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Micro bikini a parte, l'atavica sindrome serale del brutto anatroccolo e le temperature ancora fresche del mese di Giugno all'imbrunire, di sicuro non consentivano al guardaroba di Diana di spiccare per audacia e oscenità; qualche paio di jeans tutt'altro che attillati, altri pantaloni di cotone assai poco femminili, tute immancabili, felpe, cardigan e maglioncini, il tutto rigorosamente antiuomo. Qualche possibile spiraglio di accattivante speranza poteva essere riposto soltanto in due o tre t-shirts più scollate, leggere o trasparenti che avrebbero sortito il loro scandaloso effetto di impudicizia, in assenza del reggiseno. Ma dubitavo fortemente che la freddolosa Diana rinunciasse a coprirsi a dovere quella sera, rischiando di gelare o di ammalarsi in nome di una trasgressione inedita e dall'esito incerto.
Mi chiusi in bagno con l'intento di infilarmi sotto la doccia, ma prima che lo scrosciare dell'acqua mi impedisse di distinguere qualsiasi rumore in casa, avvicinai l'orecchio alla porta: sentii distintamente un cassetto del comò aprirsi ma non richiudersi se non dopo lunghi istanti. Stessa operazione e medesimi tempi per il secondo cassetto: la mia immaginazione delineava il volto indeciso ed impacciato di Diana nell'arrabattato tentativo di improvvisare un abbigliamento sexy con le poche scelte a disposizione, peraltro inadatte allo scopo. Pur di lasciarle tutto il tempo necessario per prepararsi al meglio e senza prevedibili affanni, mi dilungai oltremodo nella mia toelettatura. Troppo, forse: quando mi decisi finalmente ad uscire dal bagno, lei era già prontissima, in tenuta pressoché invernale.
"Scusami, amore, ma di sera è proprio impossibile alleggerirsi, per il momento: sono uscita un attimo fuori e l'aria è già fresca, immagina cosa potrà essere sul lungomare all'ora di cena: mi dispiace, questo è un giochino che farò volentieri, ma ad Agosto. Per adesso è improponibile, rischio veramente una broncopolmonite, cerca di capire ed accontentati di ciò che hai visto in spiaggia, non mi sembra poco!"
Effettivamente non potevo davvero lamentarmi della giornata, nonostante la visione dell'outfit scelto da Diana per la cena provocasse in me un certo sconforto ed un'innegabile disillusione: jeans pesante e larghissimo e felpa nera di cotone con cappuccio e cerniera, per giunta a collo alto, sormontata da un leggero giubbino a vento di colore bianco.
Mi aspettavo di cenare nuovamente nell'ottimo ristorantino già provato alcuni giorni prima; Diana, invece, volle percorrere l'intero viale su cui si susseguiva la maggior parte dei locali della piccola frazione balneare. Non molti, in realtà ed assiepati in meno di 200 metri di strada che dominava sulla spiaggia cittadina. L'effettiva frescura della sera non incoraggiava a mangiare all'aperto, nemmeno sotto i pergolati o i tendoni su strada attrezzati dai gestori. Solo pochi tavoli occupati prevalentemente da indomiti stranieri ancora in abiti da spiaggia o da trekking, noncuranti della brezza pungente che dal mare puntava dritta dritta sui loro colli scoperti.
Diana mirava con sguardi profondi e concentrati la sala interna di ogni singolo locale, rallentando il passo quasi fino a fermarsi davanti all'entrata di ognuno di essi. Faticavo a comprendere le sue intenzioni in un comportamento così insolito: necessità di scorgere un posticino ideale al chiuso, al riparo dal vento? O magari voglia di mangiare qualcosa in particolare, che potesse essere intravisto e valutato nel piatto di qualche commensale? Quasi alla fine del percorso, notai che però il suo interesse si focalizzava prevalentemente sui camerieri: personale di servizio al femminile, oppure misto, oppure solo maschile ma di età medio/alta scatenava una decisa bocciatura, evidenziata dalla riattivazione di un passeggio accelerato. Al contrario, davanti agli unici due locali alle cui dipendenze comparivano solo giovani ragazzi, mi pareva evidente si fosse verificato un soffermarsi più analitico e indagatore. Terminata la schiera dei ristoranti, Diana si voltò bruscamente e iniziò a tornare indietro, regalandomi un sorriso ambiguo e burlone:
"Stasera mi andrebbe una pizza al calduccio, ma buttiamo ancora un occhio per scegliere meglio, almeno, camminando camminando, la fame aumenta..."
I ristoranti già scartati nel primo giro di perlustrazione non vennero nemmeno considerati, mentre una breve sosta avvenne, strana coincidenza, proprio davanti all'ingresso di una trattoria nella quale un ragazzo piacente si destreggiava con disinvoltura tra un tavolo e l'altro a ritmi vertiginosi.
"Carino questo posto, ma credo non facciano pizza, vedo che tutti stanno mangiando antipasti o secondi piatti..."
Notai il menu esposto in una piccola bacheca seminascosta da una rigogliosa pianta rampicante: "Si, è vero: niente pizza qui, ma mi sembra di averne intraviste in uno dei primi locali, se non sbaglio"
"Non sbagli, anch'io ho notato delle belle pizze laggiù, andiamo a vedere se c'è posto all'interno, altrimenti chiederemo un asporto e le mangeremo a casa."
Convinti e concordi, raggiungemmo la pizzeria senza perdere ulteriore tempo. La metratura dell'unica sala interna era decisamente più ampia di quanto apparisse da fuori: l'aspetto più curioso che colpì entrambi in maniera istantanea fu l'occupazione totale e quasi selvaggia dei tavoli posizionati sul lato sinistro, mentre la parte destra del locale si presentava completamente e desolatamente vuota. In attesa di essere accolti dal personale, ci guardammo interrogandoci a vicenda sul perché di una simile stranezza: maggiore comodità per i camerieri nel radunare tutta la clientela in un'unica zona, sia per il servizio in sala sia per le pulizie finali? Ci sembrava questa l'ipotesi più credibile. Ma una stramberia del genere non era semplice da comprendere e motivare.
Dalla folla, si staccò in maniera non troppo reattiva un distinto ed abbronzato giovanotto, non proprio bellissimo, con in mano il suo block notes per le ordinazioni.
"Salve ragazzi, avete per caso prenotato?"
"No", rispose Diana in maniera perentoria e suadente. "Ma ti prego, non mandarci via perché abbiamo una fame da lupi e personalmente mi gradisce il tepore di questa sala, fuori fa un freddo cane"
Il ragazzo dimostrò subito un'apprezzabile e spigliata intraprendenza.
"Tranquilla, non avrei mai cacciato una giovane affamata ed infreddolita, sei la benvenuta: ma devo chiederti la cortesia di scegliere un tavolo da questa parte perché quelli alla vostra sinistra sono tutti prenotati".
"Nessun problema, anzi: meglio così, non amo mangiare in mezzo alla confusione", rispose Diana. "Ma toglimi una curiosità: a cosa è dovuto questo abisso di densità e presenze umane tra il lato sinistro ed il lato destro del locale?"
Il ragazzo sorrise divertito, senza offendersi per una battuta pronunciata con una buona dose di ironia canzonatoria: "Hai ragione, immagino che il contrasto sia evidente appena si entra: è solo per una questione pratica per noi umili servitori, lavoriamo meglio in un ambiente meno dispersivo. Ovviamente questa disposizione è possibile fino a Giugno, mentre a Luglio ed Agosto la sala che vedete diventa una giungla impazzita e fuori controllo".
Per proteggersi da qualunque sgradito spiffero di aria fredda, Diana scelse il tavolo più distante dalla porta d'entrata, ma posizionato quasi frontalmente ad un caratteristico muretto in pietra che segnava il confine con la postazione rialzata del forno a legna che in un primo momento non avevo notato.
Dall'alto della sua dominante collocazione, il pizzaiolo di bell'aspetto, apparentemente prossimo alla quarantina, ci salutò con disinvoltura e simpatia, chiedendoci immediatamente da dove provenissimo.
"Se fuori hai sentito freddo, non potevi scegliere un tavolo migliore: non impiegherai molto a scaldarti con questo forno davanti, vedrai..."
"Beh, lo spero davvero: effettivamente va già molto meglio..."
"Ma pensaci bene prima di sederti: sei ancora in tempo a cambiare tavolo: tra poco soffocherai se ti fermi qui: questo tavolo è richiestissimo in inverno, mentre d'Estate non viene occupato quasi mai"
"Capisco, capisco, ma tu non sai ancora con chi hai a che fare: io dormo con la coperta di lana anche a Ferragosto, quindi immagina quanto mi piaccia stare al caldo... e poi mal che vada mi spoglierò anche qui!!"
"Anche qui!?!?" sottolineò il pizzaiolo, sgranando gli occhi divertito, prima di proseguire con tono scherzoso e frizzante: "Non vorrei sembrare irriguardoso, ma hai appena affermato qualcosa che non può lasciare indifferenti e mi stai incuriosendo. Quindi perdonami per la domanda un tantino sfacciata, ma... hai l'abitudine di spogliarti nei ristoranti!?!? Se è così, ti assumo subito!!!!!"
Micro bikini a parte, l'atavica sindrome serale del brutto anatroccolo e le temperature ancora fresche del mese di Giugno all'imbrunire, di sicuro non consentivano al guardaroba di Diana di spiccare per audacia e oscenità; qualche paio di jeans tutt'altro che attillati, altri pantaloni di cotone assai poco femminili, tute immancabili, felpe, cardigan e maglioncini, il tutto rigorosamente antiuomo. Qualche possibile spiraglio di accattivante speranza poteva essere riposto soltanto in due o tre t-shirts più scollate, leggere o trasparenti che avrebbero sortito il loro scandaloso effetto di impudicizia, in assenza del reggiseno. Ma dubitavo fortemente che la freddolosa Diana rinunciasse a coprirsi a dovere quella sera, rischiando di gelare o di ammalarsi in nome di una trasgressione inedita e dall'esito incerto.
Mi chiusi in bagno con l'intento di infilarmi sotto la doccia, ma prima che lo scrosciare dell'acqua mi impedisse di distinguere qualsiasi rumore in casa, avvicinai l'orecchio alla porta: sentii distintamente un cassetto del comò aprirsi ma non richiudersi se non dopo lunghi istanti. Stessa operazione e medesimi tempi per il secondo cassetto: la mia immaginazione delineava il volto indeciso ed impacciato di Diana nell'arrabattato tentativo di improvvisare un abbigliamento sexy con le poche scelte a disposizione, peraltro inadatte allo scopo. Pur di lasciarle tutto il tempo necessario per prepararsi al meglio e senza prevedibili affanni, mi dilungai oltremodo nella mia toelettatura. Troppo, forse: quando mi decisi finalmente ad uscire dal bagno, lei era già prontissima, in tenuta pressoché invernale.
"Scusami, amore, ma di sera è proprio impossibile alleggerirsi, per il momento: sono uscita un attimo fuori e l'aria è già fresca, immagina cosa potrà essere sul lungomare all'ora di cena: mi dispiace, questo è un giochino che farò volentieri, ma ad Agosto. Per adesso è improponibile, rischio veramente una broncopolmonite, cerca di capire ed accontentati di ciò che hai visto in spiaggia, non mi sembra poco!"
Effettivamente non potevo davvero lamentarmi della giornata, nonostante la visione dell'outfit scelto da Diana per la cena provocasse in me un certo sconforto ed un'innegabile disillusione: jeans pesante e larghissimo e felpa nera di cotone con cappuccio e cerniera, per giunta a collo alto, sormontata da un leggero giubbino a vento di colore bianco.
Mi aspettavo di cenare nuovamente nell'ottimo ristorantino già provato alcuni giorni prima; Diana, invece, volle percorrere l'intero viale su cui si susseguiva la maggior parte dei locali della piccola frazione balneare. Non molti, in realtà ed assiepati in meno di 200 metri di strada che dominava sulla spiaggia cittadina. L'effettiva frescura della sera non incoraggiava a mangiare all'aperto, nemmeno sotto i pergolati o i tendoni su strada attrezzati dai gestori. Solo pochi tavoli occupati prevalentemente da indomiti stranieri ancora in abiti da spiaggia o da trekking, noncuranti della brezza pungente che dal mare puntava dritta dritta sui loro colli scoperti.
Diana mirava con sguardi profondi e concentrati la sala interna di ogni singolo locale, rallentando il passo quasi fino a fermarsi davanti all'entrata di ognuno di essi. Faticavo a comprendere le sue intenzioni in un comportamento così insolito: necessità di scorgere un posticino ideale al chiuso, al riparo dal vento? O magari voglia di mangiare qualcosa in particolare, che potesse essere intravisto e valutato nel piatto di qualche commensale? Quasi alla fine del percorso, notai che però il suo interesse si focalizzava prevalentemente sui camerieri: personale di servizio al femminile, oppure misto, oppure solo maschile ma di età medio/alta scatenava una decisa bocciatura, evidenziata dalla riattivazione di un passeggio accelerato. Al contrario, davanti agli unici due locali alle cui dipendenze comparivano solo giovani ragazzi, mi pareva evidente si fosse verificato un soffermarsi più analitico e indagatore. Terminata la schiera dei ristoranti, Diana si voltò bruscamente e iniziò a tornare indietro, regalandomi un sorriso ambiguo e burlone:
"Stasera mi andrebbe una pizza al calduccio, ma buttiamo ancora un occhio per scegliere meglio, almeno, camminando camminando, la fame aumenta..."
I ristoranti già scartati nel primo giro di perlustrazione non vennero nemmeno considerati, mentre una breve sosta avvenne, strana coincidenza, proprio davanti all'ingresso di una trattoria nella quale un ragazzo piacente si destreggiava con disinvoltura tra un tavolo e l'altro a ritmi vertiginosi.
"Carino questo posto, ma credo non facciano pizza, vedo che tutti stanno mangiando antipasti o secondi piatti..."
Notai il menu esposto in una piccola bacheca seminascosta da una rigogliosa pianta rampicante: "Si, è vero: niente pizza qui, ma mi sembra di averne intraviste in uno dei primi locali, se non sbaglio"
"Non sbagli, anch'io ho notato delle belle pizze laggiù, andiamo a vedere se c'è posto all'interno, altrimenti chiederemo un asporto e le mangeremo a casa."
Convinti e concordi, raggiungemmo la pizzeria senza perdere ulteriore tempo. La metratura dell'unica sala interna era decisamente più ampia di quanto apparisse da fuori: l'aspetto più curioso che colpì entrambi in maniera istantanea fu l'occupazione totale e quasi selvaggia dei tavoli posizionati sul lato sinistro, mentre la parte destra del locale si presentava completamente e desolatamente vuota. In attesa di essere accolti dal personale, ci guardammo interrogandoci a vicenda sul perché di una simile stranezza: maggiore comodità per i camerieri nel radunare tutta la clientela in un'unica zona, sia per il servizio in sala sia per le pulizie finali? Ci sembrava questa l'ipotesi più credibile. Ma una stramberia del genere non era semplice da comprendere e motivare.
Dalla folla, si staccò in maniera non troppo reattiva un distinto ed abbronzato giovanotto, non proprio bellissimo, con in mano il suo block notes per le ordinazioni.
"Salve ragazzi, avete per caso prenotato?"
"No", rispose Diana in maniera perentoria e suadente. "Ma ti prego, non mandarci via perché abbiamo una fame da lupi e personalmente mi gradisce il tepore di questa sala, fuori fa un freddo cane"
Il ragazzo dimostrò subito un'apprezzabile e spigliata intraprendenza.
"Tranquilla, non avrei mai cacciato una giovane affamata ed infreddolita, sei la benvenuta: ma devo chiederti la cortesia di scegliere un tavolo da questa parte perché quelli alla vostra sinistra sono tutti prenotati".
"Nessun problema, anzi: meglio così, non amo mangiare in mezzo alla confusione", rispose Diana. "Ma toglimi una curiosità: a cosa è dovuto questo abisso di densità e presenze umane tra il lato sinistro ed il lato destro del locale?"
Il ragazzo sorrise divertito, senza offendersi per una battuta pronunciata con una buona dose di ironia canzonatoria: "Hai ragione, immagino che il contrasto sia evidente appena si entra: è solo per una questione pratica per noi umili servitori, lavoriamo meglio in un ambiente meno dispersivo. Ovviamente questa disposizione è possibile fino a Giugno, mentre a Luglio ed Agosto la sala che vedete diventa una giungla impazzita e fuori controllo".
Per proteggersi da qualunque sgradito spiffero di aria fredda, Diana scelse il tavolo più distante dalla porta d'entrata, ma posizionato quasi frontalmente ad un caratteristico muretto in pietra che segnava il confine con la postazione rialzata del forno a legna che in un primo momento non avevo notato.
Dall'alto della sua dominante collocazione, il pizzaiolo di bell'aspetto, apparentemente prossimo alla quarantina, ci salutò con disinvoltura e simpatia, chiedendoci immediatamente da dove provenissimo.
"Se fuori hai sentito freddo, non potevi scegliere un tavolo migliore: non impiegherai molto a scaldarti con questo forno davanti, vedrai..."
"Beh, lo spero davvero: effettivamente va già molto meglio..."
"Ma pensaci bene prima di sederti: sei ancora in tempo a cambiare tavolo: tra poco soffocherai se ti fermi qui: questo tavolo è richiestissimo in inverno, mentre d'Estate non viene occupato quasi mai"
"Capisco, capisco, ma tu non sai ancora con chi hai a che fare: io dormo con la coperta di lana anche a Ferragosto, quindi immagina quanto mi piaccia stare al caldo... e poi mal che vada mi spoglierò anche qui!!"
"Anche qui!?!?" sottolineò il pizzaiolo, sgranando gli occhi divertito, prima di proseguire con tono scherzoso e frizzante: "Non vorrei sembrare irriguardoso, ma hai appena affermato qualcosa che non può lasciare indifferenti e mi stai incuriosendo. Quindi perdonami per la domanda un tantino sfacciata, ma... hai l'abitudine di spogliarti nei ristoranti!?!? Se è così, ti assumo subito!!!!!"
Mi chiusi in bagno con l'intento di infilarmi sotto la doccia, ma prima che lo scrosciare dell'acqua mi impedisse di distinguere qualsiasi rumore in casa, avvicinai l'orecchio alla porta: sentii distintamente un cassetto del comò aprirsi ma non richiudersi se non dopo lunghi istanti. Stessa operazione e medesimi tempi per il secondo cassetto: la mia immaginazione delineava il volto indeciso ed impacciato di Diana nell'arrabattato tentativo di improvvisare un abbigliamento sexy con le poche scelte a disposizione, peraltro inadatte allo scopo. Pur di lasciarle tutto il tempo necessario per prepararsi al meglio e senza prevedibili affanni, mi dilungai oltremodo nella mia toelettatura. Troppo, forse: quando mi decisi finalmente ad uscire dal bagno, lei era già prontissima, in tenuta pressoché invernale.
"Scusami, amore, ma di sera è proprio impossibile alleggerirsi, per il momento: sono uscita un attimo fuori e l'aria è già fresca, immagina cosa potrà essere sul lungomare all'ora di cena: mi dispiace, questo è un giochino che farò volentieri, ma ad Agosto. Per adesso è improponibile, rischio veramente una broncopolmonite, cerca di capire ed accontentati di ciò che hai visto in spiaggia, non mi sembra poco!"
Effettivamente non potevo davvero lamentarmi della giornata, nonostante la visione dell'outfit scelto da Diana per la cena provocasse in me un certo sconforto ed un'innegabile disillusione: jeans pesante e larghissimo e felpa nera di cotone con cappuccio e cerniera, per giunta a collo alto, sormontata da un leggero giubbino a vento di colore bianco.
Mi aspettavo di cenare nuovamente nell'ottimo ristorantino già provato alcuni giorni prima; Diana, invece, volle percorrere l'intero viale su cui si susseguiva la maggior parte dei locali della piccola frazione balneare. Non molti, in realtà ed assiepati in meno di 200 metri di strada che dominava sulla spiaggia cittadina. L'effettiva frescura della sera non incoraggiava a mangiare all'aperto, nemmeno sotto i pergolati o i tendoni su strada attrezzati dai gestori. Solo pochi tavoli occupati prevalentemente da indomiti stranieri ancora in abiti da spiaggia o da trekking, noncuranti della brezza pungente che dal mare puntava dritta dritta sui loro colli scoperti.
Diana mirava con sguardi profondi e concentrati la sala interna di ogni singolo locale, rallentando il passo quasi fino a fermarsi davanti all'entrata di ognuno di essi. Faticavo a comprendere le sue intenzioni in un comportamento così insolito: necessità di scorgere un posticino ideale al chiuso, al riparo dal vento? O magari voglia di mangiare qualcosa in particolare, che potesse essere intravisto e valutato nel piatto di qualche commensale? Quasi alla fine del percorso, notai che però il suo interesse si focalizzava prevalentemente sui camerieri: personale di servizio al femminile, oppure misto, oppure solo maschile ma di età medio/alta scatenava una decisa bocciatura, evidenziata dalla riattivazione di un passeggio accelerato. Al contrario, davanti agli unici due locali alle cui dipendenze comparivano solo giovani ragazzi, mi pareva evidente si fosse verificato un soffermarsi più analitico e indagatore. Terminata la schiera dei ristoranti, Diana si voltò bruscamente e iniziò a tornare indietro, regalandomi un sorriso ambiguo e burlone:
"Stasera mi andrebbe una pizza al calduccio, ma buttiamo ancora un occhio per scegliere meglio, almeno, camminando camminando, la fame aumenta..."
I ristoranti già scartati nel primo giro di perlustrazione non vennero nemmeno considerati, mentre una breve sosta avvenne, strana coincidenza, proprio davanti all'ingresso di una trattoria nella quale un ragazzo piacente si destreggiava con disinvoltura tra un tavolo e l'altro a ritmi vertiginosi.
"Carino questo posto, ma credo non facciano pizza, vedo che tutti stanno mangiando antipasti o secondi piatti..."
Notai il menu esposto in una piccola bacheca seminascosta da una rigogliosa pianta rampicante: "Si, è vero: niente pizza qui, ma mi sembra di averne intraviste in uno dei primi locali, se non sbaglio"
"Non sbagli, anch'io ho notato delle belle pizze laggiù, andiamo a vedere se c'è posto all'interno, altrimenti chiederemo un asporto e le mangeremo a casa."
Convinti e concordi, raggiungemmo la pizzeria senza perdere ulteriore tempo. La metratura dell'unica sala interna era decisamente più ampia di quanto apparisse da fuori: l'aspetto più curioso che colpì entrambi in maniera istantanea fu l'occupazione totale e quasi selvaggia dei tavoli posizionati sul lato sinistro, mentre la parte destra del locale si presentava completamente e desolatamente vuota. In attesa di essere accolti dal personale, ci guardammo interrogandoci a vicenda sul perché di una simile stranezza: maggiore comodità per i camerieri nel radunare tutta la clientela in un'unica zona, sia per il servizio in sala sia per le pulizie finali? Ci sembrava questa l'ipotesi più credibile. Ma una stramberia del genere non era semplice da comprendere e motivare.
Dalla folla, si staccò in maniera non troppo reattiva un distinto ed abbronzato giovanotto, non proprio bellissimo, con in mano il suo block notes per le ordinazioni.
"Salve ragazzi, avete per caso prenotato?"
"No", rispose Diana in maniera perentoria e suadente. "Ma ti prego, non mandarci via perché abbiamo una fame da lupi e personalmente mi gradisce il tepore di questa sala, fuori fa un freddo cane"
Il ragazzo dimostrò subito un'apprezzabile e spigliata intraprendenza.
"Tranquilla, non avrei mai cacciato una giovane affamata ed infreddolita, sei la benvenuta: ma devo chiederti la cortesia di scegliere un tavolo da questa parte perché quelli alla vostra sinistra sono tutti prenotati".
"Nessun problema, anzi: meglio così, non amo mangiare in mezzo alla confusione", rispose Diana. "Ma toglimi una curiosità: a cosa è dovuto questo abisso di densità e presenze umane tra il lato sinistro ed il lato destro del locale?"
Il ragazzo sorrise divertito, senza offendersi per una battuta pronunciata con una buona dose di ironia canzonatoria: "Hai ragione, immagino che il contrasto sia evidente appena si entra: è solo per una questione pratica per noi umili servitori, lavoriamo meglio in un ambiente meno dispersivo. Ovviamente questa disposizione è possibile fino a Giugno, mentre a Luglio ed Agosto la sala che vedete diventa una giungla impazzita e fuori controllo".
Per proteggersi da qualunque sgradito spiffero di aria fredda, Diana scelse il tavolo più distante dalla porta d'entrata, ma posizionato quasi frontalmente ad un caratteristico muretto in pietra che segnava il confine con la postazione rialzata del forno a legna che in un primo momento non avevo notato.
Dall'alto della sua dominante collocazione, il pizzaiolo di bell'aspetto, apparentemente prossimo alla quarantina, ci salutò con disinvoltura e simpatia, chiedendoci immediatamente da dove provenissimo.
"Se fuori hai sentito freddo, non potevi scegliere un tavolo migliore: non impiegherai molto a scaldarti con questo forno davanti, vedrai..."
"Beh, lo spero davvero: effettivamente va già molto meglio..."
"Ma pensaci bene prima di sederti: sei ancora in tempo a cambiare tavolo: tra poco soffocherai se ti fermi qui: questo tavolo è richiestissimo in inverno, mentre d'Estate non viene occupato quasi mai"
"Capisco, capisco, ma tu non sai ancora con chi hai a che fare: io dormo con la coperta di lana anche a Ferragosto, quindi immagina quanto mi piaccia stare al caldo... e poi mal che vada mi spoglierò anche qui!!"
"Anche qui!?!?" sottolineò il pizzaiolo, sgranando gli occhi divertito, prima di proseguire con tono scherzoso e frizzante: "Non vorrei sembrare irriguardoso, ma hai appena affermato qualcosa che non può lasciare indifferenti e mi stai incuriosendo. Quindi perdonami per la domanda un tantino sfacciata, ma... hai l'abitudine di spogliarti nei ristoranti!?!? Se è così, ti assumo subito!!!!!"
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Micro bikini a parte, l'atavica sindrome serale del brutto anatroccolo e le temperature ancora fresche del mese di Giugno all'imbrunire, di sicuro non consentivano al guardaroba di Diana di spiccare per audacia e oscenità; qualche paio di jeans tutt'altro che attillati, altri pantaloni di cotone assai poco femminili, tute immancabili, felpe, cardigan e maglioncini, il tutto rigorosamente antiuomo. Qualche possibile spiraglio di accattivante speranza poteva essere riposto soltanto in due o tre t-shirts più scollate, leggere o trasparenti che avrebbero sortito il loro scandaloso effetto di impudicizia, in assenza del reggiseno. Ma dubitavo fortemente che la freddolosa Diana rinunciasse a coprirsi a dovere quella sera, rischiando di gelare o di ammalarsi in nome di una trasgressione inedita e dall'esito incerto.
Mi chiusi in bagno con l'intento di infilarmi sotto la doccia, ma prima che lo scrosciare dell'acqua mi impedisse di distinguere qualsiasi rumore in casa, avvicinai l'orecchio alla porta: sentii distintamente un cassetto del comò aprirsi ma non richiudersi se non dopo lunghi istanti. Stessa operazione e medesimi tempi per il secondo cassetto: la mia immaginazione delineava il volto indeciso ed impacciato di Diana nell'arrabattato tentativo di improvvisare un abbigliamento sexy con le poche scelte a disposizione, peraltro inadatte allo scopo. Pur di lasciarle tutto il tempo necessario per prepararsi al meglio e senza prevedibili affanni, mi dilungai oltremodo nella mia toelettatura. Troppo, forse: quando mi decisi finalmente ad uscire dal bagno, lei era già prontissima, in tenuta pressoché invernale.
"Scusami, amore, ma di sera è proprio impossibile alleggerirsi, per il momento: sono uscita un attimo fuori e l'aria è già fresca, immagina cosa potrà essere sul lungomare all'ora di cena: mi dispiace, questo è un giochino che farò volentieri, ma ad Agosto. Per adesso è improponibile, rischio veramente una broncopolmonite, cerca di capire ed accontentati di ciò che hai visto in spiaggia, non mi sembra poco!"
Effettivamente non potevo davvero lamentarmi della giornata, nonostante la visione dell'outfit scelto da Diana per la cena provocasse in me un certo sconforto ed un'innegabile disillusione: jeans pesante e larghissimo e felpa nera di cotone con cappuccio e cerniera, per giunta a collo alto, sormontata da un leggero giubbino a vento di colore bianco.
Mi aspettavo di cenare nuovamente nell'ottimo ristorantino già provato alcuni giorni prima; Diana, invece, volle percorrere l'intero viale su cui si susseguiva la maggior parte dei locali della piccola frazione balneare. Non molti, in realtà ed assiepati in meno di 200 metri di strada che dominava sulla spiaggia cittadina. L'effettiva frescura della sera non incoraggiava a mangiare all'aperto, nemmeno sotto i pergolati o i tendoni su strada attrezzati dai gestori. Solo pochi tavoli occupati prevalentemente da indomiti stranieri ancora in abiti da spiaggia o da trekking, noncuranti della brezza pungente che dal mare puntava dritta dritta sui loro colli scoperti.
Diana mirava con sguardi profondi e concentrati la sala interna di ogni singolo locale, rallentando il passo quasi fino a fermarsi davanti all'entrata di ognuno di essi. Faticavo a comprendere le sue intenzioni in un comportamento così insolito: necessità di scorgere un posticino ideale al chiuso, al riparo dal vento? O magari voglia di mangiare qualcosa in particolare, che potesse essere intravisto e valutato nel piatto di qualche commensale? Quasi alla fine del percorso, notai che però il suo interesse si focalizzava prevalentemente sui camerieri: personale di servizio al femminile, oppure misto, oppure solo maschile ma di età medio/alta scatenava una decisa bocciatura, evidenziata dalla riattivazione di un passeggio accelerato. Al contrario, davanti agli unici due locali alle cui dipendenze comparivano solo giovani ragazzi, mi pareva evidente si fosse verificato un soffermarsi più analitico e indagatore. Terminata la schiera dei ristoranti, Diana si voltò bruscamente e iniziò a tornare indietro, regalandomi un sorriso ambiguo e burlone:
"Stasera mi andrebbe una pizza al calduccio, ma buttiamo ancora un occhio per scegliere meglio, almeno, camminando camminando, la fame aumenta..."
I ristoranti già scartati nel primo giro di perlustrazione non vennero nemmeno considerati, mentre una breve sosta avvenne, strana coincidenza, proprio davanti all'ingresso di una trattoria nella quale un ragazzo piacente si destreggiava con disinvoltura tra un tavolo e l'altro a ritmi vertiginosi.
"Carino questo posto, ma credo non facciano pizza, vedo che tutti stanno mangiando antipasti o secondi piatti..."
Notai il menu esposto in una piccola bacheca seminascosta da una rigogliosa pianta rampicante: "Si, è vero: niente pizza qui, ma mi sembra di averne intraviste in uno dei primi locali, se non sbaglio"
"Non sbagli, anch'io ho notato delle belle pizze laggiù, andiamo a vedere se c'è posto all'interno, altrimenti chiederemo un asporto e le mangeremo a casa."
Convinti e concordi, raggiungemmo la pizzeria senza perdere ulteriore tempo. La metratura dell'unica sala interna era decisamente più ampia di quanto apparisse da fuori: l'aspetto più curioso che colpì entrambi in maniera istantanea fu l'occupazione totale e quasi selvaggia dei tavoli posizionati sul lato sinistro, mentre la parte destra del locale si presentava completamente e desolatamente vuota. In attesa di essere accolti dal personale, ci guardammo interrogandoci a vicenda sul perché di una simile stranezza: maggiore comodità per i camerieri nel radunare tutta la clientela in un'unica zona, sia per il servizio in sala sia per le pulizie finali? Ci sembrava questa l'ipotesi più credibile. Ma una stramberia del genere non era semplice da comprendere e motivare.
Dalla folla, si staccò in maniera non troppo reattiva un distinto ed abbronzato giovanotto, non proprio bellissimo, con in mano il suo block notes per le ordinazioni.
"Salve ragazzi, avete per caso prenotato?"
"No", rispose Diana in maniera perentoria e suadente. "Ma ti prego, non mandarci via perché abbiamo una fame da lupi e personalmente mi gradisce il tepore di questa sala, fuori fa un freddo cane"
Il ragazzo dimostrò subito un'apprezzabile e spigliata intraprendenza.
"Tranquilla, non avrei mai cacciato una giovane affamata ed infreddolita, sei la benvenuta: ma devo chiederti la cortesia di scegliere un tavolo da questa parte perché quelli alla vostra sinistra sono tutti prenotati".
"Nessun problema, anzi: meglio così, non amo mangiare in mezzo alla confusione", rispose Diana. "Ma toglimi una curiosità: a cosa è dovuto questo abisso di densità e presenze umane tra il lato sinistro ed il lato destro del locale?"
Il ragazzo sorrise divertito, senza offendersi per una battuta pronunciata con una buona dose di ironia canzonatoria: "Hai ragione, immagino che il contrasto sia evidente appena si entra: è solo per una questione pratica per noi umili servitori, lavoriamo meglio in un ambiente meno dispersivo. Ovviamente questa disposizione è possibile fino a Giugno, mentre a Luglio ed Agosto la sala che vedete diventa una giungla impazzita e fuori controllo".
Per proteggersi da qualunque sgradito spiffero di aria fredda, Diana scelse il tavolo più distante dalla porta d'entrata, ma posizionato quasi frontalmente ad un caratteristico muretto in pietra che segnava il confine con la postazione rialzata del forno a legna che in un primo momento non avevo notato.
Dall'alto della sua dominante collocazione, il pizzaiolo di bell'aspetto, apparentemente prossimo alla quarantina, ci salutò con disinvoltura e simpatia, chiedendoci immediatamente da dove provenissimo.
"Se fuori hai sentito freddo, non potevi scegliere un tavolo migliore: non impiegherai molto a scaldarti con questo forno davanti, vedrai..."
"Beh, lo spero davvero: effettivamente va già molto meglio..."
"Ma pensaci bene prima di sederti: sei ancora in tempo a cambiare tavolo: tra poco soffocherai se ti fermi qui: questo tavolo è richiestissimo in inverno, mentre d'Estate non viene occupato quasi mai"
"Capisco, capisco, ma tu non sai ancora con chi hai a che fare: io dormo con la coperta di lana anche a Ferragosto, quindi immagina quanto mi piaccia stare al caldo... e poi mal che vada mi spoglierò anche qui!!"
"Anche qui!?!?" sottolineò il pizzaiolo, sgranando gli occhi divertito, prima di proseguire con tono scherzoso e frizzante: "Non vorrei sembrare irriguardoso, ma hai appena affermato qualcosa che non può lasciare indifferenti e mi stai incuriosendo. Quindi perdonami per la domanda un tantino sfacciata, ma... hai l'abitudine di spogliarti nei ristoranti!?!? Se è così, ti assumo subito!!!!!"