Holden90
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Storia vera o fantasia? Forse la prima, forse la seconda, forse un po’ e un po’. Non credo che sia così rilevante, ciò che conta è il racconto. Quindi, lascio un velo di mistero ed ecco a voi il primo capitolo.
1 - Bralette
Era una di quelle seratine primaverili che ti fanno pregustare l’estate, piacevoli per il clima e stuzzicanti per via delle numerose ragazze, che con l’arrivo della bella stagione iniziavano a scoprire sempre più lembi di pelle. Dopo mesi di freddo, maglioni e attività al chiuso, avevano voglia indossare un bel vestitino o un outfit alla moda e di lasciarsi guardare. Tra loro c’era anche Susanna, la mia ragazza.
A 25 anni era nel pieno della sua bellezza, abbastanza matura da poter decidere, abbastanza giovane da essere al centro dell’attenzione. D’altronde non era una che passava inosservata: capelli castani, lisci, che all’occorrenza diventavano mossi o acconciati nelle più disparate maniere, un bel viso sempre solare, con due labbra morbide e carnose, un nasino dritto e due occhioni verdi. Era alta 165 circa e il suo fisico sapeva provocare quanto il viso. Quarta di seno, un bel culo pieno e nel complesso una fisicità non eccessivamente magra, formosa ma proporzionata. C’era anche quel filino di pancetta che a lei dava così fastidio e che io non avevo nemmeno notato.
A questo punto potrei descrivere anche come sono io, ma dubito che sia d’interesse, inoltre qualche lettore potrebbe immedesimarsi meglio senza troppi dettagli, vivendo le avventure che sono capitate a me. Vi basti sapere che sono un ragazzo normale, sportivo e piuttosto spigliato, anche con le ragazze. Non ero uno sfigato introverso, ma nemmeno un belloccio capace di rimorchiare a prima vista.
Tornando a quella sera, passeggiavamo per il centro della nostra città, prendendoci e lasciandoci la mano di tanto in tanto, tra una chiacchiera e l’altra, fino all’inevitabile decisione di sederci a bere qualcosa. Il prescelto fu uno dei soliti bar, uno che io personalmente non amavo molto, perché troppo frequentato e rumoroso. Quell’anno, chissà per quale motivo, era tra i più in voga e una marea di ragazzi e ragazze lo frequentavano, anche solo per ordinare un cocktail e berlo fuori all’aperto, in piedi.
Dopo qualche brontolio accontentai Susanna e la sua scelta, a patto di sedere in uno dei tavolini fuori, sulla strada.
“Sei sempre il solito vecchietto” disse, sorridendomi e sedendosi sul primo posto libero.
Quella sera indossava un paio di short in jeans, forse un po’ prematuri per la stagione, tanto che talvolta sfregava le gambe tra loro come a volerle scaldare. Ma ovviamente non aveva freddo, come ci tenne a farmi sapere.
Ai piedi le fidate Dr. Mertens, ma era nella parte superiore che le cose si facevano più interessanti. Susanna indossava una magliettina trasparente e brillante, che lasciava intravedere un elaborato reggiseno in pizzo che solo quella sera scoprii chiamarsi bralette. Una sorta di misto tra un normale reggiseno e un top, che metteva in mostra la sua quarta di seno. Era la moda ragazzi e io non potevo che ammirare le forme della mia ragazza in silenzio, rendendomi conto di non essere l’unico a farlo.
Di tanto in tanto Susanna metteva e poi toglieva un giubbino di pelle a ulteriore testimonianza che l’outfit era forse un po’ prematuro, ma non mi diede mai la soddisfazione di darmi ragione.
Bevevamo qualcosa da ormai una mezz’oretta quando uno dei tanti frequentatori del bar si avvicinò con alla mia lei.
“Susy!”
“Marco!” esclamò lei con entusiasmo, balzano in piedi.
Gli gettò le braccia al collo e si scambiarono tre baci di routine. Susanna era così, espansiva, estroversa.
Iniziarono a parlottare sorridenti e lei ogni tanto gli dava qualche pugnetto sul petto per stuzzicarlo, come a volerlo prendere in giro per qualcosa che io dal tavolino non riuscivo a sentire. Tale Marco era un ragazzo decisamente alto, onestamente non vi saprei dire se di bell’aspetto o meno, di uomini m’intendo poco. Un tipo normale. Indossava dei jeans e una semplice t-shirt, molto larga. In mano teneva un cocktail e con l’altra di tanto in tanto ravvivava il ciuffo riccio che portava in testa.
Sembravano in confidenza e la chiacchierata durò abbastanza da rendermi piuttosto scocciato. Quando finalmente finì, Susanna si mise in punta di piedi per scambiare altri tre baci, per poi salutarlo e riprendere posto di fronte a me.
“Con comodo eh” dissi io lapidario.
“Dai non rompere, potrò chiacchierare con un amico?”
Lui intanto aveva raggiunto gli amici e poco più in là bevevano i loro cocktail in piedi, fumandosi una sigaretta in compagnia.
“Magari potevi anche presentarmi, visto che sei qui con il tuo fidanzato. Cioè io.”
“Che c’è? Sei geloso?”
Guardai di nuovo il ragazzo ed ebbi l’impressione che parlasse di Susanna, perché si voltò un paio di volte verso di noi e poi ridacchiò con i suoi amici.
“No! Mi sembrava solo buona educazione…”
“Che pesante che sei!”
Inutile dire che persi quel dibattito in partenza e me ne resi presto conto, quindi decisi di tacere.
La serata proseguì e finì senza altri eventi degni di nota. Marco se n’era andato e Susanna aveva bevuto come al solito un pochino troppo, non che ci volesse molto per renderla brilla.
Tornammo alla macchina, mentre il mio occhio cadeva spesso sulle sue tette, che calamitavano la mia attenzione a ogni passo.
“Ti piace allora?” disse lei in riferimento alla bralette.
“Molto e non solo a me direi…”
“Cioè?”
“Beh ho perso il conto di quanti ti hanno guardato le tette. Compreso quel Marco…”
Ci fu un attimo di esitazione e pensai che Susanna si arrabbiasse di nuovo, ma non fu così.
“Solo tu però le puoi toccare!” disse lei ridacchiando, posandomi una mano su una tetta.
La affondai con piacere e poi per par condicio strizzai anche l’altra tetta sopra la magliettina. Nel frattempo eravamo arrivati al parcheggio e così la appoggiai contro l’auto e inizia a palparle le tette a due mani, infilandole la lingua in bocca. Susanna non si tirò indietro e rispose al bacio, lasciandosi palpare. Sentii la sua mano scendere sui miei pantaloni e accarezzarmi il pacco.
“Ah però, mi piace l’effetto che ti fa. La metterò più spesso!”
Non ebbi il tempo di rispondere, perché un gruppetto di persone si avvicinava, così decisi di staccarmi e salire in auto. Misi in moto per riaccompagnarla a casa e appena partito Susanna tornò a stuzzicarmi. Mi guardava con aria da vera porca e mi massaggiava il pacco da sopra i pantaloni.
“Mi fa male da quanto tira” le dissi.
Lei sorrise orgogliosa, prendendosene il merito, e inizio a slacciare la cintura. Appena fatto tolse il primo bottone e lasciò scivolare la mano dentro i pantaloni, continuando ad accarezzarmi su e giù, da sopra le mutande. Giocava e le piaceva. Infilò poi due dita sotto l’elastico, stuzzicò le palle, le prese in mano e infine, finalmente, impugnò il cazzo. Iniziò a segarmelo dentro ai pantaloni mentre guidavo verso casa sua.
Fu eccitante fermarsi ai semafori, con le altre auto a fianco, mentre lei mi segava. Fui dispiaciuto d’essere arrivato davanti a casa sua, ma non avevo la minima intenzione di farla finita così. Parcheggiai nella piazzola adibita e, spento il motore, mi gettai su di lei. La baciai di nuovo e le mie mani andarono ancora sulle sue tette, su quel diabolico reggiseno. Le alzai la magliettina trasparente e iniziai baciarle avido. Lei continuava a segarmi e mugulava piano, mentre io ne volevo di più. Abbassai la bralette e iniziai a leccarle i capezzoli.
“Ti ha proprio eccitato che mi guardassero tutti eh…” sussurrò.
Rimasi spiazzato. Fu strano. Era la verità, ma sentirlo dire la rese anche realtà.
“Sì…” ammisi.
Non so se si tratta di uno di quei falsi ricordi, dettati dal tempo, ma oggi potrei giurare che sorrise compiaciuta.
“Vuoi sapere un segreto?”
“Certo” risposi io, concentrato soprattutto sui suoi capezzoli.
Lei lo capì e mi spinse via la testa. La sua mano però non si fermò, anzi mi abbassò gli slip e tirò fuori il cazzo duro, continuando la sua opera.
“Prometti di non arrabbiarti.”
La guardai contrito, sbuffando.
“Sì, va bene” risposi ansioso di proseguire e naturalmente annebbiato dall’eccitazione.
“Era un mio scopamico” disse poi con un sorriso malizioso.
“Cosa? Chi?” balbettai.
“Il ragazzo di prima, Marco” disse, enfatizzando il nome.
Inizio a battermi forte il cuore, ma lei non si fermò e continuò a segarmi il cazzo, anzi, aumentando la velocità.
“Non voglio che ci siano segreti e così te l’ho detto. Ovviamente è successo quando non stavamo insieme.”
Non risposi, probabilmente non feci altro che ansimare e lei si chinò sul sedile prendendolo in bocca. Iniziò a succhiarlo con grande voglia. Sapete, non mi sognerei mai di lamentarmi dei pompini di Susanna, ma quella sera fu particolarmente bello. Sentivo che aveva voglia di succhiarlo. O ero io in una condizione particolare? Sentivo la bocca calda avvolgermi il cazzo e la sentivo andare su e giù con estremo piacere a ogni movimento. Una cosa era certa: non lo stava gustando, succhiava per farmi venire.
Ero quasi al culmine, quando lei lo tolse dalla bocca e mentre stava sdraiata tra le mie gambe mi guardò, dal basso all’alto.
“Ma in realtà non era questo il segreto” disse.
Si strusciava il mio cazzo sulla guancia e sulle labbra, come a voler sentire quanto era duro. E ragazzi, era davvero durissimo.
“E quale sarebbe?” gemetti.
Sorrise. E ricordo ancora oggi come sorrise, con i suoi denti bianchi e uno sguardo incredibilmente erotico.
“Che è superdotato” rispose semplicemente.
Poi torno a imboccarlo e riprese il pompino. Non ci volle molto. Anzi, ci volle davvero pochissimo. Affondai una mano sui suoi capelli e le venni in bocca copiosamente, con vigore, tanto che la sborrata fu quasi fastidiosa.
Accolse tutto nella sua bocca, dandomi il tempo di espellere anche l’ultima goccia e poi si staccò. Aprì la portella dell’auto e scivolò fuori per sputare sull’erba. Io ero ancora inebetito, al punto che quando si inginocchiò sul sedile per darmi un bacio sulla guancia, lo ricevetti senza quasi accorgermene.
“Buonanotte amore!” e scappò verso casa con un sorriso, lasciandomi ancora con il cazzo fuori, ancora duro, ancora frastornato.
1 - Bralette
Era una di quelle seratine primaverili che ti fanno pregustare l’estate, piacevoli per il clima e stuzzicanti per via delle numerose ragazze, che con l’arrivo della bella stagione iniziavano a scoprire sempre più lembi di pelle. Dopo mesi di freddo, maglioni e attività al chiuso, avevano voglia indossare un bel vestitino o un outfit alla moda e di lasciarsi guardare. Tra loro c’era anche Susanna, la mia ragazza.
A 25 anni era nel pieno della sua bellezza, abbastanza matura da poter decidere, abbastanza giovane da essere al centro dell’attenzione. D’altronde non era una che passava inosservata: capelli castani, lisci, che all’occorrenza diventavano mossi o acconciati nelle più disparate maniere, un bel viso sempre solare, con due labbra morbide e carnose, un nasino dritto e due occhioni verdi. Era alta 165 circa e il suo fisico sapeva provocare quanto il viso. Quarta di seno, un bel culo pieno e nel complesso una fisicità non eccessivamente magra, formosa ma proporzionata. C’era anche quel filino di pancetta che a lei dava così fastidio e che io non avevo nemmeno notato.
A questo punto potrei descrivere anche come sono io, ma dubito che sia d’interesse, inoltre qualche lettore potrebbe immedesimarsi meglio senza troppi dettagli, vivendo le avventure che sono capitate a me. Vi basti sapere che sono un ragazzo normale, sportivo e piuttosto spigliato, anche con le ragazze. Non ero uno sfigato introverso, ma nemmeno un belloccio capace di rimorchiare a prima vista.
Tornando a quella sera, passeggiavamo per il centro della nostra città, prendendoci e lasciandoci la mano di tanto in tanto, tra una chiacchiera e l’altra, fino all’inevitabile decisione di sederci a bere qualcosa. Il prescelto fu uno dei soliti bar, uno che io personalmente non amavo molto, perché troppo frequentato e rumoroso. Quell’anno, chissà per quale motivo, era tra i più in voga e una marea di ragazzi e ragazze lo frequentavano, anche solo per ordinare un cocktail e berlo fuori all’aperto, in piedi.
Dopo qualche brontolio accontentai Susanna e la sua scelta, a patto di sedere in uno dei tavolini fuori, sulla strada.
“Sei sempre il solito vecchietto” disse, sorridendomi e sedendosi sul primo posto libero.
Quella sera indossava un paio di short in jeans, forse un po’ prematuri per la stagione, tanto che talvolta sfregava le gambe tra loro come a volerle scaldare. Ma ovviamente non aveva freddo, come ci tenne a farmi sapere.
Ai piedi le fidate Dr. Mertens, ma era nella parte superiore che le cose si facevano più interessanti. Susanna indossava una magliettina trasparente e brillante, che lasciava intravedere un elaborato reggiseno in pizzo che solo quella sera scoprii chiamarsi bralette. Una sorta di misto tra un normale reggiseno e un top, che metteva in mostra la sua quarta di seno. Era la moda ragazzi e io non potevo che ammirare le forme della mia ragazza in silenzio, rendendomi conto di non essere l’unico a farlo.
Di tanto in tanto Susanna metteva e poi toglieva un giubbino di pelle a ulteriore testimonianza che l’outfit era forse un po’ prematuro, ma non mi diede mai la soddisfazione di darmi ragione.
Bevevamo qualcosa da ormai una mezz’oretta quando uno dei tanti frequentatori del bar si avvicinò con alla mia lei.
“Susy!”
“Marco!” esclamò lei con entusiasmo, balzano in piedi.
Gli gettò le braccia al collo e si scambiarono tre baci di routine. Susanna era così, espansiva, estroversa.
Iniziarono a parlottare sorridenti e lei ogni tanto gli dava qualche pugnetto sul petto per stuzzicarlo, come a volerlo prendere in giro per qualcosa che io dal tavolino non riuscivo a sentire. Tale Marco era un ragazzo decisamente alto, onestamente non vi saprei dire se di bell’aspetto o meno, di uomini m’intendo poco. Un tipo normale. Indossava dei jeans e una semplice t-shirt, molto larga. In mano teneva un cocktail e con l’altra di tanto in tanto ravvivava il ciuffo riccio che portava in testa.
Sembravano in confidenza e la chiacchierata durò abbastanza da rendermi piuttosto scocciato. Quando finalmente finì, Susanna si mise in punta di piedi per scambiare altri tre baci, per poi salutarlo e riprendere posto di fronte a me.
“Con comodo eh” dissi io lapidario.
“Dai non rompere, potrò chiacchierare con un amico?”
Lui intanto aveva raggiunto gli amici e poco più in là bevevano i loro cocktail in piedi, fumandosi una sigaretta in compagnia.
“Magari potevi anche presentarmi, visto che sei qui con il tuo fidanzato. Cioè io.”
“Che c’è? Sei geloso?”
Guardai di nuovo il ragazzo ed ebbi l’impressione che parlasse di Susanna, perché si voltò un paio di volte verso di noi e poi ridacchiò con i suoi amici.
“No! Mi sembrava solo buona educazione…”
“Che pesante che sei!”
Inutile dire che persi quel dibattito in partenza e me ne resi presto conto, quindi decisi di tacere.
La serata proseguì e finì senza altri eventi degni di nota. Marco se n’era andato e Susanna aveva bevuto come al solito un pochino troppo, non che ci volesse molto per renderla brilla.
Tornammo alla macchina, mentre il mio occhio cadeva spesso sulle sue tette, che calamitavano la mia attenzione a ogni passo.
“Ti piace allora?” disse lei in riferimento alla bralette.
“Molto e non solo a me direi…”
“Cioè?”
“Beh ho perso il conto di quanti ti hanno guardato le tette. Compreso quel Marco…”
Ci fu un attimo di esitazione e pensai che Susanna si arrabbiasse di nuovo, ma non fu così.
“Solo tu però le puoi toccare!” disse lei ridacchiando, posandomi una mano su una tetta.
La affondai con piacere e poi per par condicio strizzai anche l’altra tetta sopra la magliettina. Nel frattempo eravamo arrivati al parcheggio e così la appoggiai contro l’auto e inizia a palparle le tette a due mani, infilandole la lingua in bocca. Susanna non si tirò indietro e rispose al bacio, lasciandosi palpare. Sentii la sua mano scendere sui miei pantaloni e accarezzarmi il pacco.
“Ah però, mi piace l’effetto che ti fa. La metterò più spesso!”
Non ebbi il tempo di rispondere, perché un gruppetto di persone si avvicinava, così decisi di staccarmi e salire in auto. Misi in moto per riaccompagnarla a casa e appena partito Susanna tornò a stuzzicarmi. Mi guardava con aria da vera porca e mi massaggiava il pacco da sopra i pantaloni.
“Mi fa male da quanto tira” le dissi.
Lei sorrise orgogliosa, prendendosene il merito, e inizio a slacciare la cintura. Appena fatto tolse il primo bottone e lasciò scivolare la mano dentro i pantaloni, continuando ad accarezzarmi su e giù, da sopra le mutande. Giocava e le piaceva. Infilò poi due dita sotto l’elastico, stuzzicò le palle, le prese in mano e infine, finalmente, impugnò il cazzo. Iniziò a segarmelo dentro ai pantaloni mentre guidavo verso casa sua.
Fu eccitante fermarsi ai semafori, con le altre auto a fianco, mentre lei mi segava. Fui dispiaciuto d’essere arrivato davanti a casa sua, ma non avevo la minima intenzione di farla finita così. Parcheggiai nella piazzola adibita e, spento il motore, mi gettai su di lei. La baciai di nuovo e le mie mani andarono ancora sulle sue tette, su quel diabolico reggiseno. Le alzai la magliettina trasparente e iniziai baciarle avido. Lei continuava a segarmi e mugulava piano, mentre io ne volevo di più. Abbassai la bralette e iniziai a leccarle i capezzoli.
“Ti ha proprio eccitato che mi guardassero tutti eh…” sussurrò.
Rimasi spiazzato. Fu strano. Era la verità, ma sentirlo dire la rese anche realtà.
“Sì…” ammisi.
Non so se si tratta di uno di quei falsi ricordi, dettati dal tempo, ma oggi potrei giurare che sorrise compiaciuta.
“Vuoi sapere un segreto?”
“Certo” risposi io, concentrato soprattutto sui suoi capezzoli.
Lei lo capì e mi spinse via la testa. La sua mano però non si fermò, anzi mi abbassò gli slip e tirò fuori il cazzo duro, continuando la sua opera.
“Prometti di non arrabbiarti.”
La guardai contrito, sbuffando.
“Sì, va bene” risposi ansioso di proseguire e naturalmente annebbiato dall’eccitazione.
“Era un mio scopamico” disse poi con un sorriso malizioso.
“Cosa? Chi?” balbettai.
“Il ragazzo di prima, Marco” disse, enfatizzando il nome.
Inizio a battermi forte il cuore, ma lei non si fermò e continuò a segarmi il cazzo, anzi, aumentando la velocità.
“Non voglio che ci siano segreti e così te l’ho detto. Ovviamente è successo quando non stavamo insieme.”
Non risposi, probabilmente non feci altro che ansimare e lei si chinò sul sedile prendendolo in bocca. Iniziò a succhiarlo con grande voglia. Sapete, non mi sognerei mai di lamentarmi dei pompini di Susanna, ma quella sera fu particolarmente bello. Sentivo che aveva voglia di succhiarlo. O ero io in una condizione particolare? Sentivo la bocca calda avvolgermi il cazzo e la sentivo andare su e giù con estremo piacere a ogni movimento. Una cosa era certa: non lo stava gustando, succhiava per farmi venire.
Ero quasi al culmine, quando lei lo tolse dalla bocca e mentre stava sdraiata tra le mie gambe mi guardò, dal basso all’alto.
“Ma in realtà non era questo il segreto” disse.
Si strusciava il mio cazzo sulla guancia e sulle labbra, come a voler sentire quanto era duro. E ragazzi, era davvero durissimo.
“E quale sarebbe?” gemetti.
Sorrise. E ricordo ancora oggi come sorrise, con i suoi denti bianchi e uno sguardo incredibilmente erotico.
“Che è superdotato” rispose semplicemente.
Poi torno a imboccarlo e riprese il pompino. Non ci volle molto. Anzi, ci volle davvero pochissimo. Affondai una mano sui suoi capelli e le venni in bocca copiosamente, con vigore, tanto che la sborrata fu quasi fastidiosa.
Accolse tutto nella sua bocca, dandomi il tempo di espellere anche l’ultima goccia e poi si staccò. Aprì la portella dell’auto e scivolò fuori per sputare sull’erba. Io ero ancora inebetito, al punto che quando si inginocchiò sul sedile per darmi un bacio sulla guancia, lo ricevetti senza quasi accorgermene.
“Buonanotte amore!” e scappò verso casa con un sorriso, lasciandomi ancora con il cazzo fuori, ancora duro, ancora frastornato.