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<blockquote data-quote="PigPedro" data-source="post: 18075498" data-attributes="member: 332903"><p>Ciao a tutti, grazie per le belle parole, sono contento che vi stia piacendo. Torno dopo qualche settimana perché tra le ferie e altri impegni non ho avuto tempo di continuare. Perché ovviamente la storia continua!</p><p>Vi pubblico ora la seconda puntata - inedita - che verrà pubblicata soltanto su Phica.net e in un unico post.</p><p>[automerge]1629824945[/automerge]</p><p>Sull’aereo di ritorno sembravamo tornati gli stessi di sempre: due colleghi che mal si sopportano. Nessuno dei due fece neppure un cenno a quanto avvenuto due sere prima. E in effetti anche il giorno dopo l’episodio nella mia camera d’albergo non accadde nulla, neppure uno scambio allusivo di sguardi. E se l’avessi soltanto immaginato? Se fosse stato soltanto un sogno notturno? Forse era stato l'averla immaginata col Vichingo, la gelosia immotivata, l’eccitazione, la sega sulle sue foto Instagram - anzi sull'unica foto dove non si vedesse anche la sua famiglia perfetta. Ero immerso in una confusione profonda, alimentata dalla sua indifferenza e dalla assoluta mancanza di riferimenti a quanto avvenuto.</p><p></p><p>Il breve volo partì in tarda mattinata e atterrammo nella nostra città per ora di pranzo. Essendo venerdì suggerii di andare a casa e prenderci la giornata libera, anche perché in ufficio non ci sarebbe stato nessuno: nella nostra azienda si faceva smart working ben prima della pandemia e il venerdì si lavorava solitamente da casa. “<em>Io devo passare comunque dall’ufficio a prendere delle cose prima di andare a casa, perché anche lunedì sono in smart</em>” - disse Valeria con tono piatto, come se stesse parlando con un’aspirapolvere. La solita stronzetta di sempre, si fa scopare, si fa venire dentro e poi è tutto come se niente fosse. “<em>Ok, mi fermo anche io in ufficio. Preferisco lavorare da lì oggi pomeriggio. E in ogni caso ho la moto parcheggiata lì davanti</em>” - dissi io cercando di essere il più freddo possibile. E salimmo entrambi sul taxi.</p><p></p><p>Confidando nella pudica copertura dei miei Ray-Ban e cercando di apparire distratto, sbirciavo di lato provando a identificare ogni piccolo movimento del suo corpo ma Valeria guardava fuori dal finestrino, come se né io né il tassista fossimo presenti. Nello scendere dal taxi il suo busto si incurvò in avanti evidenziando appena la curva del suo culetto e la mia mente andò istantaneamente al momento in cui lei era a pecora sul letto e si strusciava sulla mia faccia come un’invasata. Solo ricordando quella scena mi è sembrato di sentire ancora il profumo delicato della sua patatina, anche se ora la puttanella scatenata di due sere prima era tornata la donnina perfetta tutta casa e carriera. Ma in ascensore non abbiamo potuto fare a meno di trovarci davvero faccia a faccia a pochi centimetri di distanza.</p><p></p><p>“<em>Credo che appena entriamo in ufficio ti sbatto al muro e ti scopo di nuovo</em>” le dissi all'improvviso ma distrattamente mentre premevo il pulsante del nostro piano. “<em>Come l’altra sera?</em>” - chiese lei con naturalezza, come se le avessi chiesto l’orario - “<em>Sì, come l’altra sera</em>” - confermai io - “<em>Peccato</em> - continuò sbuffando - <em>avrei preferito ancora più forte</em>”. E mentre le feci cavallerescamente strada verso le porte dell’ascensore fermo al nostro piano, mi accarezzò sui pantaloni all’altezza del basso addome, dove il mio cazzo era di nuovo duro e pronto a trapanarla.</p><p></p><p>Piegata sul divanetto subito dietro la porta d’ingresso sembrava facesse parte integrante dello stesso mentre i trolley poggiati frettolosamente all’angolo fecero da spettatori non paganti dell’ennesima scopata rabbiosa tra me e Valeria, come se nessuno dei due conoscesse un modo meno irruente di fottere. Dio, quanto avrei voluto leccargliela di nuovo, ma la sua richiesta di scopare più forte della volta precedente mi annebbiò il cervello. Nell’alzarle il vestito quel tanto che bastava per ficcarglielo dentro sentii lo strappo di alcune cuciture ma non ci fece caso - o forse non le importava in quel momento. Ebbi appena il tempo di notare che questa volta indossava un perizoma, non particolarmente sottile, che glielo scostai di lato e mentre con una mano le allargavo le chiappe per vedere bene la sua fica, poggiai il cazzo duro e pulsante all’ingresso della sua intimità e fui di nuovo dentro di lei.</p><p></p><p>“<em>Cristo come mi riempi… ma cosa sei...</em>" - mi ripeteva continuamente mentre alternavo colpi veloci e superficiali a stantuffate più profonde e lente. Il suo corpo magro e delicato mi faceva percepire ogni microscopica venatura interna della sua patatina stretta ma accogliente. La mia cappella gliela allargava un po’ di più ad ogni colpo e i suoi mugolii soffocati sulla seduta imbottita del divanetto rosso mi facevano capire che la cosa le piaceva sul serio. Dopo alcuni minuti passati a scopare quasi senza respiro il mio cazzo scivolò fuori per via della sua fica ormai completamente fradicia e allargata. Il colpo successivo andò quasi a vuoto, ma puntò erroneamente al suo culetto mancandolo di pochi centimetri. “<em>Quello no, schifoso. Il culo non te lo do</em>” mi ammonì severamente mentre strusciando il mio glande rosso e ingrossato sugli umori della sua fica glielo rimettevo dentro. “<em>Nemmeno ci entra, zoccola</em> - le dissi con una voce che non sembrava nemmeno la mia - <em>è troppo stretto e te lo spaccherei</em>”. “<em>Hmmm si…ma continua a scoparmi la figa. Non fermarti</em>”.</p><p></p><p>Avrei voluto venirle dentro di nuovo e farcirla per bene, soprattutto in quella posizione da cagnetta mugolante, ma questa volta Valeria mi chiese con una punta di dolcezza “<em>Vienimi pure addosso, ma non dentro, per piacere</em>”. Sentirmi dire per piacere, con quel tono sensibile, per la prima volta dopo diverso tempo, ma mentre la stavo scopando a pelle, quasi mi intenerì e dovetti concentrarmi sui suoi fianchi ossuti, stretti saldamente dalle mie mani, e sul “<em>pat…pat</em>” del mio addome che sbatteva contro le sue terga per non perdere la carica rabbiosa. Ancora qualche colpo rapido e finalmente uscii ruggendo come un felino selvatico e sborrandole sulle chiappe, sulla schiena e - inevitabilmente - anche sull’abito ormai lacerato sul serio.</p><p></p><p>“<em>Non so cosa mi prende, non ho mai tradito mio marito prima d’ora! Ho avuto una vita tutt’altro che bacchettona da giovane, ma dopo il matrimonio ho chiuso il recinto. Almeno fino a ora.</em>” mi disse mentre si dava una rinfrescata seguita da un quantomai necessario cambio d’abito, ovviamente preso dal trolley. Presentarsi a casa con un vestito strappato su un lato fino all’altezza dell’inguine, per di più con evidentissimi schizzi di sperma, non le era sembrato un buon modo per annunciare al cornuto “<em>tesoro, sono tornata</em>”.</p><p></p><p>“<em>Ci vediamo martedì, buon weekend</em>” mi disse sorridente affacciandosi alla mia stanza. Da solo in ufficio riflettei a lungo se fosse una cosa corretta da fare, insomma una storia in ufficio è sempre rischiosa e richiede estrema attenzione. I dubbi furono spazzati via dalla consapevolezza di aver risvegliato una tigre dormiente, una bottiglia di ottimo vino rimasta a impolverarsi in una cantina finché non sono arrivato io casualmente a stapparla. E ora me la volevo gustare tutta, e perché no, magari condividere.</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="PigPedro, post: 18075498, member: 332903"] Ciao a tutti, grazie per le belle parole, sono contento che vi stia piacendo. Torno dopo qualche settimana perché tra le ferie e altri impegni non ho avuto tempo di continuare. Perché ovviamente la storia continua! Vi pubblico ora la seconda puntata - inedita - che verrà pubblicata soltanto su Phica.net e in un unico post. [automerge]1629824945[/automerge] Sull’aereo di ritorno sembravamo tornati gli stessi di sempre: due colleghi che mal si sopportano. Nessuno dei due fece neppure un cenno a quanto avvenuto due sere prima. E in effetti anche il giorno dopo l’episodio nella mia camera d’albergo non accadde nulla, neppure uno scambio allusivo di sguardi. E se l’avessi soltanto immaginato? Se fosse stato soltanto un sogno notturno? Forse era stato l'averla immaginata col Vichingo, la gelosia immotivata, l’eccitazione, la sega sulle sue foto Instagram - anzi sull'unica foto dove non si vedesse anche la sua famiglia perfetta. Ero immerso in una confusione profonda, alimentata dalla sua indifferenza e dalla assoluta mancanza di riferimenti a quanto avvenuto. Il breve volo partì in tarda mattinata e atterrammo nella nostra città per ora di pranzo. Essendo venerdì suggerii di andare a casa e prenderci la giornata libera, anche perché in ufficio non ci sarebbe stato nessuno: nella nostra azienda si faceva smart working ben prima della pandemia e il venerdì si lavorava solitamente da casa. “[I]Io devo passare comunque dall’ufficio a prendere delle cose prima di andare a casa, perché anche lunedì sono in smart[/I]” - disse Valeria con tono piatto, come se stesse parlando con un’aspirapolvere. La solita stronzetta di sempre, si fa scopare, si fa venire dentro e poi è tutto come se niente fosse. “[I]Ok, mi fermo anche io in ufficio. Preferisco lavorare da lì oggi pomeriggio. E in ogni caso ho la moto parcheggiata lì davanti[/I]” - dissi io cercando di essere il più freddo possibile. E salimmo entrambi sul taxi. Confidando nella pudica copertura dei miei Ray-Ban e cercando di apparire distratto, sbirciavo di lato provando a identificare ogni piccolo movimento del suo corpo ma Valeria guardava fuori dal finestrino, come se né io né il tassista fossimo presenti. Nello scendere dal taxi il suo busto si incurvò in avanti evidenziando appena la curva del suo culetto e la mia mente andò istantaneamente al momento in cui lei era a pecora sul letto e si strusciava sulla mia faccia come un’invasata. Solo ricordando quella scena mi è sembrato di sentire ancora il profumo delicato della sua patatina, anche se ora la puttanella scatenata di due sere prima era tornata la donnina perfetta tutta casa e carriera. Ma in ascensore non abbiamo potuto fare a meno di trovarci davvero faccia a faccia a pochi centimetri di distanza. “[I]Credo che appena entriamo in ufficio ti sbatto al muro e ti scopo di nuovo[/I]” le dissi all'improvviso ma distrattamente mentre premevo il pulsante del nostro piano. “[I]Come l’altra sera?[/I]” - chiese lei con naturalezza, come se le avessi chiesto l’orario - “[I]Sì, come l’altra sera[/I]” - confermai io - “[I]Peccato[/I] - continuò sbuffando - [I]avrei preferito ancora più forte[/I]”. E mentre le feci cavallerescamente strada verso le porte dell’ascensore fermo al nostro piano, mi accarezzò sui pantaloni all’altezza del basso addome, dove il mio cazzo era di nuovo duro e pronto a trapanarla. Piegata sul divanetto subito dietro la porta d’ingresso sembrava facesse parte integrante dello stesso mentre i trolley poggiati frettolosamente all’angolo fecero da spettatori non paganti dell’ennesima scopata rabbiosa tra me e Valeria, come se nessuno dei due conoscesse un modo meno irruente di fottere. Dio, quanto avrei voluto leccargliela di nuovo, ma la sua richiesta di scopare più forte della volta precedente mi annebbiò il cervello. Nell’alzarle il vestito quel tanto che bastava per ficcarglielo dentro sentii lo strappo di alcune cuciture ma non ci fece caso - o forse non le importava in quel momento. Ebbi appena il tempo di notare che questa volta indossava un perizoma, non particolarmente sottile, che glielo scostai di lato e mentre con una mano le allargavo le chiappe per vedere bene la sua fica, poggiai il cazzo duro e pulsante all’ingresso della sua intimità e fui di nuovo dentro di lei. “[I]Cristo come mi riempi… ma cosa sei...[/I]" - mi ripeteva continuamente mentre alternavo colpi veloci e superficiali a stantuffate più profonde e lente. Il suo corpo magro e delicato mi faceva percepire ogni microscopica venatura interna della sua patatina stretta ma accogliente. La mia cappella gliela allargava un po’ di più ad ogni colpo e i suoi mugolii soffocati sulla seduta imbottita del divanetto rosso mi facevano capire che la cosa le piaceva sul serio. Dopo alcuni minuti passati a scopare quasi senza respiro il mio cazzo scivolò fuori per via della sua fica ormai completamente fradicia e allargata. Il colpo successivo andò quasi a vuoto, ma puntò erroneamente al suo culetto mancandolo di pochi centimetri. “[I]Quello no, schifoso. Il culo non te lo do[/I]” mi ammonì severamente mentre strusciando il mio glande rosso e ingrossato sugli umori della sua fica glielo rimettevo dentro. “[I]Nemmeno ci entra, zoccola[/I] - le dissi con una voce che non sembrava nemmeno la mia - [I]è troppo stretto e te lo spaccherei[/I]”. “[I]Hmmm si…ma continua a scoparmi la figa. Non fermarti[/I]”. Avrei voluto venirle dentro di nuovo e farcirla per bene, soprattutto in quella posizione da cagnetta mugolante, ma questa volta Valeria mi chiese con una punta di dolcezza “[I]Vienimi pure addosso, ma non dentro, per piacere[/I]”. Sentirmi dire per piacere, con quel tono sensibile, per la prima volta dopo diverso tempo, ma mentre la stavo scopando a pelle, quasi mi intenerì e dovetti concentrarmi sui suoi fianchi ossuti, stretti saldamente dalle mie mani, e sul “[I]pat…pat[/I]” del mio addome che sbatteva contro le sue terga per non perdere la carica rabbiosa. Ancora qualche colpo rapido e finalmente uscii ruggendo come un felino selvatico e sborrandole sulle chiappe, sulla schiena e - inevitabilmente - anche sull’abito ormai lacerato sul serio. “[I]Non so cosa mi prende, non ho mai tradito mio marito prima d’ora! Ho avuto una vita tutt’altro che bacchettona da giovane, ma dopo il matrimonio ho chiuso il recinto. Almeno fino a ora.[/I]” mi disse mentre si dava una rinfrescata seguita da un quantomai necessario cambio d’abito, ovviamente preso dal trolley. Presentarsi a casa con un vestito strappato su un lato fino all’altezza dell’inguine, per di più con evidentissimi schizzi di sperma, non le era sembrato un buon modo per annunciare al cornuto “[I]tesoro, sono tornata[/I]”. “[I]Ci vediamo martedì, buon weekend[/I]” mi disse sorridente affacciandosi alla mia stanza. Da solo in ufficio riflettei a lungo se fosse una cosa corretta da fare, insomma una storia in ufficio è sempre rischiosa e richiede estrema attenzione. I dubbi furono spazzati via dalla consapevolezza di aver risvegliato una tigre dormiente, una bottiglia di ottimo vino rimasta a impolverarsi in una cantina finché non sono arrivato io casualmente a stapparla. E ora me la volevo gustare tutta, e perché no, magari condividere. [/QUOTE]
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