Non so perché scrivo questa storia qui. Forse ho soltanto bisogno che qualcuno la legga. Vi avverto, non è la classica storia da "sventriamo le papere": se cercate soltanto quello cambiate racconto. I fatti narrati hanno tutti un filo logico, sono tutti intrecciati tra di loro, ma alcuni risalgono ad anni ed anni fa. Altri, invece, stanno addirittura avvenendo. Il tempo del racconto, comunque, sarà sempre il passato remoto. Voglio essere chiaro fin da subito: ci saranno temi forti come disagio, bullismo ed umiliazioni. Come già detto, se cercate altro andate altrove. Inoltre tutto ciò che narrerò sarà frutto della mia esperienza personale ed è tutto vero al 100% (a parte i nomi che cambierò per ovvi motivi.) Detective, se volete investigare, non è questa la storia giusta. Non verranno fornite foto né screenshot di whatsapp, per quanto non io non abbia problemi a riportare conversazioni avvenute o che stanno avvenendo. Le scriverò quando sarà necessario. Scriverò a puntate non molto lunghe, cercando di sfruttare i vari momenti liberi. Capiteranno pause più o meno prolungate nel tempo, ma non sparirò. O per lo meno cercherò di non farlo.
1.
Me ne stavo seduto al bancone, in silenzio, a fissare il boccale di birra schiumante davanti a me.
Li attendevo uno dopo l'altro, con un sorriso sfacciato stampato sul volto.
Per l'occasione avevo lasciato i capelli sciolti, che con la lunga barba scura mi rendevano praticamente irriconoscibile.
Meglio, pensai sulle prime. Voglio proprio vedere le loro facce incredule.
Non so nemmeno come avevano fatto a procurarsi il mio numero.
O meglio, lo immaginavo: erano rimasti dei cugini e degli zii nel mio paese, gli unici parenti con i quali continuavo a parlare. Probabilmente avevano sentito loro, che avevano pensato bene di girare il mio contatto senza nemmeno chiedere.
Avevo impiegato anni per cancellare gran parte della mia vita. Anni in cui avevo tentato freneticamente di smacchiare l'onta delle umiliazioni subite, come patacche da scrostare dalla camicia.
Era francamente curiosa la mia presenza lì, dopo tutta quella fatica.
In parte me ne dispiacevo.
Per altri versi, invece, ero dove dovevo essere.
Entrarono uno dopo l'altro, iniziando subito a parlottare tra di loro.
Li squadravo dalla mia postazione e come avevo sospettato nessuno si accorse di me. Semplicemente, stavo aspettando un passo falso di una delle mie prede. Li guardavo, li fissavo con gli occhi famelici di un lupo pronto a sbranarli...ed ammisi a me stesso che mi stavo divertendo.
Ed eccola lì, eccola lì la mossa, la domanda che desideravo.
La sentii distintamente, ne ero certo.
"Ma Mulo dov'è?" chiese Franceso. Era vicino a Lucrezia, sua moglie, che scosse la testa non sapendo cosa rispondere.
Scesi dallo sgabello.
Con le mani in tasca mi avvicinai a passo lento, cadenzato, senza mai staccargli gli occhi di dosso.
Mi ci vollero secondi, ma a me sembrarono ore. Tutto il vociare del locale si ovattò di colpo, sparì in un istante: ora sentivo solo il rumore dei miei passi risuonare nella sala comune. Uno, due, tre, un altro ancora. Ormai ero lì.
Torreggiavo davanti ad entrambi, li sovrastavo di una ventina di centimetri buoni. Sorrisi, e non fu un sorriso amichevole.
"Sono io." dissi. "Io sono Mulo."
Francesco, Lucrezia e tutt gli altri che erano con loro mi guardarono esterrefatti.
In un attimo, tra i miei aguzzini, calò il gelo.
Ed era proprio quello che volevo....
1.
Me ne stavo seduto al bancone, in silenzio, a fissare il boccale di birra schiumante davanti a me.
Li attendevo uno dopo l'altro, con un sorriso sfacciato stampato sul volto.
Per l'occasione avevo lasciato i capelli sciolti, che con la lunga barba scura mi rendevano praticamente irriconoscibile.
Meglio, pensai sulle prime. Voglio proprio vedere le loro facce incredule.
Non so nemmeno come avevano fatto a procurarsi il mio numero.
O meglio, lo immaginavo: erano rimasti dei cugini e degli zii nel mio paese, gli unici parenti con i quali continuavo a parlare. Probabilmente avevano sentito loro, che avevano pensato bene di girare il mio contatto senza nemmeno chiedere.
Avevo impiegato anni per cancellare gran parte della mia vita. Anni in cui avevo tentato freneticamente di smacchiare l'onta delle umiliazioni subite, come patacche da scrostare dalla camicia.
Era francamente curiosa la mia presenza lì, dopo tutta quella fatica.
In parte me ne dispiacevo.
Per altri versi, invece, ero dove dovevo essere.
Entrarono uno dopo l'altro, iniziando subito a parlottare tra di loro.
Li squadravo dalla mia postazione e come avevo sospettato nessuno si accorse di me. Semplicemente, stavo aspettando un passo falso di una delle mie prede. Li guardavo, li fissavo con gli occhi famelici di un lupo pronto a sbranarli...ed ammisi a me stesso che mi stavo divertendo.
Ed eccola lì, eccola lì la mossa, la domanda che desideravo.
La sentii distintamente, ne ero certo.
"Ma Mulo dov'è?" chiese Franceso. Era vicino a Lucrezia, sua moglie, che scosse la testa non sapendo cosa rispondere.
Scesi dallo sgabello.
Con le mani in tasca mi avvicinai a passo lento, cadenzato, senza mai staccargli gli occhi di dosso.
Mi ci vollero secondi, ma a me sembrarono ore. Tutto il vociare del locale si ovattò di colpo, sparì in un istante: ora sentivo solo il rumore dei miei passi risuonare nella sala comune. Uno, due, tre, un altro ancora. Ormai ero lì.
Torreggiavo davanti ad entrambi, li sovrastavo di una ventina di centimetri buoni. Sorrisi, e non fu un sorriso amichevole.
"Sono io." dissi. "Io sono Mulo."
Francesco, Lucrezia e tutt gli altri che erano con loro mi guardarono esterrefatti.
In un attimo, tra i miei aguzzini, calò il gelo.
Ed era proprio quello che volevo....