Racconto di fantasia Io e mia sorella (XXIII) – Un istruttivo camposcuola in Perù (I parte)

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1. Premessa.

Con questo racconto, la storia tra me e mia sorella fa un balzo all’indietro di molti anni, tornando ai tempi in cui lei dovette scegliere quale percorso universitario intraprendere.
Allora, vivevamo già insieme per nostro conto, il nostro “amore tossico” – come molti lo definirono – emarginati dalla nostra famiglia a causa della nostra scelta, di cui però eravamo pienamente felici.
Ci mantenevamo dignitosamente con il mio lavoro, e non ci mancava nulla…

Giorgia aveva 19 anni, e quando si presentò il “problema” me ne parlò timorosa di dover gravare troppo sulle mie spalle e sul bilancio familare.
Mi disse:
- “Forse dovrei trovarmi un lavoro anch’io… anche se mi piacerebbe fare l’Università… Non puoi lavorare solo tu…”.
Istintivamente, riflettei sulla sua considerazione, e pensai che almeno lei doveva provare a realizzare il suo sogno… Potevamo farcela, e io per lei mi sarei fatto in quattro…
Così, la presi per la nuca e perdendomi nei suoi occhioni scuri le risposi:
- “Sorellina, abbiamo già fatte troppe rinunce… Tu studierai, e dovrai pensare solo a quello…”.
Le nostre mani si unirono in un intreccio “dita-tra-dita”, ci stringemmo forte quasi a farci male, e poi, per qualche istante Giorgia non disse altro…
Era pensierosa, e infatti dopo poco riprese:
- “Marco, tu sai cosa vorrei fare, ma così dovremo stare lontani… Tu a lavorare, io a studiare! Non è mai successa una cosa del genere in tutta la nostra vita… No, non mi piace!”.
Mi sentii addolorato da quelle parole, che sebbene celassero un grande amore di mia sorella per me, una “necessità” morbosa anche da parte sua (e di questo ne sarei dovuto essere orgoglioso), potevano significare l’ennesima rinuncia a cui avremmo dovuto sottostare… Giorgia, non meritava tutto questo, anzi io dovevo facilitarle le cose, essendo il fratello più grande…
Tentai di farla ragionare:
- “Giorgia, vedrai che non cambierà nulla…”.
Ma lei fu irremovibile:
- “Eccome se cambierà!! Non farmici pensare… Tu qui, ed io dall’altra parte del mondo… Ricordi quanto abbiamo lottato per essere una cosa sola? No, fine del sogno!”, replicò.

I successivi furono giorni in cui non seppi che fare… Più ci pensavo e più mi sentivo aggrovigliato in proposte fallimentari.
Finchè, all’improvviso, mi balenò in mente un’idea che poteva salvare ogni cosa…
Mi domandai:
- “E se riprendessi gli studi? Anche se io non dovessi riuscire, lei invece è proprio una bella testolina…”.
Così, mentre lei stava preparando la cena, corsi da mia sorella e tutto trionfante le feci:
- “Ho trovato la soluzione!”.
Giorgia non ci pensava già più, aveva archiviato tutto, e quindi mi guardò confusa e scherzando mi interrogò:
- “E chi sei, Archimede Pitagorico?”.
Le dissi:
- “No, ma ho trovato la soluzione giusta per noi due! Farai l’università, e io mi iscriverò con te…”.

Alla fine, la nostra scelta cadde sugli studi umanistici, e insieme (io a 24 anni suonati) ci immatricolammo alla Facoltà di Lettere, per provare a diventare archeologi.

2. Un anno di intense soddisfazioni.

Fatta la scelta, fin dal primo anno di corso ci buttammo a capofitto nello studio, a casa, in aula, e superammo tutti gli esami brillantemente… Il tutto, intervallato dalle consuete giornate a tutto sesso a suggellare i risultati raggiunti.
A lezione, però, era più forte di noi, e non fummo mai capaci di occupare posti lontani l’uno dall’altra, tanto che, se non c’erano disponibili due postazioni contigue, ci mettevamo alla ricerca di qualsiasi spazio libero in cui poter stare stretti come in un baccello.
I primi tempi, nessuno ci fece caso più di tanto, ma poi – con l’approfondirsi dei rapporti con colleghi e docenti – si chiarì a tutti quel “mistero”… Dovemmo spiegare, per non generare ulteriori ambiguità, prima il nostro “status” di fratello e sorella, e poi anche che ci nutrivamo reciprocamente in una relazione incestuosa.
Così, ogni volta che incrociavamo dei capannelli di studenti, vedevamo – con un misto di disappunto e orgoglio – che sottovoce eravamo additati come lo "scandalo dell’Università", benché molti avrebbero voluto essere al nostro posto...
Ovviamente, noi tiravamo dritto per la nostra strada – dopo tutto quello che avevamo passato, non erano delle malelingue che potevano fermarci –, ma più passava il tempo e più vedevamo nei nostri confronti ammiccamenti come se volessero chiederci qualcosa.
Finì che ragazzi e ragazze si "innamorarono" della nostra esperienza, e vollero partecipare - coppie o singoli/e, a casa nostra o altrove - a dei momenti di sesso "estremo"...

3. C'e sempre una prima volta.

La nostra condotta di vita divenne quindi un “modello” per molti, e arrivò anche alle orecchie di diversi docenti.

Sicché, un giorno Giorgia – che era idolatrata per la sua vivace bellezza – si trovò da sola, e a margine di una lezione fu avvicinata dal professore che ammiccante le chiese:
- "Buongiorno signorina... Allora, come va lo studio?".
E calcò sfacciatamente la voce sulla parola “studio” in modo inequivocabile…
Mia sorella restò un attimo sorpresa da quella domanda, e così il docente la sollecitò:
- “Oggi sarò in Facoltà fino alle 18, mi venga a trovare... nel mio studio, di fronte alla biblioteca”.
Quell'ultima frase suonò così indiscutibile che Giorgia non ebbe il coraggio di rifiutarsi, anche perché si trattava di colui che l'avrebbe dovuta giudicare per il suo profitto...
Cosi, mi chiamò e mi diede la notizia. La sentii in agitazione, ma per non metterle addosso altro stress non volli sapere altro.

All'ora concordata, puntuale, la mia dolce metà si trovò al cospetto del suo insegnante: un uomo cinquantenne, alto circa 1 metro e 70, capelli corti e brizzolati sulle tempie, occhi azzurri e occhiali neri e spessi, un ventre fin troppo evidente, e vestito in giacca e cravatta. Insomma, l’ideale del professore universitario...
Erano seduti l'uno di fronte all'altro, e Giorgia cercò di rilassarsi. Si impegnò per dimostrare tutta la sua buona volontà nello studio, e quando ebbero finito e lei stava per andarsene, lui le si portò alle spalle e fece per trattenerla.
La mia piccolina temette per il peggio, ma quell'uomo precisò:
- "Non avere paura, non ti voglio fare del male, voglio solo ciò che hai dato a tanti qua dentro". E le strizzò di nuovo l'occhio...
Poi, tutte e due le grosse mani dell’uomo scesero giù fino ad artigliare i suoi fianchi, e qualcosa dentro mia sorella le generò come una sorta di strana frenesia...
Decise che avrebbe fatto sesso con quel maschio... Gli chiese:
- “Cosa vuole da me?”
Il professore non disse nulla, ma le girò intorno e le si mise davanti cominciando a palparla in ogni posto…
Le prese una mano tra la sua e la appoggiò alla patta dei suoi pantaloni, così che sentisse la potenza del suo uccello.
A un certo momento, Giorgia sembrò scuotersi da quel torpore e pensò tra di sé:
- "Dio mio, cosa sto facendo! Marco si vergognerebbe a vedermi così...".

Tutto quello che stava subendo passivamente le faceva schifo, ma non riusciva a smettere, e anzi adesso era lei a voler andare avanti.
Lo lasciò fare, e lui le fece scivolare una mano sotto al vestito, andando a prendersi le sue tette, già allora molto ben sviluppate.
Era eccitato, il prof, e cominciò a calarsi i pantaloni, mettendo fuori un cazzo di discrete dimensioni.
Ormai era chiaro cosa voleva – o almeno lo sembrò alla mia sorellina – e così Giorgia cominciò a fargli un pompino dei suoi, quei pompini da resuscitare i morti, che in pochi mesi l'avevano resa famosa tra i colleghi di università.

Nel frattempo, lui continuò a esplorare le sue mammelle, e dopo un pò le disse:
- "Vedo che ti piace, ma adesso lascialo... e alzati in piedi!".
Le tirò via il vestito, le abbassò quasi religiosamente le mutandine, le indicò il tavolo, e la fece coricare supina spalancandole infine le gambe…
In quello stato, la mia sorellina si vergognò da morire, e stava per scoppiare in lacrime, tanto non si era mai mostrata così ad un estraneo, completamente nuda.
Allora, istintivamente tentò di stringere le cosce per proteggersi, ma lui – forzandola – gliele riaprì di nuovo, fermandosi poi a guardare con attenzione quella passerina, assai pelosa e sempre da me ben curata.
Giorgia lo implorò:
- "La supplico, professore, non ho mai giocato senza mio fratello... È la prima volta... da sola...".
L'uomo maturo non riuscì a trattenersi, e si mise a ridere:
- "Quel porco sarebbe da denuncia, non dovrebbe toccarti... E comunque sia, ora ti faccio sentire come può possederti un vero maschio...".
Detto ciò, le schiuse la sua giovane e tenera vagina come se fosse una vongola, e – stuzzicando senza pietà il clitoride – introdusse prima un dito, poi due e infine tre dentro la sacca…
Come assorto tra sé e sé disse:
- "Che puttanella... Però, tuo fratello ha fatto proprio un buon lavoro...".
Mia sorella, grazie a quella “terapia”, iniziò a gemere senza più alcun ritegno, fin quando non ebbe il primo orgasmo, squirtò come era sua abitudine, e quel maiale fu lesto a raccogliere e “bere” tutti i suoi umori…
Sazio infine di quella prelibatezza, si abbassò i pantaloni e avvicinò il pisello alla "finestrella magica" della mia femmina, lo strusciò su e giù lungo la fessura, e vi entrò dentro, come una lama rovente nel burro…
Prese a scoparla con ostinazione per alcuni minuti, stringendole il bacino fino a farle male, e – non riuscendo ad allontanarsi in tempo, anche grazie al fatto che Giorgia gli aveva stretto i lombi con le sue gambe – le venne dentro...
Subito dopo, venne anche lei, con il professore che le urlò in faccia, sconvolto da uno slancio incontrollabile:
- "Sei una troia…".
Per fortuna che aveva messo il preservativo!

Quando finalmente quel disgraziato ebbe finito di fare i suoi comodi, Giorgia – ripresasi da quello stato di eccitazione ma ancora spaventata – si rivestì, raccolse precipitosamente le sue cose, e uscì di corsa da quella stanza degli orrori.

Tornò senza indugio da me, e nel tragitto più ripensava a quella brutta avventura e più si sentiva "sporca", sentiva dentro il suo animo di essere una vera puttana, per avermi tradito!
Accoccolata teneramente al mio fianco, mi raccontò tutto, nei dettagli, ed io cercai di tranquillizzarla:
-"Vita mia, sono io che ti chiedo perdono per averti lasciata sola in quest'incubo... Ma non avere paura, il nostro amore è forte, inattaccabile, ed è ciò che importa".
Lei, però, non si diede pace finché non trovò il modo di "risarcirmi" a modo suo...

E infatti, un giorno, in Facoltà incontrai Nadia, una ragazza che era diventata nostra particolare compagna di "studi".
Mia sorella sapeva bene che io avevo un debole per lei, ma niente di che...
Fingendo di avere un impegno improvviso, ci lasciò soli, e la ragazza fu pronta a tessere la sua tela, attirandomi in trappola.

Rincretinito da quella situazione così inattesa, mi lasciai prendere per mano e condurmi da questa fantastica creatura ai bagni dell'ultimo piano – che io nemmeno conoscevo, ma Nadia dimostrò di conoscere molto bene: evidentemente, era un pò la sua garconniere –, dove entrammo cautamente, dopo di che Nadia accostò la porta...
Avevo finalmente capito cosa eravamo venuti a fare, e così feci per chiudere l’uscio, ma lei prontamente la riaccostò e con un sorrisino pungente mi disse:
- "Così è più eccitante... Sapere che qualcuno può capitare all'improvviso...".
Poi, andò spedita verso i lavandini che si trovavano di fronte alle porte dei water, vi si appoggiò a braccia tese, e si alzò la minigonna, mostrandomi il suo culo nudo – non aveva biancheria intima – e allargandosi oscenamente le chiappe...
Aveva un buco del culo che non era certamente illibato, ma non era neanche messo male...
Si voltò per guardarmi:
- "Ti va bene o vuoi la via principale?".
Era parecchio che non sodomizzavo un bel culo, e così decisi di darmi da fare: presi la boccetta del sapone liquido che si trovava sul lavandino, e iniziai a lubrificare quell'orifizio che cominciava a piacermi così tanto.
Mi slacciai la cintura, e immediatamente i pantaloni finirono alle mie caviglie...
Nadia era divertita, tanto che sfacciata mi disse:
- "Vedo che anche a te piace far respirare il pesce!".
Alludeva, com'era evidente, al fatto che non portassi le mutande...
Ma io ero troppo concentrato sul suo "lato b" per risponderle, mi sputai sul palmo di una mano un po' di saliva, e da lì mi lubrificai un altro pò anche la cappella...
La sentii spazientirsi, fino quasi a grugnire dal desiderio:
- "Forza, tappami questo benedetto buco, non vedo l'ora che mi sciacqui le budella...".
Spronato da quella troia da bordello, le appoggiai il glande sullo sfintere ed entrai.
Nadia urlò con quanto fiato aveva in gola, perché gli bruciava e forse anche perché il mio attrezzo necessita di una certa assuefazione per via della larghezza...
Aveva dentro solo i tre quarti della cappella, così uscii del tutto e poi rientrai; e uscii di nuovo, fino a che lei non si decise ad "aiutarmi" usando i muscoli dell’ano, come quando si fa la cacca: finalmente, ero dentro il suo intestino...
La abbandonai ancora per un istante, e poi glielo inserii ancora una volta, ma stavolta repentinamente tutto d'un fiato, senza fermarmi, fino ai testicoli, gonfi in maniera incredibile.
Cominciai a stantuffarla, e ad ogni colpo sentivo che lo sfintere e il retto cedevano un pò di più, finché i suoi sospiri di piacere non cessarono e venne scossa da un orgasmo clamoroso ed io – stringendola a me all'altezza del ventre – le sborrai a mitraglia nel canale...

Dopo più di un'ora, fui di nuovo – stravolto e stanco – al piano terra. Cercai Giorgia, ma lei non era più lì...
Allora, feci immediatamente ritorno a casa, dove la trovai ad aspettarmi.
Per quello che avevo fatto, non ebbi il coraggio di guardarla in faccia per un bel pò, e cominciai a gironzolare nervosamente per le stanze.
Da quando eravamo nati non ci eravamo mai tenuti nascosto nulla, e adesso sentii di avere dentro un peso insopportabile che dovevo per forza dividere con lei, anche perché quel giorno mia sorella mi aveva visto con Nadia e poi nulla più...
Per delicatezza, credo, vedendomi in quello stato, non mi domandò nulla… Andai perciò risoluto da lei, e le rimasi fermo in piedi a pochi passi; poi, la presi per mano e – senza darle spiegazioni – la portai di corsa nella nostra "tana", dove avevamo sempre affrontato ogni difficoltà: il lettone.
Giorgia capì allora che era una cosa seria… Ci spogliammo, e memore di quella frase – "In una coppia, i problemi si risolvono sotto le lenzuola” – che avevo sentito dire non so più da chi tanti anni prima, ci abbandonammo l'uno nelle braccia dell'altra.
La guardai negli occhi, e poi mi gettai con il viso tra le sue morbide e abbondanti tette, sul suo cuore grande che ero sicuro mi avrebbe capito.
Le dissi:
- "Amore mio... Forse ha ragione quel prof quando ti ha detto che non ti merito... Oggi, in tua assenza, non mi sono fatto scrupoli… E ho inculato Nadia...".
Glielo dissi tutto d’un fiato, e poi piansi disperato calde lacrime, che finirono sui grossi capezzoli di mia sorella facendoli brillare sotto i raggi del sole al tramonto.
Mi lasciai travolgere dalla disperazione, e dopo un pò ripresi:
- "Sono un disgraziato! Tutte le promesse che ci siamo fatti in questi anni... Dove sono finite? Tu, ti sei trovata senza volerlo tra le grinfie di quel porco, ma io? Io potevo resistere, Nadia non aveva nessuna arma di ricatto... Ti chiedo perdono, amore mio, ma non te ne vorrò se deciderai di chiudere la nostra storia...".

Giorgia, diversamente da come avrei pensato, non era arrabbiata o offesa... Mi guardò sbalordita, e la vidi con una grande serenità negli occhi, mentre si guardava il petto umido.
Infine, mi studiò compassionevolmente, e carezzandomi la nuca iniziò a parlare:
- "Sai Marco, queste lacrime sono il dono più bello che potevi farmi... Più di un anello di brillanti… Hanno bagnato il mio seno come mai la tua saliva avrebbe potuto fare... Sono il nostro anello di fidanzamento ufficiale”, mi disse raggiante, “… Dopo quattro anni di convivenza!”.
E ancora:
- “Vedi, caro, quello che ti è successo è stata opera mia... Sì, perché ho chiesto io a Nadia di ricompensarti del mio sbaglio... E ancora una volta ho sbagliato...".

Questa volta fu lei a piangere, e i suoi copiosi lucciconi amari si unirono ai miei. Li vidi scendere, ad uno ad uno, e sostare sulla sua pelliccetta che adoravo più di ogni altra cosa.
Mi venne di pensare, ad alta voce:
- "Guarda, le nostre lacrime sembra che vogliano rendersi irriconoscibili le une dalle altre, e mimetizzarsi agli estranei, per nascondersi nella parte più sacra che abbiamo...".
Per l'ennesima volta, Giorgia mi sorrise placidamente, mi prese le mani portandosele sul petto, e mi disse:
- "Lo vedi? Se loro (le lacrime) vogliono restare unite, perché dovremo separarci noi due? Noi, che abbiamo un senso compiuto solo se stiamo insieme? Vedi, anche fare sesso ognuno per conto proprio non ci riesce bene... Su, dimentichiamo tutto, e torniamo a rendere unici i nostri corpi e i nostri cuori...".

E felici di aver ricomposto quella frattura così surreale, ci addormentammo...

4. Docenti e discenti.

Dopo quell’episodio che poteva dividerci per sempre e che invece cementò ancora di più la nostra relazione, l’anno accademico procedette senza ulteriori scossoni, fermo restando che le nostre attività “ludiche”, con altri maschi e altre femmine, non risentirono minimamente del precedente “incidente”.

Ma un giorno di fine inverno, mentre si preparava la sessione di scavo primaverile, fummo contattati da una nostra insegnante, la professoressa Gertrud che – mentre ci aiutava a preparare una tesina – ci disse, senza mezzi termini:
- “Ragazzi, ma lo sapete che siete proprio una bellissima coppia? Qui in università, non si parla d’altro, girano certe voci su di voi… Eh, se fossi più giovane di almeno 20 anni…”.
Giorgia ed io ci guardammo, e poi la mia sorellina, con un timido sorriso nei confronti della prof provò a consolarla:
- “Ma che dice professoressa… Lei, alla sua età… E’ una bellissima donna…”.
Poi si accorse di aver fatto una gaffe madornale, e che in pratica le aveva dato della vecchia. Così, cercò di rimediare anche a questo:
- “Ehm… Sì, insomma… Ma lo sa che mi piace proprio?”.
Ed io, per sostenere il suo tentativo di riparare al danno fatto, confermai:
- “Se non fosse che sicuramente ha un uomo, me la sposerei!”.
Forse, esagerai un pò, ma la docente – rinfrancata e cosciente di aver stabilito con noi una certa intimità – ci confidò che aveva saputo della nostra storia di fratello e sorella, e che se volevamo le avrebbe fatto molto piacere di “approfondire” insieme certe situazioni durante le nostre “sedute di studio” (in ambiente accademico, erano conosciuti così i nostri incontri).
Lì per lì, cercammo di negare tutto, di sviare, ma quando lei ci parlò con discrezione di particolari molto “intimi” che poteva conoscere solo chi ci aveva conosciuti da vicino, allora capimmo che non avevamo vie d’uscita.
Le proponemmo un “meeting” a quattro (immaginavamo, come già accennato che fosse sposata), ma lei ci stoppò e disse:
- “Un momento, ragazzi… Non sono sposata ne accompagnata, perciò non c’è un altro uomo… E non vi offendete, ma io sarei interessata a te… Giorgia…”.
Solo allora capimmo, piano piano, che la professoressa Gertrud era una donna omosessuale; e oltretutto, dopo l’esperienza con quel porco, Giorgia non voleva più sentir parlare di incontri con singoli, uomini o donne che fossero.
D’altronde, non avrebbe nemmeno mai accettato che io svolgessi verso di lei il ruolo di “cuck”: io ero etero, maschio al cento per cento, e la mia sorellina ne era orgogliosissima…
Così, per salvare “capra e cavoli”, la signora Gertrud ci propose:
- “ E se portassi una collega etero?”.
A quell’idea, Giorgia si mostrò più possibilista, e senza pensarci un istante rispose:
- “Allora è fatta… Deve sapere che mio fratello è il mio primo pensiero… E poi, patti chiari: si fa tutto in una stanza…”.

Ad ogni modo, chiedemmo un pò di tempo per riflettere, anche perché quella sarebbe stata la prima esperienza saffica di mia sorella, ma alla fine l'affare fu concluso, con la scelta di una location che venne individuata dalla docente in una soffitta dismessa del Dipartimento di Archeologia, uno stanzone bello grande che per l’occasione attrezzammo con un tavolato su cui disponemmo dei soffici materassi…

Restammo inoltre d’accordo che, il giorno dell’appuntamento, io e Giorgia ci saremmo recati autonomamente in quell’ambiente sconosciuto, in attesa delle due donne.
Eravamo elettrizzati, e quando sentimmo aprirsi la porta, avemmo come un sussulto, timorosi di essere stati scoperti e che tutto sarebbe andato a monte. Invece…

Per prima, a fare gli onori di casa, entrò la nostra professoressa teutonica, 55 anni, alta 1,73 per 60 kg, capelli corti rossi e ricci raccolti in una coda molto contenuta, un viso tondeggiante, e con indosso un abitino a tunica che le scendeva “appeso” sul suo fisico quasi anoressico.
Come farebbero due ragazzine, teneva per mano – dietro di sé – l'altra, che ci presentò immediatamente:
- "Ciao ragazzi, lei è Manola...".
Fece un passo avanti verso di noi, sempre legata alla sconosciuta, e sghignazzando sottovoce, con fare quasi cospiratorio, soggiunse:
- "È la tua porcellina, Marco!".
Anche lei era un'insegnante della Facoltà: spagnola di 49 anni, alta 1 metro e 60 per 75 kg, capelli biondi tinti, occhi castani e abbastanza formosa.
Nonostante le sue rotondità, portava dei jeans molto attillati, che “disegnavano” la presenza – sotto i pantaloni – di un perizoma ridottissimo.
Sopra, invece, stretto in vita da una cinta di pelle, un camicione le scendeva giù fino al ginocchio, e faceva intravvedere un comunissimo reggiseno.

5. La scoperta di Saffo...

Quella sarebbe stata la prima volta di Giorgia con una donna omosessuale – ed io sperai ardentemente che si concretizzasse in una maniera indimenticabile per lei –, mentre io avrei "giocato" per la prima volta con una donna matura, molto più grande di me...

La professoressa Gertrud non era una bellezza da far perdere la testa, ma nel suo modo di camminare affascinava chiunque la osservasse, uomini o donne, senza distinzioni. E Giorgia, fino ad allora, si era sempre considerata una etero assoluta.
Inoltre, fin da subito, quella femmina si rivelò un "animale da sesso”, pronto a cogliere la benché minima occasione per godersi la vita.
A un certo punto, senza preavviso, Gertrud si approssimò a mia sorella, e lei le fece capire che la cosa non la disturbava affatto; anzi, quella situazione così inebriante la solleticava e non poco.
Aveva delle mani molto ben curate, con cui le sfiorò il viso, e
subito dopo la baciò, ungendole le labbra con la saliva, e Giorgia si eccitò talmente tanto a sentirsi “penetrare” da quella lingua che pareva uno scivoloso serpentello, che non riuscì a contenersi.
Cominciò, pertanto, a rispondere a quei baci, e anche se non aveva mai appoggiato le sue labbra su quella di un essere femminile, quella meravigliosa sensazione le piacque fin da subito.
La sua bocca e il suo corpo morbido – come non sarebbe mai potuto essere quello di un maschio –, le sue tette che strusciarono contro quelle floride di mia sorella, e le due lingue che si prendevano e si annodavano tra di loro, fecero il resto...

Quel giorno Giorgia aveva messo un completino nuovo, elegante ma molto pratico, comprato apposta per l'occasione, fatto di una camicia di seta bianca semitrasparente – che si abbinava bene alla sua carnagione lattea – e un gonnellino svasato di jeans, che le copriva a malapena l’inguine lasciando scoperte le sue magnifiche coscione.

Gertrud, non rimase indifferente a quell’abbigliamento, e la spinse lentamente all’indietro in modo da “stenderla” sui materassi.
La donna era già su di giri, le slacciò tutti i bottoni della camicia e poi le fece uscire dal reggiseno le sue ridondanti mammelle, toste e dure, che guizzarono come caprioli in mezzo ai prati.
Mia sorella si sentì agitata, poiché non sapeva fino a che punto l'altra realmente volesse arrivare... Le aveva infatti già succhiato i lembi terminali delle orecchie, addentato il collo, massaggiato le tette, e adesso si stava addentrando, inesorabile, lungo il tronco.
Era arrivata alle profondità dell’ombelico, e Giorgia a questo punto aveva cercato di fermarla semplicemente con dei misurati lamenti.
Ma Gertrud che era sopra di lei, le fece sentire tutto il peso del suo corpo, e a quelle lagnanze della giovinetta si fermò subito, ritornò su sino al viso, e – poggiandole delicatamente un dito in senso trasversale sulle labbra – le sussurrò:
- "Lasciati andare, lascia fare a me, chiudi gli occhi e non pensare a niente...".

La prof le sfilò del tutto, dalle braccia cicciotte, la camicetta e il reggiseno, e si accorse che Giorgia aveva un piccolo tatuaggio proprio intorno all'areola del seno sinistro.
Incuriosita, si avvicinò e si mise a leggere quello che c'era scritto, scandendo bene le parole:
"PER-SEMPRE-TUA".
Poi le disse:
- "È per lui, vero?", e voltando la testa mi indicò con una malcelata gelosia.
Mia sorella, mi sorrise, e poi rispose a Gertrud:
- "Sì... Siamo nati l'uno per l'altra, viviamo l’uno per l’altra".
La donna, allora, le diede un pizzicotto sulla guancia e replicò risoluta:
- "Da adesso sarai solo mia!".
Poi ridiscese a baciare la pancetta grassottella della mia ragazzina, intorno all’ombelico, mentre io cominciavo a fremere, poiché stava per raggiungere il punto che – moralmente – ritenevo essere tutto per me.
Le slacciò il gonnellino e glielo tirò lungo le gambe, fino a sfilarglielo dai piedi, e lo stesso fece con le mutandine, che abbassò in un sol colpo.
Messa completamente a nudo, prese a palpeggiarle i fianchi pingui, percorse con le due mani cosce, ginocchia, gambe, polpacci e caviglie, fino a giungere ai suoi piedini, che svestì dello stivaletto “da troia” che le avevo suggerito di indossare…
Dal basso in alto, la guardò e poi risalì a leccarle la passerina…
Giorgia si stava eccitando – cerebralmente, oltre che fisicamente – sempre di più, e non poté fare a meno di riaprire gli occhi e guardare mentre un'altra donna le stava dando piacere, un grande piacere, proprio lì dove finora erano arrivati solo cazzi.
Sospirò, sempre più concitatamente, poi iniziò ad unire le sue mani a quelle di Gertrud nel centro del suo piacere, e disse:
- “Non fermarti… Stò troppo bene…”.
La prof la baciò per un tempo che sia a me che a Giorgia parve infinito, fin tanto che la mia sorellina non esplose in un orgasmo spettacolare; e anche allora, la tedesca continuò a baciarle quel monte di venere che era una foresta nera e a leccarla tra le labbra fin su sul cappuccetto e sulla punta del suo bottoncino ormai durissimo…
Le procurò infinite eiaculazioni a quella troia in calore, tanto che quando si staccò dalle sue carni arrossate, mia sorella non era quasi in grado di intendere e volere, con il cuore che le batteva a mille dentro il petto, che si sollevava e si abbassava come fosse vittima di un terremoto.

Toccava ora alla mia puttanella essere più attiva, e infatti – pur provata – con un movimento repentino e una forza che non avrei mai immaginato potesse avere, si liberò dalla presa di Gertrud e la ribaltò, schienandola a pancia in su...
Concitatamente, cominciò ad arrotolare il vestitino assolutamente pudico che indossava sul suo fisico filiforme, tanto che si ritrovò a considerare:
- "Stai a vedere che la mia prima volta dovrà essere con un attaccapanni!".
Ad ogni modo, in breve la tunica della prof era risalita fin sotto al collo, e agli occhi bramosi di piacere di Giorgia erano apparse due tette – una terza – leggermente cadenti ma belle da toccare, con delle areole sottili e scure, e due capezzoli grossi e carnosi.
La mia piccola, già smaliziata, si dovette ricredere del suo pensiero, e cominciò a divertirsi con quelle pere che avrebbero fatto senso a molti uomini (lo confesso: quando le vidi per la prima volta, mi venne subito una smorfia di nausea); le soppesò tra le mani – afferrandole quei chiodi che nel frattempo si erano andati consolidando –, le sbattè giocosamente l'una contro l'altra, e infine se le prese tutte in bocca...
Gertrud, vedendo tutto l'impegno che ci stava mettendo, e pensando a quanto avrebbe desiderato offrirle qualcosa di meglio, ma che questo era tutto ciò che aveva, si rattristò:
- "Certo che tu mi hai offerto di meglio, molto meglio...".
Mia sorella, però, non ci fece caso, e badò solamente a ciò che stava facendo, a sollazzarla, ricambiando le sensazioni divine che prima la prof aveva regalato a lei.
In fondo, anche Giorgia si stava di nuovo eccitando!
E infatti, abbandonò la presa delle tette per scendere su due fianchi davvero esili, quasi impressionanti; li accarezzò, “gustando” sotto i polpastrelli delle sue manine tutte le ossa del bacino, per passare poi su quella pancia più che piatta, anzi quasi concava verso l'interno...

Invece, il punto forte della donna matura era il suo "lato b", un sederino a mandolino, un'opera d'arte con delle natiche strette che non passarono certo inosservati a mia sorella.
Per “farlo suo”, Giorgia afferrò Gertrud per un polso e la rigirò facendola sistemare alla pecorina...
Le disse:
- "Rilassati, vedrai che ti piacerà... Marco me lo fa sempre!".
Dopo di che, si attaccò a ventosa con le mani sulle chiappe e... Come in un flashback, ripensò a quando e quanto io la facevo godere dedicandomi al suo culotto pieno, e volle riservare lo stesso "servizietto" alla sua insegnante...
Benché sfuggenti, riuscì ad allargare le natiche – come si farebbe con le due metà di una pesca –, abbassò il viso fino ad incontrare il solco tra le due, e cacciò fuori la lingua.
A pochi centimetri dallo sfintere della femmina, prese fiato, e senza indugiare oltre affondò come una spada in quel rosone che doveva essere già stato frequentato.
Gertrud, che non si aspettava una simile profanazione, ebbe un fremito, tremò tutta, e infine squirtò una gran quantità di succo dalla vagina...
Giorgia assistette a tutto quello spettacolo, e – non volendo perdersi una tale bontà – veloce si insinuò tra le gambe della sua nuova amica di porcate. Lì, era perfettamente a suo agio, con una visuale perfetta su di un pelo davvero invitante, bello curato come era il suo, insomma da far girare la testa...
Gertrud, reclinò lo sguardo verso la ragazza, e le due capirono che oramai era tutto finito.
La più anziana, accarezzò il volto di mia sorella... Poi, lamentandosi di avere tutto il ventre dolorante dalle molteplici contrazioni, mormorò:
- "Eh, non ho più l'età per queste cose... Ma sei stata bravissima, mi hai fatta sentire di nuovo una ragazzina...".

Rimasero così a bearsi, ansimanti, sul materasso, fin tanto che esauste chiusero gli occhi per un meritato riposo...

FINE I PARTE.
 

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