Esperienza reale Racconto di fantasia Il diciottesimo compleanno

Timido1994

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Dovevo trovare assolutamente una scusa per seguire Valeria. Mi ricordai che avevo posato il cappotto nella stanza accanto al bagno.

"Scusate, ho lasciato le sigarette nella tasca del cappotto, le prendo e me ne fumo una sul balcone dello studio così evito di raffreddare l'ambiente" dissi alzandomi rapidamente dalla sedia.

"Vuoi che ti faccia compagnia?" mi chiese gentilmente Vittorio.

"No no, grazie, faccio subito. Fuori c'è freddo" risposi prontamente.

Ero riuscito a liberarmi con un'ottima idea. Le sigarette mi permettevano di alzarmi da tavola e anche di prendere tempo. Valeria mi aspettava appoggiata alla porta del bagno.

"Ce ne hai messo di tempo...seguimi dai" mi sussurrò guardandomi dritta negli occhi.

Mi prese per mano guidandomi nella stanza in fondo al corridoio. Appena dentro capì subito che era la sua stanza.

L'invito mi sembrava chiaro, provai ad avvicinarmi per baciarla.

"Fermo o mi metto a urlare", mi disse Valeria respingendomi con due mani sul petto.

La guardai incazzato: "Allora perché siamo qui?"

Valeria si sedette sul letto e allargò le gambe: "Perché so che stai morendo dalla voglia di farti un'altra sega".

In realtà avrei voluto molto di più. Ma l'occasione era comunque ghiotta e non volevo farmela sfuggire. Avevo poco tempo.

Mi abbassai la zip e uscì velocemente il cazzo già duro guardandola fisso.

"Mmmm....allora mi ricordavo bene...." disse languida infilandosi una mano tra le cosce.

"Cosa ti ricordavi?" provai a chiederle mentre iniziavo a segarmi lentamente.

Valeria si alzò dal letto e venne dietro di me, sentì il profumo dei suoi capelli: "Che hai proprio un bel cazzo....secondo me quella frigida di Chiara non se lo gode abbastanza", mi sussurrò all'orecchio.

La figlia del mio socio era proprio una troietta. E mi eccitava da pazzi. Dopo pochi colpi ero già vicino al culmine del piacere.

"Valeria devo venire....non ce la faccio più..." la implorai.

Era tornata di fronte a me e mi guardò con un'espressione di superiorità: "Già devi venire? Beh, peggio per te....non ti azzardare a sporcarmi la stanza".

"Allora aiutami tu...." provai a chiederle.

Valeria sorrise: "Scordatelo porco....se vuoi sborrare fallo nei tuoi boxer"

"Ma..." cercai di obiettare.

Valeria fece per andare via: "Allora niente, torniamo di là".

Basta, era troppo. La afferrai per un braccio: "Okok, però siediti davanti a me".

Valeria sorrise di nuovo: "E certo...stavolta lo spettacolo non me lo perdo".

Dopo un paio di rapidi colpi riempì i miei boxer di sperma sotto lo sguardo compiaciuto di Valeria che vide la chiazza allargarsi sempre di più sulla stoffa.

"Eh sì...mi sa che con Chiara non scopi abbastanza" osservò ridendo.

Tirai su la zip e stavo per uscire dalla stanza.

"Aspetta...." Valeria mi fermò. "Dammi il cellulare", mi ordinò.

Non sapevo cosa volesse farci, ma obbedì. Ero totalmente in balia di quella ragazzina.

Valeria prese il mio cellulare in mano e digitò qualcosa. Quindi me lo restituì.

"Mi faccio sentire io, porco" mi sussurrò all'orecchio stampandomi un bacio sulla guancia prima di uscire dalla stanza.

Controllai rapidamente in rubrica. Era come pensavo. Valeria aveva salvato il suo numero. Il gioco non era ancora finito.
molto eccitante
 
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Alessio Lucci

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Dopo la notte di Natale aspettai per settimane che Valeria si facesse viva. Avevo il suo numero, è vero, ma era stata chiara. Fare il primo passo rischiava di rovinare tutto. A comandare il gioco era lei.

Il pensiero della sega che mi ero fatto nella sua stanza mentre mi guardava, con i suoi genitori e la mia compagna che ci aspettavano per il brindisi in sala da pranzo, era la fonte di innumerevoli seghe. Ogni giorno ero sempre più nervoso e irritabile, non vedevo l’ora di capire fino a dove si sarebbe spinta. Cosa mi avrebbe concesso.

Una sera, mentre guardavo un film sul divano con Chiara, sentì il classico suono di un messaggio WhatsApp. Afferrai distrattamente lo smartphone dal tavolino e aprì la chat. Sbiancai immediatamente e mi alzai di scatto.

“Ehi, che è successo?” mi chiese preoccupata Chiara stoppando il film su Netflix.

La guardai e provai a rasserenarla: “Tranquilla amore, solo un messaggio di lavoro molto urgente, vado a sbrigarmela di là. Tu continua pure a guardare il film”. Le stampai un bacio sulle labbra e corsi via chiudendomi nello studio.

Le mani mi tremavano. Riaprì la chat. Il selfie di Valeria, in intimo rosso a gambe larghe sul letto, era accompagnata da un breve ma chiarissimo messaggio: “Allora? Quante te ne sei fatte?”.

Pensai per qualche minuto a come risponderle in modo altrettanto diretto, ma senza esagerare. “Non sono mai abbastanza per te”, scrissi.

“Dove sei ora?”

“Nel mio studio, a casa”.

“Vai in camera da letto e aspetta le mie indicazioni”.

Obbedì anche stavolta all’ordine di Valeria. Quella ragazzina aveva su di me un ascendente pazzesco. Non potevo negarlo. E questa cosa mi eccitava ma allo stesso tempo iniziava a spaventarmi.

Attesi per una decina di minuta il messaggio di Valeria, sperando che Chiara non decidesse di mettersi a letto proprio in quel momento.

“Ci sei?” mi chiese Valeria

“Si”

“Mandami una foto”

Inviai la foto della camera da letto che dividevo ogni notte da cinque anni con Chiara.

“Bravo porco….ora devi spogliarti. Completamente nudo. E infilati sotto le coperte. Poi mandami un selfie”, mi ordinò Valeria.

Feci come mi aveva chiesto. Il cazzo era già durissimo.

“Ti piace giocare con me, eh? Bene. Ora voglio che ti fai una sega sdraiato nel vostro letto. Appena stai per venire avvisami”.

Iniziai a masturbarmi guardando il selfie in intimo che mi aveva inviato poco prima. Anche stavolta durai pochissimo, dopo meno di cinque minuti le scrissi: “Ci siamo”.

“Di già? Ok, ora riprenditi mentre sborri tra le lenzuola e mandami il video. Dimmi cosa stai immaginando mentre vieni nel tuo letto matrimoniale”.

La possibilità che Chiara capisse che ero venuto dentro il letto era forte, di lì a poco sarebbe sicuramente venuta in camera e non potevo certo cambiare le lenzuola a quell’ora. Ma non potevo neanche contraddire Valeria.

“Sto guardando la tua foto. Il tuo corpo perfetto. La tua espressione compiaciuta. Le tue labbra che mi fanno impazzire…Pagherei qualsiasi cifra per mettertelo tra le tette e poi dritto in bocca, fino ad affogarti con la mia sborraaaaa…aaahaah….vengo…..”.

Sborrai copiosamente sulle lenzuola azzurre, la chiazza bianca fu evidente per qualche secondo prima di sparire lasciando solo l’umido dello sperma. Quindi inviai il video a Valeria come mi aveva chiesto.

Attesi alcuni minuti. Ma nessuna risposta. Intanto provai ad asciugare come possibile le lenzuola. Poco dopo Chiara entrò in camera.

“Ma non dovevi risolvere una cosa urgente di lavoro? Sei già a letto?”.

“Sì, scusa amore, mi è venuto un fortissimo mal di testa improvviso e avevo bisogno di sdraiarmi”.

Chiara si infilò sotto le lenzuola. Le stesse lenzuola su cui pochi istanti prima avevo sborrato per Valeria. Mi diede un dolce bacio: “Buonanotte amore”. E spense la luce.

Io però non riuscivo a prendere sonno. Ad un certo punto vidi il mio smartphone poggiato sul comodino illuminarsi. Lo afferrai, mi alzai senza fare rumore e corsi a chiudermi in bagno.

Un messaggio di Valeria con la foto del suo culetto in perizoma in primo piano.

“Questo è il tuo premio, continua così e ne avrai molti altri”.
 

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Dopo la notte di Natale aspettai per settimane che Valeria si facesse viva. Avevo il suo numero, è vero, ma era stata chiara. Fare il primo passo rischiava di rovinare tutto. A comandare il gioco era lei.

Il pensiero della sega che mi ero fatto nella sua stanza mentre mi guardava, con i suoi genitori e la mia compagna che ci aspettavano per il brindisi in sala da pranzo, era la fonte di innumerevoli seghe. Ogni giorno ero sempre più nervoso e irritabile, non vedevo l’ora di capire fino a dove si sarebbe spinta. Cosa mi avrebbe concesso.

Una sera, mentre guardavo un film sul divano con Chiara, sentì il classico suono di un messaggio WhatsApp. Afferrai distrattamente lo smartphone dal tavolino e aprì la chat. Sbiancai immediatamente e mi alzai di scatto.

“Ehi, che è successo?” mi chiese preoccupata Chiara stoppando il film su Netflix.

La guardai e provai a rasserenarla: “Tranquilla amore, solo un messaggio di lavoro molto urgente, vado a sbrigarmela di là. Tu continua pure a guardare il film”. Le stampai un bacio sulle labbra e corsi via chiudendomi nello studio.

Le mani mi tremavano. Riaprì la chat. Il selfie di Valeria, in intimo rosso a gambe larghe sul letto, era accompagnata da un breve ma chiarissimo messaggio: “Allora? Quante te ne sei fatte?”.

Pensai per qualche minuto a come risponderle in modo altrettanto diretto, ma senza esagerare. “Non sono mai abbastanza per te”, scrissi.

“Dove sei ora?”

“Nel mio studio, a casa”.

“Vai in camera da letto e aspetta le mie indicazioni”.

Obbedì anche stavolta all’ordine di Valeria. Quella ragazzina aveva su di me un ascendente pazzesco. Non potevo negarlo. E questa cosa mi eccitava ma allo stesso tempo iniziava a spaventarmi.

Attesi per una decina di minuta il messaggio di Valeria, sperando che Chiara non decidesse di mettersi a letto proprio in quel momento.

“Ci sei?” mi chiese Valeria

“Si”

“Mandami una foto”

Inviai la foto della camera da letto che dividevo ogni notte da cinque anni con Chiara.

“Bravo porco….ora devi spogliarti. Completamente nudo. E infilati sotto le coperte. Poi mandami un selfie”, mi ordinò Valeria.

Feci come mi aveva chiesto. Il cazzo era già durissimo.

“Ti piace giocare con me, eh? Bene. Ora voglio che ti fai una sega sdraiato nel vostro letto. Appena stai per venire avvisami”.

Iniziai a masturbarmi guardando il selfie in intimo che mi aveva inviato poco prima. Anche stavolta durai pochissimo, dopo meno di cinque minuti le scrissi: “Ci siamo”.

“Di già? Ok, ora riprenditi mentre sborri tra le lenzuola e mandami il video. Dimmi cosa stai immaginando mentre vieni nel tuo letto matrimoniale”.

La possibilità che Chiara capisse che ero venuto dentro il letto era forte, di lì a poco sarebbe sicuramente venuta in camera e non potevo certo cambiare le lenzuola a quell’ora. Ma non potevo neanche contraddire Valeria.

“Sto guardando la tua foto. Il tuo corpo perfetto. La tua espressione compiaciuta. Le tue labbra che mi fanno impazzire…Pagherei qualsiasi cifra per mettertelo tra le tette e poi dritto in bocca, fino ad affogarti con la mia sborraaaaa…aaahaah….vengo…..”.

Sborrai copiosamente sulle lenzuola azzurre, la chiazza bianca fu evidente per qualche secondo prima di sparire lasciando solo l’umido dello sperma. Quindi inviai il video a Valeria come mi aveva chiesto.

Attesi alcuni minuti. Ma nessuna risposta. Intanto provai ad asciugare come possibile le lenzuola. Poco dopo Chiara entrò in camera.

“Ma non dovevi risolvere una cosa urgente di lavoro? Sei già a letto?”.

“Sì, scusa amore, mi è venuto un fortissimo mal di testa improvviso e avevo bisogno di sdraiarmi”.

Chiara si infilò sotto le lenzuola. Le stesse lenzuola su cui pochi istanti prima avevo sborrato per Valeria. Mi diede un dolce bacio: “Buonanotte amore”. E spense la luce.

Io però non riuscivo a prendere sonno. Ad un certo punto vidi il mio smartphone poggiato sul comodino illuminarsi. Lo afferrai, mi alzai senza fare rumore e corsi a chiudermi in bagno.

Un messaggio di Valeria con la foto del suo culetto in perizoma in primo piano.

“Questo è il tuo premio, continua così e ne avrai molti altri”.
Super eccitante che zoccolona valeria
 
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Valeria continuò a giocare con me come col gatto col topo per alcuni mesi. Ogni tanto un messaggino provocante, una foto sexy e l’ordine di toccarmi per lei.

La voglia di andare oltre, ovviamente, in me era sempre più forte ma ogni volta che le chiedevo timidamente un appuntamento mi rimbalzava puntualmente. “Segati, porco” era la sua risposta.

Ero talmente incazzato che a volte arrivai a pensare di dire tutto al padre. In fondo era sua figlia a provocarmi da vera troietta. Ma allo stesso tempo io le avevo sempre dato corda e non gli avrebbe certo fatto piacere sapere come giocavo con la sua ‘bambina’. Inoltre avrebbe potuto raccontarlo a Chiara, mandando a puttane il rapporto con la mia compagna per sempre.

Io amavo Chiara, su questo non avevo dubbi, ma ormai sempre più spesso mi capitava di fare l’amore con lei e pensare a Valeria. Quella ragazzina mi era letteralmente entrata nel sangue.

Il gioco tra me e Valeria, insomma, sembrava destinato a continuare in quel modo senza ulteriori sviluppi. Sembrava, appunto. Un pomeriggio, poco prima della pausa estiva, la figlia del mio socio si presentò di nuovo in ufficio con una scusa.

Quando la vidi entrare e salutare il padre sentì la salivazione azzerarsi improvvisamente e cominciai a sudare nonostante l’aria condizionata a palla.

Indossava una minigonna jeans che lasciava scoperte le sue cosce già leggermente abbronzate, occhiali da sole, camicetta bianca legata in vita che le strizzava le tette e sneakers. Sportiva ma estremamente sexy, come sempre.

Valeria entrò nella stanza del padre ma prima lanciò un rapido sguardo nella mia direzione, che intanto mi ero alzato dalla sedia avvicinandomi alla porta, facendomi un cenno di saluto. Mi bastò per sentire il cazzo indurirsi dentro i pantaloni.

Proprio mentre stavo pensando se fosse il caso di andare in bagno per sfogarmi sentì bussare.

“Disturbo?”, era Valeria.

Entrò nella mia stanza e si chiuse la porta alle sue spalle. La guardavo senza proferire parola. Non sapevo cosa dirle, ero imbambolato dalla sua bellezza.

“Che c’è? Perché mi guardi così? Senti ho parlato con papà, devo dirti una cosa”.

“Ok, dimmi…”

“Stasera devo andare in discoteca con una mia amica ma papà ha una cena di lavoro e non può accompagnarmi”

Non capivo dove volesse arrivare: “E allora?”.

“Allora mi accompagni tu” disse guardandomi negli occhi e leccandosi le labbra su cui spiccava il rossetto rosso fragola.

Mi alzai di scatto dalla sedia: “Non sono il tuo autista”.

Valeria si mise in piedi posizionandosi dietro di me, quindi allungò la mano sulla mia pancia scendendo lentamente verso la patta.

“No, sei solo un porco che vuole portarsi a letto una ragazzina da mesi” mi sussurrò all’orecchio sfiorandolo con le sue labbra.

Stavolta non potevo cedere. Mi allontanai, girandomi, e la presi per un braccio.

“Ora basta Valeria…”

Mi guardò interrogativa: “Davvero? Basta? Sei sicuro? Beh, peccato, avevo in mente un regalo molto speciale per te”.

“Che regalo?” le bastava così poco per attirare la mia attenzione…

“Eh no, così troppo facile, prima dimmi se accetti di accompagnarmi stasera”

La curiosità era troppo forte: “Ok, ti accompagno”.

Valeria sorrise beffarda, quindi prese la borsetta e fece per uscire.

“Bravo, non te ne pentirai” mi disse voltandosi un’ultima volta prima di andarsene lasciando la sua scia di profumo nella mia stanza.

Poco dopo corsi in bagno dedicandole l’ennesima sega.
 

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Valeria continuò a giocare con me come col gatto col topo per alcuni mesi. Ogni tanto un messaggino provocante, una foto sexy e l’ordine di toccarmi per lei.

La voglia di andare oltre, ovviamente, in me era sempre più forte ma ogni volta che le chiedevo timidamente un appuntamento mi rimbalzava puntualmente. “Segati, porco” era la sua risposta.

Ero talmente incazzato che a volte arrivai a pensare di dire tutto al padre. In fondo era sua figlia a provocarmi da vera troietta. Ma allo stesso tempo io le avevo sempre dato corda e non gli avrebbe certo fatto piacere sapere come giocavo con la sua ‘bambina’. Inoltre avrebbe potuto raccontarlo a Chiara, mandando a puttane il rapporto con la mia compagna per sempre.

Io amavo Chiara, su questo non avevo dubbi, ma ormai sempre più spesso mi capitava di fare l’amore con lei e pensare a Valeria. Quella ragazzina mi era letteralmente entrata nel sangue.

Il gioco tra me e Valeria, insomma, sembrava destinato a continuare in quel modo senza ulteriori sviluppi. Sembrava, appunto. Un pomeriggio, poco prima della pausa estiva, la figlia del mio socio si presentò di nuovo in ufficio con una scusa.

Quando la vidi entrare e salutare il padre sentì la salivazione azzerarsi improvvisamente e cominciai a sudare nonostante l’aria condizionata a palla.

Indossava una minigonna jeans che lasciava scoperte le sue cosce già leggermente abbronzate, occhiali da sole, camicetta bianca legata in vita che le strizzava le tette e sneakers. Sportiva ma estremamente sexy, come sempre.

Valeria entrò nella stanza del padre ma prima lanciò un rapido sguardo nella mia direzione, che intanto mi ero alzato dalla sedia avvicinandomi alla porta, facendomi un cenno di saluto. Mi bastò per sentire il cazzo indurirsi dentro i pantaloni.

Proprio mentre stavo pensando se fosse il caso di andare in bagno per sfogarmi sentì bussare.

“Disturbo?”, era Valeria.

Entrò nella mia stanza e si chiuse la porta alle sue spalle. La guardavo senza proferire parola. Non sapevo cosa dirle, ero imbambolato dalla sua bellezza.

“Che c’è? Perché mi guardi così? Senti ho parlato con papà, devo dirti una cosa”.

“Ok, dimmi…”

“Stasera devo andare in discoteca con una mia amica ma papà ha una cena di lavoro e non può accompagnarmi”

Non capivo dove volesse arrivare: “E allora?”.

“Allora mi accompagni tu” disse guardandomi negli occhi e leccandosi le labbra su cui spiccava il rossetto rosso fragola.

Mi alzai di scatto dalla sedia: “Non sono il tuo autista”.

Valeria si mise in piedi posizionandosi dietro di me, quindi allungò la mano sulla mia pancia scendendo lentamente verso la patta.

“No, sei solo un porco che vuole portarsi a letto una ragazzina da mesi” mi sussurrò all’orecchio sfiorandolo con le sue labbra.

Stavolta non potevo cedere. Mi allontanai, girandomi, e la presi per un braccio.

“Ora basta Valeria…”

Mi guardò interrogativa: “Davvero? Basta? Sei sicuro? Beh, peccato, avevo in mente un regalo molto speciale per te”.

“Che regalo?” le bastava così poco per attirare la mia attenzione…

“Eh no, così troppo facile, prima dimmi se accetti di accompagnarmi stasera”

La curiosità era troppo forte: “Ok, ti accompagno”.

Valeria sorrise beffarda, quindi prese la borsetta e fece per uscire.

“Bravo, non te ne pentirai” mi disse voltandosi un’ultima volta prima di andarsene lasciando la sua scia di profumo nella mia stanza.

Poco dopo corsi in bagno dedicandole l’ennesima sega.
Sempre piu porca valeria ma ho come il sospetto che il regalo non sara la sua figa
 
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Trovare una scusa con Chiara non era semplice. Avevo pochissimo tempo. Ma non potevo mancare all’appuntamento con Valeria. La curiosità di vedere quale fosse il regalo che mi aveva promesso era troppo forte.

Alla fine quindi riuscì a liberarmi inventando una cena di lavoro fuori città. Alle 23.30 mi presentai puntuale sotto casa di Valeria come da accordi presi su WhatsApp nel pomeriggio.

Era bella come sempre, più di sempre. Indossava un abitino rosso fuoco, gambe nude, tacchi alti. Truccata da vamp, scollatura generosa. Mani e piedi perfettamente curati e smaltati.

Appena salì l’auto si riempì del suo profumo di giovane femmina. Ci guardammo un attimo. Feci per baciarla sulla guancia, ma lei mi respinse.

“Ehi, calma, calma. Prima il dovere, poi il piacere…”

Che stronzetta, pensai.

Accesi il motore e partimmo direzione discoteca. I suoi amici la aspettavano sul posto. Il tragitto in auto durò circa mezzora. Per me fu un calvario. Riuscire a tenere lo sguardo sulla strada mentre Valeria era seduta accanto a me con le gambe accavallate e vestita da troietta, fu un’impresa titanica.

Valeria per tutto il tempo smanettò sul suo smartphone, probabilmente messaggiando con i ragazzi che la aspettavano davanti alla discoteca.

“Sei bellissima…” provai a dirle per rompere il silenzio.

Si voltò rapidamente verso di me, con quell’aria di sufficienza che mi faceva incazzare ed allo stesso tempo impazzire: “Lo so, ora guida che siamo già in ritardo”.

Arrivati nei pressi della discoteca mi ordinò di fermarmi circa 200 metri prima: “Non voglio che gli altri ti vedano”.

“Ok…a che ora ti vengo a prendere?”

Mi guardò di nuovo quasi schifata: “Perché? Hai impegni? Se vuoi il regalo mi aspetterai qui. Quando sono stanca ti raggiungo”.

Ero tentato di mandarla a quel paese e piantarla lì con i suoi capricci da bambina viziata. Ma volevo quel regalo, qualunque fosse, più di qualsiasi altra cosa al mondo.

“Ok” risposi rassegnato.

Scese dall’auto senza salutarmi, la guardai sculettare davanti a me finché non scomparve all’orizzonte. Ero duro ma stavolta non mi sarei accontentato di segarmi da solo.

Chiusi le sicure e reclinai leggermente il sedile aspettando il ritorno di Valeria.
 
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Mi ero appisolato sul sedile reclinato della mia auto quando intorno alle 3 sentì bussare al finestrino. Aprì gli occhi e vidi Valeria. Tolsi le sicure, la feci salire in auto e cercai di ricompormi rapidamente.

Lei scoppiò a ridere: “E tu vorresti scoparmi? Secondo me non duri neanche due minuti…”. Continuava a provocarmi. E io glielo lasciavo fare. Ero completamente succube di quella ragazzina.

Ora basta, pensai. Allungai una mano e provai a infilargliela in mezzo alle cosce. Valeria mi assestò un ceffone in piena faccia.

“Che cazzo fai, maiale?” urlò incazzata.

“Voglio il mio regalo, troia” gridai a mia volta.

Valeria sorrise: “Finalmente sembri un uomo…ora accendi l’auto e portami a casa”.

Durante il viaggio di ritorno Valeria si sfilò i tacchi, sistemò il sedile e allungò i piedi posandoli sul cruscotto. Era troppo sexy, cazzo, pensai.

Arrivammo sotto casa sua. Aspettavo ancora il mio regalo. Valeria rimise le scarpe e prese la borsetta, quindi fece per scendere.

La afferrai per un braccio: “E il mio regalo?”.

Sorrise beffarda: “Sali con me e prenditelo”.

“Ma che cazzo dici?” risposi incredulo.

“Ma come? Morivi dalla voglia di averlo e ora hai paura?”

Era quasi l’alba ormai, il mio socio e la moglie quasi certamente a quell’ora dormivano profondamente, ma entrare in casa loro con Valeria sarebbe stato troppo pericoloso. E se si fossero alzati per prendere un bicchiere d’acqua e mi avessero visto? Cosa gli avrei raccontato per giustificare la mia presenza?

“Come immaginavo…” disse improvvisamente Valeria aprendo la portiera.

La afferrai di nuovo: “Cosa immaginavi?”

Valeria si voltò guardandomi dritto negli occhi: “Non hai le palle”.

Era troppo. Ora te lo faccio vedere io se non ho le palle, puttana, pensai.

“Sali in auto” le ordinai. Riaccesi il motore e parcheggiai l’auto. Ci incamminammo insieme verso il portone di casa sua. Valeria prese le chiavi dalla borsetta, eravamo sul pianerottolo. Stavo facendo una pazzia, ma non potevo più tirarmi indietro.

Salimmo in ascensore. Valeria abitava al settimo piano di un elegante palazzo del centro storico. Arrivati al sesto bloccò l’ascensore.

“Che fai?” le chiesi stupito.

Scoppiò a ridere ancora: “Davvero credevi che ti avrei portato a casa? Sei pazzo?”.

La guardai. Si leccò leggermente le labbra e in un attimo era in ginocchio davanti a me.

“Ora stai zitto e goditi il tuo regalo, porco”.

Valeria mi abbassò la zip dei pantaloni e tirò fuori il cazzo. Era già semiduro. Mi guardò dritto negli occhi, quindi cominciò a masturbarmi lentamente.

“Fai così quando mi pensi, vero?” chiese.

Non ce la facevo più: “Succhiamelo, ti prego”. La implorai.

Uscì la lingua e toccò la cappella bagnata. Poi un bacio. Quindi infilò il mio cazzo duro tra le sue labbra.

Valeria mi stava facendo un pompino nell’ascensore del palazzo di casa sua. Era davvero brava. Sicuramente non era il primo. E neanche il secondo.

Dopo meno di cinque minuti sentì arrivare l’orgasmo. Valeria capì ma non mollò la presa. Le tenni la nuca con entrambe le mani mentre sborravo copiosamente nella sua bocca. Ero in paradiso.

Quando si rialzò aveva ancora alcune gocce di sperma sulle labbra. Ma la bocca era vuota. Aveva ingoiato tutto.

Valeria riazionò l’ascensore. Arrivati al settimo piano aprì la porta.

“Grazie per la colazione”, disse voltandosi un’ultima volta verso di me con quello sguardo da troietta che mi faceva impazzire.
 

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Trovare una scusa con Chiara non era semplice. Avevo pochissimo tempo. Ma non potevo mancare all’appuntamento con Valeria. La curiosità di vedere quale fosse il regalo che mi aveva promesso era troppo forte.

Alla fine quindi riuscì a liberarmi inventando una cena di lavoro fuori città. Alle 23.30 mi presentai puntuale sotto casa di Valeria come da accordi presi su WhatsApp nel pomeriggio.

Era bella come sempre, più di sempre. Indossava un abitino rosso fuoco, gambe nude, tacchi alti. Truccata da vamp, scollatura generosa. Mani e piedi perfettamente curati e smaltati.

Appena salì l’auto si riempì del suo profumo di giovane femmina. Ci guardammo un attimo. Feci per baciarla sulla guancia, ma lei mi respinse.

“Ehi, calma, calma. Prima il dovere, poi il piacere…”

Che stronzetta, pensai.

Accesi il motore e partimmo direzione discoteca. I suoi amici la aspettavano sul posto. Il tragitto in auto durò circa mezzora. Per me fu un calvario. Riuscire a tenere lo sguardo sulla strada mentre Valeria era seduta accanto a me con le gambe accavallate e vestita da troietta, fu un’impresa titanica.

Valeria per tutto il tempo smanettò sul suo smartphone, probabilmente messaggiando con i ragazzi che la aspettavano davanti alla discoteca.

“Sei bellissima…” provai a dirle per rompere il silenzio.

Si voltò rapidamente verso di me, con quell’aria di sufficienza che mi faceva incazzare ed allo stesso tempo impazzire: “Lo so, ora guida che siamo già in ritardo”.

Arrivati nei pressi della discoteca mi ordinò di fermarmi circa 200 metri prima: “Non voglio che gli altri ti vedano”.

“Ok…a che ora ti vengo a prendere?”

Mi guardò di nuovo quasi schifata: “Perché? Hai impegni? Se vuoi il regalo mi aspetterai qui. Quando sono stanca ti raggiungo”.

Ero tentato di mandarla a quel paese e piantarla lì con i suoi capricci da bambina viziata. Ma volevo quel regalo, qualunque fosse, più di qualsiasi altra cosa al mondo.

“Ok” risposi rassegnato.

Scese dall’auto senza salutarmi, la guardai sculettare davanti a me finché non scomparve all’orizzonte. Ero duro ma stavolta non mi sarei accontentato di segarmi da solo.

Chiusi le sicure e reclinai leggermente il sedile aspettando il ritorno di Valeria.

Mi ero appisolato sul sedile reclinato della mia auto quando intorno alle 3 sentì bussare al finestrino. Aprì gli occhi e vidi Valeria. Tolsi le sicure, la feci salire in auto e cercai di ricompormi rapidamente.

Lei scoppiò a ridere: “E tu vorresti scoparmi? Secondo me non duri neanche due minuti…”. Continuava a provocarmi. E io glielo lasciavo fare. Ero completamente succube di quella ragazzina.

Ora basta, pensai. Allungai una mano e provai a infilargliela in mezzo alle cosce. Valeria mi assestò un ceffone in piena faccia.

“Che cazzo fai, maiale?” urlò incazzata.

“Voglio il mio regalo, troia” gridai a mia volta.

Valeria sorrise: “Finalmente sembri un uomo…ora accendi l’auto e portami a casa”.

Durante il viaggio di ritorno Valeria si sfilò i tacchi, sistemò il sedile e allungò i piedi posandoli sul cruscotto. Era troppo sexy, cazzo, pensai.

Arrivammo sotto casa sua. Aspettavo ancora il mio regalo. Valeria rimise le scarpe e prese la borsetta, quindi fece per scendere.

La afferrai per un braccio: “E il mio regalo?”.

Sorrise beffarda: “Sali con me e prenditelo”.

“Ma che cazzo dici?” risposi incredulo.

“Ma come? Morivi dalla voglia di averlo e ora hai paura?”

Era quasi l’alba ormai, il mio socio e la moglie quasi certamente a quell’ora dormivano profondamente, ma entrare in casa loro con Valeria sarebbe stato troppo pericoloso. E se si fossero alzati per prendere un bicchiere d’acqua e mi avessero visto? Cosa gli avrei raccontato per giustificare la mia presenza?

“Come immaginavo…” disse improvvisamente Valeria aprendo la portiera.

La afferrai di nuovo: “Cosa immaginavi?”

Valeria si voltò guardandomi dritto negli occhi: “Non hai le palle”.

Era troppo. Ora te lo faccio vedere io se non ho le palle, puttana, pensai.

“Sali in auto” le ordinai. Riaccesi il motore e parcheggiai l’auto. Ci incamminammo insieme verso il portone di casa sua. Valeria prese le chiavi dalla borsetta, eravamo sul pianerottolo. Stavo facendo una pazzia, ma non potevo più tirarmi indietro.

Salimmo in ascensore. Valeria abitava al settimo piano di un elegante palazzo del centro storico. Arrivati al sesto bloccò l’ascensore.

“Che fai?” le chiesi stupito.

Scoppiò a ridere ancora: “Davvero credevi che ti avrei portato a casa? Sei pazzo?”.

La guardai. Si leccò leggermente le labbra e in un attimo era in ginocchio davanti a me.

“Ora stai zitto e goditi il tuo regalo, porco”.

Valeria mi abbassò la zip dei pantaloni e tirò fuori il cazzo. Era già semiduro. Mi guardò dritto negli occhi, quindi cominciò a masturbarmi lentamente.

“Fai così quando mi pensi, vero?” chiese.

Non ce la facevo più: “Succhiamelo, ti prego”. La implorai.

Uscì la lingua e toccò la cappella bagnata. Poi un bacio. Quindi infilò il mio cazzo duro tra le sue labbra.

Valeria mi stava facendo un pompino nell’ascensore del palazzo di casa sua. Era davvero brava. Sicuramente non era il primo. E neanche il secondo.

Dopo meno di cinque minuti sentì arrivare l’orgasmo. Valeria capì ma non mollò la presa. Le tenni la nuca con entrambe le mani mentre sborravo copiosamente nella sua bocca. Ero in paradiso.

Quando si rialzò aveva ancora alcune gocce di sperma sulle labbra. Ma la bocca era vuota. Aveva ingoiato tutto.

Valeria riazionò l’ascensore. Arrivati al settimo piano aprì la porta.

“Grazie per la colazione”, disse voltandosi un’ultima volta verso di me con quello sguardo da troietta che mi faceva impazzire.
Wow due capitoli super eccitanti valeria è stata davvero stronza però alla fine si è rivelata molto troia :love:
 
OP
Alessio Lucci

Alessio Lucci

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La notte del pompino rimase impressa per settimane nella mia testa. La speranza, ovviamente, era che tra me a Valeria non fosse finita lì ma per tutta l’estate lei non si fece più sentire.

Zero messaggi, zero foto. Niente di niente. Non mi restò che tornare a segarmi quasi giornalmente pensando al mio cazzo tra le sue labbra. Alla sua bocca piena del mio seme.

Finalmente però arrivò settembre. E con esso la riapertura dello studio che condividevo con Vittorio. Una sera, mentre scorrevo distrattamente lo smartphone sul divano per controllare le ultime mail di lavoro, sullo schermo comparve un messaggio.

“Devo parlarti”, scriveva Valeria.

Sbiancai, il cuore inizio a battermi all’impazzata mentre sentivo il cazzo muoversi sotto i pantaloni. La sbandata per quella ragazzina non mi era passata. Anzi. Cosa vorrà ancora da me? Qualsiasi cosa fosse non vedevo l’ora di scoprirlo, mi risposi.

“Passa domani in ufficio dopo le 18, saremo soli”.

“Ok….a domani”.

Nessun insulto, nessuna provocazione. Il tono dei messaggi di Valeria stavolta sembrava serio. Doveva essere successo qualcosa. Ovviamente non chiusi occhio tutta la notte ed il giorno dopo andai avanti a forza di caffè. Lavorai freneticamente, quasi se in quel modo il tempo potesse scorrere più velocemente.

Finalmente arrivarono le 18, Vittorio era andato via già da un’oretta. Quando sentì suonare il citofono aprì senza neppure chiedere chi fosse. Eccola, Valeria.

Soliti capelli ricci e ribelli lunghi sulla schiena, qualche colpo di sole. Trucco leggero, un miniabito bianco che faceva risaltare ancora di più il nero della sua pelle abbronzata. Ai piedi un paio di sandaletti alla schiava.

Si fermò un attimo sulla porta guardandomi, quasi imbarazzata. Poi si avvicinò e mi stampò un tenero bacio sulla guancia. La feci accomodare nel mio ufficio. Mi bastò che si sedesse di fronte a me sulla poltroncina accavallando le gambe per non capire più nulla.

“Ti ho pensata tanto, sai…” mi lasciai sfuggire.

Valeria abbassò gli occhi e sorrise. Era davvero diversa rispetto alla ragazzina che me lo aveva succhiato qualche mese fa nell’ascensore.

“Che c’è? Cosa volevi dirmi?” provai a chiederle.

Valeria mi guardò dritto negli occhi: “Scusami”.

“Per cosa?” chiesi incredulo.

“Non mi sono comportata bene con te. Lo sai…”.

Mentre pronunciava quella frase vidi una scintilla nei suoi occhi. Stava recitando. Era solo una messinscena per ottenere ciò che desiderava. Ancora una volta.

“Cosa vuoi da me?” chiesi diretto.

“Ok ok…andrò dritta al punto allora. Ho bisogno che parli con mio padre”.

“Di cosa?”

“Vuole obbligarmi a frequentare Economia e Commercio, ma io non ho alcuna intenzione di continuare a studiare” sbottò.

La guardai perplesso: “E che vorresti fare?”

“Sai, in questi mesi ho fatto alcuni casting per i vari talent. Tutti mi dicono che ho la stoffa per diventare una cantante. Ora ho trovato un’ottima scuola a Milano ma papà non vuole saperne” mi spiegò sbattendo le ciglia dei suoi occhi da gattina.

Ero perplesso: “Capisco, ma io cosa c’entro in tutto questo?”

“Tu puoi convincerlo!”

“Valeria….ma che dici? Qui parliamo del futuro di sua figlia, abbiamo un solido rapporto di amicizia che dura da anni, è vero. Ma questa è tutta un’altra storia…”

Improvvisamente vidi il suo sguardo cambiare: “Non vuoi aiutarmi quindi?”

“Non saprei come fare…” provai a giustificarmi.

Valeria prese la borsetta e si alzò di scatto dalla poltroncina: “Bene, allora gli spiegherai perché mandavi foto porno a sua figlia e te lo sei fatto succhiare dalla sua bambina”.

Mi alzai di scatto anche io e la raggiunsi: “Che stai dicendo?”

Si voltò verso di me, ora eravamo a pochi centimetri l’uno dall’altra: “Sto dicendo che se non mi aiuti gli mostrerò la nostra chat e gli racconto anche il resto. Lui si fida solo di te, sono sicura che puoi convincerlo”.

La guardai: “E se dovessi riuscirci cosa otterrei in cambio?”

Avvicinò le sue labbra al mio orecchio sussurrando: “Quello che hai sognato per tutta l’estate…. Pensaci…”

Mi stampò un altro bacio sulla guancia, ma molto diverso rispetto a quello con cui mi aveva salutato poco prima appena arrivata. Quindi si voltò ed uscì dal mio ufficio lasciando dietro di sé la solita scia di profumo.
 

maurizio71

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racconto bello ed intrigante e quei ricatti in cambio di cose rendono la situazione sempre piu accattivante ,dove se lui vuole deve solo obbedire ...e si sa tirano piu due peli di fica che un carro di buoi ;)
 

Mente78

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La notte del pompino rimase impressa per settimane nella mia testa. La speranza, ovviamente, era che tra me a Valeria non fosse finita lì ma per tutta l’estate lei non si fece più sentire.

Zero messaggi, zero foto. Niente di niente. Non mi restò che tornare a segarmi quasi giornalmente pensando al mio cazzo tra le sue labbra. Alla sua bocca piena del mio seme.

Finalmente però arrivò settembre. E con esso la riapertura dello studio che condividevo con Vittorio. Una sera, mentre scorrevo distrattamente lo smartphone sul divano per controllare le ultime mail di lavoro, sullo schermo comparve un messaggio.

“Devo parlarti”, scriveva Valeria.

Sbiancai, il cuore inizio a battermi all’impazzata mentre sentivo il cazzo muoversi sotto i pantaloni. La sbandata per quella ragazzina non mi era passata. Anzi. Cosa vorrà ancora da me? Qualsiasi cosa fosse non vedevo l’ora di scoprirlo, mi risposi.

“Passa domani in ufficio dopo le 18, saremo soli”.

“Ok….a domani”.

Nessun insulto, nessuna provocazione. Il tono dei messaggi di Valeria stavolta sembrava serio. Doveva essere successo qualcosa. Ovviamente non chiusi occhio tutta la notte ed il giorno dopo andai avanti a forza di caffè. Lavorai freneticamente, quasi se in quel modo il tempo potesse scorrere più velocemente.

Finalmente arrivarono le 18, Vittorio era andato via già da un’oretta. Quando sentì suonare il citofono aprì senza neppure chiedere chi fosse. Eccola, Valeria.

Soliti capelli ricci e ribelli lunghi sulla schiena, qualche colpo di sole. Trucco leggero, un miniabito bianco che faceva risaltare ancora di più il nero della sua pelle abbronzata. Ai piedi un paio di sandaletti alla schiava.

Si fermò un attimo sulla porta guardandomi, quasi imbarazzata. Poi si avvicinò e mi stampò un tenero bacio sulla guancia. La feci accomodare nel mio ufficio. Mi bastò che si sedesse di fronte a me sulla poltroncina accavallando le gambe per non capire più nulla.

“Ti ho pensata tanto, sai…” mi lasciai sfuggire.

Valeria abbassò gli occhi e sorrise. Era davvero diversa rispetto alla ragazzina che me lo aveva succhiato qualche mese fa nell’ascensore.

“Che c’è? Cosa volevi dirmi?” provai a chiederle.

Valeria mi guardò dritto negli occhi: “Scusami”.

“Per cosa?” chiesi incredulo.

“Non mi sono comportata bene con te. Lo sai…”.

Mentre pronunciava quella frase vidi una scintilla nei suoi occhi. Stava recitando. Era solo una messinscena per ottenere ciò che desiderava. Ancora una volta.

“Cosa vuoi da me?” chiesi diretto.

“Ok ok…andrò dritta al punto allora. Ho bisogno che parli con mio padre”.

“Di cosa?”

“Vuole obbligarmi a frequentare Economia e Commercio, ma io non ho alcuna intenzione di continuare a studiare” sbottò.

La guardai perplesso: “E che vorresti fare?”

“Sai, in questi mesi ho fatto alcuni casting per i vari talent. Tutti mi dicono che ho la stoffa per diventare una cantante. Ora ho trovato un’ottima scuola a Milano ma papà non vuole saperne” mi spiegò sbattendo le ciglia dei suoi occhi da gattina.

Ero perplesso: “Capisco, ma io cosa c’entro in tutto questo?”

“Tu puoi convincerlo!”

“Valeria….ma che dici? Qui parliamo del futuro di sua figlia, abbiamo un solido rapporto di amicizia che dura da anni, è vero. Ma questa è tutta un’altra storia…”

Improvvisamente vidi il suo sguardo cambiare: “Non vuoi aiutarmi quindi?”

“Non saprei come fare…” provai a giustificarmi.

Valeria prese la borsetta e si alzò di scatto dalla poltroncina: “Bene, allora gli spiegherai perché mandavi foto porno a sua figlia e te lo sei fatto succhiare dalla sua bambina”.

Mi alzai di scatto anche io e la raggiunsi: “Che stai dicendo?”

Si voltò verso di me, ora eravamo a pochi centimetri l’uno dall’altra: “Sto dicendo che se non mi aiuti gli mostrerò la nostra chat e gli racconto anche il resto. Lui si fida solo di te, sono sicura che puoi convincerlo”.

La guardai: “E se dovessi riuscirci cosa otterrei in cambio?”

Avvicinò le sue labbra al mio orecchio sussurrando: “Quello che hai sognato per tutta l’estate…. Pensaci…”

Mi stampò un altro bacio sulla guancia, ma molto diverso rispetto a quello con cui mi aveva salutato poco prima appena arrivata. Quindi si voltò ed uscì dal mio ufficio lasciando dietro di sé la solita scia di profumo.
La provocazione femminile sta alla base di ogni nostro stimolo......poi il profumo inebriante di una donna ha sempre il suo perché sopratutto a quell'età. Complimenti per il racconto.
 

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