Rue Saint-Denis per posteggiare la macchina in una stradina laterale recisamente alla Rue Saint-Martin. A breve distanza, proprio di fronte a noi, si trovava il Jammin Club. Una volta entrati nel club, fummo accolti da un'atmosfera calda con luci tenue e musica dolce, un ambiente ovale si dispiegava davanti a noi, con una pista da ballo situata al centro e circondata da piccoli divani e poltrone basse.

Bernard ci fece strada e ci indicò un nostro angolino poco discreto, visto che per passare nello spazio dedicato al ballo chiunque avrebbe dovuto passare davanti a noi.

Ci accomodammo sul quel divanetto e, come sull’auto la corta gonna risalì irrimediabilmente scoprendomi il bordo delle calze. Ancora una volta cercai pudicamente di accomodare l’abito tirandolo in basso ma non riuscì a coprirmi più di tanto. In quella posizione ora si vedeva chiaramente che indossavo delle calze e anche l’occhio meno esperto, da come tiravano i gancetti, si sarebbe accorto del reggicalze. Lo sguardo di Bernard fissò quello spettacolo.

“Non coprirti, è un vero peccato non lasciar gustare la bellezza delle tue gambe, la sensualità delle calze e del reggicalze, sei sexy non ti devi affatto vergognare nel dimostrarlo.”

Restammo senza parole. Leonardo fingeva indifferenza, mentre io lo guardavo persa e comprensibilmente imbarazzata, anche perché chi mi passava vicino gettava sguardi compiacenti su quello spettacolo, eppure io smisi di armeggiare sull’orlo della gonna.

Man mano che la sala si riempiva di movimento, divenne chiaro che non sarebbe passato molto tempo prima che Bernard, con una mossa quasi predestinata, mi estendesse l'invito a danzare.

Colta di sorpresa, rimasi senza parole, immobilizzata da un misto di esitazione e aspettativa. Quell’uomo mi spaventava, i suoi modi erano una via di mezzo tra il gentile e il maleducato, tra il garbato e lo scortese, di certo era molto autoritario.

Quando mi chiese di ballare non sapevo cosa rispondergli, guardai Leonardo sperando in un suo cenno negativo, il suo assenso mi meravigliò, ma non più di tanto.

Mio marito voleva che mi mettessi in mostra, mi voleva far sentire guardata, desiderata, voleva da me quello che io non avrei mai pensato di fare e di essere.

Fui scossa, ebbi un attimo di rabbia, ma la soppressi, guardai Bernard e, con un sorriso, mi lasciai portare verso la pista di ballo.

La musica era dolcissima e Bernard un ottimo ballerino. Non riconobbi quella musica, non l’avevo mai sentita, ma mi prese e mi lasciai trasportare chiudendo gli occhi.

Ricordo poco di quei momenti, ma ricordo quelle mani che mi accarezzavano la schiena, che scendevano lentamente, che poi, alla fine, si posavano sulle mie natiche.

Avrei voluto scostarmi, anche dargli uno schiaffo, ma non ci riuscii, avevo paura di una sua reazione forse anche violenta. Pensai che fosse meglio lasciarlo fare, prima o poi la musica sarebbe finita e mi avrebbe lasciata.

Si strinse ancora di più a me, sentivo il suo respiro sul collo, il suo petto contro il mio seno fino a quando con un le sue mani con una pressione più decisa si appoggiarono sul mio sedere attirandomi a se e sentii il suo bacino contro il mio ed i suo sesso teso appoggiarsi contro di me attraverso il sottile strato di stoffa del mio esile vestito.

Rimasi come paralizzata. Il mio cuore batteva a mille, ero confusa, non credevo potesse arrivare a tanto.

Cercai con lo sguardo l’aiuto di Leonardo, lo vidi, lo guardai, mi guardava anche lui. Lo vedevo fermo, immobile, ci guardava forse sorridendo. L’oscurità della sala mi fecero forse immaginare il suo sorriso, ma io pensai che stesse proprio sorridendo. Sentivo la mia forza di volontà svanire lentamente. Ballai, ballai, trascinata dalla musica e dalla sapienza di quell’uomo.

Alla fine quel ballo finì e Bernard mi ricondusse al nostro tavolo.

Mi sedetti, questa volta senza più preoccuparmi della gonna che era di nuovo salita. Ero ancora frastornata, ancora senza pensieri quando si avvicinò un signore anziano, ma molto elegante e disse a Bernard:

“Ti porti sempre dietro delle belle donne.”

E subito dopo gli chiese se potesse ballare con me.

Guardai Bernard, mio marito, quel signore. Rimasi zitta, aspettavo una reazione da parte di mio marito o il diniego di Bernard, invece la sua voce, come se venisse da un posto rimbombante, con un tono quasi imperioso:

“Il mio amico vuole ballare con te, avanti accontentalo”.

Rimasi come frustata da quella frase, incapace di reagire o semplicemente di parlare. Mi alzai quasi con un automa e seguii quell’uomo.

Leonardo, dopo mi raccontò alcuni dettagli di quella sera, mi fece sapere di aver trovato il mio ballo molto bello. Lui era contento di vedermi ballare con Bernard, ma era anche geloso di lui. Era geloso per come mi stringeva a sé e di come la mia gonna si sollevava, mostrandogli più di quanto lui non avesse mai visto. Era geloso anche del fatto che io lo avessi raggiunto al tavolo e che, invece di rifiutare, mi fossi lasciata invitare a ballare da uno sconosciuto. Non si immaginava che potessi arrivare a offrirmi con tanta disponibilita’.

Bernard mi guardò alentina ballare in silenzio, senza rivolgere la parola a Leonardo. Sorprendentemente, gli chiese quanto costassi per una serata. Leonardo, seccato, rispose che Valentina era sua moglie.

Per niente sconvolto riprese dicendo che lui era fortunato ad avere una moglie così e facendosi serio e arrogante gli chiese se girava sempre nuda sotto i vestiti. Leonardo non sapeva cosa rispondergli. Lui continuò dicendo che chiunque ballando con lei avrebbe potuto rendersene conto.

Mio marito guardava verso la pista dove l’anziano signore mi teneva ben stretta con le mani ben ancorate attorno alla mia vita. Il pezzo finì e io tornai a sedermi con loro. Il mio cavaliere rivolgendosi a Bernard gli chiese se avesse intenzione di accompagnarmi al solito cinema la sera seguente. Non capivo il senso di quella richiesta e ancor meno la risposta di Bernard che si limitò ad un:“Vedremo sin dove si può arrivare.”

Il vecchio si allontanò avvisandolo che lui ci sarebbe andato con altri suoi amici e che come sempre sarebbe stato ben felice di partecipare all’iniziazione.

Continuavo a non capire. Alla fine allontanandosi disse a Bernard che avrebbe sicuramente mandato al nostro tavolo i suoi amici; mi salutò baciandomi gentilmente la mano.

“Spero che non si fermi qua la nostra conoscenza.”

Bernard ci spiegò che veniva spesso in quel locale, che era molto conosciuto e mi chiese se fossi disponibile a concedere altri balli a dei suoi amici. Io guardai mio marito, in fondo non c’era nulla di male, se non fosse per il tarlo che Bernard mi aveva insinuato finiva per rodermi sempre più.

Lui si alzò e lo vedemmo parlottare in mezzo alla sala. Sapevo che mi piaceva ballare, ma ora Leonardo non era poi così contento a lasciarmi continuare, così mi chiese di andarcene. Io però volevo restare ancora a ballare.

“Non sarai geloso per caso?” gli dissi sorridente. Neppure il tempo di reagire che Bernard era di nuovo da noi accompagnato da un ragazzo di colore. Bernard mi disse che il suo amico voleva ballare con me. Poi, senza darmi il tempo di rispondere, mi prese per mano e mi spinse verso di lui. Leonardo fu sorpreso di vedere che non mi opponessi.

Non sapevo cosa fare. Mi piaceva ballare ma non certo farmi mettere le mani addosso; Leonardo era pò geloso e volevo fargli capire di quanto fosse stato stupido mettermi in quella situazione e trovarmi a ballare mezza nuda con degli estranei, così decisi di provocarlo. Gli sorrisi. Il mio nuovo ballerino era un ragazzo di colore con uno sguardo magnetico. Non feci nemmeno tempo ad arrivare in pista che già mi aveva messo addoso le mani. Una scarica di adrenalina mi percorse e senza fiatare lo seguii sentendo lo sguardo di Leonardo che, forse un pò preoccupato, mi seguiva.

Mentre iniziava a ballare con quel ragazzo, un altro individuo si avvicinò al nostro tavolo. Era evidente che conoscesse Bernard come l’anziano signore che aveva ballato per primo con Valentina.

Mi parve di riconoscerlo, forse era seduto al tavolo del ristorante la sera prima. Indicò Valentina e senza mezzi termini parlarono di lei come di una puttana, poi se ne andò con la promessa di poter ballare pure lui con Valentina. Così passò ancora una buona mezz’ora dove Valentina, quasi disinibita, neppure tornò al tavolo con noi ma finì col ballare con altri sconosciuti.

Scostandomi di poco per guardarla mentre ballava sentii uno dei suoi precedenti cavalieri che rivolgendosi ad un amico l’aveva invitato ad andare a ballare con la nuova “soumise” di Bernard. Era la prima volta che sentivo quel termine. La diretta traduzione non mi piaceva “sottomessa”, anche se allora non avevo compreso il reale significato. Pensai fosse solo un modo dispregiativo per indicarla quasi come una puttana che se la faceva con tutti.

La cosa mi rodeva ma era innegabile che Valentina moglie si era concessa in ballo con quasi tutti gli uomini single della sala, come se fosse una merce da esibire, senza che né lei né io ci fossimo ribellati. Cercai di indignarmi con Bernard che calmo mi fece osservare che vestita in quel modo era naturale passare per una puttana. Gli ribattei che aveva capito male che non era quel genere di donna che lui si immaginava.

Sarcastico mi rispose: “Può essere vero, ma sta o no andando in giro seminuda a farsi palpare da tutti gli sconosciuti del locale? - e, facendosi volgare, aggiunse- sentendo tutti i loro cazzi in tiro mentre si strusciavano a lei.”

Ero senza parole. Mi sfidò a provare se non fosse vero quello che mi stava dicendo. Quando Valentina ritornò tra noi non le diedi tempo di sedere e la portai a ballare. Abbracciai Valentina e finalmente potei ballare con lei. Le mani sulla sua vita permettevano sicuramente di capire che sotto l’abito era completamente nuda.

Stringendola sentii il mio cazzo scoppiare contro di lei. In un momento capii che tutti quelli che avevano ballato con lei avevano potuto provare la mia stessa sensazione appoggiandosi contro di lei. Non fu difficile immaginare anche il contrario, quindi anche lei non avrebbe potuto fare a meno di sentire tutti quei cazzi contro il suo corpo coperto da pochi millimetri di stoffa. Bernard aveva ragione tanto che mi venne spontaneo pensare che anche lei stesse provando anche un sordido piacere. Era evidente che Bernard aveva preparato la serata e lei incapace di ribellarsi era restata al gioco.

La stavo abbracciando, quando sentii una mano battermi sulla spalla. L’ennesimo pretendente era di nuovo il ragazzo di colore al ballo mi chiese, ruvidamente di lasciargli terminare il ballo con Valentina. Senza quasi riuscire ad opporre alcuna resistenza, lui prese il braccio di Valentina e lei mi lasciò cedendo all’insistenza del nuovo venuto.

Raggiunsi il tavolo di Bernard che mi sorrise. “Sono convinto che adesso sarà ancora più eccitante.”

Guardai verso la pista.

Tutti quelli sconosciuti che avevano ballato con me spingendo il loro corpo sul mio, avevano fatto scivolare le loro mani sulla mia schiena e il mio culo, ed io glielo avevo permesso senza alcuna esitazione. Avevo sentito i loro odori, diversi, di sudore o di troppo profumo. Mi sentivo la preda di una donna single in cerca di avventure facili.

Avevo ballato con mio marito in silenzio quasi mi vergognassi lasciandogli capire che come lui altri si erano strusciati su di me mentre in silenzio avevo sentito i loro cazzi eccitati premere contro il mio corpo. Avevo subito quelle sensazioni provando anche un briciolo di piacere nonostante mi stessi vergognando da morire.

Ero come in trance che non riuscii neppure a rifiutare l’ultimo invito. Mi staccai da Leonardo mentre un altro uomo mi prendeva per un braccio e, senza dir niente, mi strinse a sé iniziando a ballare. Non riuscivo a smettere di ballare, mi sentivo le mani attorno a me, in un’orgia di suoni, mi sentivo leggera e trasportata dalla musica, ma la mia percezione non era solo uditiva, sentivo quelle persone, quegli sguardi eccitati su di me.

Lui era un uomo atletico con occhi azzurri e un fisico scolpito. Più avanti, mi confidò di avere origini franco-caraibiche, ereditando la vivacità delle Guadalupe dal padre e l'eleganza francese dalla madre bionda.

“Tranquilla dolce signora – mi sussurrò all’orecchio forse notando il mio stato di incertezza e insicurezza – non la voglio farle del male. Voglio solo godere di questi pochi momenti che ci regala la musica ballando con la donna più affascinante di questa sera”.

Sembrava una persona gentile e iniziai a lasciarmi trasportare dalla danza.

“È una musica dolcissima e sensuale – mi sussurrò ancora all’orecchio – non posso fare a meno di stingerti a me e sentire il tuo profumo ancora da più vicino”.

Lo guardai negli occhi stupita, era passato dal lei al tu immediatamente e in più mi chiedeva di stringermi ancora più a sé.

Perplessa, gli feci cenno di no con la testa.

“Non c’è niente di male, dolce signora, – continuò sorridendomi – si tratta solo di due minuti e non puoi negarmi due minuti di dolcezza inebriante”.

Senza aspettare una mia risposta, mi strinse ancora di più a sé. Ormai eravamo allacciati in un unico corpo. Avvertivo il soffio del suo respiro contro la pelle del mio collo e la pressione del suo torace sul mio. Le sue mani stringevano delicatamente i miei fianchi, tirandomi inesorabilmente verso di lui. Potevo sentire il suo bacino premere contro il mio e il calore del suo possente cazzo premere su di me. Avrei dovuto divincolarmi e fuggire da lui, ma non ne fui capace. Qualcosa dentro di me mi faceva rallentare i pensieri, come se stessi sognando, presa quasi in un sonno molto profondo.

La bachata, con i suoi passi lenti e sensuali, era la cornice perfetta per il quadro che stavamo per creare. I nostri corpi si muovevano in perfetta armonia, le braccia si avvinghiavano, i fianchi si sfioravano, e il mondo intorno a noi sbiadiva, lasciando posto solo alla melodia e ai nostri respiri.

Si avvicinò a me e mi parlò a bassa voce, quasi in un sussurro. La sua voce era dolce e calda, quasi parte della musica. "Vogliamo concederci un momento solo per noi?" chiese, con una sfumatura di audacia che era tanto sorprendente quanto eccitante. Il tono lasciava intendere che desiderava uno spazio più intimo, lontano dagli occhi altrui, dove la nostra danza potesse diventare più personale.

Per un istante, il flusso di emozioni mi rese incerta. L'invito era velato e l'intenzione sottile, ma chiaro l'intento di allontanarci dalla folla per esplorare la connessione che stava nascendo tra di noi. Sentii il brivido della passione, come se fossi stata trasportata in un mondo antico in cui due anime si incontrano per la prima volta.

E così, con un gesto quasi impercettibile del capo, accettai la sua proposta. Ci allontanammo, camminando fianco a fianco con un'energia carica tra noi che era come una melodia silenziosa. Raggiungemmo un ripostiglio, uno spazio angusto dove le scope e i secchi sembravano custodi di quel che stava per accadere.

Lì, nel chiaroscuro di una lampadina fioca, ci concedemmo un'intimità sottratta al tempo e allo spazio della festa. I ritmi della “bachata” erano ormai un lontano ricordo, sostituiti dal suono del nostro respiro condiviso

Lui mi baciò con passione, con un bacio profondo e intenso, che durò a lungo che gli permise di accarezzarmi tutta la schiena fino a fermarsi sul mio culo rotondo e sodo. Non fu facile staccarsi dal quel bacio intenso che ci stavamo scambiando; ma io eccitatata avevo voglia di altro, gli slacciai i pantaloni e portai il suo enorme cazzo nodoso all’altezza del viso. Cominciai a leccargli i testicoli, mentre con la destra tenevo la verga puntata in alto, con la sua enorme cappella e ne assaporai la consistenza, la pienezza, il vigore; poi passai a leccare con crescente avidità la mazza, dalla radice alla punta, disegnando ghirigori con la lingua su tutta la cappella; insistetti a lungo sulla base della cappella, sul frenulo e sul buchetto; ogni volta, gli strappavo lunghi gemiti di piacere.

Non avevamo detto una parola, in tutto il tempo; e i suoni del nostro piacere erano solo singulti e mormorii. Mentre portavo alla bocca la cappella di quel cazzo meraviglioso, per un breve attimo mi attraversò la mente un senso di colpa per quello che stavo facendo a uno sconosciuto che poteva essere uno dei miei studenti. Quasi per reazione, accentuai la sensualità di quel pompino; stavo cominciando a godere del gusto e del tatto del suo cazzo che scorreva dentro e fuori dalla mia bocca. Feci scivolare lentamente e dolcemente il grosso cazzo fra le mie labbra e mi soffermai più volte a lambirlo con la lingua dentro la stessa bocca, a succhiare dolcemente la parte che avevo ingoiato

Impiegai un tempo che mi parve infinito a farlo scivolare fino in fondo, tanto era lungo e grosso, e con ostinata dolcezza, non desistetti fino a quando non sfiorai il sacchetto dei testicoli non toccò il mio labbro inferiore. La testa di quella verga aveva raggiunto l'ingresso della mia gola, e così iniziai ad assaggiare le prime gocce di liquido che uscivano salate.

Adesso l’avevo tutto in bocca e lo succhiavo come un neonato fa con la tetta di mamma. Lui si agitava sempre più forte nella mia bocca, strigeva forte i mie capelli facendomi male e spingendomi in avanti facendomi colpire la gola da quella verga durissima. Non passò molto tempo e mi prese con entrambe le mani la testa e me la tenne ferma sul posto, e su una spinta finale nella mia bocca, sentii il suo cazzo iniziare a irrigidirsi, palpitare, e poi schizzarmi la sborra in bocca.

Mentre sborrava ha cercato di sottrarsi alle mie labbra ma io gliel'ho impedito stringendo il suo bacino sulla mia bocca e facendolo cosi godere dentro la mia bocca. Lui ha cominciato a liberare fiotti di sborra, veniva a raffica, spruzzava sborra come una fontana impazzita. Dopo il terzo o quarto copioso getto io non ero più in grado di trattenere tutta quella quantita’, la sborra sgorgava ai lati della mia bocca ancora serrata sull’ancora pulsante cazzo. Mentre lui rantolando, fortemente eccitato mi diceva:“Succhia troia...succhiami il cazzo...". Ed io continuavo a succhiarlo, pienamente cosciente della sana e consapevole libidine che mi invadeva. Il desiderio che provavo per quel cazzo così vigoroso dentro la mia bocca era travolgente, e non riuscivo più a resistergli.

Non c’erano dubbi, in quel momento, ero volente o no la sua puttana succhia cazzi e mi piaceva essere sottomesso a lui. Continuavo a succhiare il suo cazzo mentre si ammorbidiva nella mia bocca; finalmente, e con riluttanza, mi allontanai da lui.

Appagati da quella travolgente passione, abbiamo aggiustato rapidamente i nostri abiti e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno, siamo usciti di fretta dallo sgabuzzino. Facendo finta di nulla, tenendoci per mano, ci siamo diretti al bar per un drink.

Fu in quel momento che Bernard si avvicinò, e con una mano alzata in segno di saluto, esclamò: "Ecco i miei due fuggitivi preferiti! Ho sperato che non vi foste persi!".

Senza attendere risposta, Bernard mi afferrò bruscamente per un braccio e mi condusse verso il divano dove Leonardo stava seduto.

Con un sorriso carico di sarcasmo, Bernard mi guardò e commentò che per come ero vestita non potevo di certo pensare di essere trattata come una gran dama.

“Del resto, sei anche una che gira nel parco con il culo al vento e le tette per aria.”

Io guardai Leonardo con gli occhi fuoriosi e piena di rabbia.

Leonardo mi guardò sconsolato, era troppo anche per lui e per quanto eccitato dalla situazione prevalse la sua gelosia. Rapidamente mi prese per mano e mi portò fuori dal locale.

Non era neppure facile trovare un taxi. Bernard ci raggiunge e si offrì di riaccompagnarci in albergo, scusandosi per la serata.

“Pensavo che volevate passare una serata trasgressiva del resto sembrava che cercavate questo. Poi non sapevo neppure che eravate marito e moglie”.

Accettammo le scuse. Risalimmo rapidamente sulla sua auto, e mi accomodai ancora una volta davanti con lui.

Durante il tragitto, il ricordo di quel fugace incontro nell'umido sgabuzzino mi bruciava la mente. La sorpresa di una passione così rapida e intensa mi aveva acceso qualcosa in me che non potevo o non volevo comprendere. La vergogna mi mordeva, ma era solo la fragile corazza di un desiderio più profondo e proibito. Nel mio silenzio, sapevo, le scintille di quell'incontro sarebbero bruciate a lungo, segretamente, dentro di me.

Fine della seconda parte, continua.
 

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Dave35

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