K
ks421
Guest
Per correttezza verso il Sig. Patato e Slalom proseguo autonomamente immaginando la storia a modo mio. Non nascondo che conosco bene i 2 mondi, quello delle gallerie d' arte e quello del podismo, dove i 2 signori sopra avevano intenzione di ambientare il racconto.
Immagino che mi abbia colpito anche per quello.
La storia per certi versi è frutto della fantasia ma molte cose, anzi quasi tutte faranno riferimento a episodi reali a volte modificati se necessario per motivi di riservatezza, a volte no.
Per una migliore comprensione di tutta la vicenda questo è il prologo:
https://www.phica.eu/forums/forum/s...conto-su-laura
Parcheggiammo vicino alla piazza.
Aveva messo degli occhiali da sole, sembrava una trenentenne e non ci volle molto a capire che era compiaciuta di avere addosso gli occhi di tutti mentre ci avvicinavano al locale.
Scelse un tavolo in pieno sole, e una volta seduta non ero il solo a godermi quella mini che si era alzata.
Me la mangiavo con gli occhi e presto arrivò un' erezione fenomenale. Saperla senza intimo sotto quei pochi centimetri di stoffa mi faceva andare via di testa.
Mi diede tutta una serie di indicazioni molto perentorie; il tono da professoressa era insopportabile, ma la sapeva lunga, nessun dubbio su quello.
Stavo pensando al suo culo rosso, alla sua bocca e alla sua fica allagata quando il cameriere arrivò con i caffè. Era giovanissimo e rimase a bocca aperta quando si rese conto che non c'era poi molta differenza tra quella minigonna e il niente. Lei sorrideva affabile ma contemporaneamente tono e atteggiamento lasciavano trapelare grinta da vendere. Era un personaggio decisamente interessante; secondo me il marito schiacciato da tanta personalità si era rifugiato in Svizzera per respirare un po'. Non doveva essere facile viverci insieme; che fosse bellissima e che a letto fosse una bomba alla lunga non doveva essere sufficiente per restare a casa.
Mi stavo accendendo una sigaretta quando mi chiese se avevo domande o dubbi. Risposi che no, non avevo domande e che il suo programma per quanto impegnativo non lo consideravo irrealizzabile. Aggiunse "lo spero bene", disse poi che faceva quella vita da quasi 20 anni e che sapeva come muoversi. "Non siamo a vendere il pane", disse mentre scriveva rapidamente al telefono, "bisogna fare le cose giuste al momento giusto e senza contatti adeguati in questo mondo non si va da nessuna parte. Ho visto talenti strepitosi fare una brutta fine, e ho visto delle schiappe balzare agli onori delle cronache. Chi non ha senso pratico è destinato al fallimento e non ci sono seconde possibilità".
Da come guardava la sigaretta intuii che era una ex fumatrice. Le chiesi da quanto tempo avesse smesso ma la risposta mi sorprese. Non ho mai smesso disse, mi concedo una o due sigarette ogni tanto, ma in genere un pacchetto mi basta per settimane.
Quando le feci notare che immaginavo il mondo del podismo come una congrega di salutisti scoppiò a ridere. Le chiesi se avessi appena detto la cazzata del secolo. Cambiò la gamba accavallata facendomi vedere chiaramente la fica, dicendo che anche alle corsette di paese la cosa più sana che girava erano le anfetamine per non parlare poi di quello che facevano a casa. Sapevo bene di cosa parlava, in passato avevo fatto una cinquantina di corse in bicicletta sia su strada che su pista. Ricordavo la mia ultima corsa, era in Toscana; avevo meno di venti anni e poco prima della partenza erano tanti quelli che si facevano delle iniezioni dietro una siepe. Più tardi, su una salita micidiale volavano tutti, anche quelli che in genere arrivavano merdesimi o giù di lì. Rimasi disgustato, nei primi anni 90 non si salvavano nemmeno le apparenze. La mia carriera di ciclista finì lì.
Pensavo alla sborrata di poco prima ma non potei non chiederle: "e te?"; la risposta, dopo una piccola esitazione, fu: "sono una ragazza pratica, non vivo nel mondo dei sogni. Non amo gli eccessi ma in guerra ci vado armata". Difficile darle torto, mai dubitato neanche per un istante che fosse una sprovveduta.
"Anche io", aggiunsi, "sono estremamente pratico, e ho una gran voglia di scoparti ancora, anzi non solo scopare, ho un bel programma per te".
Non avevo più nessun timore a parlare chiaro, non era certo una che girava intorno alle cose e ancora una volta i fatti mi diedero ragione. Alzò una gamba mettendo il tacco sulla sedia e divaricando impercettibilmente le gambe.
La visione era celestiale e dissi: "torniamo allo studio, questa volta ti apro il culo".
Guardò il suo orologio, un vecchio Citizen Diver, disse ok ma che bisognava fare in fretta perché doveva presenziare alla presentazione di un libro da lì a qualche ora, poi aveva in programma una cena in un'altra città.
La cena, commentò mentre tornavamo verso le auto, sarebbe stata molto interessante perché i padroni di casa erano una coppia sulla settantina che amava circondarsi di persone non banali e spesso molto influenti. Meglio esserci che non esserci sentenziò. Poi aggiunse ridendo che il padrone di casa aveva un debole per lei, chissà perché disse con un sorriso malizioso.
Salimmo sulla sua Range Rover bianca, ora aveva la fica in bella vista una volta allungata una mano sentii che era sempre un lago.
Le chiesi quanto costasse un' auto del genere. "Abbastanza" rispose, poi passai all'orologio. Mi sarei aspettato di vedere ben altro al suo polso, la risposta fu immediata. Aveva quell' orologio da tempo, era appartenuto al suo "maestro", un uomo molto più grande di lei che l'aveva aiutata parecchio dopo l'università. Era il suo portafortuna e non se ne separava mai; ne aveva viste tante con il vecchio proprietario aggiunse pensierosa; non dubitavo che ne avesse viste tante anche con lei. Mi sorprese che avesse bisogno di un portafortuna, in futuro avrei cercato di saperne di più.
Intanto era sempre più bagnata e guidare con un uomo che toccava la fica sembrava la cosa più naturale del mondo.
Immagino che mi abbia colpito anche per quello.
La storia per certi versi è frutto della fantasia ma molte cose, anzi quasi tutte faranno riferimento a episodi reali a volte modificati se necessario per motivi di riservatezza, a volte no.
Per una migliore comprensione di tutta la vicenda questo è il prologo:
https://www.phica.eu/forums/forum/s...conto-su-laura
Parcheggiammo vicino alla piazza.
Aveva messo degli occhiali da sole, sembrava una trenentenne e non ci volle molto a capire che era compiaciuta di avere addosso gli occhi di tutti mentre ci avvicinavano al locale.
Scelse un tavolo in pieno sole, e una volta seduta non ero il solo a godermi quella mini che si era alzata.
Me la mangiavo con gli occhi e presto arrivò un' erezione fenomenale. Saperla senza intimo sotto quei pochi centimetri di stoffa mi faceva andare via di testa.
Mi diede tutta una serie di indicazioni molto perentorie; il tono da professoressa era insopportabile, ma la sapeva lunga, nessun dubbio su quello.
Stavo pensando al suo culo rosso, alla sua bocca e alla sua fica allagata quando il cameriere arrivò con i caffè. Era giovanissimo e rimase a bocca aperta quando si rese conto che non c'era poi molta differenza tra quella minigonna e il niente. Lei sorrideva affabile ma contemporaneamente tono e atteggiamento lasciavano trapelare grinta da vendere. Era un personaggio decisamente interessante; secondo me il marito schiacciato da tanta personalità si era rifugiato in Svizzera per respirare un po'. Non doveva essere facile viverci insieme; che fosse bellissima e che a letto fosse una bomba alla lunga non doveva essere sufficiente per restare a casa.
Mi stavo accendendo una sigaretta quando mi chiese se avevo domande o dubbi. Risposi che no, non avevo domande e che il suo programma per quanto impegnativo non lo consideravo irrealizzabile. Aggiunse "lo spero bene", disse poi che faceva quella vita da quasi 20 anni e che sapeva come muoversi. "Non siamo a vendere il pane", disse mentre scriveva rapidamente al telefono, "bisogna fare le cose giuste al momento giusto e senza contatti adeguati in questo mondo non si va da nessuna parte. Ho visto talenti strepitosi fare una brutta fine, e ho visto delle schiappe balzare agli onori delle cronache. Chi non ha senso pratico è destinato al fallimento e non ci sono seconde possibilità".
Da come guardava la sigaretta intuii che era una ex fumatrice. Le chiesi da quanto tempo avesse smesso ma la risposta mi sorprese. Non ho mai smesso disse, mi concedo una o due sigarette ogni tanto, ma in genere un pacchetto mi basta per settimane.
Quando le feci notare che immaginavo il mondo del podismo come una congrega di salutisti scoppiò a ridere. Le chiesi se avessi appena detto la cazzata del secolo. Cambiò la gamba accavallata facendomi vedere chiaramente la fica, dicendo che anche alle corsette di paese la cosa più sana che girava erano le anfetamine per non parlare poi di quello che facevano a casa. Sapevo bene di cosa parlava, in passato avevo fatto una cinquantina di corse in bicicletta sia su strada che su pista. Ricordavo la mia ultima corsa, era in Toscana; avevo meno di venti anni e poco prima della partenza erano tanti quelli che si facevano delle iniezioni dietro una siepe. Più tardi, su una salita micidiale volavano tutti, anche quelli che in genere arrivavano merdesimi o giù di lì. Rimasi disgustato, nei primi anni 90 non si salvavano nemmeno le apparenze. La mia carriera di ciclista finì lì.
Pensavo alla sborrata di poco prima ma non potei non chiederle: "e te?"; la risposta, dopo una piccola esitazione, fu: "sono una ragazza pratica, non vivo nel mondo dei sogni. Non amo gli eccessi ma in guerra ci vado armata". Difficile darle torto, mai dubitato neanche per un istante che fosse una sprovveduta.
"Anche io", aggiunsi, "sono estremamente pratico, e ho una gran voglia di scoparti ancora, anzi non solo scopare, ho un bel programma per te".
Non avevo più nessun timore a parlare chiaro, non era certo una che girava intorno alle cose e ancora una volta i fatti mi diedero ragione. Alzò una gamba mettendo il tacco sulla sedia e divaricando impercettibilmente le gambe.
La visione era celestiale e dissi: "torniamo allo studio, questa volta ti apro il culo".
Guardò il suo orologio, un vecchio Citizen Diver, disse ok ma che bisognava fare in fretta perché doveva presenziare alla presentazione di un libro da lì a qualche ora, poi aveva in programma una cena in un'altra città.
La cena, commentò mentre tornavamo verso le auto, sarebbe stata molto interessante perché i padroni di casa erano una coppia sulla settantina che amava circondarsi di persone non banali e spesso molto influenti. Meglio esserci che non esserci sentenziò. Poi aggiunse ridendo che il padrone di casa aveva un debole per lei, chissà perché disse con un sorriso malizioso.
Salimmo sulla sua Range Rover bianca, ora aveva la fica in bella vista una volta allungata una mano sentii che era sempre un lago.
Le chiesi quanto costasse un' auto del genere. "Abbastanza" rispose, poi passai all'orologio. Mi sarei aspettato di vedere ben altro al suo polso, la risposta fu immediata. Aveva quell' orologio da tempo, era appartenuto al suo "maestro", un uomo molto più grande di lei che l'aveva aiutata parecchio dopo l'università. Era il suo portafortuna e non se ne separava mai; ne aveva viste tante con il vecchio proprietario aggiunse pensierosa; non dubitavo che ne avesse viste tante anche con lei. Mi sorprese che avesse bisogno di un portafortuna, in futuro avrei cercato di saperne di più.
Intanto era sempre più bagnata e guidare con un uomo che toccava la fica sembrava la cosa più naturale del mondo.
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