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GIORNO 8 (2° parte): LYON
Ormai era metà pomeriggio, uscimmo nuovamente verso il centro cittadino. L’aria profumava di post-temporale e il cielo era terso. Camminando verso le vie pedonali, avvicinai Ricky e chiesi come fosse andata in camera con Marty. Mi disse: “Beh dai, bene, peccato che abbia il ciclo! Alla fine è per questo che l’altroieri non ci ha seguito nella spiaggia nudista”. “Nooo, che sfiga!”, risposi.
Poi, con aria sornione, mi disse: “Va beh, se là sotto è inagibile, in bocca c’è via libera” e mi fece un sorrisino più che eloquente. Indagai chiedendogli: “E’ brava?”. Ricky rispose: “Non male, ma ha margini di miglioramento”. Gli diedi una bella pacca sulla spalla, ed entrambi pensammo immediatamente al terzo della truppa, che sembrava in alto mare.
Ci avvicinammo a Marco, mentre le ragazze iniziavano già ad entrare nel loop dei negozi: “E tu come sei messo?”. Sembrava che non aspettasse altro per spalancare i rubinetti e ci raccontò che c’era stato qualche passo in avanti con Sara, ma che ancora non si vedevano spiragli per passare all’azione. Aggiunse che lei era ancora scottata dalla fine recente della storia con Simone (uno dei quattro che contemporaneamente era in Puglia, ricordate?) e che voleva andarci coi piedi di piombo.
Gli consigliammo di avere pazienza, perché se ci teneva valeva la pena darle un po’ di tempo. Marco ci fece capire che gli spiaceva vedere noi due praticamente sistemati, mentre lui non batteva chiodo. Non era gelosia o invidia nei nostri confronti, ovviamente, era solo deluso con sé stesso. Noi lo confortammo nuovamente, cercando di infondergli un po’ di ottimismo.
La giornata volgeva al termine, la luce del tramonto faceva brillare le facciate dei palazzi esposti ad ovest e camminando ci ritrovammo nella zona di Lyon dove cenammo la sera precedente. Lucia si fermò come folgorata e disse: “Escargot!”. Entrammo quindi nello stesso ristorante del giorno prima, e mangiammo di gusto. Lucia si sparò una doppia razione di lumache alla bourguignonne, aveva sul volto un’espressione davvero soddisfatta. Le dissi per scherzare: “Devo trovarmi una che mi guardi come tu guardi le tue escargot”. Lei uscì dalla trance del cibo e mi rispose, indicandosi con le posate in mano: “Eccola qui!”. E rituffò la testa nel piatto.
A fine cena prendemmo la via dell’hotel, questa volta dal lato opposto, costeggiando il Rodano. Devo ammettere che Lyon fu una sorpresa positiva. Decisi di fare tappa lì perché un amico me ne aveva parlato bene, era appena tornato da sei mesi di Erasmus e se n’era innamorato. La zona universitaria era proprio sulla sponda opposta del Rodano e lo attraversammo per raggiungerla. Speravamo di trovare qualche baretto per studenti dove chiudere l’ultima serata lyonnaise. Nonostante fosse una domenica di agosto, c’era un po’ di movimento e trovammo un localino per bere l’ultimo paio di birre. Poi rientrammo in hotel, sempre con gli occhi bene aperti a causa dei brutti ceffi che in quella zona purtroppo abbondavano.
Ricky ed io stavamo considerando se passare la notte con le nostre ragazze (ora, non so se Marty potesse essere definita “la ragazza di Ricky” in quel momento, ma qualcosa c’era fra loro). Però avremmo dovuto far sloggiare Patty e Sara in camera con Marco. Decidemmo di giocare a carte scoperte e chiesi a tutti: “Ragazzi, come facciamo con le camere?”. Marco replicò subito: “Temo che per me cambi poco…”. Sara gli rispose in modo inaspettato: “Marco, cosa fai? Mi ospiti?”. Un enorme sorriso si aprì sul suo volto, e lui annuì immediatamente.
Restava Patty, che rischiava di diventare la reggimoccolo del gruppo. Lei, da persona intelligente qual è, capì al volo la situazione e disse: “Marco, io non ho sonno. Se dici mi metto qui sotto con un libro un paio d’ore, poi però un letto mi servirà”. Sara rispose: “Patty, tranquilla, vengo giù a chiamarti io fra un’ora circa. Sei un angelo!”. Ci accordammo infine per scendere a far colazione intorno alle 9:30, anche perché poi avremmo dovuto lasciare l’hotel.
Salimmo tutti verso le camere, anche Patty, per prendere il suo libro. Lucia ed io entrammo in camera e lei mi chiese: “Dammi un attimo, mi lavo i denti perché le escargot erano abbastanza cariche di aglio”. Io risposi che sarei andato al volo a fare lo stesso in camera mia: “Vado anch’io, spero di non beccare Marco col birillo già di fuori!”. Lucia ribatté: “Non ti preoccupare, poco fa Sara mi ha detto che vuole solo parlargli. Poi se scatterà il limone, o altro, non lo so”. Uscii e in pochi secondi bussai alla tripla. “Sono Andrea, devo solo lavarmi i denti”. Mi aprì Patty col suo libro in mano, mi sorrise, mi fece entrare e a sua volta uscì per andare a leggere nella hall.
Una volta sistemata la questione igiene dentale, tornai in camera di Lucia. Mi aprì la porta, completamente nuda. “Wow, che spettacolo, non ho parole!”, dissi. Rimasi qualche secondo a contemplare la bellezza davanti a me, il mio sguardo partì dal basso passando in rassegna i piedi delicati con le unghie coperte da uno smalto rosso chiaro molto curato, le due gambe, tanto dritte quanto magre e tornite, la sua albicocca, adornata da una stretta striscia di pelo castano chiaro, con le grandi labbra ben delineate e molto invitanti. Poi la pancia, con un ombelico piccolo ma perfetto, ed appena sopra i due seni, bellissimi, marmorei e incuranti della forza di gravità, coronati da due capezzoloni già eretti e svettanti. Infine il collo e il volto, dominato da due occhi molto espressivi, che mi apparvero vogliosi, e la sua bocca, con due labbra non troppo carnose, ma adorabili quando si aprivano in un sorriso. A cingere il viso i suoi capelli castani chiari, quasi biondi, di media lunghezza.
Lei mi guardò con lo sguardo da furbetta e mi chiese: “Tu cosa fai? Non avrai mica freddo!”. Mi spogliai in velocità e lei lanciò uno sguardo verso le parti basse: “Cos’è quella cosa molle? Lo preferivo com’era oggi pomeriggio, sai?”. Si inginocchiò davanti a me e me lo prese in bocca, senza usare le mani. Iniziò a succhiarmelo con molta dedizione: fu una sensazione mai provata prima sentirmelo venir duro nella sua bocca.
Lucia, soddisfatta dalla durezza del mio cazzo, si staccò e mi guardò negli occhi, dicendomi: “Meglio, molto meglio”. Si alzò da terra, e prendendomelo con la mano mi condusse tirandomi per l’uccello fino al letto. Ci sdraiammo uno a fianco dell’altra ed iniziammo a baciarci con una voglia mai provata prima. Le nostre mani si cercavano sfiorando le nostre epidermidi. Lucia si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò: “Lo voglio, Andrea. Ti voglio”. Io sorrisi e le risposi: “Anch’io, Lucia. Non sai quanto”.
Ormai era metà pomeriggio, uscimmo nuovamente verso il centro cittadino. L’aria profumava di post-temporale e il cielo era terso. Camminando verso le vie pedonali, avvicinai Ricky e chiesi come fosse andata in camera con Marty. Mi disse: “Beh dai, bene, peccato che abbia il ciclo! Alla fine è per questo che l’altroieri non ci ha seguito nella spiaggia nudista”. “Nooo, che sfiga!”, risposi.
Poi, con aria sornione, mi disse: “Va beh, se là sotto è inagibile, in bocca c’è via libera” e mi fece un sorrisino più che eloquente. Indagai chiedendogli: “E’ brava?”. Ricky rispose: “Non male, ma ha margini di miglioramento”. Gli diedi una bella pacca sulla spalla, ed entrambi pensammo immediatamente al terzo della truppa, che sembrava in alto mare.
Ci avvicinammo a Marco, mentre le ragazze iniziavano già ad entrare nel loop dei negozi: “E tu come sei messo?”. Sembrava che non aspettasse altro per spalancare i rubinetti e ci raccontò che c’era stato qualche passo in avanti con Sara, ma che ancora non si vedevano spiragli per passare all’azione. Aggiunse che lei era ancora scottata dalla fine recente della storia con Simone (uno dei quattro che contemporaneamente era in Puglia, ricordate?) e che voleva andarci coi piedi di piombo.
Gli consigliammo di avere pazienza, perché se ci teneva valeva la pena darle un po’ di tempo. Marco ci fece capire che gli spiaceva vedere noi due praticamente sistemati, mentre lui non batteva chiodo. Non era gelosia o invidia nei nostri confronti, ovviamente, era solo deluso con sé stesso. Noi lo confortammo nuovamente, cercando di infondergli un po’ di ottimismo.
La giornata volgeva al termine, la luce del tramonto faceva brillare le facciate dei palazzi esposti ad ovest e camminando ci ritrovammo nella zona di Lyon dove cenammo la sera precedente. Lucia si fermò come folgorata e disse: “Escargot!”. Entrammo quindi nello stesso ristorante del giorno prima, e mangiammo di gusto. Lucia si sparò una doppia razione di lumache alla bourguignonne, aveva sul volto un’espressione davvero soddisfatta. Le dissi per scherzare: “Devo trovarmi una che mi guardi come tu guardi le tue escargot”. Lei uscì dalla trance del cibo e mi rispose, indicandosi con le posate in mano: “Eccola qui!”. E rituffò la testa nel piatto.
A fine cena prendemmo la via dell’hotel, questa volta dal lato opposto, costeggiando il Rodano. Devo ammettere che Lyon fu una sorpresa positiva. Decisi di fare tappa lì perché un amico me ne aveva parlato bene, era appena tornato da sei mesi di Erasmus e se n’era innamorato. La zona universitaria era proprio sulla sponda opposta del Rodano e lo attraversammo per raggiungerla. Speravamo di trovare qualche baretto per studenti dove chiudere l’ultima serata lyonnaise. Nonostante fosse una domenica di agosto, c’era un po’ di movimento e trovammo un localino per bere l’ultimo paio di birre. Poi rientrammo in hotel, sempre con gli occhi bene aperti a causa dei brutti ceffi che in quella zona purtroppo abbondavano.
Ricky ed io stavamo considerando se passare la notte con le nostre ragazze (ora, non so se Marty potesse essere definita “la ragazza di Ricky” in quel momento, ma qualcosa c’era fra loro). Però avremmo dovuto far sloggiare Patty e Sara in camera con Marco. Decidemmo di giocare a carte scoperte e chiesi a tutti: “Ragazzi, come facciamo con le camere?”. Marco replicò subito: “Temo che per me cambi poco…”. Sara gli rispose in modo inaspettato: “Marco, cosa fai? Mi ospiti?”. Un enorme sorriso si aprì sul suo volto, e lui annuì immediatamente.
Restava Patty, che rischiava di diventare la reggimoccolo del gruppo. Lei, da persona intelligente qual è, capì al volo la situazione e disse: “Marco, io non ho sonno. Se dici mi metto qui sotto con un libro un paio d’ore, poi però un letto mi servirà”. Sara rispose: “Patty, tranquilla, vengo giù a chiamarti io fra un’ora circa. Sei un angelo!”. Ci accordammo infine per scendere a far colazione intorno alle 9:30, anche perché poi avremmo dovuto lasciare l’hotel.
Salimmo tutti verso le camere, anche Patty, per prendere il suo libro. Lucia ed io entrammo in camera e lei mi chiese: “Dammi un attimo, mi lavo i denti perché le escargot erano abbastanza cariche di aglio”. Io risposi che sarei andato al volo a fare lo stesso in camera mia: “Vado anch’io, spero di non beccare Marco col birillo già di fuori!”. Lucia ribatté: “Non ti preoccupare, poco fa Sara mi ha detto che vuole solo parlargli. Poi se scatterà il limone, o altro, non lo so”. Uscii e in pochi secondi bussai alla tripla. “Sono Andrea, devo solo lavarmi i denti”. Mi aprì Patty col suo libro in mano, mi sorrise, mi fece entrare e a sua volta uscì per andare a leggere nella hall.
Una volta sistemata la questione igiene dentale, tornai in camera di Lucia. Mi aprì la porta, completamente nuda. “Wow, che spettacolo, non ho parole!”, dissi. Rimasi qualche secondo a contemplare la bellezza davanti a me, il mio sguardo partì dal basso passando in rassegna i piedi delicati con le unghie coperte da uno smalto rosso chiaro molto curato, le due gambe, tanto dritte quanto magre e tornite, la sua albicocca, adornata da una stretta striscia di pelo castano chiaro, con le grandi labbra ben delineate e molto invitanti. Poi la pancia, con un ombelico piccolo ma perfetto, ed appena sopra i due seni, bellissimi, marmorei e incuranti della forza di gravità, coronati da due capezzoloni già eretti e svettanti. Infine il collo e il volto, dominato da due occhi molto espressivi, che mi apparvero vogliosi, e la sua bocca, con due labbra non troppo carnose, ma adorabili quando si aprivano in un sorriso. A cingere il viso i suoi capelli castani chiari, quasi biondi, di media lunghezza.
Lei mi guardò con lo sguardo da furbetta e mi chiese: “Tu cosa fai? Non avrai mica freddo!”. Mi spogliai in velocità e lei lanciò uno sguardo verso le parti basse: “Cos’è quella cosa molle? Lo preferivo com’era oggi pomeriggio, sai?”. Si inginocchiò davanti a me e me lo prese in bocca, senza usare le mani. Iniziò a succhiarmelo con molta dedizione: fu una sensazione mai provata prima sentirmelo venir duro nella sua bocca.
Lucia, soddisfatta dalla durezza del mio cazzo, si staccò e mi guardò negli occhi, dicendomi: “Meglio, molto meglio”. Si alzò da terra, e prendendomelo con la mano mi condusse tirandomi per l’uccello fino al letto. Ci sdraiammo uno a fianco dell’altra ed iniziammo a baciarci con una voglia mai provata prima. Le nostre mani si cercavano sfiorando le nostre epidermidi. Lucia si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò: “Lo voglio, Andrea. Ti voglio”. Io sorrisi e le risposi: “Anch’io, Lucia. Non sai quanto”.