Esperienza reale Un'avventura veneziana

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Venezia, alla fine di ottobre, conserva lo stesso senso di silenzioso soffocamento di certe domeniche estive. Il centro storico con le continue serpentine di cunicoli, cripte celate negli usci dei pianterreni, stradine spettrali interrotte nell'oscurità dalla maestosa regalità di palazzi ducali lasciano un senso di incompiuto malessere. Malessere che si accompagna benissimo alla degustazione di un buon bianco, mentre il battito cardiaco del sole pungente inizia ad assopirsi lasciando che il passo cadenzato della sera accarezzi placidamente i primi riflessi spettrali del Canal Grande.


Mi trovavo in solitudine al tavolino di uno di questi vecchi caffè, sfogliando con gli occhi la decadenza lagunare intorno, quando vidi per la prima volta MariaElena: era intenta a leggere una rivista ad un tavolino a qualche metro da me ed i nostri sguardi reciproci erano intervallati dal chiacchiericcio di una piccola comitiva seduta nel centro dello spazio esterno del locale.


Quando i ragazzi si allontanarono restammo soltanto io e lei; ne approfittai per osservarla meglio, colpito dalla caratteristica e lunghissima capigliatura biondo perla, leggermente boccolosa, resa ancor più particolare dal contrasto quasi cacofonico con la pelle del viso bianchissima.
Sembrava proprio che stesse aspettando qualcuno. La vidi fare un cenno al ragazzo che serviva ai tavoli per poi sparire nell'ingresso principale del bar e soltanto allora mi resi conto di quanto fosse magra e slanciata.


Quando tornò a sedersi mi sorprese per un attimo a fissarla: mi ero distratto, infatti, nel tentativo di capire se effettivamente fosse in atteggiamento di attesa o meno e quando trovai sui miei un sorriso amichevole, quasi divertito, rimasi goffamente imbarazzato e deciso a spostarmi con l'attenzione altrove. A togliermi definitivamente dalla situazione impacciata fu effettivamente l'arrivo di una persona: un ragazzone sui vent'anni, alto quanto lei, dagli occhi lievemente torvi, che la salutò con un bacio sulla guancia ed ordinò qualcosa da bere.

(continua)
 
OP
C

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Si era fatta quasi ora di cena e di lì a poco avrei dovuto raggiungere un collega di lavoro in un ristorante fuori città; attirai l'attenzione del cameriere per un ultimo rabbocco e mi accorsi che la coppia era entrata in una strana intimità. Lei parlava fluidamente e gesticolando in continuazione, lui, taciturno e apparentemente fuori luogo, lasciava percepire un disagio ed una palese difficoltà. Pensai che probabilmente si trattava di uno dei primi appuntamenti tra i due e che lei, più spigliata e sciolta, lo avesse trascinato lì forzatamente. Con un gomito lei urtò involontariamente il calice facendolo rotolare sul tavolo, riuscì a bloccarlo prima che finisse a terra ed in risposta alla risata divertita ricevette in cambio uno sguardo fulminante ed incattivito: la cosa sembrava divertirla ancora di più. Subito dopo notai un dettaglio che fino a quel momento mi era totalmente sfuggito: il ragazzo aveva una posa innaturale e soltanto soffermandomi meglio tra i lembi inferiori del coprimacchia del loro tavolo mi accorsi che questa era dovuto al fatto che la stesse provocando con un piede. Dalla mia posizione mi era praticamente impossibile riuscire a vedere meglio cosa stesse succedendo lì sotto e la curiosità di avere un'altra visuale iniziò a prendere il sopravvento; mi portai il telefono all'orecchio e mi alzai fingendo una conversazione, muovendo qualche passo in loro direzione pur mantenendomi a distanza di cinque e o sei metri. Non sembrava si fossero accorti della mia presenza e quando tornai a scrutare riuscii a distinguere le caviglie intrecciate dei due: lei cercava di divincolarsi senza troppa difficoltà, era evidente che la situazione la divertisse ma nel contempo lo stuzzicava con quella particolare sagacia delle donne, capaci di rendere sensuale un dispetto con facilità innata.


Tornai al mio bicchiere sempre più incuriosito e definitivamente eccitato; non riuscivo a comprendere bene le dinamiche di quello strano gioco di coppia ma sicuramente ne era percepibile il contesto smaliziato. Contesto nel quale mi trovavo dubbioso su come muovermi, rischiando di ribadire l'imbarazzo di qualche minuto prima e senza sapere se effettivamente poteva trattarsi di un'opportunità.


(continua)
 

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