Racconto di fantasia UNA MOGLIE PERBENE: QUANDO LA VERGOGNA DIVENTA GODIMENTO (3)

D

Dave35

Guest
Il viaggio di Valentina è appena iniziato. Si lascerà guidare da Bernard verso un depravazione sempre più spinta?
*****​

Leonardo mi raccontò in seguito che quel gioco lo aveva eccitato e non poco e forse anche io, che avevo ballato senza ribellarmi, avevo provato lo stesso piacere. Mi aveva vista stretta accarezzata con mani che mi avevano sollevato la gonna al limite della decenza senza che io mi ribellassi.
Ed eccoci su quell’auto con Bernard che non smetteva di spiare le mie gambe.
Avevamo fatto ritorno all’albergo in completo silenzio. Nessuno disse una parola, nemmeno Bernard, che pure era sempre molto loquace.
La cosa mi tranquillizzò molto, tanto che pensavo che la serata fosse conclusa, che saremmo andati a riposare e che non avremmo più pensato a quello che era successo nel locale. Ero tranquilla, anche se quel ballo, quello stingersi a me di quegli sconosciuti, mi avevano reso nervosa ma anche fatto vergognare sentendo i loro cazzi appoggiarsi a me nella stretta del ballo. Spesso mi tornava in mente il contatto di quegli uomini, contatto che alla fine non mi era dispiaciuto e questo mi faceva paura e mi rendeva ancora più nervosa.
Avevo anche scoperto il sapore inconfondibile di un cazzo caraibico, un'esperienza che ancora rivive nei miei sensi. La sua sborra, calda e densa, era una sinfonia di dolce e salato che ha fatto vibrare il mio palato, mentre la sua possente verga mi ha avvolto, trasportandomi in un attimo su un turbinio di passione ed eccitazione. Quel meraviglioso pompino aveva inebriato la mia mente con irresistibile dolcezza, guidandomi in uno stato di delizioso abbandono.
Giunti davanti all’ingresso dell’albergo, Bernard si fermò, accese la luce all’interno della macchina e si girò verso di me.
Pensavo che stesse per scusarsi e poi andarsene, ma invece, senza preavviso, estrasse la sua macchina fotografica e scattò una mia foto. Ebbi un sobbalzo e istintivamente cercai di coprire le gambe, ormai totalmente scoperte, per quanto mi poteva permettere qual vestitino troppo corto.
Ricominciò a parlare e ebbe parole di ammirazione verso il mio corpo e di come stessi tanto bene vestita da troia. Sentii che il mio viso diventava di fuoco, nessuno mi aveva mai descritta in questo modo così volgare.
Eppure non riuscivo a definire questo mio rossore, sicuramente era vergogna, ma ero anche responsabile di me stessa e non avevo fatto nulla per evitare di sentirmi così.
“Una donna così dovrebbe sempre indossare abiti che mettono in risalto la tua sensualità: ho un posticino dove quando verrai ti rifaccio l’intero guardaroba da usare tutta la durata della vostra vacanza – fece una pausa con un sorriso stampato sulle labbra continuò – so che ti piace essere ammirata e stimolare i desideri degli uomini, da domani ti prometto che ti farò andare in giro vestita sempre da troia”.
Senza aspettare oltre, rimise in moto e ripartimmo, dicendo a mio marito che voleva dimostrargli quanto lui avesse ragione e quanto mi piacesse farmi guardare.
Dicendo questo poggiò una mano sul mio ginocchio accarezzandolo e risalendo più su verso la coscia. Con decisione gli presi la mano e gliela scostai.
Ma lui la riappoggiò: “Non fare la santarellina. Ho ben visto che hai ballato abbracciata e accarezzata da persone che non avevi mai visto e se ti avessi chiesto di ballare nuda l’avresti anche fatto solo per provare l’emozione di sentire tutti quei cazzi addosso a te … – disse diventando ancor più volgare - …e poi siete venuti voi a cercarmi”
Mi morsi le labbra mentre la mano di Bernard arrivava alla mia coscia nuda risalendo fino al figa. Volevo stringere le gambe e rifiutare quel tocco delicato ma deciso, ma non ci riuscii. Mentre ascoltavo le sue parole mi guardavo le cosce, esposte, sensualmente inguainate dalle calze e incorniciate dal reggicalze, in fondo forse aveva ragione, vestita così chiunque si sarebbe sentito autorizzato a trattarmi da puttana. La sensazione delle sue mani addosso mi faceva vergognare, non per come mi toccava, ma per come mi aveva trattato, l’ultima delle puttane, questo ero per lui. In fondo aveva ragione, lo avevamo cercato noi e io mi ero effettivamente fatta palpare da sconosciuti.
Ero in balia di quell’individuo e non mi resi conto che mi mostravo nuda a un estraneo davanti agli occhi di mio marito.
Poi, accarezzandomi un seno mi chiese una cosa che mi sorprese e mi sconvolse.
“Allora, se ti chiedessi di ballare nuda stretta da sconosciuti lo faresti?”
Lo guardai a bocca aperta, non ebbi neppure il coraggio di guardare mio marito e finii per gettare lo sguardo fuori sulla strada che scorreva veloce. Che razza di domanda era mai quella? Come si permetteva di farmela, come se volesse essere lui a decidere di me. Ebbi persino l’impressione che quella domanda aveva come unica risposta un mio assenso che, in ogni caso, non era nemmeno necessario.
Il tocco di Bernard su di me fu uno shock, sentendomi oltraggiata e persino offesa per il modo sprezzante in cui mi parlava, quasi fossi davvero una donna di facili costumi accanto a lui. C'era tuttavia un'amara verità nelle sue parole: io e mio marito avevamo consapevolmente cercato l'emozione del proibito, convinti di poter restare anonimi.
Quale ingarbugliata trama avevamo tessuto? Era iniziato come un gioco audace tra me e mio marito, ma ora mi ritrovavo semi-svestita in un'auto guidata da un uomo che mi rivolgeva insulti. Che terribile guaio avevamo creato. Avevamo la forza di opporci? E soprattutto, lo desideravamo veramente?
Quando Bernard parcheggiò in una strada deserta e mi ordinò di scendere, il panico si impadronì di me. Gli chiesi di fermarsi, di rinunciare a quel gioco malsano in cui ci aveva trascinati. Con un sorriso soddisfatto, mi disse che non avevo capito nulla. Era chiaro che la situazione era sfuggita di mano, lasciandoci alla mercé delle sue perverse inclinazioni. “Adesso tua moglie – e si mise a darmi del tu a Leonardo - scende e si mette passeggiare per strada come se fosse una puttana, come ha fatto ieri sera per te, solo che questa sera è la Valentina puttana e lo farà come voglio io.”
Mio marito mi appoggio’ una mano sulla mia spalla in modo protettivo.
“Non credo che lo farebbe mai e poi non si farà certo comandare da voi.”
Il tono della sua voce divenne più pacato ma deciso.
“Sei sicuro? A lei piace sentirti ammirata come l’ha fatto ieri sera prima nel ristorante davanti a me ed ai miei amici esibendo tutta la sua mercanzia e subito dopo passeggiare per strada seminuda. Volevate delle emozioni io ve le darò e da questo momento imparerà anche a sottomettersi alle mie richieste più spinte.”
“Non la conoscete allora.” Replicò pensando al mio carattere incline a dare ordini piuttosto che riceverli. Io tacevo e mantenevo la testa abbassata per la vergogna. Bernard allungò una mano verso di me e mi sollevò il mento “...e scommetto che se ci fosse stato qualche suo conoscente le sarebbe piaciuto di più?”
Il mio cuore batteva all'impazzata, consapevole del rischio che avevamo corso. In un angolo remoto della mia mente, desideravo ribellarmi alla situazione in cui mi ero trovata, ma una ribellione non veniva. Ero divisa: parte di me non riusciva o, forse in modo più veritiero, non voleva trovare una via d'uscita. La verità inquietante era che l'idea di proseguire in questo gioco trasgressivo mi eccitava contro ogni logica.
Quella sera in discoteca, mi ero trasformata. La Valentina di sempre, la professoressa composta e prevedibile, aveva lasciato il posto a una versione di me stessa più audace e sfacciata, quasi fosse frutto di un incantesimo. La mia impudicizia non solo mi eccitava, ma era come se avessi scoperchiato una parte di me che bramava di essere esplorata, come se quella musica e quelle luci pulsanti mi avessero rivelato una nuova dimensione del mio desiderio.
Io che non aveva accettato di fare giochi erotici in camera da letto, in poche ore mi trovavo seduta vicino ad un estraneo con le cosce scoperte, vestita di un solo straccetto; solo poche ore prima non l’avrei mai immaginato possibile. Ora non ero più la puttana di un nostro gioco trasgressivo, Bernard mi voleva come sua prostituta per quella sera.
Visto che Leonardo non diceva nulla, Bernard scese dall’auto aprì la portiera dal mio lato invitandomi a scendere ed in tono meno confidenziale.
“Non fare storie se non ti fosse piaciuto non saresti venuta al mio appuntamento vestita in questo modo.”
Non credevo alle mie orecchie né tanto meno a quello che stava succedendo.
Bernard voleva che io passeggiassi per strada come una … una di quelle e mi aveva anche aperto la porta per farmi scendere.
Avrei voluto avere un aiuto da mio marito, ma lo vedevo inerte come se stesse lasciando a me la scelta.
Guardai la strada, diedi un’altra occhiata a mio marito che rimaneva impassibile o almeno a me così sembrava. Guardai Bernard che teneva aperto lo sportello per farmi scendere.
Cosa dovevo fare? Cosa avrei mai dovuto fare?
Quasi meccanicamente girai le gambe verso la portiera e misi i piedi sull’asfalto.
Nel fare questo le gambe si scoprirono ulteriormente e Bernard fu lesto a scattarmi un’altra foto. Non riuscii a protestare, ma penso che sarebbe stato comunque inutile: non sarei certamente stata ascoltata da quell’uomo.
Bernard risalì in macchina “Mi sembra che tu ci sappia fare” e mi ordinò di camminare ancheggiando davanti a loro, il più lascivamente possibile.
Mi sentivo persa, guardai attorno, guardai la strada praticamente deserta e iniziai a camminare, cercando di ancheggiare il più possibile.
“Ora sollevati la gonna e mostra il culo – gridò ancora Bernard – come hai fatto ieri sera, facci vedere come passeggia una puttana.”
Quelle parole furono un altro colpo di frusta al mio cervello, al mio cuore e al mio stomaco. Ma cosa voleva da me? Ero in balia di quell’uomo e Leonardo restava lì muto senza nemmeno cercare di protestare, uno sconosciuto mi trattava da puttana e lui restava impassibile e in silenzio a guardare.
Mi sentivo sola!
Sollevai la gonna e lasciai che le natiche si scoprissero, iniziando a camminare ancheggiando lascivamente. Bernard era in macchina e mi seguiva a passo d’uomo, illuminandomi con i fari.
Vidi un altro flash, certo Bernard stava ancora scattando qualche fotografia, facendomi vergognare di trovarmi su una strada tenendo la gonna alzata mostrandomi in quella posa postribolare. Poi si fermò, scese dalla macchina e mi si avvicinò.
Mi mise una mano sulle natiche e le accarezzò. Anche in quel momento non riuscii a reagire, nemmeno quando mi sollevò ancora di più il vestito scoprendomi le natiche completamente.
“Sei una porca, l’ho capito subito che morivi dalla voglia di lasciarti trattare come una volgarissima puttana. – mi disse mentre mi scattava altre foto – Voglio che tu sembri una vera puttana che aspetta di essere caricata in macchina e pagata.”
Mi venne un nodo alla gola, che potevo mai fare? Avrei voluto reagire, sicuramente avrei dovuto farlo, ma non ci riuscivo, mi sembrava di vivere in un incubo, uno di quegli incubi in cui non ci si può muovere, non si riesce ad uscire e non ci si può sottrarre. Volevo che smettesse, così lo supplicai con un filo di voce.
“Vi prego, Bernard, basta … per favore.”
Sul suo volto comparve una specie di sorriso, mi accarezzò le spalle nude e scivolò ad accarezzarmi le tette.
Avevo la testa che ronzava, presa da mille pensieri, sentivo mani sul mio corpo, un calore languido si diffondeva dalle mie cosce, obbedire agli ordini che Bernard mi dava mi eccitava e mi terrorizzava allo stesso tempo. Ero diventata una bambola nelle sue mani, ma non potevo lasciarlo fare, lo supplicai di nuovo di fermarsi.
Lui, senza nemmeno prendere in considerazione la mia supplica, indicandomi un lampione, disse:
“Vai lì sotto e mettiti bene in mostra , sei una puttana e quello è il tuo posto ”
Cercai con lo sguardo mio marito che osservava dall’interno della macchina, poi, ubbidiente, feci quello che quell’uomo mi aveva ordinato.
Seguendo le sue laide indicazioni mi appoggiai a quel palo della luce. Una gamba sollevata ed una mano ad ancorarmi a quel palo.
Ma non era ancora finito, mi si avvicinò ancora e mi slacciò il nodo del vestito dietro al collo, facendo cadere una spallina e scoprendomi un seno. Lui dietro di me, mi sfiorò, e sentii i brividi correre lungo la schiena, mentre la mia mente cercava di ribellarsi ma il mio corpo non la seguiva. Rimasi di pietra, quasi paralizzata, anche quando, allontanandosi di un paio di passi, mi scattò ancora una foto e si rivolse a Leonardo “adesso sì che sembra veramente una puttana in attesa dei clienti”
Abbassai gli occhi, non vidi più Valentina la seria professoressa, ma vedevo Valentina la zoccola che che aspettava solo di essere caricata in macchina e pagata.
“Cosa volete ancora da me?” sussurrai con la voce un pò roca per lo stato di eccitazione in cui mi trovavo.
“Vedere sin dove sai arrivare!” mi disse con un sorriso. Quelle parole furono per me un altro duro colpo allo stomaco e per un attimo sperai che non desse seguito a quelle parole. Lo guardi quasi con terrore mentre lui continuò.
“Per adescare qualcuno e calarti completamente nella parte devi toglierti il vestito. Avanti, levalo, ti voglio nuda come la puttana che sei.”
Quel tono così imperioso mi fece sussultare, ebbi paura e, senza nemmeno rendermene conto, ubbidii ed abbassai l’abito che cadde ai miei piedi, restando completamente nuda in calze e reggicalze in mezzo alla strada,
Bernard sorrise soddisfatto e scattò un’altra foto. Poi si chinò e raccolse l’abito che era caduto in terra. Dovetti alzare meccanicamente prima un piede e poi l’altro, in modo che potesse raccoglierlo.
“Ora da brava puttana obbediente – disse ancora Bernard – attraversi la strada e cammini fino in fondo alla via da sola mentre io risalgo in auto con tuo marito e passiamo più tardi a riprenderti.”
Lo guardai terrorizzata, voleva davvero lasciarmi sola e nuda in quella strada solitaria?
“No. Vi prego, no!”
Leonardo, dopo mi raccontò che con il suo consenso uno sconosciuto stava usando la sua adorata mogliettina come una puttana. Se fosse passato qualcuno non avrebbe avuto dubbi nel considerarla una volgare puttana che, vicino ad un’auto ferma, cercava di abbordare dei clienti.
Non ci potevo credere, Valentina sempre così pudica aveva ubbidito a quelle assurde richieste e senza protestare si era sfilata l’abito restando con indosso unicamente calze e reggicalze. Lo spettacolo era eccitante. La guardai e lei mi fissò come impaurita. Un altro flash la immortalò su quel marciapiede. I capezzoli tesi sembravano esplodere dimostrando quanto anche lei si stesse eccitando. Il cuore mi batteva mi vergognavo e nello stesso tempo ero paurosamente eccitato.
Poi quell’ordine di Bernard a cui lei non provò neppure ribellarsi.
Valentina si spostò dal lampione fece quattro passi, si bloccò sentendo il rumore di un’auto in lontananza. Impaurita si fermò coprendosi le tette con un braccio e portando istintivamente una mano sul suo pube. Bernard la abbracciò tenendola per le spalle rivolta alla strada. Le prese le braccia trattenendole lungo i fianchi “Cosa fai, lasciati ammirare!”.
Fui scosso dai brividi nel vedere i fari dell’auto avvicinarsi a noi. Ero nel panico nel vederla offerta nel suo nudo integrale. L’auto passò ed il guidatore, forse sorpreso, buttò per un attimo gli abbaglianti su quel corpo di donna così volgarmente offerto.
Rallentò fermandosi proprio davanti a lei. Bernard la spinse verso l’auto scostandosi da lei. Per un attimo temetti il peggio, ma l’unica cosa che successe furono solo alcuni lampi di flash che immortalarono Valentina, dopo di che l’auto ripartì. La vidi persa incapace di reagire mentre Bernard risalendo in auto con me ripartì abbandonandola nuda su quel marciapiede.
“Ma che fai, non puoi lasciarla in mezzo alla strada nuda, ritorna indietro!” gridai.
“Sarà lei a raggiungerci” mi rispose con indifferenza Bernard
Espressi a Bernard la paura che potesse ripassare ancora qualcuno e la risposta fu ancora più brutale sottolineando che qualcuno era già passato.
“Però era con te” ribattei
“Si ma nella foto lei è nuda sola e in mezzo ad una strada, pensa se la dovesse vedere qualcuno che la conosce! non avrebbe dubbi a pensare che la seria professoressa batte i marciapiedi di Parigi”
La sua freddezza mi impaurì oltre a crearmi una notevole preoccupazione. Non badai però al fatto che Bernard sapesse che Valentina era una professoressa, nessuno di noi glielo aveva mai detto. Purtroppo nel seguito della nostra vacanza il perché sarebbe diventato fin troppo chiaro.
Mi girai e vidi Valentina attraversare la strada ed avviarsi lungo il viale come le aveva detto Bernard. Lui non fermò l’auto ed in fondo alla via svoltò all’incrocio. Valentina scomparve dalla Valentina vista e noi dalla sua.
Il cuore mi batteva all'impazzata mentre osservavo Valentina, mia moglie, in uno stato di totale vulnerabilità. Bernard, aveva appena compiuto un gesto incomprensibile. Valentina era stata fotografata nuda per strada da un perfetto sconosciuto, e invece di correre al suo fianco, di difenderla o di coprirla, Bernard aveva freddamente deciso di abbandonarla.
Ero lì, come congelato dall'incertezza e dallo shock. Vedevo negli occhi di Valentina un misto di paura e incredulità. Aveva supplicato Bernard, con una voce che tremava leggermente, tradendo il suo terrore, ma lui non aveva mostrato alcun segno di cedimento. Si era infilato nell'auto, aveva avviato il motore con un rumore sordo che risuonava come un presagio lugubre, e poi era partito, lasciando dietro di sé una scia di polvere e il profondo odore di benzina.
Valentina si era girata a cercare il mio sguardo, cercando conforto o forse un'ancora di salvezza. I suoi occhi mi imploravano di intervenire, di fare qualcosa, qualsiasi cosa. Eppure, io ero pietrificato, incapace di agire, di rispondere alla sua richiesta silenziosa. Ogni fibra del mio essere voleva correre verso di lei, avvolgerla con un abbraccio e portarla via da quel marciapiede esposto. Ma le mie gambe non si muovevano, e la mia voce non usciva...o forse non volevo incosciamente.
Valentina incrociò le braccia sul petto in un vano tentativo di preservare un briciolo di dignità mentre attraversava la strada, il suo passo incerto. La sua figura era un contrasto vivido contro l'asfalto grigio, ogni lampioni che attraversava amplificava la sua nudità e la mia vergogna per non essere intervenuto.
Nel silenzio che seguì, sentivo il peso opprimente della mia inazione. Lei era lì, esposta agli sguardi dei passanti, e la distanza tra noi non era mai sembrata così impenetrabile. La vedevo allontanarsi, una fragile silhouette, avvolta dalla notte, camminando lungo una strada che non avrebbe dovuto percorrere da sola. E io rimanevo immobile, soffocato dal rimorso di non aver fatto nulla per proteggere Valentina, la donna che amavo.
Bernard fece solo il giro dell’isolato, così dopo pochissimo risvoltammo sulla stessa via di Valentina.
In lontananza la vedemmo camminare su quel marciapiede. Le gambe stupende fasciate dalle calze ed il culo risplendeva sotto le luci dell’auto di Bernard. Era l’apoteosi della volgarità il ritratto tipico della puttana sul marciapiede in attesa dei clienti
“Te l’ha mai detto nessuno che sembra nata per fare la battona? Ma ormai l’hai capito pure tu e questo sarà solo l’inizio”.
Inutile mostrarmi offeso, da come avevamo lasciato correre gli eventi non ci avrebbe creduto nessuno, così fingendo libertà di vedute gli confessai che avevamo deciso di passare le nostre vacanze a Parigi cercando qualche trasgressione alla monotonia sessuale.
Ormai non protestavo neppure più quando lui le metteva addosso gli epiteti più volgari .
“Cosa potrei dire di diverso e poi quando vi ho incontrati la stavi facendo passeggiare tu come una puttana. Guardala, si vergogna ma non si ribella, per questo credo che non si ribellerà a qualunque cosa le potrò chiedere, del resto sarai stupito anche tu della sua disponibilità”
Seguivo a malapena le sue parole tanto ero attratto da Valentina che camminava nuda sul marciapiede
Illuminata dagli abbaglianti di Bernard Valentina si girò verso di noi. Non avrebbe potuto sapere chi occupasse quell’auto e, probabilmente per paura e vergogna, si rannicchiò in un angolo di una casa per nascondersi.
Non avevo la forza di reagire, in fondo era il gioco che avevamo fatto la sera prima e continuato nelle nostre fantasie nella nostra camera d’albergo. Ritornai alla realtà quando dopo averla raggiunta Bernard le disse di risalire in auto. Aprì la portiera dal mio lato, si sedette vicino a me e Bernard rimise in moto l’auto. Io ero eccitato, portai una mano sulle tette di Valentina, i capezzoli erano tesissimi. LA sentivo ansimante, silenziosa.
Le accarezzai una gamba e poi scivolando sulla calza fino alla coscia nuda e seguendo i laccetti del reggicalze raggiunsi la sua figa constatando quanto stesse grondando di voglia e forse del piacere di essersi esibita così vergognosamente. In silenzio entrambi eccitati ed incuranti della presenza di Bernard ci lasciammo andare. Valentina mi infilò la mano nei pantaloni. Eravamo consapevoli della nostra depravazione e ne stavamo godendo fino a raggiungere insieme l’orgasmo.
Bernard non esisteva più, l’auto non esisteva più, esistevano solo la Valentina voglia di lei ed il suo abbandonarsi nelle mie mani. Senza esitazione lasciai che le sue mani si appropriassero del mio sesso desideroso di provare piacere. Fuori dal tempo la sentii gemere titillandolo il punto più sensibile del suo sesso mentre lei aveva continuato un dolce ma incontrollato movimento sulla mia verga ancora più tesa.
Valentina; ormai ero schiava del piacere, eccitata dalla mia perversa voglia di fare la puttana, di essere porca e con una gran voglia di cazzo. Le sue mani mi toccavano dappertutto, la nuca, le tette, i fianchi, il culo, la figa, la schiena, tutto. Io ansimavo a occhi chiusi. Improvvisamente mi salì il sangue in testa, fui colta da un’eccitazione incredibile e cominciai a bagnarmi come una fontana. Lui in preda a un incontrollabile impulso mi prese la testa dietro la nuca e se la portò sulla patta. Gli abbassai i pantaloni e poi gli slip, con il cazzo che scattò verso l’alto come una molla tanto era in tiro, e cosi’ cominciai a fargli un voluttuoso pompino.
Leonardo mi teneva la testa assecondandola mentre pompavo il suo cazzo, mentre gli accarezzavo i suoi coglioni, palpavo la sua turgida cappella con le labbra, la lingua che la pennellava tutta a solleticarla. Ero impazzita dal piacere, mi lavoravo il suo glande con passione, eccitatissima, mentre lui mugolava dall’intenso piacere che gli stavo regalando con quell’assolo di lingua. Poi, partendo dalla punta, scendevo con la bocca ingoiando l’intero cazzo facendomi arrivare la cappella fino in gola all’inizio ad un ritmo tranquillo, poi sempre più veloce. Avanti e indietro, avanti e indietro in un pompino incredibile, senza mani impegnate ad accarezzargli i capezzoli del petto e i coglioni, una pompa che stava letteralmente facendo impazzire Leonardo. Mentre lo spompinavo, potevo avvertire la sua cappella vibrare sotto i colpi della lingua, mentre ad occhi chiusi, strillava e godeva come un animale.
A tratti mi spingeva tutto il suo cazzo fino in gola in un classico soffocone mentre fiotti di saliva schizzavano fuori dai lati della mia bocca. Intanto mi tirò fuori le tette e prese a palparmene una, cosa che mi eccitò ancora di più.
Lo guardavo godere quando mi riversò in bocca un fiume di sborra densa, calda e saporita, dolce. “Ingoia troia, ingoia tutto, impazzisco a svuotarmi nella tua bocca, porca”, disse, mentre si liberava le palle nella mia bocca devastata da quella immensa poltiglia che automaticamente finiva nel mio stomaco. La sborra mi riempiva la bocca con la lingua impiastricciata e ingordamente ingoiavo quella marea di succo di palle.
Gli feci un magnifico pompino ed ingoiai una incredibile quantità di sperma e sazia di cazzo e di sborra.
Fu meraviglioso, avevo goduto tantissimo a succhiargli il grosso cazzo e Leonardo, a giudicare dall’enorme quantità di sborra che aveva schizzato, aveva gradito molto il mio pompino.
Senza pronunciare una parola e con un ghigno appena percettibile sulle labbra, Bernard, che finora aveva osservato l'intera scena riflessa nello specchietto retrovisore, spezzò il filo delle nostre aspettative con un gesto brusco e inaspettato, bloccò l'auto di colpo. “Vedo che tua moglie si è data da fare, bene visto che le piace esibirsi e comportarsi da troia, avrei un’altra idea.”​

Fine della terza parte, continua.
 

Allegati

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Dave35

Guest
Spero sia fantasia.....se no siete fottuti da delinquenti x sempre
Grazie per il tuo entusiasmo riguardo al mio "racconto", che sembra aver superato il confine tra la fantasia e la realtà nella tua lettura! Tuttavia, un piccolo spoiler per il futuro: se nel titolo appare l'espressione "racconto di fantasia", di solito significa che qualsiasi somiglianza con eventi o persone reali è puramente casuale. O, nel nostro caso, assolutamente inesistente. 😉

Un saluto e buona lettura (del titolo, soprattutto)!

Il Tuo Narratore Preferito

PS: Ma non ti preoccupare, anche a Sherlock è sfuggito qualche indizio ogni tanto. 😉
 

morsini

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Grazie per il tuo entusiasmo riguardo al mio "racconto", che sembra aver superato il confine tra la fantasia e la realtà nella tua lettura! Tuttavia, un piccolo spoiler per il futuro: se nel titolo appare l'espressione "racconto di fantasia", di solito significa che qualsiasi somiglianza con eventi o persone reali è puramente casuale. O, nel nostro caso, assolutamente inesistente. 😉

Un saluto e buona lettura (del titolo, soprattutto)!

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Ok quindi o complimenti o tacere, sarcasmo fuori luogo
 

morsini

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Ah, ecco la performance dell'anno: 'Faccio finta di non capire un messaggio talmente chiaro che persino un bambino di tre anni potrebbe spiegarmelo'. Applausi, per favore!
Ti sento tanto superiore a tutti x dialettica,è vero scrivi molto bene,ma sei anche arrogante e disprezzi pensieri altrui se non coincidono con i tuoi,e quel modo di scherzare da un piedistallo,pensando che tutti gli altri siano stupidi .....contento tu...
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Ti sento tanto superiore a tutti x dialettica,è vero scrivi molto bene,ma sei anche arrogante e disprezzi pensieri altrui se non coincidono con i tuoi,e quel modo di scherzare da un piedistallo,pensando che tutti gli altri siano stupidi .....contento tu...
Chiudiamola qui non commentero più nessun tuo post,racconto o risposta,non era mia intenzione litigare
 

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