CAPITOLO 13
Sento il freddo suono acustico di un tasto della macchinetta, e un istante dopo mi arrivano gli impulsi. Una pioggia di impulsi elettrici scaricarsi sul mio corpo, contemporaneamente, a intervalli regolari di circa un secondo. Sono come punture che provocano un dolore acuto e improvviso, che sparisce subito dopo, per poi tornare all'impulso successivo. Mi fanno male, soprattutto quelli sul seno. Sento il mio corpo sobbalzare ad ogni scossa, e mi manca il respiro. Mi sento una vera e propria cavia da laboratorio; ad ogni scossa mi esce spontaneamente un gemito, soffocato dal nastro sopra le labbra, che si mescola ai cigolii del divanetto ligneo. Quei pochi secondi mi paiono un'eternità, e sembrano non finire mai.
Dopo qualche istante, finalmente, sento un suono proveniente dalla macchinetta, e gli impulsi cessano all'improvviso. Sono sconvolta.
"Splendida!", esclama Oriano, pieno di entusiasmo e soddisfazione; "Sei stata splendida, Sofia!", mentre io non riesco a fare altro che cercare di riprendere fiato, con profondi respiri; mi sembra di aver corso per lunghissimi chilometri, e sento i polmoni farmi male ogni volta che provo a riempirli di aria. Mi viene da piangere, e vorrei scappare da lì immediatamente, ma mi mancano le forze; mi sento sfinita e svuotata, come se quei pochi secondi fossero stati un'ora di corsa sotto il sole.
"Avrei voluto guardarti per ore, piccolina..." esclama poi Oriano, mettendomi una mano sul ventre e seguendomi il respiro. "Brava, così.. riprendi fiato..." ripete più volte, mentre la stanza è satura dei miei deboli gemiti e del mio respiro affaticato. Giro il volto guardando Oriano, come a supplicarlo di togliermi quegli affari e slegarmi subito da li, ma non riesco a fare altro se non cercare di recuperare quell'aria che mi era stata tolta.
"Aspetta, aspetta... torno subito..." dichiara Oriano, alzandosi e dirigendosi fuori dalla stanza. Provo a fare dei respiri profondi, ma mi si bloccano a metà a causa del dolore; è come se mi venisse una profonda fitta ai polmoni non appena provo a inspirare profondamente, e sono costretta a fare tanti piccoli sospiri per compensare la mancanza di ossigeno. E' una sensazione orribile, fastidiosa. Raccolgo le forze, per provare a dirgli di slegarmi da quel divanetto, e di lasciarmi andare subito, ma non riesco a fare altro che dibattermi inutilmente, e lo sconforto comincia a farsi largo in me.
Oriano rientra e torna a sedersi, con una pezzuola bagnata che si affretta a passarmi sulla fronte. "Sei andata benissimo, brava" commenta soddisfatto, come se avesse raggiunto un importante traguardo. "Ecco... bagnamo un po'... ti darà sollievo...", prosegue, andando a passarmi la pezzuola su tutto il corpo, tamponando in corrispondenza dei punti sui quali ho adesi gli elettrodi. Ovviamente lo sento soffermarsi con particolare cura sul seno, ma sono talmente sfinita e concentrata sulla respirazione da non riuscire a reagire.
"Questo era solo un assaggio, piccola mia..." proclama poi, finendo di passarmi la pezzuola, e lasciandola cade a terra; "Un assaggio di pochi secondi e al livello di intensità alla scala 1...", prosegue, spostandomi una ciocca di capelli, con i miei gemiti ancora a far da sfondo a quella spiegazione. "Un giorno potremmo arrivare alla 5, e magari far durare la sessione un minuto intero, che ne dici?" aggiunge, compiaciuto.
Mi prende un colpo, e lo guardo spaventata sbarrando gli occhi. "Non vedo l'ora, mia cara... ma intanto dimmi, dopo questa prima sessione... come ti senti?", domanda compiaciuto. Sospiro rassegnata, e giro ancora la testa dalla parte opposta per non fargli leggere la mia tensione, ma sono terrorizzata dall'idea che voglia di nuovo sottopormi a quella tortura perversa, e stavolta non riesco a trattenere due lacrime. "...Interessante..." commenta lui, soddisfatto, recuperando da terra una tavoletta con la matita, e mettendosi comodo riprende a disegnare.
"Mentre recuperi le forze, mi do da fare con un altro bozzetto... tu non badare a me, e pensa a riprenderti, va bene?". Oriano è un folle; mi parla con modi affettuosi e gentili, totalmente in contrasto con quello che invece mi sta facendo. Mi sento affranta e rassegnata; mi sono cacciata in un guaio da cui non so come uscirne, e ho tanta paura. Quell'uomo che sembrava solo un eccentrico artista si sta rivelando essere un pericoloso vecchio perverso. Mi terrorizza l'idea che possa farmi del male, ora che sono nuda e senza forze.
Dopo qualche minuto sento che finalmente inizio a respirare quasi normalmente, ma la sola idea di rimanere li dentro ancora altro tempo mi mette un'angoscia indescrivibile.
Oriano appoggia la tavoletta e la matita al pavimento, volgendo sorridente lo sguardo verso di me. "Allora, vediamo un po'...", commenta soddisfatto, andando a controllare lo stato degli elettrodi ancora attaccati al mio corpo. "Vediamo se sono ancora tutti ben adesi, oppure se... hanno bisogno...", controllandoli tutti, uno per volta. Mi prende un altro attacco d'ansia; perché questo controllo? cos'ha in mente ancora?
"Bene... molto bene, mia cara..." esclama soddisfatto, per poi accarezzarmi ancora la fronte. Giro la testa, guardandolo negli occhi sperando di suscitare in lui una qualche sorta di pietà. "Hai capito che tra poco riprenderemo con un'altra sessione, bambina mia?" mi chiede, accarezzandomi quindi il viso. Lascio passare qualche istante, e gli faccio un leggero cenno di sì con la testa. "E hai paura?..." aggiunge, con voce tremante. Lo guardo facendogli un altro cenno con la testa, mentre altre due lacrime mi rigano il viso.
"Molto bene..." commenta lui, soddisfatto. Guardo il soffitto nel vuoto preparandomi a ciò che ho capito essere solo un crudele gioco sadico, quando Oriano riprende in mano la macchinetta. Appena sento i bip acustici capisco che sta per ricominciare per davvero, e cedo ad un tremolio incontrollato e gemiti di tensione. "Su, su, piccolina..." esorta lui compiaciuto. "Sei una ragazza giovane e sana, e il tuo corpo è così in forma... sono sicuro che saprai resistere senza troppi problemi ad un'altra sessione..." commenta trafficando con la macchinetta, pigiando i pulsanti. Il solo suono di quell'affare mi mette addosso il panico, e la stanza si riempie velocemente del suono dei miei flebili gemiti, mentre con una mano afferro il bracciolo di legno del divanetto e lo stringo, preparandomi a quel gioco perverso. Lui sorride un istante, prima di procedere; "Magari un pochino più forte, d'accordo?".
... continua...