Intanto grazie per il tempo nel rispondere al mio messaggio. Il concetto di patto sociale ce l’ho ben chiaro e pure ho ben chiaro che non viviamo più nel mondo dei sogni illuminista. Abbiamo avuto un po’ di traumi storici da Rousseau a oggi che hanno mutato il senso e soprattutto le possibilità del diritto nel garantire la pace sociale. Discorso complesso che semmai potremmo fare in un post apposito (se la cosa ti interessa ti consiglio di leggere un libretto di Luhmann, Esistono ancora norme fondamentali?)
Nel mio intervento dicevo diritti e doveri vanno di pari passo e se non vanno di pari passo ci sono delle conseguenze. Schematizzando: Avere doveri senza diritti porta a una situazione di schiavismo. Avere diritti senza doveri porta a una situazione potenzialmente anarchica nel senso violento e sadiano del termine. Poiché dici che i doveri vengono prima dei diritti vorrei chiederti quali sono le tue fonti, i tuoi riferimenti giusnaturalistici o giuspositivistici. Fammi sapere.
Venendo a noi, il tuo ragionamento su diritti/doveri. Perché mi parli di rapporti di lavoro o comunque di situazioni contrattuali? Per quanto riguarda l’essere femminista in che senso comporta dei diritti o dei doveri (intendo diritti e doveri specifici al di là di quelli di ogni cittadino)? Una femminista è una persona attiva per una causa. Anche un tifoso di calcio o un testimone di Geova per strada sono persone attive per una causa. Quali sono i suoi diritti? Poter fare il tifo allo stadio e fare proselitismo per strada rientrano nei diritti del cittadino più che definire quelli specifici delle rispettive categorie. Come i doveri: rispettare le norme dello stadio e dell’occupazione di suolo pubblico sono doveri di ciascun cittadino.
Detto ciò non direi che un tifoso Deve incatenarsi allo stadio se l’arbitro ha fischiato un rigore ingiusto. O che un testimone di Geova Deve incatenarsi al pronto soccorso per protestare contro le trasfusioni. Sono cose che Può fare ma dove sta scritto che è il suo dovere farlo? Chi sono io o tu per dire ad una donna cosa fare per essere ritenuta legittimamente femminista, manco si trattasse di un professionista che non adempie al contratto che ha firmato.
Detto ciò, io sono a favore della parità di diritti e doveri tra uomini e donne. Riconosco che la situazione odierna è sbilanciata, in alcuni casi gli uomini vivono meglio e in altri casi è la donna a vivere meglio. Penso che l’obiettivo dovrebbe essere vivere tutti meglio e non far soffrire un po’ le donne per es inculcando loro che se vogliono avere il diritto di chiamarsi femministe allora devono incatenarsi fuori dai tribunali per protestare contro le donne che manipolano gli uomini e ottengono pene lievi. Questo porta solo ad accentuare la schismogenesi. Una donna ha il diritto di non sentirsi dire da nessun uomo come essere donna e come fare attivismo. Questo è ciò che penso
Pace e bene
Ti rispondo e poi la chiudiamo qui, sennò finiamo in off-topic.
Già partire da una
metafora calcistica, ovvero un'attività basata sulla
competizione agonistica, la dice lunga sulla tua idea di attivismo e del modo in cui intendi perseguire la parità di diritti e doveri. Comunque, per brevità e semplicità di trattazione, accettiamo pure un'ipotesi secondo la quale il patto sociale sia basato su un cosiddetto
sano agonismo sportivo.
Sebbene in una tale ipotesi è quasi scontato fare il tifo per la propria squadra, il sano agonismo prevede che noi tutti tifiamo
innanzitutto per il gioco del calcio, giusto? Pertanto il patto sociale prevede che ben prima del tifo per la propria squadra, venga il tifo per
le regole del gioco, corretto?
Ebbene immagina cosa succederebbe se ad un tratto l'arbitro smettesse di arbitrare onestamente facendo finta di non vedere le azioni irregolari di una sola delle due squadre e di conseguenza
facendo vincere sempre e comunque la squadra avversaria. E questo sistematicamente, in ogni stadio, per ogni partita, ogni maledetta domenica, sempre e comunque arbitrando a favore dela stessa squadra.
In tal caso non solo verrebbe meno il
sano agonismo, ma verrebbe meno addirittura il caposaldo stesso di tutto il gioco, ovvero
le regole. In questo modo verrebbe meno il motivo stesso per andare allo stadio, il motivo stesso che spinge una persona ad essere tifosa indipendentemente dal colore della sua squadra e il motivo stesso dell'esistenza del calcio!
Pertanto un vero tifoso, ovvero colui che tifa per il calcio prima che per la propria squadra, si incatenerebbe ai cancelli dello stadio per protestare contro l'ingiusto arbitraggio,
indipendentemente dalla propria squadra di riferimento. Si incatenerebbe perché vuole un campionato con
pari diritti per tutte le squadre. Si incatenerebbe perché vuole una FIFA giusta e onesta.
Fuor di metafora, uno vero attivista per la parità, così come si incatenerebbe ai cancelli dei tribunali per pretendere la giusta pena per una violenza realmente avvenuta, farebbe lo stesso anche per pretendere che una falsa accusa di violenza venga punita con pari veemenza. E da vero e onesto attivista lo farebbe
indipendentemente dal genere di chi è coinvolto nella violenza.
Purtroppo invece la gigantesca menzogna femminista, cavalcando la falsa narrazione e l'ignoranza comune,
ha generato esattamente l'opposto.
Prova ne sia l'ennesimo evento: una vicenda a dir poco disumana, avvenuta pochissimi giorni fa proprio qui a Napoli. Un comitato che si propone di istituire un
centro di ascolto per le violenze di genere ai danni degli uomini è stato pesantemente
ostracizzato proprio da quelle associazioni femministe che si dichiarano
contro la violenza di genere, con la delirante accusa
che l'attività di supporto agli uomini vittime di violenza e la campagna di sensibilizzazione ad essa associata
sminuisce la loro attività di supporto alle donne.
In pratica, restando in metafora calcistica,
le tifose della squadra femminile si sono incatenate ai cancelli dello stadio perché l'arbitro, che finora ammoniva ed espelleva soltanto i giocatori della squadra maschile,
ha deciso di punire anche i falli commessi dalla squadra delle donne.
Se per te questa è la libertà di fare attivismo come meglio si crede, allora mi duole dirti che meriti tutta la disparità di genere di cui sei già vittima senza nemmeno rendertene conto.